sabato, dicembre 29, 2007

Capodanno 2008

Vorrei che il prossimo anno si potesse vivere senza affanno
Camminando piano tenendoci per mano
Vorrei un gennaio gentile, come il mese d’aprile
Oppure un luglio fresco, con il fiore di pesco
Vorrei per tutti un lavoro, che dia ad ognuno decoro
E rifondi speranza anche a chi solitamente non danza
Vorrei giornate serene, passate con chi si vuole bene
Belle chiacchierate con gli amici, in tante serate felici
Vorrei solo notizie belle, da ridere a crepapelle
E se scappa una notizia brutta, sia perché dopo il dolce non c’è la frutta
In conclusione ispirato da Gianni Rodari, mettendomi così in pari:
‘Se voglio troppo non datemi niente, datemi una faccia allegra solamente’.

giovedì, dicembre 27, 2007

Ricordando Gualtiero Schiaffino

Una brutta notizia funesta questo Natale 2007: la morte di Gualtiero Schiaffino, firma storica della satira politica italiana. Gualtiero Schiaffino era un uomo eclettico, un imprenditore culturale dai mille interessi: editore, politico, scrittore, giornalista, disegnatore fumettista, curatore di mostre di grafica, illustrazione, festival dell’umorismo e letteratura per ragazzi; organizzatore di tornei di Ciclo-Tappo (di cui era l’ideatore con la Federazione Italiana Gioco Ciclo-Tappo nata nel 1993). Ex assessore alla Cultura per la Provincia di Genova, Gualtiero Schiaffino era da sempre impegnato nella promozione del libro e della lettura: il premio Andersen, che porta lo stesso nome della rivista di letteratura per ragazzi, è stato creato da lui nel 1982.
Insieme ai vignettisti e cartoonist genovesi, quali Rino D'Anna, Agostino e Franco Origone, Alberto Boccardo e Sergio Fedriani, Gualtiero Schiaffino ha rappresentato la ‘punta’ dell’illustrazione umoristica ligure.
Che dire di più di lui? Per me un amico, un uomo brillante dallo spirito ironico e piacevole. Con Schiaffino tutto ruotava attorno al sorriso e alla sottile sapienza di godere al meglio la vita. Mi mancherà.
Nel dicembre 2004 avevo raccontato della fantasia satirica di Gualtiero Schiaffino sulla politica della nascita dei partiti: una profezia? Ancora mentelocale.it nel marzo del 2005 un articolo aveva descritto gli aspetti creativi di Gualtiero Schiaffino. Rileggendoli rivedo l’amico Gualtiero e la sua verve, la sua vitalità, le sue battute geniali…
Chi non si è imbattuto nei suoi nonsense? Nelle sue freddure, barzellette, vignette e scherzi? Chi non ricorda il suo manuale satirico pubblicato da Zanichelli con successo? Il libro si chiamava ‘Verba Volant - Manuale di brillante conversazione per ben figurare in società, indispensabile al fine dicitore’: un volume di 400 pagine che aiutava a rendere leggeri, a far volare appunto, concetti importanti e pesanti della pubblica amministrazione. Pubblicato nel 1982 da Zanichelli, ora fuori commercio, rimane un libro attualissimo.
Non ho altro da aggiungere. In questo Natale sono un po’ triste per Skiaf –così firmava le sue vignette satiriche sulle importanti riviste del genere. Oggi ho preso uno Skiaf, non uno dei suoi soliti, quelli che allargavano bocca e cervello; oggi ho preso uno Skiaf che stringe il cuore e fa più poveri.

domenica, dicembre 23, 2007

Potere italiano

Non potevo non scrivere niente sulle telefonate intercettate. Così una piccola riflessione la metto su questo blog:
Indubbiamente il contenuto della telefonata tra Berlusconi e Saccà è l’emblema e la conferma di ciò che da sempre pensa la massa degli italiani del potere: un continuo intrallazzo tra chi ha soldi e cariche pubbliche; tra raccomandati, servitori, e politici, trafficanti. In fondo questa è la politica senza un contenuto etico.
Sono passati oltre 15 anni da quando scoppiò in Italia la ventata moralizzatrice di ‘Mani Pulite’; poco è cambiato, forse nulla. Sono entrati in politica i referenti a cui erano asserviti gli scambi di favori, ma non sono cambiati i metodi. Non è cambiato il costume vessatorio, di ricatto, di compra-vendita di voti e consenso soprattutto legato al potere esercitato dalla televisione.
Il campione di questa politica sporca è proprio colui che faceva dell’antipolitica il suo manifesto: il privato che guardava all’interesse della capacità professionale, imprenditoriale del fare e della libertà, ovvero Berlusconi. Bell’esempio.
Le capacità sono quelle di raccomandare bene le persone o di essere raccomandati ad un ente che poi viene condannato perchè assume tutti per raccomandazione. L’imprenditoria e più semplicemente una prenditoria, dove ogni cosa ha un prezzo e basta pagare; per cui libertà o non libertà si può ottenere sempre quello che si vuole. Naturalmente per certi ricchi, per gli altri chi se ne frega; anzi le intercettazioni provocano scandalo non per il contenuto destabilizzante, ma perché sono state rese pubbliche. Meno male che tutti hanno la possibilità di conoscere. A questo serve la democrazia e la libertà: quello di sapere; sapere chi sono i personaggi che si candidano a governarci da sempre. Le solite maschere arlecchino-pulcinellesche.
Questo mio articolo è stato pubblicato oggi 24 dicembre su L'Unità

venerdì, dicembre 21, 2007

il Buon Natale che ho inviato agli amici

Un buon Natale che estendo a tutti i visitatori del mio blog:
Un Buon Natale per non essere banale e non apparire scontato come il telegiornale, che racconta le feste con il solito rituale, deve essere semplice, fuori dallo stress, e dalla corsa al regalo.
Un Buon Natale per essere vero, e ricordarci che siamo in attesa di un evento miracoloso, deve essere silenzioso, ovattato come i passi nella neve che ammanta di bianco ciò che si vede.
Un Buon Natale si deve preparare pensando ad una nascita, come ad una festa; poiché insieme ad un bambino nasciamo tutti, come si nasce, e si muore, ogni giorno e ad ogni ora.
Un Buon Natale si vede nelle opere di bene, nei pensieri buoni, nei visi distesi, nei gesti d’affetto che rammentano, sebbene siamo tutti nati in posti, giorni e anni diversi, che siamo qui insieme a dirci Buon Natale. Buon Natale e ancora Buon Natale.
Noi nasciamo sempre tutti, oggi.

martedì, dicembre 18, 2007

Regalare solidarietà

Una notizia in piccolo su ‘Affari e Finanza’, inserto de La Repubblica, dice che Giorgio Armani regala quest’anno solidarietà. Un semplice biglietto a stampa avverte che la sua maison, per il Natale non manda regali perché i soldi corrispondenti sono stati utilizzati per fare una donazione all’Unicef. ‘Bene, bravo, evviva’, commenta Giuseppe Turani, autore dell’articolo, aggiungendo che il Natale dovrebbe servire proprio ad adoperare i soldi per fare del bene, e non a sprecarli in regali spesso inutili. Allora un plauso a Giorgio Armani, insieme un esempio da imitare, aggiungo io.
Potrebbe essere una bellissima idea regalare un biglietto che testimoni che è stata fatta una donazione. Le associazioni di solidarietà sono tantissime, basterebbe sceglierne una e inviatale una somma, fotocopiata la ricevuta di versamento si potrebbe, dopo averci scritto sopra i nostri auguri di Buon Natale, distribuirla a parenti, amici e conoscenti- a tutte le persone cui si regala qualcosa ogni anno. Sarebbe un Natale fantastico, che forse non accrescerebbe il PIL, il trend dei consumi, ma di sicuro diminuirebbe le spese statali per il cosiddetto welfare e disagio sociale. Una ventata di bontà investirebbe tutti e prenderebbe corpo un significato più vero nel festeggiare la nascita miracolosa.

Pubblicato oggi 19 dicembre su La Repubblica e su Il Secolo XIX

venerdì, dicembre 14, 2007

Fare l'amore

Fare l’amore, così si dice per l’amore tradotto in termini fisici. L’amore sottintende sempre un fare: l’amore va sperimentato. Nella Bibbia fare l’amore, ovvero compiere l’atto sessuale, è il paradigma della conoscenza. Fare l’amore senza penetrazione non è possibile. Allo stesso modo non si può sperimentare la conoscenza senza penetrare nel linguaggio, nel senso delle parole.
Ma come si impara a farlo? Come farlo la prima volta. Come farlo ovunque tranne che a letto. Come farlo in modo ecologico…siamo fuori strada: quelli sono titoli di guide che non aiutano. Considerando l’amore uno scambio sessuale, può succedere di tutto; può succedere ad esempio che ci si rinfacci le prestazioni: l’hai fatto male; pensavi ad un’altra; sei stato troppo svelto…per lui. Per lei invece si può aggiungere: non hai partecipato; avevi paura di far rumore; eri stanca…
Tutti equivoci sull’amore come scambio. Per Erich Fromm l'amore non può essere insegnato, bensì deve essere acquisito tramite uno sforzo continuo, una attenta disciplina e paziente applicazione.
Raggiunto l’amore vero ci accorgeremo che quello è la sola medicina che cura tutti e tutto. L’amore guarisce dalla solitudine e dalle difficoltà dell’esistenza; ma intendiamoci bene, quella medicina, non è ‘fare l’amore’ come equivalenza del ‘fare sesso’. La medicina dell’amore è particolare, fa vivere con l’altro e gli altri in maniera nuova, come sostiene ancora Fromm:’io ti dono qualcosa e tu non mi devi dare nulla; tu mi regali sorrisi e abbracci ed io sono contento. Ci incontriamo ogni giorno su un piccolo sentiero, facciamo dei passi insieme sull’orlo di un burrone, ma non abbiamo paura’.
Tornando al ‘fare sesso’, dovremo essere grati alla Natura per il potere che ci ha dato nel continuare a farlo anche senza lo scopo di scambiarci materiale genetico, né per una pulsione inconscia a spandere i propri geni facendo figli, e così perpetuando la specie, ma per godere dell’orgasmo. Per qualcuno questo potrebbe rappresentare anche l’inesauribile carità di Dio. Poi ci sono anche molti altri motivi, per cui si fa sesso per esibizione, cultura, commercio, passatempo…
In conclusione noi giriamo sempre intorno all’amore e da questo dovremmo dedurre che: il sesso basato sull’ammirazione è un buon sistema per ottenere l’autografo; quello basato sull’affetto è ottimo; quello fatto fra compagni è buono per dividere le spese; quello basato sull’intimità è fantastico, ma è quello basato sull’amore che diventa un cemento che fa crescere persone e bambini.

*Pubblicato da ITALIANS il 30

giovedì, dicembre 13, 2007

Il mercato di Palazzo Madama: dal capocomico alla spalla

Marco Travaglio suul'Unità di oggi
Avrei voluto scrivere qualcosa io su questa ennesima telenovela che ci regala il 'nano', la vera anomalia politica italiana che riassume tutta la cattiva classe dirigente. Ma Marco Travaglio è imbattibile e allora posto il suo articolo:
Il supermarket dei senatori che ha innescato l'ennesima accusa di corruzione a Silvio Berlusconi s'inserisce perfettamente nella nuova stagione politica delle «larghe intese», ultimo approdo della commedia all'italiana, a cura di Castellano & Pipolo. Titolo: «Ok il prezzo è giusto» o «Chi vuol esser milionario». Ecco personaggi e interpreti, in ordine di apparizione.
Berlusconi Silvio, il capocomico. Un tempo si comprava Craxi e quello gli faceva due decreti salva-tv più la legge Mammì. Si comprava il giudice Metta e quello gli regalava la Mondadori. I suoi manager si compravano la Guardia di Finanza (a sua insaputa, s'intende) e quella chiudeva un occhio, anzi due sui bilanci del gruppo. E si compravano pure l'avvocato inglese David Mills (senza dirgli nulla, si capisce) perché testimoniasse il falso nei processi a suo carico. Il grande venditore era anche un formidabile compratore: mostrava il libretto degli assegni, diceva «scriva lei la cifra», e di solito funzionava. Ora, per dire com'è ridotto, telefona ad Agostino Saccà perché «sollevi il morale del Capo» sistemandogli certe «attrici» (ieri l'ometto le ha definite «artiste discriminate perché non di sinistra», insomma ideologhe anticomuniste, un po' come quelle che sedevano sulle sue ginocchia nel parco di Villa Certosa). Una, fra l'altro («la Evelina») sarebbe amica di un senatore dell'Unione «che mi può essere utile per far cadere il governo Prodi». E il governo non cade. Allora corteggia e coccola un senatore dell'Oceania, promettendogli un posto nel suo eventuale, prossimo governo (il famoso «sottosegretariato all'Australia»), e la piazza numero 2 nelle liste nazionali di Forza Italia (o come diavolo si chiama adesso) alle presunte elezioni anticipate. Il tutto con la stessa credibilità con cui Totò vendeva la fontana di Trevi all'italoamericano Decio Cavallo, che lui chiamava Caciocavallo. Solo che, diversamente, da Decio Cavallo, il senatore Randazzo non abbocca e lo manda a stendere, inseguito dal povero Cavaliere che gli promette addirittura «un contratto», millanta «ho con me Dini e i suoi» e lo implora in ginocchio: «Mi basta anche solo una piccola assenza...». Poveretto, come s'offre.
Randazzo Nino, l'antagonista. L'uomo che resiste impavido (e inedito) alle profferte del Grande Compratore è un vecchio giornalista italoaustraliano d'altri tempi, che dinanzi ai contratti e alle promesse risponde: «Sono stato eletto col centrosinistra e dunque resto fedele al centrosinistra perché ho una mia moralità». Alla parola «moralità», il Cavaliere chiama Bonaiuti e chiede un dizionario: dev'essere un termine australiano, comunque arcaico. Poi capisce che non c'è nulla da fare: la lunga permanenza all'estero deve aver guastato il senatore, non troppo aggiornato sulle prassi recenti della nostra politica. Affranto per l'affronto, il Cavaliere ripiega sugli italiani doc.
Nick Scavi, il buttadentro. Imprenditore australiano, si materializza alle spalle di Randazzo un giorno che questo sta passeggiando alla galleria Alberto Sordi, a Roma. Da quel momento diventa il suo angelo custode, gentile omaggio del Cavaliere: «Voglio offrirti la possibilità di diventare milionario», gli dice, e pare gli mostri un assegno in bianco accompagnato dalla frase: «Scrivi tu la cifra, fino a 2 milioni». Il suo ruolo è simile a quello delle ragazze buttadentro che accalappiano i giovanotti davanti alle discoteche. Ma Randazzo, tetragono, resiste anche alle sue sirene.
Saccà Agostino, la spalla. Calabrese, giornalista (chi non lo è?), craxiano, poi forzista, poi dalemiano, poi di nuovo forzista («voto Forza Italia come tutta la mia famiglia»), nel 2002 fu l'esecutore materiale dell'editto bulgaro del Capo contro Biagi, Santoro e Luttazzi. Da allora si garantì una serena vecchiaia. Da direttore generale dovettero cacciarlo perché in un anno la sua Rai aveva perso 4 punti di share su Mediaset: sull'onda dell' entusiasmo, era andato anche oltre il mandato. Ma lo sistemarono a Raifiction, una specie di grotta di Alì Babà piena d'oro, che lui amministra da par suo con gli amici degli amici. Ultimamente, mentre partecipava alla campagna acquisti berlusconiana dei senatori e preparava la fiction sul Barbarossa («Bossi non fa che parlarmene», insisteva il Cavaliere), si spacciava per veltroniano: pare che, per essere credibile, pronunciasse solo parole che iniziano con la w: walter, wafer, water, woobinda, wow, woody allen, watussi, wonderbra. Soprattutto wonderbra.
De Gregorio Sergio, il servo furbo. In controtendenza col proliferare in politica di servi sciocchi, il senatore ex socialista, ex forzista, ex democristiano, ex dipietrista, neo forzista ha recuperato la tradizione plautiana del servo furbo. Eletto nel 2006 con l'Italia dei Valori per nobili motivi ideali -un posto da sottosegretario- fu deluso quando non l'ottenne e cominciò a fare la fronda. Intanto fu indagato a Napoli per certi assegni trovati in mano a un contrabbandiere. E cominciò a votare contro la maggioranza che l'aveva eletto. L'improvvisa sintonia programmatica con la Cdl fu corroborata dalla promessa berlusconiana di finanziare la sua associazione Italiani nel mondo con 5 milioni di euro l'anno. Con tanto di contratto spedito via fax e addirittura firmato - scrive Repubblica - dall'ingenuo Bondi.
Fuda Pietro, servitor di due padroni. Calabrese, già forzista, poi margherito, poi numero 2 del Pdm di Loiero, indagato per storie di 'ndrangheta, balzò alle cronache un anno fa per un comma di poche righe che mandava salvi centinaia di pubblici amministratori nei guai con la Corte dei conti per reati contabili. Saccà, suo conterraneo, lo contatta poi riferisce: «Fuda vuol far sapere al Capo che il suo cuore batte sempre a destra, anche se oggi è costretto a stare a sinistra. Ma se gli toccano gli interessi e le cose sue, darà un aiuto al Cavaliere in Parlamento». Ecco, anche Fuda c'ha le cose sue.
P. S. C'è poi da segnalare Fausto Bertinotti che protesta vibratamente con la Procura di Napoli per la «fuga di notizie» e per eventuali «intercettazioni di parlamentari». Speriamo che il Presidente della Camera trovi anche tempo e modo per allarmarsi della compravendita di senatori in corso nell'altro ramo del Parlamento.

martedì, dicembre 11, 2007

Laicità

La Chiesa non può vantare buone ragioni contro il rispetto della libertà di coscienza. Per quanto riguarda la cosiddetta dittatura del relativismo, cui sempre la Chiesa si scaglia, questa è un’accusa insensata; perché il relativismo non si impone a nessuno. In definitiva: non può esserci, né può venir imposta una verità assoluta. Nessuno detiene il monopolio della verità. Separare lo Stato dalla Chiesa, il diritto dalla morale, i fatti dalle preferenze, rappresenta di per sé un valore; nonché il presupposto per riconoscersi in valori comuni: razionalità, dubbio, diritti umani, pace, giustizia...ecc. Sono regole e insieme valori.
Tutto quanto non può essere soltanto monopolio di una fede religiosa: ebrea, musulmana o cattolica che sia. Ciascuno difenda con coraggio ciò in cui crede, ma poi sia garante degli spazi di dibattito: così potremo essere laici; così insieme yesman e devoti laici che portano lo strascico, demonizzando l’avversario, eviteranno di essere patetici. Tolleranti e devoti, critici e fideisti, devono trovare l’idea di uno spazio neutro, laico e non anticristiano, dentro il quale tutti possono stare, in condizioni di riconoscimento reciproco.
L’uomo ha le possibilità per migliorare la sua vita ed anche delle concezioni arcaiche destinate ogni volta ad essere superate. Quello che la Chiesa condannava, tipo la democrazia o la non centralità della Terra nell’universo, in seguito è stato recuperato e riconosciuto valido.
Dietro il relativismo, ossia dietro la tolleranza e la democrazia che vi si associa, affiora non già un valore debole, bensì assoluto: il valore della compatibilità dei valori. In Occidente, dietro le regole della libertà laica non c’è alcuna indifferenza, ma un insieme di valori risultato di un lungo processo.
Basta seguire l’imperativo kantiano: ‘tratta l’umanità come fine e non come mezzo’. La laicità dovrebbe quindi essere la condizione affinché certe differenze, sul terreno dei valori, restino ‘indifferenti’ e innocue dal punto di vista politico.

domenica, dicembre 09, 2007

Esistono gli angeli

E’ vero amore è vero esistono gli angeli…così cantava Mina. Ed è vero, è vero che gli angeli ci sono: sono nei nostri pensieri. Una volta che i nostri pensieri sono stati creati e proiettati, hanno una loro esistenza materiale: girano, turbinano, vagano, escono e ritornano.
Esaminando i pensieri, è possibile notare come ognuno di questi crei una vera e propria forma mentale-emozionale, che rappresenta le intenzioni del suo creatore.
La nostra vita corrisponde pertanto al modo in cui noi modelliamo i nostri pensieri, unitamente alle condizioni ambientali comuni, di costume e di cultura precedentemente formatesi intorno a noi.
Con i nostri pensieri possiamo così creare le condizioni in noi e le situazioni attorno a noi; condizioni che possono assomigliare al paradiso o all'inferno, o anche essere una via di mezzo: ecco allora gli angeli del bene, del male e gli angeli in divenire…
Se pensiamo male di qualcuno, la forma pensiero raggiunge la persona in oggetto, quindi ritorna al creatore, con forza maggiore. Tale processo crea all'interno dell'atmosfera psichica molta oscurità. Se pensiamo bene una atmosfera di amore e luce ci avvolge, ed i benefici ci ritornano facendoci progredire ed evolvere.
In ogni momento, con la produzione e riproduzione di forme pensiero noi costruiamo e ricostruiamo il nostro ambiente psichico: la nostra personalità. Pertanto possiamo crearci un futuro di salute o malattia, felicità o insoddisfazione, seminare pace o irrequietezza. Per la maggior parte, tale costruzione della personalità avviene in modo subconscio, quando non abbiamo il dovuto controllo sui desideri e sulle emozioni.
La maggioranza delle forme pensiero che dimorano in noi sono intelligenti ed esigenti. Possono costringere la personalità ad agire nel modo adatto al fine di permetterle di soddisfarsi e rinnovarsi. Se ci colmiamo di forme pensiero di bramosia, invidia e odio, tali forme pensiero detteranno alla nostra personalità le azioni e i comportamenti che porteranno a grandi dispiaceri e conflitti: un vero inferno interiore. Se la nostra natura è pacifica e compassionevole, i nostri pensieri ci porteranno in situazioni dove troveremo aiuto e lo potremo diffondere.
Intorno a noi vi sono esseri umani che vivono in totale ignoranza ed oscurità, perciò l'ambiente psico-mentale collettivo è intriso di forme pensiero buone e cattive. Vi sono gli angeli, ma vi sono anche i demoni. Sta a noi creare il polo magnetico che attirerà gli uni e respingerà gli altri.
Come fare? Affidandoci a noi stessi, alla nostra intuitività e lasciandoci vivere. L’angelo del nostro pensiero profondo ci preserverà e soprattutto non ci disturberà il demone della nostra mente che segue gli automatismi di odio e aggressività.

giovedì, dicembre 06, 2007

Berlusputin di Marco Travaglio


Comprensibilmente distratti dagli eventi, giornali e tv hanno purtroppo trascurato la vera svolta della politica italiana: il nuovo look di Bellachioma. Da qualche giorno l’ometto di Stato, come lo chiamava Claudio Rinaldi, se ne va in giro con una t-shirt nera sotto giacca grigia al posto del doppiopetto incamicia to e incravattato. Parrebbe una penosa imitazione di Giorgio Armani, che sposa il nero degli abiti con l’argento della chioma. In realtà lo spirito-guida della new wawe arcoriana viene da lontano, dalla Russia con furore: è Vladimir Putin che sfoggia da sempre un dark look con t-shirt nera sotto giacca nera. Ora, per carità, stendiamo un velo pietoso sulle differenze fra Bellachioma, Armani e Putin. A cominciare da quelle fisiche e pilifere: l’ometto in nero, più che Armani o Putin, ricorda uno scarrafone un po’ sovrappeso, anche per l’abbinamento del nero della t-shirt con quello dell’asfalto che è tornato a coprirgli la capa dacché il trapianto ha fatto una cattiva riuscita.
Ma la svolta, pur fallita sul campo, è interessante almeno per le intenzioni. Che sono tre. 1) Nonno Silvio, 71 anni suonati, nipotini sparsi qua e là e gli ex alleati che gli rinfacciano l’età e persino il conflitto d’interessi, deve apparire più che mai giovanile, atletico, scattante. L’altro giorno il suo Giornale, che dopo Belpietro pare diretto da Antonio Cornacchione, titolava ammirato in prima pagina: «E Silvio corre», magnificandone lo sprint da centometrista che «ha sorpreso gli stessi uomini della scorta» (comparse addestrate a fingersi in affanno quando lui sgambetta per strada). 2) Una questione di marketing: il Partito delle Libertà o come diavolo si chiama stenta ad apparire nuovo, anche perché il leader è quello vecchio: lo stesso che 14 anni fa lanciò Forza Italia in un supermercato di Casalecchio e l’altro giorno l’ha sciolto dal predellino di un’auto in San Babila, salvo precisare che non lo scioglie più, o forse lo fa sciogliere a Dell’Utri, nell’acido. Ma il presunto popolo delle libertà - diversamente da Giovanardi in entrata, da Adornato in uscita, dai leader del Pd sempre pronti ad abboccare e dai giornalisti al seguito sempre pronti a servire - non s’è granché appassionato: ai gazebo di Palermo, che è tutto dire, erano quattro gatti. Così il pover’uomo, non potendo cambiare il brodo, tenta di cambiare pentola. Hai visto mai che chi s’è bevuto di tutto e di più s’accontenti della t-shirt. La terza ragione è subliminale, psicologica e fa quasi tenerezza per il suo aspetto fanciullesco: lui vorrebbe essere Putin, come un bambino vorrebbe essere Totti. E, non potendo (ancora) diventarlo, lo imita nel vestiario. Un oppositore non dialoga? Lui lo fa arrestare. Un imprenditore si mette contro i suoi monopolii? In galera dieci anni. Una giornalista scrive male di lui? Viene trovata morta ammazzata, così non c’è nemmeno bisogno di andare in Bulgaria a chiedere la sua testa. Uno spione parla male di lui? Il polonio 210 fa miracoli. La folla protesta? Lui la fa manganellare e poi arrestare, o arrestare e poi manganellare (ma questo accade anche da noi). Rischia di perdere le elezioni? Scioglie qualche partito avversario, crea un clima di terrore, controlla tv, giornali e istituti di sondaggio, tarocca gli exit poll, organizza brogli in gran stile al punto che se ne accorgono persino l’Ocse e Bush, e alla fine Sarkozy gli telefona per fargli i complimenti. E senza dover sopportare un Bondi, un Cicchitto, una Brambilla. Per questo Putin piace tanto. «Ho parlato con Putin ­ spiegò il 16 marzo 2004 - mi son fatto spiegare come si fa a prendere il 71% alle elezioni». E, a chi ricordava i suoi trascorsi comunisti nel Kgb, rispose sdegnato il 23 dicembre 2005: «Putin è un fiero anticomunista: non era mai stato convinto di quell’ideologia, ha vissuto l’assedio di Stalingrado». Non male per uno nato nel 1952. Per 5 anni lo statista di Milanello ripetè che «la Russia di Putin è matura per entrare nell’Ue». Poi garantì che «in Cecenia non è successo niente, a parte il terrorismo» (e un milione di civili sterminati). Ultimamente ha giurato: «Putin è un sincero democratico, me l’ha detto lui». Ecco: può essere questa un’ottima base per il dialogo sulla riforma elettorale: il modello russo corretto alla cecena. Con t-shirt nera obbligatoria. Per chi ne fosse sprovvisto, è bene accetta la camicia nera. Che si porta su tutto.
da l'Unità