lunedì, marzo 31, 2008

Segnalazione per la chiarezza

Voglio segnalare il linkdi quattro gatti -fadi, marco, paolo, salvatore- che spiegano in modo chiaro alcuni dati economici, utili ad orientare un voto consapevole.
I risultati dell'economia sono spesso un elemento importante per valutare i risultati di una azione di governo. Con le informazioni contenute in questo sito web, abbiamo la maniera di 'istruirci'. Grazie ai quattro gatti che speriamo diventino milioni.

giovedì, marzo 27, 2008

Pensiero sul voto

Il voto non dovrebbe servire a testimoniare un’appartenenza, ma anche e soprattutto a scegliere un governo, un programma per il paese e una classe dirigente. Allora mi domando come mai a sinistra ci ritroviamo ancora Bertinotti? Non era meglio Mussi o Vendola? Bertinotti rappresenta il vecchio del vecchio, e gli avversari politici, come Berlusconi, vorrebbero avere a che fare sempre con degli elementi come Bertinotti…non ci sarebbe battaglia: vincerebbe alla grande…chi? Berlusconi si intende.
Bertinotti è un parolaio senza confini. La sua visione politica e della società è ferma. Non percepisce i cambiamenti profondi che, non solo l’Italia ma, tutto il mondo sta attraversando. Con questa sinistra si finirà sempre e solo a fare l’opposizione: a continuare a dire dei no, come in fondo ha fatto Bertinotti, che ha pensato di rifondare un comunismo che lui non ha mai conosciuto. E per fortuna non ha fatto conoscere a noi…
Per governare il cambiamento e progettare il futuro, dovremo cercare di avere la maggioranza dell’Italia e non accontentarsi di avere si e no il 9% dei voti. Cosa ci facciamo con quelli? Mandiamo Caruso, Bertinotti, Giordano e Pecoraro Scanio a fare gli oppositori? Meglio di no. Pensateci bene a chi dare il voto.
Per governare servono progetti ampi e uomini che non si rinchiudano in ambiti angusti dove fare diventare tutto una botteguccia.

giovedì, marzo 20, 2008

La guerra in Iraq compie 5 anni oggi

Il 20 marzo di 5 anni fa iniziò la guerra in Iraq. Ricordo che alle 3.33 in Italia (le 5,33 in Iraq), con una serie di martellanti raid aerei per decapitare il regime, gli Stati Uniti lanciarono l'operazione "Iraqi Freedom". Il bilancio di questa guerra ancora in corso è devastante. Mentre la pace non è ancora arrivata si contano oltre 650.000 morti tra i civili, aumenta il terrorismo, gli attentati, i marines registrano perdite superiori ai 3500 morti... anche se si tengono segrete le cifre. Le notizie delle morti e delle stragi sono sparite dalle prime pagine dei giornali del mondo, ed ora si possono leggere solo brevi note di agenzie come quelle di oggi: ‘(AGI) - Baghdad, 19 mar. Una terrorista suicida si è fatta saltare in aria al passaggio di una pattuglia di polizia nella cittadina irachena di Bala Druz, nella provincia di Diyala. Il bilancio è stato di quattro morti, tra cui un poliziotto, e 12 feriti, fra cui tre agenti.- (ASCA-AFP) - Karbala, 18 mar - Sale drasticamente il bilancio dell'attacco suicida nei pressi di un santuario sciita avvenuto ieri a Karbala, nel centro dell'Iraq: le vittime sarebbero almeno 52." La guerra in Iraq ha superato nel tempo, con il raggiungimento di 1825 giorni al 20 marzo di quest’anno 2008, la seconda Guerra Mondiale che durò 1347 giorni. Paul Wolfowitz aveva indicato, davanti al Parlamento statunitense, il costo della guerra in 50 milioni di dollari- largamente autofinanziati dai 100 milioni di dollari del petrolio iracheno; oggi si brucia quella cifra ogni settimana, al ritmo di sei milioni di dollari al giorno. Secondo il premio Nobel per l’economia Joseph Stiglitz, autore del libro "The three trillion dollar war" scritto insieme alla docente di Harvard Linda Bilmes, la guerra irachena supererà il costo record della Seconda Guerra Mondiale (5000 miliardi di dollari del '45). Per gli autori, il conflitto in Iraq costerà complessivamente almeno 3000 miliardi di dollari entro il 2017. Che dire? Cosa aggiungere? Nel 2008 finirà comunque l’era Bush e si spera che l’arrivo di una grande recessione economica, a differenza delle volte scorse che faceva scoppiare le guerre, questa volta faccia rinsavire i potenti della Terra. A proposito nell’occasione della proclamazione di guerra all’Iraq, Bush stillò la lista degli stati canaglia, dov’era presente la Cina... nei giorni scorsi - prima dei fatti in Tibet - è stata depennata. Cosa pensare?
*Articolo pubblicato da L'Unità e da Italians- oggi 20 marzo-

mercoledì, marzo 19, 2008

Questo blog compie 5 anni

Questo blog compirà 5 anni il prossimo 25 aprile. 5 anni di scrittura a ricordare momenti ed esprimere pensieri ed opinioni sulle cose più varie. Dopo un invio di prova a febbraio, dal 25 aprile 2003 iniziavo l’avventura di questo blog, che è rimasto sostanzialmente uguale. Iniziavo con un post sul fascismo:
‘Il fascismo vive sempre. Diciamo la verità, il fascismo è più potente di ogni democrazia e altra qualità umana. Il fascismo è come una legge naturale: forte, barbaro e insieme accomodante; riesce a dare ordine e valore alle parti più cattive, crudeli e rozze di ognuno. Per questo si sono inventate le razze e le civiltà superiori, si dà per scontato che il ricco e il potente, come il furbo, siano di una specie privilegiata. Ai deboli e poveri poi si fornisce un capo, un bravo padre di famiglia che pensa per loro. Il personaggio designato a ricoprire il ruolo suddetto, di solito diventa una macchietta: dimostra di volere saper fare di tutto’.
Ricordate? Non a caso scelsi il 25 aprile per ricordare ancora quanto ci voglia poco a regredire a perdere i diritti acquisiti e saltare nel buio.
Una costante che si legge in questi anni è la presenza di Berlusconi. A leggere ora tutti quei post, dico il vero, mi dispiace che quell’omino, quel guitto della politica, abbia avuto così tanto spazio e continui a imperversare nella nostra vita.
Bisognerebbe ignorarlo. Però è così presente perché rappresenta bene gli italiani o quello che sono diventati. Non è un caso che a distanza di oltre 14 anni dalla sua entrata in politica continui a tenere banco: oltre che il forte supporto dei media che raccontano ogni suo peto, lo vogliono milioni di italiani; non stanchi del suo apparire, delle sue battute, della sua insipienza.
Berlusconi continua…una cosa mi consola: sono molto più giovane di lui e così posso sperare che la sopportazione duri fino ad una naturale soluzione. Sì, perché malgrado il berlusconismo viva, nel popolo della cosiddetta libertà, lui ne è una maschera di sintesi per cui mi auguro che mancando lo specchio cui quelle genti si riflettono, cambino i parametri e le prospettive.

martedì, marzo 18, 2008

Con Veltroni

‘Non possiamo più stare in un Paese con gli stipendi più bassi e le retribuzioni dei parlamentari più alte del resto d'Europa’. Bravo Veltroni. Da quanto tempo i cittadini aspettano di vedere attuato questo principio? I costi della politica è una delle tante ragioni per cui i cittadini rifiutano la politica partitica italiana. I politici italiani ci prendono in giro con il finanziamento pubblico e poi vantano migliaia di bonus indecenti. Più avanti nel discorso fatto a Novara, Walter Veltroni, aggiunge anche il bisogno di sobrietà ed efficienza nella politica: ‘E’ la politica che ha voluto fare un Paese complicato’. Altro traguardo utile ad avvicinare alle istituzioni i cittadini italiani che oggi le rifiutano. Finalmente. L’etica in politica passa anche di qui.
Walter Veltroni, libero dai vincoli delle botteghe partitiche, riesce a parlare chiaro e dire le cose che tutti vogliamo sentire. Senza le smentite del giorno dopo.
Fusse che fusse la volta bbona? Parafrasando Nino Manfredi, della Canzonissima della fine anni ’50, possiamo sperare che questa volta qualcosa si farà.
Così oltre a diminuire il numero di parlamentari è giusto che vengano tagliati i loro stipendi. Bisognerebbe pagarli come ‘lavoratori a progetto’. Aggiungerei io.
Fusse che fusse che entriamo nel terzo millennio? Con Veltroni?

domenica, marzo 16, 2008

Da “L’ombra di Mao” di Federico Rampini

Il Dalai Lama è la figura più odiata dai governanti cinesi. Perfino il suo volto è all’indice: l’onnipresente polizia cinese arresterebbe chiunque dovesse esibire una sua foto. Ma nessuna censura, nessuna persecuzione è riuscita a sconfiggere la religiosità diffusa, mistica e corale del popolo tibetano. Lo spettacolo dei pellegrini che invadono quotidianamente Lhasa oggi sembra “normale” perché Pechino ha ripristinato – alle sue condizioni – la libertà di culto. In realtà questo spettacolo è una dimostrazione impressionante di resistenza passiva, alla luce di quel che i buddisti hanno dovuto soffrire. Dopo l’invasione militare cinese del 1950, la tolleranza verso le tradizioni locali durò solo pochi anni. Nel 1959 una prima svolta estremista di Mao Zedong portò all’imposizione dell’ateismo di Stato. Dal 1966 al 1975
la Rivoluzione culturale intensificò le violenze contro la religione, con i famigerati “processi di piazza” ai fedeli. Il Tibet fu vittima della campagna più feroce: i comunisti cinesi uccisero 1,2 milioni di persone, un quinto dell’intera popolazione. Ma la tenacia dei tibetani ingannò perfino il leader più lucido e astuto della Repubblica popolare, Deng Xiaoping. Nel 1979, insieme con la svolta politica moderata, la normalizzazione delle relazioni con l’Occidente e l’avvio delle riforme di mercato, Deng allungò un simbolico ramoscello d’ulivo al Dalai Lama invitandolo a mandare suo fratello in visita in Tibet per constatare che le condizioni di vita dei suoi concittadini erano migliorate. Nei piani di Deng quell’apertura era il preludio per un negoziato con il Dalai Lama da posizioni di forza, per convincerlo a tornare in patria dopo essersi sottomesso all’autorità centrale di Pechino. Secondo le informazioni che Deng riceveva dal partito comunista locale, i tibetani ormai erano assuefatti alla dominazione cinese, e i progressi nel benessere materiale appagavano la popolazione. L’errore di calcolo di Deng fu clamoroso. La visita del fratello del Dalai Lama scatenò un delirante entusiasmo popolare, le manifestazioni di gioia degenerarono in cortei nazionalisti al grido di “Tibet indipendente” e “Han go home” (gli Han sono il ceppo etnico dominante della Cina). Ogni dialogo con il Dalai Lama è stato troncato. In compenso la pratica del buddismo è tornata a fiorire, sia pure con un “numero chiuso” che contingenta il reclutamento dei nuovi monaci: questo non impedisce che oggi nei monasteri di Lhasa molti di loro siano giovanissimi, segno che nessuna secolarizzazione è riuscita a inaridire le vocazioni. Sul fronte economico Pechino ha accelerato gli investimenti per dotare il Tibet di infrastrutture efficienti, dagli aeroporti alle autostrade, e per agganciarlo al boom economico cinese. Nei quartieri nuovi di Lhasa i grandi viali moderni oggi pullulano di gru per la costruzione di palazzi, dilagano le pubblicità e le insegne commerciali al neon, gli shopping mall, i negozi di elettronica e di moda. Ogni giorno che passa Lhasa assomiglia un po’ di più a tutte le altre città della Cina. Questo è vero anche nella composizione demografica: per accelerare lo sviluppo economico Pechino ha incoraggiato l’immigrazione degli Han, più istruiti e più intraprendenti. Eppure la marea dei pellegrini che sommerge Lhasa a tutte le ore in tutte le stagioni dell’anno, è lì a ricordare che questo è un luogo diverso. Mai nella storia millenaria del Tibet, il suo popolo aveva dovuto subìre una invasione etnica come l’attuale immigrazione dei cinesi. Il buddismo locale è pacifista, il Dalai Lama si è sempre rifiutato di appoggiare qualsiasi lotta violenta. Ma la religiosità tibetana ha già dimostrato in passato di saper custodire un nazionalismo profondo, che riemerge in momenti inaspettati e nelle forme più imprevedibili. Come nel Canto dell’Antilope Tibetana, che il gruppo hard rock Vajara intona a tutto volume all’una di notte, nella discoteca gremita di teenagers entusiasti: “Sotto questi cieli azzuri / Sotto le nuvole bianche / Vivono le più belle creature dell’universo / All’improvviso siete arrivati voi / Con le vostre armi e la vostra avidità / State uccidendo l’ultima antilope / Ci state divorando / Lasciateci vivere / Lasciateci vivere”.

domenica, marzo 09, 2008

Situazione Internet in Italia

Un popolo di teledipendenti allergici ad internet. E’ la fotografia Istat del rapporto tra gli italiani e l’universo hi-tech. Dal febbraio 2007 l’Istituto di statistica ha analizzato un campione di 19 mila famiglie (49 mila persone in tutto). I risultati, pubblicati il 17 gennaio 2008, sono desolanti per internet. La televisione resta la più amata dagli italiani. Il piccolo schermo infatti è saldamente in vetta nella classifica delle tecnologie più diffuse: il 95,9% delle famiglie possiede almeno una tv. Seguono a ruota cellulare (85,5 %) e videoregistratore (62%). Fuori dal podio Pc e internet, rispettivamente al quinto e sesto posto.
Nel Belpaese naviga in rete solo il 43% delle famiglie con almeno un componente tra i 16 e i 64 anni (escluse quindi le coppie di anziani). La media europea è del 54%. Nel vecchio continente siamo diciottesimi, dietro la Lituania, un gradino più su di Portogallo, Polonia e Cipro. Se si considera l’intera galassia delle famiglie italiane (incluse quelle di soli anziani) l’accesso ad internet cala al 38,8%. Una delle cause sta nella scarsa diffusione del computer, porta d’accesso al web. In Italia il 41% appena della popolazione usa il Pc.
Navigare senza fili è un lusso. Il 17,3% degli internauti utilizza portatile e WiFi. Che staccano nettamente cellulare via Gprs (7,4%), telefonino Umts (6,8%) e palmare (5,2%). Cresce in compenso la banda larga. Tra le famiglie on-line, le connessioni Adsl e fibra ottica passano dal 14,4% al 22,6%.
Quali sono le mete elette dei web surfer italiani? In cima c’è sempre la posta elettronica. Il 77,3% dei navigatori sbarca in rete per mandare mail. Poi si cercano informazioni su merci e servizi (64,8%), cultura (54,7%), viaggi e turismo (43,4%) e le news (43,1%).
In Italia internet è roba da ricchi. Nelle famiglie di manager,imprenditori e liberi professionisti, il Pc ha una diffusione del 32% in più rispetto alle famiglie di operai e disoccupati. Lo scarto nell’accesso al web invece è del 37,7%. Tra i “ricchi” la Tv non è nemmeno la tecnologia principe. Ai piani alti della piramide sociale il video cede il trono al cellulare: il 97,2% delle famiglie ne ha uno.
L’accesso al web varia a seconda del reddito, ma anche del sesso. Naviga in rete il 31,7% delle donne contro il 42,3% degli uomini. E si allarga ancora la forbice Nord-Sud. Nel mezzogiorno e nelle isole, internet è alla portata del 32% delle famiglie, la banda larga crolla al 18%. Nel centro-nord i numeri schizzano rispettivamente al 41% e al 25%.
I dominatori del web sono gli “under 30”. Il 68% dei giovani tra i 15 e i 24 anni è un habituè della rete, mentre il 77% possiede un Pc. Più s’invecchia meno si naviga. Tra i 35 e i 44 anni l’uso del computer scende al 54% e internet al 48,5%.
A far ben sperare sono proprio le nuove leve, sempre più distanti dal piccolo schermo e affascinati dalla rete. Altro dato incoraggiante: nel 2007 gli internauti che navigano quotidianamente salgono dal 14,1% al 16,1%.
La televisione, insomma, non cede lo scettro e internet ne deve fare di strada. Per conservare il trono, però, il piccolo schermo passa ai bit. Nel 2007 infatti prende piede il digitale terrestre (dal 15,5% al 19,3%), il satellite (dal 25,6% al 28,6%) e il dvd (dal 51,7% al 56,7%). La tv generalista, quella si, è in pericolo di vita. Qualcuno versa lacrime?