giovedì, settembre 30, 2004

Mostra di Germano Celant Arti & architettura

Ho sempre pensato l’architettura un mezzo fantastico per costruire luoghi dove svolgere la vita e, poi che questa, la stessa vita la trasformi in un gioco di misteriosi rimandi tali da portare a sintesi Forma e Sostanza.
L’architettura d’altronde è sempre presente in ogni momento della nostra vita quotidiana e ci accompagna in tutte le manifestazioni sociali; tutto sfocia in spazi progettati e costruiti dal vissuto e dai processi di pensieri e valori.
Giocando con le parole, intese anch’esse come una costruzione per la comunicazione, e scomponendo il termine Architettura, con un semplice anagramma, ottengo Artichettura e Tetturaarchi; ottengo verità: un’arte che tura – chiude spazi vuoti- e insieme consegna tetti ad archi diventati oggi tetragoni per una contingente utilità, difesa e commercio.
Questa è l’architettura, per me profano interrogante e interrogativo, oggetto e soggetto, prodotto e produttore di spazi esterni ed interni che costituiscono un tutto inseparabile.
Ma oltre che ‘scienza’ l’architettura è soprattutto arte e la mostra ‘Arti & Architettura’ lo vuole confermare.
A questo punto l’arte ci aiuta a vedere; ci aiuta a comprendere quegli stessi spazi forniti dall’architettura che vivendoli paradossalmente assumono l’aspetto di muri opachi. Ora con la rassegna di Germano Celant per GeNova 2004 si apre questa possibilità di comprensione con l’installazione in luoghi finiti e vissuti, divenuti abituali e per questo più indicati, di costruzioni di grandi artisti-architetti. Scopriremo come le opere installate, con un rimando di memoria e cultura, ci porteranno a rivedere quello che da sempre abbiamo già visto, ed ora riguarderemo con uno stupore nuovo.
Il percorso espositivo è suddiviso in 13 punti ed ogni punto-luogo sicuramente fornirà un momento per ripensare quello spazio, insieme ‘riviverlo’ con una diversa consapevolezza.
Chissà se GeNova 2004 diverrà una NovaGe2005. Auguri e auguriamocelo.




giovedì, settembre 23, 2004

due ragazze della 'meglio gioventù'

“C’è da credere che la situazione in Iraq sia per gli USA peggiore che in Vietnam”:
così affermavano diversi importanti osservatori americani e così sembra alla luce degli ultimi avvenimenti.
Mentre per il Vietnam c’era la battaglia di un popolo per riunire una nazione, cui Saigon rappresentava simbolicamente l’obiettivo per decretarne il raggiungimento, a Baghdad si fa una guerriglia, in vari settori della città, per allontanare gli americani e far fallire ogni altro potere a loro legato per altri obiettivi; questa città rappresenta al momento solo una città importante di una nazione, l’Iraq, che di fatto non esiste più.
Mentre il vietcong si identificava nel suo paese, l’iracheno che combatte l’invasore americano si identifica in una cultura religiosa ed in un costume arabo che è costituito da tribù divenute ora bande armate.
I rapimenti e le efferatezze di questo periodo dimostrano quanto poco controlli il governo insediato dagli USA e l’esercito stesso della coalizione in guerra.
Attualmente, eccetto che le varie zone strategiche della città di Baghdad e le città più grandi dell’Iraq- tipo Bassora, Kirkuk, Nassirya, ecc.-, la coalizione armata non controlla nulla. Le periferie, le campagne, le zone desertiche, i piccoli paesi sono fuori ogni controllo. Paradossalmente se si facessero le elezioni in questo momento, per permettere un passaggio effettivo dei poteri, vincerebbero i fondamentalisti religiosi, alcuni capi religiosi e di tribù. L’Iraq risulterebbe ancora ingovernabile e la sua destabilizzazione potrebbe essere fermata solo con la suddivisione del territorio in tante parti. Questa è la realtà. Questo è la situazione tragica e complessa che la guerra americana ha aperto e non si riesce a prevedere come finirà.
Su ReporterAssociati vengono riportate le dichiarazioni di Al Lorentz, un militare USA e presidente del Partito Costituzionale del Texas, che sostiene: ”L'Iraq non è stata una guerra, ma una guerrilla, servita solo ad attirare l'odio sul nostro paese. Ormai si continua ad ammazzare a caso, senza neppure un obiettivo preciso Ci siamo ritrovati a tirare bombe all'uranio di almeno 500 libbre, fatevi i conti. E con un sentimento molto diverso da quello dei politici”; la dichiarazione termina dicendo che gli iracheni combattono con tattiche diverse e superiori alle loro.
Il sequestro delle due Simona si inserisce in questo contesto, in una situazione dove può avvenire di tutto. Simona Pari e Simona Torretta erano molto conosciute per il loro impegno umanitario – pacifista; il loro rapimento insieme agli iracheni Ra'ad Ali Abdul-Aziz e Mahnaz Bassam ed altri tre collaboratori, inizialmente poteva essere pensato per la richiesta di un riscatto in denaro: le armi costano e la cosiddetta ‘resistenza’, svolta da bande autonome senza coordinamento e fondi comuni, necessita di denaro. Ora i lanci d’agenzia in cui si annuncia l’uccisione delle due ragazze volontarie lasciano interdetti e con molti dubbi. Un gruppo, che si definisce Organizzazione Jihad, sostiene di aver ucciso le due giovani perché l'Italia non ha obbedito alla richiesta di ritirare le sue truppe dall'Iraq. Tutto è confuso ma c’è da aspettarsi sempre il peggio. Una prima notte è passata e oggi 23 settembre attendiamo altre notizie; le attendono soprattutto i genitori che stanno vivendo una agonia infinita.
Le manifestazioni di solidarietà, di impegno per la pace, per trovare soluzioni non violente per risolvere i gravi problemi creati dalla guerra in Iraq si stanno intensificando. Certo è che dopo avere assistito alle macabre esecuzioni come la decapitazione di ostaggi, i bombardamenti di civili, le torture e le atrocità d’ogni sorta, tutti si aspettano il peggio. Io mi auguro che gli ostaggi tutti e in primo piano le due splendide ragazze, Simona Pari e Simona Torretta, della nostra attuale ‘meglio gioventù’, tornino a casa. A casa presto.

mercoledì, settembre 22, 2004

La presentazione di 'La poesia come un accidente...'

Presentazione libro avvenuta

Ieri sera ho fatto la presentazione del mio libro: ‘La poesia come un accidente…’, introdotto dalla giornalista del SecoloXIX, Laura Guglielmi ed è stata una cosa che mi dicono riuscita bene. Beh, io ero molto emozionato e la cosa si percepiva benissimo; poi da parte di mia figlia Chiara è arrivata anche una critica: ti sei dilungato un po’ troppo su certi argomenti di cui andavi fuori tema…tutto sommato però leggevo nello sguardo di mia figlia, sempre critica nei miei riguardi, anche l’ammirazione per avere superato bene la prova davanti al pubblico intervenuto.
Ora conservo le belle sensazioni ricevute e cercherò di farle durare: si sa che queste sono “carezze” che fanno bene, sono energia vitale che rinforza lo spirito; spinge a fare altre cose, misurare ancora capacità e consensi. Devo stare attento però a non far gonfiare l’ego, quello ti frega, ti fa dare importanza a cose che è bene lasciare stare. Allora dico grazie a tutti per avermi sostenuto in una maniera o nell’altra e per la bella serata devo ringraziare soprattutto Andrea Guglielmino, uno dei soci della libreria Portoanticolibri e Laura Guglielmi per la loro disponibilità e amicizia. Poi non posso dimenticare i book-corsari presenti: Dedda, Giorgio, Maxcip, Campalla…forse dimentico anche qualcun altro comunque grazie. Grazie a tutti.

martedì, settembre 21, 2004

Ciao America

L’America, che altro si può raccontare del paese che è stato un sogno ed è diventato un incubo? Eduardo Galeano sostiene che i sogni e gli incubi sono fatti della stessa materia, ma questo incubo dice d'essere il nostro unico sogno permesso: un modello di sviluppo che disprezza la vita e adora le cose. L'American way of life, fondato sul privilegio dello sperpero. L’America oggi è questo.
L’America la trovo bene descritta da Tiziano Terzani nel suo ultimo giro di giostra: è quel furgoncino col cassone aperto fuori dalla porta pronto a portarti in un posto dove ricominciare tutto daccapo, un posto dove lavorare, fare l’amore e dire di avere degli amici; quel furgoncino che non garantisce niente tranne lo scappare e farti sentire mobile, flessibile e senza arte ne’ parte, come vuole la nuova economia. L’America oggi è questo.
L’America è quella del grande PIL, prodotto interno lordo, che misura una ricchezza inversamente proporzionale a quella degli affetti, a quella di avere persone su cui contare nella propria vita, cui spartire gioie e dolori e invecchiare insieme. L’America oggi è questo.
Allora oggi dico: ciao America. Dov’è ora quel sogno? Dov’è quel west non più far ? Era qui sotto il mio cuscino. Era con te lungo un fiume di versi dove affondavo i pensieri divenuti emozioni.
Ciao poeta Ferlinghetti, con te ho dato un calcio ad una lattina di cocacola facendo spaventare un gatto all’angolo di un vicolo. Poteva essere più vicina l’America? Oggi odo spari, sento colubrine e birilli che cadono nel bowling. Ciao America.


Programmazione temporale

La programmazione parentale insieme a quella sociale, ovvero le convenzioni, le buone maniere, le regole di come si saluta, si mangia, si conversa o si fanno le condoglianze, insieme a tutti i riti e i passatempi della società che ci mantengono soli senza isolarci, agiscono su l’individuo in maniera molto forte tale da determinare anche il rapporto che ognuno ha con il tempo.
Eric Berne ha analizzato questo aspetto con l’analisi transazionale e lo ha codificato in sei categorie comportamentali. Prendendo i miti ad esempio li ha così elencati:
1) Tantalo – Mai: la proibizione dei genitori a fare le cose che più piacciono o attirano costringe a imporsi delle privazioni in modo ossessivo facendo passare la vita da frustrati circondati da innumerevoli tentazioni. Inflessibili
2) Aracne – Sempre: l’ingiunzione che dice ai figli: “ Se è questo che desideri fare, passa pure il tempo della tua vita a farlo”. Essi non riusciranno a fare altro. Condannati.
3)Ercole- Fino a: cercano vie tortuose al raggiungimento del piacere poiché gli è stato insegnato: "finché non soffri non avrai quello che desideri". Problematici.
4) Damocle- Dopo di che: è la paura dei guai dopo il godimento: "Stai attento, goditela ma dopo arrivano i guai". Quindi una grande inibizione a fare ciò che piace. Reticenti.
5) Sisifo – Più e più volte: tentano e ritentano a raggiungere i loro obiettivi, ma quasi raggiunti tornano indietro. Commentano:" Quasi ce la facevo, se soltanto...". Sono coloro che non ce la fanno mai, ma continuano sempre a tentare per sbagliare. Ripetitivi.
6) Flemone e Bauci – Punto e Basta: in verità sono gli inconcludenti. Sono quelli che hanno eseguito fino in fondo gli insegnamenti ricevuti ed ora vivono come vegetali, non sanno più cosa fare. "Noi abbiamo sempre fatto il nostro dovere. Ora che facciamo?". Sono i vecchi perfetti. Annegati.
Quale mito siete? Riuscite a identificarvi? Un test utile ad identificare un copione che state vivendo.


domenica, settembre 19, 2004

Articolo su la presentazione del mio libro- su Mentelocale.it

Immaginate delle pagine ingiallite di un diario. Fogli sparsi che vorreste raccogliere. Appunti presi per sé. Sguardi sul mondo. Immaginate i libri letti, Sbarbaro, Montale; la storia che ci passa accanto o che ci salta addosso. L'appartenenza a un'idea, un'idea di sinistra, “un comunismo cristiano”. Immaginate i versi e i racconti. Poesia e prosa. Tutto “come un accidente”. Immaginate tutto questo e avrete il libro, “La poesia come un accidente” edito da Caroggio Editore, in presentazione Martedì 21 Settembre alla libreria Porto Antico alle 18.00 dove Laura Guglielmi introdurrà per chi ancora non lo conosce Giorgio Boratto, già comparso tra le pagine mentelocale.it.
Quando si viene colti, da un'immagine, un attimo, “liberi di correre” è poesia.
Quando ci si ferma e si riflette, è prosa.
Boratto ha voluto fermare i suoi pensieri, i suoi appunti, le quotidianità. Quelle di un caffè in cucina a dare un senso a quel vuoto di senso di giacche blu, verso strade grigie.
Come se la parola potesse essere democratica, l'origine primordiale, quando ci “tocca nudi”, quella poesia che forse potrà rendere i ricchi meno ricchi e i potenti meno potenti.
E' proprio un diario nel tempo questo libro di Giorgio Boratto, tanto da dire “non trovo più la poesia, l'avevo scritta tempo fa”. Come quei fogli sparsi a cui si vuole dare ordine.
Boratto, artista polivalente, dalla ceramica, alla terracotta, alla parola. Materiale da plasmare. Per voler comunicare. Pensiero. Politica. Amore. Passione. La vita insomma.
Ma dentro la vita l'arte. L'arte per combattere il disumano e la stupidità che ci circonda. Boratto cerca, anche nel basso,il riverbero delle cose splendenti. Sono le dichiarazioni folli d'amore, sono gli impeti, e ancora e sempre “l'interrogazione”e la “meraviglia”.
Che brilli di luce dunque l'entusiasmo di questo uomo. Potremo vederne lo sguardo dello stupore e della meraviglia Martedì 21 settembre ore 18 alla Libreria Porto Antico Libri Palazzo Millo Area Porto Antico.
Vi aspettiamo!
Scritto da Marina Giardina

venerdì, settembre 17, 2004

Maffeo d'Arcole, un artista alla festanazionaledell'unità di genova 2004

Ad accogliere i visitatori della Festa Nazionale dell’Unità di Genova, c’è una grande installazione formata da 150 sagome intagliante in legno vecchio di 150 anni, proveniente dai solai di case abitate da emigranti, titolata ‘Popoli in Cammino’. Questa opera è di Maffeo Burati in arte d’Arcole; in origine l’opera che constava di 40 sagome si chiamava ‘Benvenuti albanesi’ e fu esposta a Padova suscitando qualche polemica. Era l’anno degli sbarchi degli albanesi sulle coste adriatiche e Maffeo si riprometteva di ricordare come la sua terra, il veneto, fosse una terra di emigrazione ed era pronta ad accogliere quelle genti che scappava in massa dalla miseria. Quell’opera esposta nel 1998 suscitò interesse e notata dalla stampa cattolica, l’artista fu invitato a presentarla a Roma al Giubileo del 2000.
Lì prese il nome ‘Popoli in Cammino’ ed ora inserendo l’attuale festa nazionale dell’Unità nel tema del Viaggio che anima Genova 2004 – Capitale Europea della Cultura- quel nome è stato dato alla stessa Festa Nazionale.
Ieri alla conferenza stampa di presentazione dell’opera di Maffeo d’Arcole, si è saputo come quest’opera abbia folgorato don Andrea Gallo e come con Maffeo sia nata una grande amicizia. Don Gallo si è detto entusiasta di quest’opera che esprime bene il ‘movimento’ l’andare verso un futuro migliore da parte di un popolo di disgraziati, diseredati, rappresentati da quelle sculture di legno vecchio; dietro c’è un lavoro di recupero che va’ oltre la memoria rendendoci una attualità drammatica ma piena di speranza.
Per Don Gallo, che lo ha invitato ancora a Genova per ulteriori scambi culturali, Maffeo d’Arcole potrebbe essere, attraverso la sua arte come ‘recupero’, un piccolo don Bosco: « Dai, mi rivolgo a chi può, facciamo un laboratorio d’arte a Genova che recuperando oggetti vecchi per fare arte, recuperi così anche molti giovani sbandati…»; don Gallo non si smentisce e coglie sempre le occasioni per lanciare positive provocazioni per smuovere coscienze e azioni.
Maffeo ha tracciato anche un breve ritratto di sé: ultimo di otto fratelli di una famiglia contadina del veronese, precisamente del paese di Arcole – da qui il nome d’arte-, è divenuto dopo il lavoro giovanile nei campi, entra in una fonderia come operaio ove rimane per molti anni maturando una forte esperienza di impegno sociale e sindacale. Lasciata la fabbrica come autodidatta affronta un percorso artistico che lo vede esprimersi nelle più varie forme: recitazione, regia, pittura, scultura. In tutte le opere di Maffeo si coglie come continuità il messaggio potente del riscatto sociale e culturale; la povertà, il dolore, il sacrificio, la fatica trasformati in cultura, tolleranza, rispetto e dignità. Una ricerca continua della qualità della vita; un diritto che cresce nella coscienza e insieme con l’arte. In questo caso l’arte di Maffeo d’Arcole.
Alla conferenza stampa erano presenti anche Lino Paganelli responsabile DS delle feste dell’Unità nazionali e Mario Tullo, segretario provinciale dei DS, che hanno ringraziato Maffeo per la sua disponibilità tracciando anche un ideale segno di continuità con il logo che richiama il ‘Quarto Stato’ di Polizza da Volpedo e l’opera ‘Popoli in Cammino’ che diverrà ‘Cittadini del Mondo’. Un bell’augurio che dà speranza alla risoluzione dell’evento drammatico e doloroso che caratterizza l’attuale fase storica, dove milioni e milioni di uomini e donne sono in cammino per migliorare le proprie condizioni di vita.
Maffeo per tutto il tempo della festa è stato presente, e lo sarà fino alla conclusione di domenica prossima, in prossimità della sua grande installazione e ha avuto modo di conoscere moltissime persone con cui confrontare impressioni e idee. Ora che si avvicina alla conclusione di questa esaltante esperienza, Maffeo ringrazia tutti ripromettendosi di tornare; anzi ha già in mente per Genova qualcosa. Per Natale, dice Maffeo, lo verremo a sapere. Sicuramente ci sarà lo zampino di don Gallo.

mercoledì, settembre 15, 2004

Il Nord

Bossi: Il Nord non mollerà mai. Così apre il giornale La Padania, Voce del Nord e organo della Lega Nord; poi continua: “Non c’è possibilità che il sistema vinca, la gente non deve mai dubitare”. Ma chi è il sistema? Chi è la gente? E soprattutto chi è il Nord? Io sono uno che dubita e non sono la gente, non sono il sistema e non sono neppure il nord: sarà forse la Lega Nord e il suo quasi 4% di popolo? Mah! Questi, si sa, sono “duri” e allora ecco che non mollano, come Nord, mai. Io devo stare tranquillo perché sono dell’Ovest, Sudovest, Est. Sono anche del Nord rispetto al Sud, come sono del Sud rispetto al Nord, ma non sono certo della Padania, davanti a me c’è il mare e dietro delle belle montagne.
Ma chi è che fa queste sparate? E’ Bossi in netto miglioramento. E’ tutto detto. Aspettiamo il seguito per Sant’Ambrogio.

lunedì, settembre 13, 2004

Presentazione mio libro

Presentazione libro

Martedì 21 Settembre 2004 alle ore 18 presso la libreria Portoanticolibri Palazzo Millo - nell'area del Porto Antico


La giornalista Laura Guglielmi presenterà il libro di Giorgio Boratto "La poesia come un accidente…"Carroggio Editore
"La poesia come un accidente…" è un libro che si può aprire a caso e per caso anche senza imbattersi necessariamente in una poesia, si incontra un pensiero che la richiama.Insomma, dov'è la poesia? E' nell'avvicinarsi il più possibile alla realtà senza perdersi, senza dimenticare di quanta bellezza c'è in ognuno di noi e soltanto a richiamarla, anche senza rime baciate, ritornelli e punti a capo, la poesia si trova; c'è, come un beneaugurato accidente. "La poesia come un accidente…" è così perché la poesia poi la si ritrova anche nella prosa, in certi minuti passaggi espressi con il sentimento dell'interrogazione e della meraviglia; è così perché leggendo anche a caso e solo due pagine al dì, come potrebbe suggerire un medico dell'anima, regala salute spirituale e chissà. Chissà allora, se questo libro non fosse un regalo da fare a se stessi, lo si potrebbe trovare in farmacia.
Sarà gradita la tua presenza

sabato, settembre 11, 2004

Storie sampdoriane

Gran parterre, questa sera alla libreria Porto Antico di Palazzo Millo nell’area omonima, con molti ospiti-tifosi, per la presentazione del libro di Edoardo Guglielmino, ‘Storie Blucerchiate’. La serata è iniziata con la lettura della presentazione, del direttore generale dell’U.C. Sampdoria, Giuseppe Marotta, che apre il libro seguita dalla prefazione di Renzo Parodi, letta anch’essa da Stefano Carloni (voce mitica della RAI). Un momento prima c’era stato il benvenuto dato dal figlio dell’autore del libro, Andrea, che ha ricordato come Edoardo Guglielmino sia il cantore della Sampdoria, come Umberto Saba lo fu per la Triestina…forse un azzardo, ma non più di tanto; già la prefazione di Renzo Parodi ci dice: «…Guglielmino è uno scrittore vero, assistito dall’istinto, raro, che coglie l’anima delle cose, il cuore degli uomini…». Allora? Pur schernendosi Edoardo Guglielmino incassa l’elogio: frutto dell’amore filiale ma intanto…tiè. E va bene.
La parola viene passata al giornalista Mauro Bocci il quale introduce con una battuta: « La palla è rotonda, questo bisogna ricordarlo sempre e Guglielmino ce lo ricorda con la rotondità della sua scrittura, con la sua ironia, leggerezza e tocco piacevole». Bocci ricorda poi, partendo dalla prefazione di Renzo Parodi, quel ‘calcio meticcio’, quella squadra dei meridionali, degli oriundi che giocava per conquistarsi una sua dignità. Bocci scava ancora parlandoci anche degli albori del calcio quando le società erano divise tra società ginniche e società calcistiche e le prime con i giocatori autoctoni si imposero con squadre gloriose: la Pro Patria e la Pro Vercelli e anche l’Andrea Doria, che diede poi vita con la Sampierdarenese alla Sampdoria. Bocci è partito da lontano ma arriva presto alla conclusione per elogiare il piacere letterario che Guglielmino ci offre come uno Stefano Benni.
La dimensione di pregio letterario del libro viene portata anche con la lettura di versi alla Caproni, ricordi alla Pennac e rimandi alla Joyce. Insomma il libro corre veloce come un dribbling, come il racconto del calcio di rigore, con il disegno in quattro righe di personaggi storici: Pasquale Vaccamorta, Maraschi, la Fanny…e tutti i nomi importanti da Colantuoni a Mantovani.
Per me che l’ho letto sono stati ‘11 passaggi’, eccetto presentazione, prefazione, postludio e citazioni letterarie sunnominate, che vanno diritti in gol. Un bel gioco.
E’ vero con Guglielmino il gioco del calcio mantiene una dimensione giocosa che spesso nel mondo del calcio pare persa: non c’è il tifo tipo ‘febbre a 90°’ di Nick Hornby; non c’è in quel tifo in quella squadra ‘il postulato perfetto su cui costruire la propria incapacità di relazione, l’irresolutezza vagamente infantile con cui spingere lontano le certezze dell’intimità. La travolgente maschiezza del tutto: il fumo di sigaro e pipa, il linguaggio osceno, la difficoltà fisica a reggere lo scontro dei corpi sugli spalti, fissa comicamente ma inesorabilmente i limiti di un territorio per soli uomini’. No, in Guglielmino c’è l’opposto, c’è l’intreccio di personaggi diversi e tutti ricchi di ironia e amore: ci sono donne e uomini che si sanno relazionare con la loro identità precisa. Questo aspetto Mauro Bocci lo rimarca vedendo anche il valore pedagogico del libro: Storie blucerchiate. Guglielmino prendendo la parola parte da questo: «Lo sport come cultura. L’ho sempre sentito affermare ed io ci credo. Lo sport è cultura, è cultura che può essere leggerezza ma anche impegno profondo».
Guglielmino infine cita la felicità; è la felicità sampdoriana che ha conosciuto e che gli continua a dare amicizie vere e ora ricordi. Sui ricordi e il ricordato con Guglielmino c’è da starne certi: sono certificati dall’età. Guglielmino festeggia gli ottant’anni e tutta la storia della Sampdoria l’ha vissuta. Ora non rimane che fare l’augurio di successi al libro come alla squadra.
Appuntamento per l’acquisto in libreria:

Storie blucerchiate
di Edoardo Guglielmino
Ed. I Tascabili
Fratelli Frilli Editori
Euro 6,50

sabato, settembre 04, 2004

Geografia umana

Beslan è una delle città che sappiamo esiste perché si è compiuto un orrore. Da un po’ di tempo conosciamo una geografia, sconosciuta ai più, sull’onda di guerre, terrore e massacri. E’ una geografia che insieme a città come Srebrenica, Mazar-i-Sharif, Tawilah, Najaf, Falluja, solo per citarne alcune, ci fa scoprire anche parti oscure della nostra mente, della nostra capacità alla crudeltà, alle brutture. Ma chi siamo?
Ogni volta che pensiamo di conoscere il paesaggio che ci circonda e insieme cerchiamo sicurezze, costruendo difese alla nostra supposta grandezza e superiorità, ecco arrivarci, con i suoni nuovi dei nomi di luoghi distanti, anche la ferocia arcaica del nostro essere: l’atrocità dell’uccisione di un bambino ci scaraventa nel «cuore di tenebra» che da sempre evoca la guerra.
E’ sempre la guerra dichiarata o segreta; ufficiale o nascosta; regolare o anticonvenzionale che caratterizza il potere: il potere di prevalere sull’altro, sul diverso da noi.
Non volere conoscere, comprendere o sapere, fa deflagrare l’inconsapevolezza con le immagini improvvise dell’orrore.
E’ sempre la guerra che semina odio, rancori, terrore, che dietro la maschera di divise diverse livella con la morte l’uomo e la sua capacità di un pensiero per andare oltre.


mercoledì, settembre 01, 2004

Etica un nuovo modo per vivere la barca

Massimo ed Emanuela sono la coppia che ha realizzato una bellissima idea: un Boat & Breakfast a Genova. Lui, Massimo Tixi, è uno skipper con una notevole esperienza maturata, anche con gruppi ambientalisti di azione diretta e con organizzazioni umanitarie, in varie parti del mondo dall’Africa al Polo Nord. Lei, Manuela Facco, è una vivace e solare ragazza vicentina che con l’amore per Massimo ha trovato insieme l’entusiasmo per realizzare questo sogno: una barca da vivere sempre. La boat, l’imbarcazione, che è divenuta una accogliente dimora per pernottare, gustare una colazione internazionale e fare molte, tantissime, cose è un peschereccio del 1923 costruito nel cantiere di Corticello a Palermo. Inizialmente la barca si chiamava Santa Rosalia, divenne poi Filicudi per essere impiegata nella pesca a Favignana, per giungere ora a chiamarsi con una nuova veste, ma conservando sempre la classe di una vecchia signora del mare, Etica.
Etica è un nome scelto con cura poiché racchiude la filosofia che Massimo e Manuela perseguono: vivere il mare con il rispetto, l’attenzione e la conoscenza che questo richiede; quindi cibi per colazioni internazionali - poiché l’offerta è rivolta a tutti gli amanti del mare di tutte le latitudini e città del mondo- scelti con cura dal mercato equo e solidale e l’offerta di impiego della barca per l’aspetto nautico, attrezzata per l’allestimento di mostre, meeting, incontri didattici e la programmazione di piacevoli escursioni, come i giri eno-gastronomici nelle 5 Terre o puntate fino alle Baleari.
Massimo e Manuela mentre parlano della loro imbarcazione, delle molte idee per il suo futuro impiego, sanno trasmettere anche il loro amore per il mare.
Le idee sono davvero tante; tanto che vorrebbero scrivere su una fiancata della barca: “Laboratorio delle idee”. Idee che scivolano sul mare. Idee come sogni realizzabili: piccola biblioteca, saletta per presentazione libri, proiezione video, ecc…
Etica, bisogna poi dirlo, si trova in un posto fantastico: ormeggio F28 del molo Morosini, alla Marina Porto Antico, con la prua rivolta verso il Museo del Mare. Anche questo contribuisce a determinarne un suo futuro successo.
Benvenuta Etica ed a Manuela e Massimo un augurante “in bocca al lupo”.