venerdì, giugno 22, 2007

Consigli per i militanti di sinistra

Carlo Alberto Libânio Christo, più noto come Frei Betto, frate domenicano e scrittore, nel 2002 scrisse 10 consigli per i militanti di sinistra. Mentre la sinistra è sempre sull’orlo di scissioni, di ‘distinguo’, che spesso si richiamano di più a posizioni partitiche e ideologiche che ideali, occorrerebbe ribadire i consigli di Frei Betto.
Uno dei principi ispiratori e discriminanti per l’appartenenza a sinistra, scrisse Frei Betto, era la scelta di stare con gli ultimi: con i poveri, gli sfruttati della Terra, gli oppressi che non hanno voce… perché ‘non si può essere di sinistra se non ci si sporca, non si va là dove il popolo vive, lotta, soffre, è contento e celebra le sue convinzioni e vittorie’. In sostanza chi è di sinistra dovrebbe continuare ad indignarsi per l’ingiustizia, la disuguaglianza sociale e attenersi a principi morali. Inoltre chi è di sinistra non si dovrebbe sentire umiliato se non è al potere, né essere orgoglioso se vi è. Per questo non si deve confondere con la funzione che si svolge e continuare a studiare, leggere, conoscere la storia e…pregare. Sì, Frei Betto consigliava la preghiera.
La preghiera, per Frei Betto, è permettere che Dio sovverta la nostra esistenza, insegnandoci ad amare così come amava Gesù, in un modo che crea libertà.
La preghiera aiuta a comprendere di come si parli da militanti e si viva come borghesi, ben sistemati o nella comoda posizioni di giudici di chi lotta.
La preghiera come la fede è lo strumento per dare speranza. Quella speranza che è il volo permanente di un passero; segue davanti e in cima ai nostri occhi, fluttua nel cielo azzurro, non gli si oppone nessuna barriera . E’ così in tutto quello che si nutre di speranza: l’amore, l’educazione di un figlio, il sogno di un mondo migliore.
Ancora, Frei Betto, metteva in guardia per distinguere il militante dal ‘militonto’. ‘Militonto’ è colui che vuole stare dappertutto, partecipare ad ogni evento e movimento, ed essere presente su tutti i fronti; il suo linguaggio è pieno di luoghi comuni e gli effetti della sua azione sono superficiali. Bisogna dire che questa categoria è sempre numerosa.
E’ anche vero che per veri militanti, Frei Betto, indicava Gesù, Gandhi, Che Guevara…ossia chi si mette a servizio degli altri, disposto a dare la propria vita, perché altri abbiano vita. Certo che per me non dovremmo avere bisogno di questi ultimi militanti, e Dio ce ne scampi da averne bisogno; come di ‘ducetti’, capipopolo o simili.
Questi erano in sintesi i consigli di Frei Betto per chi si professava di sinistra. Oggi queste prerogative non solo continuano ad essere attuali, ma dovrebbero essere estese.

venerdì, giugno 15, 2007

Le cose dell'amore

‘Le cose dell’amore’ è il titolo di un libro di Umberto Galimberti uscito nel 2004. Nell’introduzione l’autore scrive: ‘Non c'è parola più equivoca di ‘amore’ e più intrecciata a tutte quelle altre parole che, per la logica, sono la sua negazione. Nasce dall'idealizzazione della persona amata di cui ci innamoriamo per un incantesimo della fantasia, ma poi il tempo, che gioca a favore della realtà, produce il disincanto e tramuta l'amore in un affetto privo di passione o nell'amarezza della disillusione’.
Nel suo libro ‘Le cose dell’amore’ Umberto Galimberti dice che l’amore misura il senso della vita, e nell’attuale società è rimasto solo lo spazio dell’amore per cercare di essere se stesso al di là dei ruoli e quindi la propria autenticità e individuazione. In un mondo frammentato e anonimo l’amore ci fa attori del nostro destino. Nell’età della tecnica, Umberto Galimberti afferma così che ci è rimasta la relazione amorosa per ritrovare la nostra identità e realizzazione…dimentica il filosofo scrittore che l’amore rimane un modo di relazione simile ad una ‘coazione a ripetere’.
Egli aggiunge anche che: ‘Amore è piuttosto l'espropriazione della soggettività, è l'essere trascinato del soggetto oltre la sua identità, è il suo concedersi a questo trascinamento, perché solo l'altro può liberarci dal peso di una soggettività che non sa che fare di se stessa’. Questo è un punto cruciale del vissuto odierno.
Perché noi occidentali crediamo nelle stelle e negli oroscopi? Se dalle stelle riceviamo un destino che ci rende inconfondibili, singoli, ovvero ‘soli’; ecco che iniziamo a ruotare ognuno attorno ad un ‘tu’. Così accade l’amore, senza che ci possa essere comprensione: come un miracolo inesplorabile, ognuno è assoluto per l’altro…poi succederà che quel qualcuno non c’è mai stato. Neppure quando lo si è abbracciato forte. L’altro che ci concede di avvinghiarci a lui non per possederlo, ma per permetterci di perderci nella nostra follia e di riprenderci, con l’esperienza di una morte rappresentata dall’orgasmo, alla rinascita. Così l’altro ci aiuta a risalire dalle profondità di noi stessi. Dopo ogni atto d’amore, non siamo più.
Così scopriremo che è del vuoto che ci si innamora, non del pieno, perché l’amore è trascendenza e non simbiotico rapporto a due. Nessuno ama l’altro, ma ognuno ama ciò che ha creato con la materia dell’altro.
Conclude Umberto Galimberti: "Ogni storia d'amore mette a nudo la natura della nostra anima, che si affida al linguaggio per esprimere il malanimo, l'invidia, la gelosia, i baci avvelenati dall'odio, la tenerezza simulata al punto da sembrar vera, la consapevolezza di conoscere i reciproci segreti: tutti anelli di quella pesante catena che attorciglia la nostra anima nelle trame che solo il linguaggio sa tessere. Forse, dietro alla vita a due non v'è nulla, e questo nulla che si cela suscita quella curiosità infinita che fa di ognuno di noi un instancabile cercatore di amore, quasi sempre immemore che ogni evento d'amore è sempre decretato dal cielo."

domenica, giugno 10, 2007

Un venerdì a Sestri Ponente

Berlusconi non conosce la storia, oppure è stato consigliato male: così andare a Sestri Ponente è equivalso ad una provocazione. Non sa l’uomo più ricco d’Italia, colui che dell’esercizio del potere e dell’immagine che lo rappresenta ne divenuto un’icona nevrotica, cosa sia Sestri Ponente.
I ‘coglioni’ di Sestri, coloro che hanno la sinistra nel dna, hanno una memoria storica, quindi è bastato davvero poco per ricordare, tra le tante castronerie dette dall’ex Presidente del Consiglio, quella della condanna alla ‘pretesa della sinistra di rendere uguale il figlio del professionista al figlio dell’operaio’.
Qui a Sestri Ponente i figli degli operai si sono, in tantissimi, laureati: sono diventati professori, medici, ricercatori, scienziati; ma qui già i padri operai erano intellettuali, e ad ascoltarli in silenzio per imparare venivano da Roma, Scoccimarro, Chiaramonte, Cossutta prima, Longo, Berlinguer e altri poi. Quegli operai di Sestri Ponente, che lavoravano sodo e bene, parlavano di politica, di doveri, di diritti e libertà, quindi di cultura, quando Berlusconi non sapeva neppure di essere al mondo.
Ora vederselo arrivare sottocasa, come una maschera della commedia dell’arte populista e arruffona, da fastidio. Lui rappresenta la lotta di classe rovesciata, come quando prometteva di levare l’ICI non mettendo le mani nelle tasche degli italiani, ma in quelle dei comuni sì: per cui poi ognuno si doveva arrangiare come poteva; tanto i ricchi ed i loro figli se la sfangano sempre. Non sa l’uomo, padrone di quasi tutto, che Sestri già nel 1994 aveva affisso, all’ingresso della delegazione, il cartello: ‘Sestri città deberlusconizzata’? Come quel ‘No pasaran’ degli anni ’60, contro i fascisti riemergenti, e così negli anni ’80 contro le BR. Sestri Ponente contro il berlusconismo, derivazione del ‘craxismo’, lo è naturalmente: per storia, tradizione, cultura perché le mani se l’è sempre sporcate con il grasso degli ingranaggi, la polvere di ferro e la ruggine pur rimanendo nel cuore inossidabile. Può darsi che Berlusconi, dal giorno di venerdì 8 giugno 2007, sappia qualcosa in più.

domenica, giugno 03, 2007

Gli ideali

Ah, gli ideali, bisogna continuare ad averli. Malgrado tutto. Malgrado questa classe politica incapace, che è divenuta una casta a sé. Guardateli perdono o vincono e sono sempre lì: Berlusconi, Fini, D’Alema, Andreotti, ecc. sempre loro da troppo tempo a blaterare mentre l’Italia continua a produrre scandali, ingiustizie, affari sporchi, mafie, privilegi, interessi nascosti ecc. Ma gli ideali bisogna continuare a coltivarli. Guai a perderli.
Un amico, ‘grande vecchio saggio’, me lo diceva: i giovani devono prendere in mano la politica. I giovani devono coltivare ideali. Possono essere anche ideali diversi, opposti, ma solo con quelli ti puoi misurare, puoi dialogare e continuare a sperare. Diversamente niente. Con un giovane senza ideali non puoi confrontarti…quelli possono andare a fare il Grande Fratello, partecipare al concorso di velina o tronista e finisce lì. Questa è la realtà.
Naturalmente considerando gli ideali come i pensieri, e i relativi valori, utili a costruire una società sempre più umana e giusta; in sostanza il cambiare sempre quello che c’è, quello che si trova.
I giovani devono costruire il loro futuro di convivenza e poi devono imparare a contestare, avere lo spirito critico ed insieme propositivo. Diversamente restano schiavi di un conformismo o di una rassegnazione figlia dei vecchi. Purtroppo i vecchi mascherati da giovani continuano a governare e imporre modelli di vita. Sì, ci sono le tendenze giovanili, le mode di strada, i look alternativi e le richieste di spazi, ma tutto viene convogliato in una strategia di mercato, che guarda un po’ è sempre in mano ai soliti vecchi.

C’è stato un momento, con le marce della pace, le contestazioni alla politica di Bush e alle politiche economiche selvagge, che abbiamo visto i giovani uniti e presenti che facevano sperare in un loro ingresso nella società politica; ci sono stati i Papaboys di Giovanni Paolo II° che sembrava producessero novità ideali e capaci di trasformare il pantano odierno, invece…family day, parate militari, vecchi rituali partitici e conformistici hanno ripreso il sopravvento.

Ma bisogna continuare a spingere i giovani a ricercare i loro ideali di società e di futuro. Io vecchio ho bisogno dei loro ideali, sono stanco di raccogliere i miei stracci.
Pubblicato oggi 5 giugno su Il Secolo XIX

venerdì, giugno 01, 2007

Preti e pedofilia

Ha ragione don Fortunato Di Noto, dell’associazione Meter, visto da Santoro ad Anno Zero giovedì sera in TV, la pedofilia non è questione di categorie: farmacisti, panettieri, avvocati, operai…preti ecc., il problema della pedofilia è gravissimo e va affrontato in generale senza fermarci alle polemiche contro la Chiesa. Giusto. Nei fatti poi si viene a saper che proprio l’istituzione ecclesiale ha opposto forti riserve al perseguimento di quei preti scoperti pedofili.
Io vorrei dire che quelli prima che preti sono pedofili, e forse preti lo sono diventati perché nei seminari e in una certa cultura, loro trovano un terreno fertile. Aggiungo che in una denuncia pubblicata nel 2002 dal teologo tedesco, Eugen Drewermann , si dichiara: “I preti pedofili sono per lo più il frutto di una educazione e di una condizione di vita repressiva e autoritaria che ha impedito lo sviluppo equilibrato della loro personalità e li mantiene in condizione di nevrosi di vario tipo. Il fenomeno della pedofilia del clero nelle sacrestie, nei seminari, negli istituti, nelle scuole è vasto, molto più vasto di quanto emerga. Il matrimonio dei preti potrebbe attenuare il fenomeno della pedofilia ecclesiastica…ma non risolverebbe fino a fondo il problema dogmatico e simbolico relativo al discredito del corpo e della sessualità...”.
Ecco la sessuofobia e la nevrosi del senso di colpa, trasmessi dalla Chiesa cattolica, possono diventare a volte le facce contrastanti a risolvere un problema e sporcare il messaggio di Cristo: ‘Lasciate che i pargoli vengano a me…’.
Quindi è sempre bene tenere alta la guardia e continuare a denunciare i preti pedofili anche attraverso la televisione. I veri credenti non perderanno per questo la loro fede, anzi la Chiesa assumerà più autorevolezza morale e spirituale.
Un ulteriore messaggio è che gli uomini non si dividono in credenti buoni e atei cattivi. Vediamo tutti che esistono persone che credono in Dio e fanno ciò che gli pare; mandano il mondo in rovina e non fanno la volontà di Dio.
Sembra che tutti i mali del mondo attuale siano da attribuire alla mancanza della fede. Poi ancora secondo quale fede si pratica: dividendosi ancora tra ebrei, musulmani e cattolici cristiani. Viene da pensare che in realtà, magari inconsapevolmente, il Papa identificando Dio solo con la Chiesa cattolica (che spesso non fa la volontà di Dio), lanci il monito: state attenti, che se vi allontanate da noi, il mondo va in rovina; se state con noi avrete pace e serenità. E’ il preciso atteggiamento dei musulmani e degli ebrei. Ancora categorie. Ancora esercizio di un potere, come si è visto, molto caro ai pedofili.