domenica, dicembre 22, 2013

Quanto è piccolo il mondo?

Nel gennaio 2006 scrivevo per mentelocale.it un articolo che raccontava la teoria di Stanley Malgrim, ovvero dei 6 gradi di separazione, che sostiene come qualunque persona possa essere collegata a qualunque altra attraverso una conoscenza di non di più di 5 intermediari.
Questa teoria fu sperimentata dal sociologo statunitense S. Milgram la prima volta nel 1967. Si selezionò un gruppo di cittadini del midwest chiedendo loro di mandare un pacchetto ad un estraneo che abitava in un altro Stato, a migliaia di Km di distanza. Ognuno conosceva solo il nome del destinatario e non l'indirizzo. Chiesto di mandarlo a persone che secondo loro poteva conoscere il destinatario e così in successione, incredibilmente con una media di 5 e 7 passaggi, i pacchetti giunsero tutti a destinazione.
Nel 2001 lo tesso esperimento fu provato da Duncan Watts, questa volta tramite un messaggio e-mail al posto del pacchetto. Ci fu una ulteriore conferma: gli intermediari furono effettivamente 6.
Questo fatto concretizzava l'affermazione di quanto sia piccolo il mondo!
Ora pensando che non c'era ancora il fenomeno di Facebook, che secondo i dati si è iniziato a diffondere dopo il settembre del 2007, quanti saranno oggi i gradi di separazione? Saranno sempre solo 6? Io penso di no...sono senz'altro diminuiti.
Se prendiamo poi solo ad esempio una nazione sola come l'Italia, dove per Facebook c'è stato un boom nel 2008 -e secondo i dati forniti per cui gli utenti italiani nel mese di ottobre 2010 erano 17,3 milioni- quanti saranno i gradi di separazione tra un qualunque italiano ed un altro sconosciuto? Io penso solo 3. Dimezzati!
Sì tramite la catena degli amici degli amici noi arriviamo a chiunque in solo pochissimi passaggi...ecco il ritorno o l'avvento del paese globale.
Questo può essere un fatto positivo o negativo secondo -ancora una volta- l'uso: può servirci a mandarci affareinculo o accarezzarci con affetto.
Fate voi. Buon Natale a tutti!

martedì, dicembre 17, 2013

Vita di Gesù di Ernest Renan

Ci fu nel 1863 una polemica nata da un famoso libro sulla storia di Gesù: è Vita di Gesù scritta da Ernest Renan.
Ernest Renan, storico e professore del College de France, non fece altro che umanizzare la figura di Gesù Cristo accentuandone insieme le caratteristiche di eccezionale grandezza. Per questo fu criticato. Renan non sminuiva la figura di Gesù, ma come uomo ne faceva il paradigma dell’uomo perfetto; un uomo da imitare per la sua innovativa legge morale. Quel libro subì la condanna del potere ecclesiastico.
Bisogna ricordare che la figura di Gesù Cristo è sempre stata oggetto di dispute. Per gli Ebrei è un falso profeta, per i Musulmani un vero profeta ma male interpretato, per i pagani e poi per i non credenti un impostore o anche un uomo giusto ma mitizzato e divinizzato dai suoi seguaci.
Fino al 1800 però mai si era dubitato della sua effettiva esistenza storica. Con lo sviluppo però della critica storica, con la ricerca della fonte ci si avvide o meglio si prese coscienza di un fatto che era sempre stato conosciuto: di Gesù Cristo non si aveva alcuna notizia da fonte non cristiana; più precisamente, avevamo solo un piccolo passo di Giuseppe Flavio, storico ebreo non cristiano, che parlava di Gesù ma appariva chiaro che il passo era una antica interpolazione, segno questo che già nell'antichità si sentiva il bisogno di confermare l'esistenza storica di Gesù.
A pochi giorni dal Natale cristiano, che si festeggia in tutto il mondo, e che fa di quella nascita partire anche il conto degli anni trascorsi in tutto l'occidente, rileggere l'opera di Ernest Renan mi parrebbe una bella cosa. Sono passati 150 anni dalla pubblicazione del libro e conserva ancora una originale attualità e capacità di pensare a Gesù come la coscienza più alta, mai esistita, nel concepire un Dio dell'umanità. Un Dio che non è un despota parziale che ha scelto un popolo ma è di tutti.
Dopo ‘Vita di Gesù’, Renan scrisse sei volumi che raccontavano la Storia delle origini del Cristianesimo. Quell’opera fu ispirata ai principi positivisti di Auguste Comte.
Le idee divulgate dal filosofo comteano Ernest Renan sono state considerate come nocive e offensive per la fede cristiana in quanto, oltre a essere non conformi alla dottrina cattolica, sarebbero state capaci di sollevare forti opposizioni popolari, secondo quanto affermava la critica più reazionaria.
La gente comune avrebbe potuto vedere nelle parole, che lo scrittore aveva pronunciato, le proprie inclinazioni e passare da una rivendicazione della libertà religiosa - già di per sé temibile - implicita nell’idea di un Gesù umano, a richiedere addirittura l’emancipazione da qualsiasi forma di autoritarismo politico e da qualunque ordine costituito.
Ernest Renan si spense nel 1892.
All'URL di http://books.google.it ne potrete leggere una bella selezione.
Questo libro è anche una buona proposta di libro regalo che aiuterà a comprendere il mondo in cui si muoveva Gesù. L'uomo che ha segnato profondamente la cultura occidentale.

sabato, dicembre 14, 2013

Il Grillismo ovvero l'ignoranza politica del Movimento 5 Stelle

Avevo già espresso in un post precedente che il grillismo è frutto di 20 anni di berlusconismo e cattiva politica. E' sempre più chiaro che la situazione in cui siamo precipitati non è nata per caso e se è vero che il presente è figlio del passato e padre del futuro c'è da stare poco allegri.
Anche Forza Italia era nata sull'onda del rifiuto della vecchia politica e contro i professionisti della politica...abbiamo visto poi come quel partito sia diventato invece il paladino della Casta, proprio di quei politici che avrebbe voluto cancellare: per salvare il suo boss ha rinforzato i privilegi dei politici mettendo molti ostacoli affinchè non si potessero perseguire gli stessi per atti di corruzione: sappiamo quante votazioni ci sono state per non mandare sotto processo i politici corrotti e corruttori di tutti i partiti.
Non dimentichiamo poi, che una delle pagine più brutte della storia parlamentare repubblicana è stata poi quella di far votare e approvare a maggioranza che una marocchina minorenne soprannominata Ruby, era la nipote del premier egiziano Mubarak. Questo per cercare di salvare Berlusconi.
Sulla stessa onda dell'antipolitica di 20 anni fa, è rinato un movimento (il Movimento 5 Stelle -M5S) che vuole rovesciare tutto.
La protesta e quello che esprime come proposte il M5S è in buona parte condivisibile non però nei comportamenti e nell'agire politico. Io ad esempio non capisco quando si afferma che il Movimento5Stelle sia un'associazioni che 'non ha ideologie di sinistra o di destra, ma idee'...cosa vuol dire? Che non ha un progetto di costruzione della società? Che non gli interessa quale assetto politico economico dare allo Stato-Nazione? Sembra inutile dire che il mondo si è sempre mosso sulla base di ideologie, ovvero logiche di idee che perseguono ideali di società: come far convivere comunità di persone insieme nel migliore dei modi. Allora è chiaro che sul piano economico e sociale bisogna fare scelte per cui si abbraccia inevitabilmente la Destra o la Sinistra: non si scappa. Parafrasando Norberto Bobbio possiamo dire: 'Non c'è niente di più ideologico che di dire no alle ideologie'.

'Noi non possiamo essere imparziali. Possiamo soltanto essere intellettualmente onesti e mettere in guardia i nostri lettori. L'imparzialità è un sogno, la probità un dovere'.
Gaetano Salvemini
Il significato di ideologia è da tempo oggetto di varie interpretazioni. Sostanzialmente di due segni opposti: negativo e positivo. In negativo è il mascheramento della realtà delle cose a cui consegue la necessità di disvelamento delle dinamiche del potere economico- come ha provato a fare Karl Marx.
In positivo è l'orientare coerentemente l'agire politico dei partiti tanto al governo, tanto all'opposizione
Secondo Marx l'ideologia è il modo di vedere la realtà della classe sociale dominante.
Ma le ideologie possono essere predominanti o marginali, vincenti o perdenti, adeguate o inadeguate, ma esistono e non si possono annullare facendo finta di niente. Sono e saranno sempre escogitate da pensatori geniali, benefici o malefici, al fine di tentare di soddisfare i bisogni-desideri degli esseri umani.
Detto questo si sente il bisogno di scuole di formazione politica, di educare le nuove generazioni a fare politica.
Per finire: ho visto che sul web gira uno spezzone di filmato RAI, di un programma a quiz, dove diversi concorrenti rispondevano a date quali il 1948, il 1964 e il 1979 come anni in cui venne eletto cancelliere Adolf Hitler. Incredibile. Questo denota quanta ignoranza anche storica, oltre che politica, pervada i giovani d'oggi.

giovedì, dicembre 12, 2013

Sabbatico di Pino Petruzzelli

Ieri sera ho visto a teatro Sabbatico di Pino Petruzzelli: teatro di parola, teatro povero, teatro d'affabulazione, teatro di contingenza ma capace di descrivere una crisi come risorsa per conoscere l'altro e il mondo.
La scenografia è fatta di un solo rotolo di corde posate per terra dove a fianco il protagonista, tale Gerardo Cozzolino, racconta il suo mese di forzato congedo dal supermercato genovese dove lavora. Ha inizio così la narrazione del suo viaggio consigliato dal barista cinese: una semplice gita in montagna che si trasforma in un itinerario improvvisato dove si incontrano diversi personaggi e alternativamente dei cani. Il peregrinare senza meta lo porterà in Puglia sua terra originaria.
Il viaggio così assume il sapore di un ritorno; di una inconsapevole regressione che porterà Cozzolino di fronte alla possibilità di fare scelte per lui inimmaginabili fino a quel momento...
Chi ha detto che il viaggio è anche ricerca dell'essenziale? Ebbene qui l'essenzialità la si ritrova dall'inizio e in questa opera di teatro povero, fatta da un solo uomo-spettacolo, si riesce ugualmente a vivere molte emozioni in maniera piena. Bravo Petruzzelli.
Una domanda all'autore: non sarà che Cozzolino voglia fare in un certo senso il verso a Checco Zalone? Infatti le origini pugliesi di entrambi hanno nel cozzalone e cozzalino una equivalenza: sta per il genovese belinone; un ingenuo a cui capitano tutte!

sabato, dicembre 07, 2013

Edvard Munch: attualità e realtà della condizione umana?

Sulla mostra dell'artista norvegese Edvard Munch, allestita per i 150 anni della nascita, avevo letto -il 3 luglio 2013- un articolo di Stefano Bigazzi, che anticipava l'inaugurazione a Palazzo Ducale del 4 ottobre. Quell'articolo titolato: Munch, una mostra da Urlo. La svolta tra due secoli, mi era stato utile per comprendere le atmosfere cupe e depressive di Munch. Infatti per mio conto sconsiglierei ai depressi e malinconici di visitarla; aggraverebbe senz'altro il loro stato psichico.
Stefano Bigazzi aveva inquadrato l'opera di Munch, richiamando soprattutto gli scritti di Øyvind Storm Bjerke, dove si ritrova 'affine ai drammi di Ibsen. La concezione dello spazio di Munch si rivela spesso identica a quella del dramma naturalistico: uno spazio piccolo e definito al quale è stata tolta una parete per permettere di sbirciare dentro e dove, come spettatori, siamo messi a stretto contatto con gli eventi'. Quindi quadri come scenografie di un teatro drammatico che mostra la nostra vita, la nostra esistenza, fatta di sofferenza e disgrazie senza sconti. Anche Bigazzi aveva fatto richiami alla filosofia: quella di Kierkegaard e l'Esistenzialismo è senz'altro la corrente che ha dato origine all'Espressionismo: condensato nel rifiuto del piacere visivo accostando la visione a ciò che esiste nell'interiorità più profonda dell'anima umana.
A questo punto c'è da chiedersi: dove siamo? Cosa vediamo?
Nel comunicare a Stefano Bigazzi il mio grazie per l'articolo suddetto aggiungevo che oltre a quanto lui aveva scritto, in merito alla collocazione storico geografica e artistica, c'era per me anche un risvolto filosofico sintetizzato da Oswald Spengler per cui la civiltà occidentale è alla sua fine. Citando il filosofo Spengler concludevo citando una sua frase rivelatrice: l'ottimismo è viltà. La risposta di Stefano Bigazzi fu lapidaria: io sono un vile...
E' vero che guardando come va il mondo, uscendo dalla mostra di Munch c'è da assaporare molta angoscia e quindi poco per essere ottimisti; ma dobbiamo, come sostiene Stefano, continuare la viltà.
Non voglio allontanarmi dalla filosofia e per questo pensando allora a Ernst Bloch, credo di essere vicino a lui: al dovere di sperare; al principio di speranza e utopia quali elementi essenziali dell'agire e del pensare umano.
Allora grazie a Stefano Bigazzi e ad Ernst Bloch.