giovedì, dicembre 29, 2005

Carceri oggi

Dall’appello di Papa Giovanni Paolo II ad oggi il dibattito sull’amnistia o indulto non si è mai interrotto, però non si è mai fatto nulla. A parole, per solidarietà verso chi vive il regime duro del carcere, molti si dicono favorevoli nei fatti nessuno fa niente. Eppure è un grave errore alimentare speranze per disattenderle. I detenuti, che in questi anni hanno sofferto in maniera incredibile dello sfascio del sistema penitenziario italiano, hanno solo la certezza della sofferenza. In carcere oggi ci sono solo i poveri cristi e quelli continuano a rimanerci. Io aggiungo che per gli altri, quelli che rubano e delinquono in giacca e cravatta, intervengono prescrizioni, buoni avvocati e leggi ad personam. Non c’è niente di più classista in Italia oggi, che la Giustizia.
Nei giorni scorsi mi è capitato di leggere la lettera di un detenuto:’…Il nostro futuro è fatto di sogni, come quello di avere un lavoro che ci permetta di pagare l'affitto di una casa e le bollette, ma una volta usciti di qui la realtà è un muro dove sbattiamo la testa senza ottenere alcunchè. Veniamo emarginati, costretti a prescrizioni quali la sorveglianza speciale e l'unica scelta che ci è concessa per sopravvivere è delinquere. Non siamo nati delinquenti, ma molti di noi lo sono diventati per bisogno. Sarebbe un bel sogno avere un lavoro e goderci i nostri figli mentre si divertono al parco-giochi. Ma per far sì che ciò possa succedere abbiamo bisogno dell'aiuto sia qua dentro che fuori e allora molti di noi cambieranno nell'interesse di tutti per un futuro senza più lacrime. Quando si bastona un pitbull per renderlo più feroce, si ottiene un pitbull ferocisimmo. La stessa cosa succede con noi delinquenti, fate in modo che ciò non avvenga…’.
Il nostro sistema carcerario continua a bastonare; continua ad essere scuola di delinquenza. Le nostre prigioni continuano ad alimentare il senso di ingiustizia, continuano ad insegnare l’odio. Volgere lo sguardo verso gli ultimi della società è un atto di alto cristianesimo, che i sepolcri imbiancati dei nostri politici non sono in grado di fare. Eppure molti di loro il carcere lo hanno conosciuto…forse per loro sì, troppo poco. Allora da me, un semplice: ‘Buon anno ai detenuti’.

martedì, dicembre 27, 2005

Le cronache di Narnia

‘«Le cronache di Narnia» è un film della destra ultraconservatrice e non andrò a vederlo’: così scriveva Davide Schenetti, su Italians il 17 dicembre; io forte delle mie convinzioni pacifiste, ma incuriosito, leggendo altre recensioni, lo sono andato a vedere. Devo dire subito che Davide forse ha scritto sull’onda di pregiudizi: il film ‘Le cronache di Narnia’ o l’armoire magique (l’armadio magico) non è un film ‘fondamentalista cristiano’ e neppure guerrafondaio, della destra ultraconservatrice, come si pensa. Ricordiamo che il film è tratto dal libro di C. S. Lewis, pubblicato nel 1950; anni della Guerra Fredda e con il mondo ancora confuso.
Nella battaglia conclusiva, del film, uno scontro soprattutto zoologico, non si riesce a vedere una goccia di sangue. Il leone Aslan che guida il popolo dei fauni, gli abitanti buoni di Narnia, si arrende a Jadis, la Strega Bianca, per salvare un ‘traditore’, il messaggio di perdono e pietà è evidente, ma io non vedo in Aslan un prototipo di Salvatore alla Gesù; lo vedo piuttosto a rappresentare l’Inghilterra, uscita da poco vincitrice nella guerra contro il nazismo. La strega Jadis poi la si potrebbe vedere anche una raffigurazione di Bush che si vuole impadronire del mondo-Narnia. Ambivalenza ed equivocità della simbologia.
Nel film ci sono tutti i personaggi della mitologia: descritto da uno scrittore amico di Tolkien, creatore del Signore degli Anelli, con cui si confrontò per queste storie fantastiche. D’accordo che ci sono molte ‘cadute’ di stile come il brutto doppiaggio del leone Aslan e un Babbo Natale incredibile che regala armi, ma in sostanza, ‘Le cronache di Narnia’, è un film per adolescenti. Insomma, un prodotto del genere fantasy per i bambini di ogni età, una favola come molte - prodotta da Walt Disney- con la sua morale, il bene e il male a contrastarsi con il trionfo dei buoni sentimenti nel finale. Cose già viste e senza aver mai pensato a implicazioni religiose e ideologiche. Volendo fare sofismi si potrebbe dire che moltissime favole si presterebbero a interpretazioni simboliche uguali a quelle dedotte da Davide.
A vedere questo film forse si ha la conferma di come l’infanzia sia sempre attratta dalle solite storie: il mondo fatato che fa parlare gli animali come gli umani, fa saggio un leone e cattiva una strega. Poi si sa, qualunque cosa diciamo, o fantasia sogniamo, parliamo sempre di noi. E chi meglio parla di noi se non il mito e la fiaba? Forse il cuore dell’umanità non è cambiato molto. Rallegriamoci però che vinca sempre l’azione volta al bene, ai valori di onestà, di pietà, di pace e d’amore…la strega cattiva, nel film dice:’l’amore è solo una parola’; noi continuiamo a credere il contrario.

lunedì, dicembre 19, 2005

Fra trent'anni

Ho appena letto su un quotidiano che oggi è possibile spedire una e-mail che sarà ricevuta fra trent’anni da noi stessi, se ci saremo ancora, oppure dalle nostre generazioni future. Questo per ‘comunicare le proprie aspirazioni, i sogni e i progetti…e come abbiamo vissuto un certo periodo della nostra vita’. Così recita l’articolo. Bene. Bella trovata. A parte che le nostre poste molto spesso, senza la moderna tecnologia, ci aveva già fornito l’arrivo di comuni lettere con una distanza ragguardevole di tempo, ora possiamo avere questo nuovo servizio ‘assicurato’: una posta ‘prioritaria’ all’incontrario. Come dire una normale procedura di ritardo, programmato anticipatamente. Bene. Che testa questo Matt Sly, così si chiama, per davvero, l’inventore.
Approfitto dell’occasione e scrivo subito a mia figlia, non a me stesso come si suggerisce per un romantico incontro su ‘come eravamo’. Fra trent’anni penso di non esserci e, se per caso ci sarò, non in condizioni di leggere con tenerezza quello che scrivo oggi, ma solo con una grande incazzatura.
Cara figlia, come stai? Stai ancora lavorando? Questo lo so già: ti mancano ancora 10 anni prima che tu possa percepire un assegno di previdenza sociale… scusa hai ragione, non si chiama più così: ora è una assicurazione vitalizio per la vecchiaia Ma in fondo hai solo 60 anni, sei nel pieno dell’età. Coraggio, nel frattempo penso che avrai raggiunto le 30 ore di lavoro settimanali e allora? So anche che ora morite tutti dimostrando anche 50 anni di meno; però le malattie ci sono sempre. Avete debellato il cancro?
Oggi è un lunedì di dicembre del 2005 e fa ancora freddo come negli inverni di mio nonno: alla faccia dell’effetto serra. Meno male. Al governo c’è ancora Berlusconi e si spera che sia l’ultimo anno. Così ti sarà evitata una dinastia di Silvi. Nel frattempo credo sarà stato fatto al capostipite un funerale di Stato italiano e non padano: una revisione storica gli riconoscerà meriti di esemplare italianità. Infatti, fra un po’ gli italiani saranno tutti diversi: saranno un po’ più moretti di pelle, parleranno anche spagnolo e arabo, però mangeranno sempre pizza e spaghetti. Me lo confermi? Ti ricordi quante cazzate facevamo? Eravamo all’inizio del secondo millennio; avevamo in corso molte guerre: la più grossa era quella in Iraq…a proposito esiste ancora quel paese? Ti ricordi la nostra tecnologia? Conservi ancora quel telefonino che faceva anche le foto? Mi accorgo che ti faccio molte domande senza senso perché a me le risposte non arriveranno e neppure mi interesseranno nel momento che me le darai. Come vedi tutte le scoperte, come questa che stai provando, in sostanza hanno solo un obiettivo: farci sentire immortali…ma poi hanno valore solo se ci permettono di dirci che ci vogliamo sempre bene e io te ne voglio ancora tanto. Un affettuoso saluto da papà e mamma…ma lei la penso ancora lì, vicino a te. Buon 2036.

giovedì, dicembre 15, 2005

Fascismo, nazismo e comunismo

Fascismo, nazismo e comunismo, per la comune visione omnicomprensiva del sistema sociale, sono stati i regimi totalitari che hanno segnato più di ogni altra cosa il secolo passato. Con questo è però necessario, a mio avviso, continuare a rimarcare la profonda diversità esistente tra fascismo, nazismo e il comunismo.
Mentre il comunismo poggia su una razionale ideologia politica, che si rifà al materialismo storico e dialettico per emancipare le classi subalterne, nel fascismo e nel nazismo prevale una filosofia ed una componente psicologica arcaica irrazionale. Il fascismo e il nazismo più che politica la loro affermazione fa leva su pulsioni infantili e oscure: il bisogno di un padre-duce, un’idea di superiorità, che giustifichi il massacro dell’avversario, il bisogno tribale di identità di sangue forti e il dare voce alla parte peggiore di ognuno di noi, mascherandola di perbenismo. Insomma, un po’ di fascismo e nazismo lo portiamo dentro tutti, a differenza del comunismo che è una pia aspirazione di universalismo beneaugurate; un allargamento del potere democratico: la sconfitta dell’egoismo a favore di una umanità superiore. Il fatto di vedersi ‘comunisti’, vincitori dell’egoismo capitalistico, crea poi in verità dei perfetti aguzzini: proseguendo la manichea divisione tra il bene e il male. E il male, anche qui, è sempre dell’altro.
Ricordiamo, poi sempre, che nessun dittatore o folle tiranno sarebbe riuscito a fare tutto quello che è stato fatto se non avesse avuto il consenso di molti uomini perbene, di molti cittadini normali, di molti bravi impiegati e ciechi seguaci. Questo deve farci pensare. Intanto sapremo che, proprio per le sue prerogative psicologiche inconsce e collettive, il nazismo e il fascismo sono sempre in agguato. Le proiezioni malefiche proseguono sempre…come è difficile diventare padri di se stessi! La politica spesso non aiuta, come dovrebbe, a conquistare l’autonomia economica e sociale. Qualcuno si presenta sempre come il salvatore, colui che ci risolve i problemi e tiene lontani i nemici. La politica invece che garantire gli strumenti, i pari diritti e le pari opportunità a tutti i cittadini, naturalmente con i pari doveri, dà poteri a quel qualcuno che, poi state certi, si eleverà al di sopra di tutti. La storia purtroppo si ripete.
Poi il ‘sogno’ comunista, fin qui conosciuto, è passato spesso attraverso coercizioni inumane, spacciate come una ‘nuova umanità’. Uno dei crimini più grandi del comunismo staliniano è stata la deportazione di massa di intere popolazione dai villaggi per cancellarne le radici e gli spiriti di appartenenza.
C’è sempre qualcuno che vuole il nostro ‘bene’, la nostra felicità, consegnandoci un fucile e indicandoci il nemico. Sta a noi saperlo distinguere in tempo.
In fondo poi la differenza sostanziale tra fascismo e quelle comunismo è anche filosofica: il fascismo non nutre nell’uomo nessuna fiducia e trova giusto usare il bastone per raddrizzarlo: riconosce l’uomo peccatore salvo poi assolversi dai propri crimini. Per il comunista c’è una forte e cieca fiducia nell’uomo e nelle sue possibilità di riscattarsi, di evolvere in un futuro luminoso…salvo poi, anche qui, scontare i continui peccati di grandezza in una miseria generalizzata.
Ah, dimenticavo, per i fascisti e nazisti state certi che gli ‘altri’, quelli che non sono con loro, sono solo comunisti. Un altro modo per distinguerli.

martedì, dicembre 13, 2005

L'arco di Kim Ki-duk

Di Kim Ki-duk, eclettico regista coreano molti ricorderanno ‘Ferro3- La casa’ oppure ‘Primavera, estate, autunno, inverno…e ancora primavera’ e, sull’onda dell’interesse del pubblico per questo autore, ripescato dalla sua produzione precedente, ‘La samaritana’; ora è visibile sui nostri schermi, l’ultima sua opera: ‘L’arco’. I film di Kim Ki-duk sono riconoscibili per l’essenzialità del racconto, la pulizia delle immagini, l’alto contenuto simbolico e l’accostamento poetico ai temi della vita nei suoi passaggi principali: innocenza, peccato, giovinezza, amore, maturità, dolore, vecchiaia, morte.
L’arco, che dà il titolo al film, suona, lancia dardi, legge il destino e stabilisce con la sua curvatura simbolicamente il tempo. Una parabola della vita. Il film, come i precedenti, è scarso di dialoghi, parlano le immagini come sempre curate, con interpreti sconosciuti ma bravissimi.
La storia: su un vecchio barcone, come un’isola, un vecchio vive con una ragazzina, raccolta bambina dalla strada molti anni prima. La barca è usata per la pesca da cittadini che il vecchio imbarca di volta in volta. Il vecchio attende pazientemente che la ragazza compia 17 anni per sposarla, coronando così il sogno di un matrimonio tradizionale. Nel frattempo con l’arco, il vecchio suona e difende la ragazza dagli avventori a bordo che la insidiano; l’arco serve anche a predire il futuro lanciando delle frecce su un buddha, disegnato nella fiancata della barca, scansando la ragazza che le dondola di fronte su un’altalena. In agguato però ci sarà il ‘primo amore’, la scintilla sentimentale tra la ragazza ed un giovane cliente pescatore. Il vecchio non si rassegna e cercherà in tutti i modi di trattenere la ragazza, che il giovane vuole portare via con sè…
Musica, colori, primi piani intensi scandiranno i tempi della storia, per giungere ad una suggestiva e mirabile conclusione. Un’altra grande opera di cinema. Un esempio di come il cinema riesca ogni volta a stupirci parlando un linguaggio universale… l’esempio oggi ci viene dalla Corea. A noi italiani resta il rammarico di non essere stati noi a farlo.

giovedì, dicembre 08, 2005

Verità sulle guerre

Come sempre la verità sulle guerre arriva a pezzetti; arriva in piccole dosi attraversando le maglie della censura e di quello stato di giornalisti embedded –ovvero arruolati, aggregati alle truppe combattenti- cui la stampa viene sottomessa. Così dopo le bombe proibite al fosforo, usate nella strage di Falluja (la città martire irachena) ora si hanno le immagini della battaglia di Nassiriya, combattuta dai nostri soldati i missione di pace: così si dice per chi ci vuol credere.
In seguito si vedranno i film sulla guerra e le atrocità che sempre le accompagnano; ci saranno quelli che chiuderanno gli occhi, quelli che le giustificheranno e quelli che si meraviglieranno, dopo averla dichiarata e fatta. E’ sempre un già visto, una ripetizione di violenza e dolore che dovrebbe insegnare qualcosa, ma si sa che i Bush, i Blair e gli omini come Berlusconi o Aznar si trovano ogni volta pronti a fornire ragioni superiori, ragioni di democrazia, di potenza, di ordine mondiale, dopo un classico pretesto che si chiama Lusitania, spazio vitale o arma di distruzione di massa.
La guerra è anche la prova della potenza della censura. Durante i bombardamenti spariscono le morti civili, tutto deve apparire asettico, come operazioni chirurgiche dove viene tagliato solo il male. Ogni volta però delle immagini e le notizie trapelano e allora un’altra guerra di parole, di contrordini, di nuove ragioni cerca di bloccare le notizie; ma solo gli stolti, solo chi ha interessi sporchi e non dichiarabili può sostenere la ragione della guerra. Ma servirà a ricordarlo ancora? Eppure le immagini che giungono in ogni luogo della Terra basterebbero da sole, a condannare la guerra in ogni forma e per qualunque ragione. Ma dopo quelle delle torture, quelle dei morti civili in maggioranza bambini, non si vuole far vedere. Qualcuno nasconde l’obiettivo, invoca altre nuove ragioni per la vecchia censura: sappiate che quello è il guerrafondaio che resiste.

martedì, dicembre 06, 2005

Vai e Vivrai

Vai e Vivrai è un film di Radu Mihaileanu, conosciuto come il regista di Train de vie; questo nuovo film affronta il tema delle radici, dell’identità in un mondo sempre più diviso e incomprensibile. La traduzione del titolo originale- Va, vis, diviens - è va, vivi e diventa, e quel diventa è un viaggio a ritroso di un bambino cristiano, che si fa passare per ebreo falasha, verso la sua Africa. Il viaggio, raccontato con sapiente ironia e melange d’emozioni, porterà il bambino a diventare uomo e a trovare sua madre, che lo aveva abbandonato per farlo sopravvivere. Tre fasi della vita di Schlomo, vengono raccontate coinvolgendo lo spettatore in un affresco storico e sentimentale come raramente capita di vedere. la verità di Schlomo, così si chiama il protagonista, è di essere nero; il resto è tutto da ricercare e dimostrare. Razzismo, pregiudizi, identità, radici e avvenuta maturità accompagnano la storia di Schlomo, rendendoci partecipi con originali punti di vista: conosciamo veramente Israele? Gli ebrei dalla pelle scura? Il dramma di popoli senza futuro? Quello che però, come nella vita, non ci lascia mai sono le contraddizioni; quel disperato modo di vivere ed esserci, con risate e lacrime, con tenerezza e incazzature. Nel bel film di Radu Mihaileanu c’è tutto questo.
Dentro questo film, poi c’è molto dell’esperienza di vita che il regista ha fatto: Radu Mihaileanu ha cambiato cognome, è fuggito dalla Romania; è passato da Israele prima di approdare in Francia, ovunque andava si sentiva straniero…tutto ciò è diventato ricchezza umana e materiale per nuove storie da raccontare: una, bellissima, è questa: ‘Vai e vivrai’.

mercoledì, novembre 30, 2005

Valeria ha messo le ali


Si è fatta leggera Valeria, è diventata magra, sempre più sottile, si è sottratta ai nostri abbracci. Valeria ha messo le ali. Valeria è volata via.
Ora sono sicuro ci osserva serena, osserva noi che ci disperiamo, piangiamo per lei. Ma cosa di diverso possiamo fare?
Valeria se ne è andata, ma prima ha detto che voleva essere ben vestita, pulita e con la foto dei suoi due bambini posata in grembo. Così vuole che sia quel corpo che l’ha tradita. Valerina ha messo le ali.
Ci ha lasciato qui ancora per un momento. Noi ora piangiamo, ci disperiamo per lei. Ma cosa di diverso possiamo fare?
Valeria ora ci guarda con occhi diversi. Valeria è tornata nel cuore di mamma Elena; poi gioca con i suoi bambini, Rebecca e Federico. Poi ride nascosta da qualche parte. Lei, Valeria, ora lo può.
Ma noi piangiamo. Ma cosa di diverso possiamo fare?
Siamo noi che ti abbiamo perso…tu invece ci stai ad abbracciare.

Valeria è una mia nipote che stasera alle 19,15...è volata via. Questo è il mio post più triste da quando c'è 'sto blog.

martedì, novembre 29, 2005

I sogni del giudice Navarra

I sogni del giudice Navarra di Michele Marchesiello, edito da De Ferrari, ha avuto una presentazione d’eccezione al Nouvelle Vague,con gli interventi di Edoardo Guglielmino, Adriano Sansa e Franco Manzitti.
Ad introdurre la serata è stato un Edoardo Guglielmino in grande forma, che ha descritto il libro come uno strumento ricco di elementi utili per analizzare la condizione dell’uomo di oggi e riflettere in modo profondo come migliorarla. «Tutto è stemperato in un saggio narrativo e ‘l’odio è una pigrizia dell’anima’, così è scritto nel libro, dove la tessitura verbale fa esplodere una comunità gioiosa, la voluttà e se possibile la verità…». Guglielmino invita così a leggerlo e rileggerlo per riuscire a trovare noi una giusta collocazione ad un libro senza trama.
E’ toccato poi ad Adriano Sansa che, come collega e amico, ha ricordato come Marchesiello fosse sempre stato considerato il meno giudice tra i colleghi, per i suoi più vari interessi, ed invece ora lo trova a proporre i sogni da giudice. Per Sansa le storie di Marchesiello nascono da vicende personalissime, ma lo spunto non vale per caratterizzare la letteratura del libro: un libro di gusti, di capacità di aderire alle cose, alle immagini, con grande qualità letteraria. La capacità di Marchesiello è per Sansa, quella di indicare e mozzare il dito; concepire e mutilare, far diventare l’inquietudine angoscia…chi non ha sognato la sera di Natale? Per Sansa è un sogno ricorrente, che fa chiedere ad ognuno come vive la propria coscienza. « La cultura ci aiuta ad apprezzare la vita, ci dà qualità, ma poi arriva anche il tormento che lascia dubbi e patimento. Il giudice vuol dare ordine, regole, norme che rassicurano, ma Marchesiello ci riserva l’inafferrabilità della verità. Trovo molta autobiografia; i contorcimenti sono avvertibili nella scrittura e nella posizione esistenziale».
In ultimo Manzitti dice che dopo Guglielmino e Sansa ha difficoltà a esprimere una opinione; quindi cercherà, con la perversità della sua professione di giornalista, di vedere nei sogni di Marchesiello una via di fuga. Chi lavora con la legge oggi ha bisogno di scappare dalla realtà. Cosa c’è nel libro? Un modo per esternare una realtà diversa? Liberare i sogni è importante ma quanto è sogno e quanto confessione? Manzitti ricorda di avere incontrato la prima volta Marchesiello da giovane cronista e che lo colpì la sua serenità e…il basco. «C’è nel libro la solitudine del giudice, ma soprattutto il dubbio non risolto tra il sogno e la confessione».
Una trasposizione teatrale del racconto ‘Interrogatorio’, a cura di Pietro Barbieri e Luca Rinaldi, ha chiuso la serata di presentazione con Michele Marchesiello commosso per tanta stima e simpatia.
Un mio personale appunto è che in verità il giudice Marchesiello dall’analista non c’è mai stato; allora si accorgerebbe che quell’io, che lui evoca capace di dirigere i sogni, è solo una sua fantasia. In analisi qualunque io sarebbe ridotto, se non cancellato ed i sogni ci aprirebbero alla nostra vera essenza. Ma poi chissà che non sia lo stesso libro una autoanalisi?

lunedì, novembre 28, 2005

Un libro per la storia

Questa sera hanno parlato del libro 'Non mollare (1925)' edito da Bollati Boringhieri alla Portoanticolibri di Palazzo Millo, Matteo Lo Presti, Pietro Lazagna e Roberta Pinotti. E’ stato un incontro ricco di riflessioni. Lo Presti- Circolo Culturale Voltaire- partendo dai personaggi della foto di copertina del libro, nell’ordine: Nello Torquandi, Tommaso Ramorino Carlo Rosselli, Ernesto Rossi e Nello Rosselli; ha tracciato un quadro dell’epoca e rimarcato la forte attualità del loro pensiero. Quei protagonisti, da soli sono in grado di riscattare tutte le brutture di quegli uomini che si avviavano a portare l’Italia verso il disastro. Essi rappresentano una umanità ed un’etica che getterà le basi per una società rinnovata. Lo Presti ha ricordato in particolare Gaetano Salvemini, loro maestro e Gaetano Pilati, muratore, mutilato della Grande Guerra e intellettuale insieme. “Non vorrei che questi uomini fossero sottoposti a qualche corso revisionistico tanto di moda oggi: loro vanno bene così, come ce li descrive magnificamente questo libro”. Così ha concluso Lo Presti passando il microfono a Roberta Pinotti.
Per la parlamentare diessina Pinotti, il libro fa comprendere tutta la drammaticità delle difficoltà e dei rischi, per stampare e diffondere questo semplice foglio che sintetizza nel titolo ‘Non mollare’ tutta la sua portata storica: con il passaparola e con l’informazione coraggiosa riuscirà a smuovere diverse coscienze. ‘Non mollare’ renderà noto, unica stampa, il memoriale Filippelli, dove si racconta come avvenne l’uccisione di Matteotti e chiamando in causa Mussolini. Pinotti ricorda anche la moglie di Pilati, che fino all’ultimo lottò per avere giustizia dell’assassinio del marito. Nel libro c’è il racconto dell’intrusione in casa dei fascisti e dell’uccisione di Pilati davanti al figlio piccolo. “C’è nel libro il racconto di una umanità forte dalla moralità rigorosa; bisogna diffondere la lettura di questi libri ai giovani”.
Concludendo Pietro Lazagna- docente dell’Università di Genova- traccia la peculiarità fiorentina di questo gruppo di audaci, che da soli passarono all’azione con questo bollettino. “Bisogna che gli scogli storici, dove si costruisce e ricama, siano oggetto di riflessione per conoscere meglio la realtà: dove era l’opposizione in quegli anni? Dove a Genova? Nessuno sa niente; sono storie che scompaiono nella vulgata”. Lazagna dopo queste parole, ricorda i pochi genovesi, quasi tutti preti, che organizzarono qualche accenno di antifascismo…”a Firenze –dice Lazagna- operò una elite, a Genova gli intellettuali sono pochissimi; qui c’è la classe operaia e allora le azioni si trovano nelle fabbriche, nel ponente operaio”…
In ultima analisi tutti concordano che questo libro sa trasmettere una valenza etica che riempie di rabbia. Un invito a tutti a diffonderlo tra i giovani per conoscere pagine di storia da non dimenticare mai.

sabato, novembre 26, 2005

Dedicato al poeta e amico Enrico Carrea

Ci vuole coraggio oggi ad essere poeti. Ci vuole arditezza nel trovare la rima baciata. Ci vuole molta capacità per trovare la bellezza e conservarne ogni volta lo stupore. Ci vuole la mancanza di giudizio e tanta nudità per trovare una poesia. Enrico Carrea ha tutto questo. Ad Enrico Carrea è bastata una ‘Notte insonne’ a farci credere che c’è qualcosa d’immortale: è una poesia dalle parole semplici e antiche che parlano lo stesso linguaggio uguale di sempre; parlano d’amore e della voglia d’amare. Parlano di noi e dell’impersistenza.
Poi lo dico io, che di poesia ne so. Lo dico io e sembro sfrontato; ma sono un poeta perché ho sentito queste poesie. Ho letto le sue e scritte le mie. E sì, siamo aggrappati tutti ad una stessa corda. Così cantiamo al culo e alle tette, parliamo agli amici e alla morte. Così quando arriva la poesia tu, insieme a me, la riconosci e ti meravigli. Ti meravigli come un bambino che scopre quello che c’era sempre stato. Abbiamo voglia lo stesso di raccontarlo. Sappiamo che poi saranno poeti con noi, tutti quelli che già lo sanno.
Questi pensieri sono nati per la mia conoscenza con Enrico Carrea: un poeta che ci sa svegliare dopo una sua notte insonne. Come nella tradizione popolare la poesia arriva di notte, arriva a tenerci svegli, a vivificare ricordi e sentimenti sopiti; per questo penso che ‘Notte insonne’ sia il titolo giusto per il libro di poesie di Enrico Carrea, edito dalla Fratelli Frilli Editori.

domenica, novembre 20, 2005

Oggi ho visto: Crash - Contatto fisico

‘Su avanti, fuori tutti, scendete…questa è l’america’, queste sono le ultime parole del film ‘Crash-Contatto fisico’; le parole vengono rivolte ad un gruppo di asiatici clandestini che approdano nel ‘nuovo mondo’, il nostro. I clandestini arrivano nella nostra realtà come sopraggiunti da un passato remoto e quella, raccontata nel film, è l’america dove ci troviamo tutto e tutti. Los Angeles, dove si svolge il film, è una città che contiene il mondo: l’america intera di oggi con i problemi di coesistenza, tra paure e fiducia, tra identità e sradicamento, tra riserve e incomprensioni. Un film che riesce a trasmettere emozioni forti su un tema sempre d’attualità, il razzismo e la vita in una grande città.
Protagonista, del film, è una comunità cosmopolita, come si può trovare ormai in ogni grande città del mondo. Quello che, Crash –Contatto fisico, racconta sono due giorni ‘normali’; due giorni di quotidiana follia esistenziale: rapine, giustizia, politica, sentimenti, sopraffazione, paure…con un mix di personaggi assunti come studio antropologico. Le varie storie si intrecciano con l’incontro tra i vari protagonisti intenti a risolvere le loro idiosincrasie quotidiane, i loro problemi di sopravvivenza e di vita. Quante volte ci incontriamo inconsapevoli nelle nostre città?
Ho sempre pensato che nessun incontro avviene per caso e questo film, come altri dove capita che si intreccino le storie, li descrive come necessari a rivelare la nostra natura: a metterci alla prova nei pregiudizi e nelle supponenze.
Ho sempre pensato ad un ordito disegnato da uno Spirito superiore: il film ne traccia una trama temporale breve ma significativa: possiamo farne coscienza?
Il film mi è piaciuto e dimostra, alla cinematografia mondiale, come si possa sempre continuare a fare grande cinema anche con mezzi economici modesti. Io lo raccomando.

giovedì, novembre 17, 2005

Oggi ho aggiunto al mio blog i commenti

Finalmente. Scusate ma lo avrei fatto prima se ci fossi riuscito. Ho dovuto capire prima bene i 'tag', i comandi da inserire. Purtroppo non entravano mai in automatico e allora ho dovuto fare l'operazione manualmente. Ora aspetto i commenti se qualcuno vorrà lasciarli.

Bacci sul lettino dello psicoanalista

Bruno Morchio psicoterapeuta e scrittore, si è trovato costretto tra uno psichiatra, Gianni Guasto, ed un psicoanalista, Romolo Rossi. Ad organizzare il gioco pericoloso –per lo scrittore ed il suo personaggio- è stato Andrea Guglielmino della Libreria Portoanticolibri di Palazzo Millo. L’incontro è stato ricco di spunti e di piacevoli digressioni. Gianni Guasto ha introdotto, o meglio ha fatto accomodare Morchio sull’ipotetico lettino, ricordando a tutti che Romolo Rossi è stato il loro ‘professore’ ed era uno che ‘sapeva tutto’, non lasciando scampo a nessuno. Con Rossi non si aveva mai la meglio; a questo però si accompagnava la riconoscenza nello spronare allo studio e di puntare in alto.
Romolo Rossi è stato il primo psicoanalista genovese e, grazie alla sua statura culturale, la sua materia è diventata una importante disciplina universitaria. Per Bacci Pagano e il suo autore un esame alquanto insidioso. Tutto alla luce dell’uscita del suo ultimo libro: ‘La crêuza degli ulivi’, per la Fratelli Frilli Editori.
Romolo Rossi ha esordito dichiarandosi un appassionato lettore di Bacci Pagano, anche perché ha sempre lavorato, studiato e abitato a Genova. Il primo abbozzo è un complimento a Morchio, che come scrittore ha fatto bene a dimenticare la psicoanalisi. Altro merito è quello di essere riuscito a fare di Genova uno sfondo per belle storie gialle, che per la sua natura irsuta e paesana non si immaginava. San Francisco è San Francisco, Los Angeles è Los Angeles, ma con Bacci Pagano che ci porta in giro, Genova è Genova. Genova come Chicago. Poi Bacci parla genovese e oggi pochi parlano genovese, ma qui bisogna essere chiari: o belin o minchia; o scazzo o rebigo…Bacci Pagano è ambivalente; intanto deve sceglier tra una ricca cucina parigina e una povera cucina genovese. A proposito come si fa a bere lo spumante Ferrari con il Cappon magro? Sarebbe stato meglio un vermentino o un pigato. Bacci ha l’aplomb ed ha il dente avvelenato; è ironico e sempre lamentoso. Bacci con le donne pasticcia. Bacci ama le donne e le donne non lo amano. Bacci è ligio al super-io e tanto borghese da diventare intellettuale di sinistra, così diventa rabbioso e anche politico. Rossi ricorda allora quel passaggio in cui si dice ‘cum’an bumbardou ben’. Falso. «Bacci sbaglia: nel 1941 gli inglesi non hanno bombardato i tedeschi ma gli italiani. A Genova. Noi».
Le ambivalenze continuano, però Morchio riesce con Bacci Pagano a ricomporre la scissione smascherando la recita della vita.
Rossi continua: «Però, ‘se io fossi lui’, cercherei di evitare gli schemi fissi e quell’ironia che fa diventare ‘macchiette’ certi personaggi. Ma il libro è uno strumento anche per cantarle a qualcuno e questa è una libertà».
Poi Rossi dichiara di essere demodè, un lettore all’antica, e dire ‘stronzo’ fa cadere molti vocaboli: infido, cattivo, infame, sporco…eviterebbe la brachilogia.
Per concludere Rossi auspica che il libro possa essere tradotto in 10 lingue diverse così da essere letto nel mondo. Però dovrebbe essere ripulito, sprovincializzato: dalla politica italiana intanto, dalle beghe nostrane. Cosa può interessare agli americani dei comunisti di Sestri? Bacci ripulito andrà bene a Boston. Un Bacci meno moralista e senza prediche dunque.
Rossi appare impietoso, ma è il suo mestiere. Morchio incassa. «Devo ammettere che riconosco le critiche di ambivalenza di Bacci, ma è una sua caratteristica. E’ quello che lo porta a soffrire; lui è la chiave del suo successo: uomo tormentato e tormentoso. Questo è il suo lavoro. Poi 5 anni di galera fatti ingiustamente è la spiegazione della sua rabbia. Bacci è lui perché beve quello che beve. Non lo vedo bere Dom Perignon. I comunisti di Sestri meriterebbero un libro solo per loro stessi. Però…quella del bombardamento del ’41 è grossa. Altro che tedeschi. Cercherò di rimediare nella ristampa. Bacci poi si identifica nei barboni, nei deboli, nei perdenti e con lui si raccontano storie di esistenze di altri protagonisti, più che lo svelare il mistero di un assassinio. Buoni e cattivi e rigidità schematica? C’è ma ad esempio salvando un chirurgo di Forza Italia l’ho superata».
Buona fortuna Bacci, ora puoi alzarti e sentirti dopo l’analisi più forte. Una bella seduta.
Bacci Pagano è il detective privato genovese protagonista di tre libri di Bruno Morchio. Bruno è anche un mio caro amico.

domenica, novembre 13, 2005

A che gioco giochiamo

Fondamento delle relazioni umane è trovare carezze, riconoscimenti positivi, ma sovente ci si accontenta anche di un pugno o di un insulto piuttosto dell’indifferenza. Così, tribunali, pronto soccorso, questure, ospedali sono i luoghi dove molto spesso si concludono i giochi relazionali negativi. Eric Berne aveva elencato in modo magistrale, con il libro “A che gioco giochiamo”, tutti i giochi che le persone usano per giungere al ‘tornaconto’, ad un riconoscimento della propria esistenza.
Ognuno si rapporta con gli altri recitando un copione; recita una parte, un ruolo per farsi riconoscere e con questo ricevere la conferma d’esistenza. Che strani animali sono gli umani, oltre che riconoscersi attraverso un specchio hanno bisogno che gli altri dicano che ci sono e come. E’ la fragilità, il camminare sul sottile sentiero tra la terra e il cielo, tra Dio e il mare, a darci il bisogno di conferme a sentirci vivi.
La maggiore conferma d’esistenza è e rimane l’amore. E’ con l’amore che viviamo e ci sentiamo parte dell’universo. Con l’amore, per paradosso, non sentiamo neppure più il bisogno di esserci perché ci perdiamo nell’altro: viviamo un abbandono intimo che ci appaga…eppure si continua a mascherare con recite, dal copione drammatico, questo bisogno d’amore. Chiamiamo ‘amore’ chi ci picchia, ci odia, ci umilia e poi vittime e carnefici, o salvatori e persecutori, diventano ruoli interscambiabili per giocare alla vita: la vita che non c’è. La vita senza amore.
Allora via i principi azzurri e le cenerentole, via le belle addormentate e i cavalieri, via le brave mogli o le infermiere, via i bravi papà o i play boy, proviamo a dare voce alla nostra spontaneità, la nostra ingenuità -che è sospendere il giudizio- e lo stupore…così troveremo l’incontro con l’altro senza recite e ruoli ma con il solo amore.

venerdì, novembre 11, 2005

Darwin sempre attuale

Charles Darwin è sempre più d’attualità e chi lo contesta, come ha sostenuto Enrico Bellone durante una conferenza su la scienza negata, vuol dire che pensa che la Terra è ancora piatta.
Ricordate? Copernico con Galileo diede la prima mazzata alla centralità dell’uomo nella natura, quando disse che la Terra girava intorno al sole e non viceversa; di più poi il sole girava attorno a qualche altra stella di una galassia, che non era la sola. L’ultima mazzata alle certezze dell’uomo la diede, come si sa, Freud quando accertò che non siamo padroni di niente; men che meno di quello che pensiamo. Quello che noi pensiamo e facciamo è solo in piccola parte frutto della nostra coscienza, ma è prodotto dall’inconscio, la parte sconosciuta di noi stessi. Darwin intervenne a metà dell’800 per dimostrarci che non siamo stati fatti ex novo, da un Dio, ma siamo il frutto di una lunga evoluzione animale, che non è conclusa ma è in continua trasformazione, dettata da adattamenti alle condizioni ambientali.
Questa è una verità che rilancia l’assolutismo della vera scienza, alla faccia di Ratzinger e Pera che si scagliano contro i relativisti. Relativisti sono loro, proponendo di insegnare nelle scuole una teoria creazionista a bilanciare quella di Darwin. No, non sono la stessa cosa.
Con ciò, relativisti e cultori del politically correct non sono affatto avversari del potere clericale. Viceversa, come sostiene Jervis nel suo libro, ‘Contro il relativismo’, finiscono per “incoraggiare quei dogmatici che oggi si oppongono al relativismo non già nel nome della realtà, ma nel nome di soggettive convinzioni di fede”. La vera differenza è allora essere non assolutisti ma fondamentalisti e questi neocon lo sono al pari di certi islamici.
Charles Darwin ci dimostrò i nostri limiti fisici, le nostre innumerevoli tare di passate condizioni iscritte ancora nel nostro corpo. Forse quei limiti sono scritti anche al nostro pensiero, che è la cosa più fantastica a cui è approdata finora l’evoluzione. Sembra che da un certo momento in poi l’evoluzione sia certificata dallo strumento che permette il pensiero, ossia il cervello; infatti, la sua stratificazione è la parte fisica che più di ogni altra cosa testimonia l’evoluzione della specie.
La complessità di questo organo fisico è la vera e forse unica discriminante dagli altri animali superiori: i primati. Pare che nel futuro si evolva e si modifichi solo il cervello. Ma è lo stesso cervello che come un potente registratore di fatti, emozioni, conserva tutta storia passata; diventa un archivio grandissimo di vita attraversata, in maniera di dotarci di adattabilità ad ogni nuova situazione.
Ma intanto si aspetta ancora che Darwin venga reintrodotto nelle scuole.
Forse per molti si è bloccata anche questa evoluzione.

lunedì, novembre 07, 2005

Occasione persa

Che peccato! mentre per tutte le altre scienze, presentate al Festival della Scienza di Genova, c’è stato finora un approccio teoretico piano, una divulgazione capace di interessare non annoiando tutti, per la psicoanalisi è andata persa una occasione. La conferenza dal titolo attuale e di grande interesse, quale la psicoanalisi e la guerra, a mio parere è stata svolta in modo sbagliato. Non certo per la preparazione dei conferenzieri, ma per come hanno trattato l’argomento: c’era scritto da 16 anni in su, ma con il ricorso ad un linguaggio fin troppo specifico della scienza psicoanalitica, hanno toppato.
Un elemento di disturbo è stata anche la lettura degli interventi da parte di Eugenio Gaburri e Jole Oberti. Schinaia ha introdotto benissimo e il primo intervento, fatto dall’unico non psicoanalista tra i presenti, ovvero lo storico Antonio Gibelli, è stato bello. E’ seguito dopo l’intervento di David Meghnagi e le sue riflessioni, partendo dalle considerazioni dello storico, sono state un motivo che ha coinvolto tutti: ‘Come insegnare ai nostri figli a non odiare, come posso farlo io che vivo in un paese (Israele) dove si può morire prendendo un autobus?’
Purtroppo non c’è stato quel crescendo di interesse che ci si aspettava, proprio per la lettura degli altri interventi e il troppo specifico linguaggio adoperato.
Alla fine è stata unn’occasione persa e non per lo spessore culturale dei protagonisti, ma per il loro approccio. In questo caso sarebbe stato interessantissimo dare la parola al pubblico subito e fare rispondere gli psicoanalisti. Io credo nella scienza psicoanalitica, mi dispiace molto che questa volta non sia stata all’altezza delle altre per la divulgazione.

mercoledì, novembre 02, 2005

Festival della Scienza

Qualcosa di straordinario sta succedendo al Festival della Scienza di Genova: le star acclamate sono diventate gli scienziati. Altro che ‘isola dei famosi’, dove noti divenuti ignoti e viceversa giocano a fare i ‘morti di fame’; qui c’è un continente di sapere che è illustrato da professori delle più diverse discipline. Non ci sono cantanti dimenticati, veline sculettanti o nullafacenti per arte e per parte; qui ci sono personaggi, filosofi e scienziati, a cui dobbiamo l’esercizio del pensiero come strumento per aumentare la qualità della vita.
Sarà per questo, per un naturale rigetto a tutto il trash, le brutture, le battute ignoranti, le elucubrazioni intestinali, che risuonano quotidianamente nella nostra vita, che c’è voglia di ascoltare in religioso silenzio alti ragionamenti sulla nostra condizione umana, stretta tra teorie, leggi e paradigmi? Intanto quello che avviene al Festival della Scienza è fantastico. Robert Laughlin, Gabriele Veneziano, Remo Bodei, Enrico Bellone, Craig Venter, Piergiorgio Odifreddi, Giulio Manuzio, Giulio Giorello…per citarne solo alcuni, sono applauditi e seguiti da un numeroso pubblico ad ogni conferenza. Che fossimo divenuti tutti più intelligenti? Chissà, intanto è un buon segno. Segno positivo per il nostro prossimo futuro.

martedì, novembre 01, 2005

L’amore?

L’amore? E’ una follia riservata a tutti. L’amore? Ci perturba, ci sconvolge…ci cambia.
L’amore? E’ tra individui diversi, ma non per sesso; è sentimento di attrazione e fuga, è ricerca, attraverso l’altro, di quello che è più tuo.
L’amore? E’ denudarsi, rendersi spogli, chiedere e dare.
L’amore? L’amore crea, non lascia soli, fa correre incontro al mondo; fa gridare che c’è qualcosa di grande, che esistono i miracoli, fa gemere e soffrire ma poi non si riesce ad avere qualcosa di diverso e di valore così alto.
L’amore? Guarda tu come ti senti. Sei ancora tu? Sei felice di vivere? Hai voglia di ridere e giocare? Soprattutto sei pronto a viaggiare? Disposto a perdere le valigie? Se sì, hai l’amore.

sabato, ottobre 29, 2005

Grazie all’Abbè Pierre

Grazie all'Abbè Pierre per il suo libro ‘Dio mio…perché?’. Grazie per la sua saggezza dell’intelligenza, della fede e della vita vissuta. Molti cristiani si domandano il perché su molte cose; su molte posizioni dogmatiche e insieme assurde della chiesa cattolica romana…dico romana perché altre chiese cristiane si sono liberate da preconcetti tipo nascite verginali o preclusioni sessuali come il celibato o la negazione del sacerdozio femminile. In questi tempi di fondamentalismo religioso, non solo islamico, la voce del vecchio frate cappuccino è una dichiarazione d’amore all’umanità tutta. Una umanità che trova valore nel compimento pieno delle sue potenzialità spirituali e di ricerca di Dio in ogni manifestazione della sua vita sociale e individuale. Al di là delle distinzioni sessuali, etniche ed economiche. L’Abbè Pierre ricorda che Gesù non ha mai detto che i preti non potessero sposarsi o le donne celebrare i sacramenti. Anzi Gesù amò su tutti Maria Maddalena, una prostituta.
Con questo ora sappiamo che l’Abbè Pierre non sarà mai nominato santo; non importa averne uno in meno, dopo che ne hanno fatti tanti: avremo un peccatore e un uomo vero in più, come noi.

martedì, ottobre 25, 2005

Buona vita

l'amore e l'amicizia sono due potenti mezzi per risvegliarsi, conoscersi e guarire. Guarire si intende al male di vivere, un modo per superare le difficoltà della vita.
Allora dico ‘buona vita’, un bel saluto che ho sentito e che piace fare mio.
Io considero ogni uomo una opera d'arte. Penso che ognuno racchiuda in sè un potenziale artista; poi non si sa se riuscirà a trovare le sue forme originali d'espressione, comunque sono tutti modi per risvegliarsi alla grandezza della propria vita.
Allora dico ‘buona vita’.
La compassione, se sgorga spontanea, diviene quel com-prendere per con-dividere che unisce gli umani al di là delle provenienze, delle culture, delle religioni.
Cosa aspiriamo di diverso dell’amore di una mamma, dell’amore di una persona? Non siamo forse tutti passeggeri impersistenti?
Ancora auguro ‘buona vita’.

venerdì, ottobre 21, 2005

Ho voglia di dire...

Dire, fare, baciare, lettera e testamento…come un gioco per pagare pegno,
per me è la vita che si srotola.
Ho voglia di dire, di fare e baciare. Ho voglia di dire come è bella la vita;
ho voglia di fare tante cose; ho voglia di baciare ancora te.
Lettera e testamento. Scrivi quello che vuoi, intanto tutto torna.
Poi sei tu il mio testamento. Certo non ti lascio. Non lascio nulla di quanto non mi hai dato.
Lascio tutto quello che ho preso. Portiamo con noi solo l’amato.

Una struggente ballata di Springsteen, sparata in cuffia, mentre cammino su una spiaggia deserta mi fa volare. Come è bella la vita.
Mi balena una forma. Dov’è la terra? Devo piantarle dentro le mie mani.
Non era di creta l’origine a cui è stato alitato spirito? Lasciatemi fare. Voglio creare.
Uno sguardo tuo sereno, uno sguardo d’amore e con semplicità scaturisce un bacio. Ho voglia ancora, ancora di baciarti.

Ancora ho voglia di dire, fare, baciare, lettera e testamento.
Come è bella la vita. Come è bello fare.
Poi ancora baciare e scrivere. In fondo è sempre testimoniare.
Ho voglia di dire come è bella la vita.

giovedì, ottobre 20, 2005

Colpi di coda

La ‘devolution’, la riscrittura della nostra Costituzione, è uno degli ultimi colpi di coda di una maggioranza di destra allo sbando. I prossimi interventi legislativi, li ha già elencati il loro boss, sono la legge detta salva-previti e l’abolizione della par condicio. Con la finanziaria poi si spera non ci sia altro da approvare nel male dell’Italia.
Questi sono colpi di coda che dimostrano anche una pervicace compatta tenuta di intenti: tutti insieme, non nel nome di valori condivisi o per l’interesse dell’Italia ma, per non abbandonare il loro boss: un piccolo capopopolo ormai senza più popolo. Sì, il boss è un piccolo uomo con i più grandi possedimenti privati del paese. Dispone di un impero mediatico senza precedenti e di interessi enormi in ogni campo. Si dice contro i ‘poteri forti’ e insieme umilia la povera gente. Ha cancellato la classe media, creando nella società italiana una frattura mai vista. La cosiddetta ‘devolution’, prevedendo un premierato forte è di fatto contraddetta dal tipo di legge elettorale proporzionale appena varata; al boss in fondo non interessa nulla di devolution o altro; per lui è solo un gioco di forza e di comando, non di governo.
La devolution poi interessa una piccola parte di elettori del nord Italia, che si fanno chiamare padani…questo vorrà dire qualcosa. Siccome è previsto un referendum confermativo si vedrà quel voto come un’occasione unica, forte e irripetibile, per mandare via questa maggioranza e per cancellare uno dei periodi più brutti della nostra storia repubblicana.

lunedì, ottobre 17, 2005

Le mie primarie

Ho fatto lo scrutatore in un seggio, del mio quartiere genovese, che raggruppava i seggi dal numero 363 al 371. Sono stato presente nel seggio, un gazebo in una piazza, dalle 7,30 del mattino fino oltre le ore 23, per lo spoglio finale. E’ stata una esperienza forte che mi ha emozionato. Non esagero. Era la prima volta che si effettuava questo tipo di votazione e incontrare al seggio le persone che incontri tutti i giorni nella tua strada, assumeva per questa consultazione un particolare significato: non era solo un elemento di partecipazione democratica, ma anche un modo per rimarcare una appartenenza o forse un sentimento comune: quello che vuole porre a termine una esperienza di governo, tra le più fallimentari dell’intera storia italiana del dopoguerra. Ecco allora scoprire che la persona del palazzo accanto che incontri dal lattaio, o saluti al bar vicino a casa, è uno che la pensa come te, mentre non te lo aspettavi, dà forza, fa piacere e a me personalmente dà fiducia nel futuro.
Il mio quartiere è un quartiere cosiddetto ‘bene’, un quartiere di pregio del centro città e certo non mi aspettavo una grande partecipazione; pensavo ad un atteggiamento snob, oppure superficiale a questo tipo di voto ‘primario’, per indicare un leader di uno schieramento già designato. Invece…quello a cui ho assistito ha dell’incredibile: una fila continua di persone pronte a sottoscrivere un programma, pagare un obolo di almeno 1 euro e scegliere un candidato tra sette nominativi più diversi. Un successo che non può che fare piacere e far credere che nei momenti peggiori esce allo scoperto un’Italia dalle infinite risorse di riscatto. Per chiudere dico solo una cosa: grazie!

venerdì, ottobre 14, 2005

Legge elettorale

E’ un ritorno al voto proporzionale, all’antico; alla faccia della volontà popolare, espressa con un referendum chiarissimo per avere un sistema maggioritario. Un ritorno al tutti contro tutti e chi ha più soldi vince. Infatti la prossima mossa sarà l’abolizione della ‘Par Condicio’. Ora per mantenere la formula delle coalizioni, si dovrà dichiararle prima del voto; poiché spariranno i simboli sia dell’Ulivo come della Casa delle Libertà, si è pensato, con questa brutta legge, di inserire il ‘capo’ coalizione. ‘Capo’ che certo non sarà un vincolo per designare l’incarico a formare il futuro governo. Prerogativa costituzionale del Presidente della Repubblica; ora con il ritorno al puro proporzionale, ancora di più avvertibile. Si sa i partiti e le loro segreterie ci hanno abituato a molte giravolte e non sarà certo un ’capo’ o un programma a tenerli vincolati agli impegni, soprattutto ora che gli eletti vengono decisi da un singolo partito e votati con quello. Sembra dunque che la priorità avvertita da questo governo nel cambiare la legge elettorale sia dovuta solo ad un ‘si salvi chi può’ o ancora ad un ‘muoia Sansone con tutti i Filistei’.
C’è ancora bisogno di altro per conoscere Berlusconi come persona inaffidabile? Proprio chi attraverso i benefici del maggioritario ha potuto governare, ora cambia le regole. Spero che gli italiani non dimentichino. Spero che un nuovo Parlamento restituisca il maltolto. Purtroppo il vulnus che questa legge elettorale ha prodotto potrebbe avere il risultato di darci una legge nuova ogni legislatura: una legge ad hoc di chi ‘comanda’ e non governa.

giovedì, ottobre 13, 2005

Rivolta

Cresce la falsità. Anche l’informazione. Si dice. Crescono le scuole che non servono. Anche la scolarizzazione. Si accerta. Cresce l’incapacità di relazione. Anche la cultura.. Si pensa. Cresce l’impunità. Anche lo spirito critico. Si spera. Cresce la rassegnazione. Anche l’indignazione. Si auspica.
Stiamo attraversando un brutto periodo storico e l’Italia è ingabbiata da personaggi politici che dovrebbero avere il buon senso di ritirarsi. Purtroppo la storia ha sempre insegnato che certi ‘capipopolo’ quando cadono non lo fanno mai in silenzio e senza drammi: muoia Sansone e tutti i filistei. Staremo a vedere cosa ci riserva ancora il teatrino politico con i suoi pupi e pupari.
Io intanto ho un sogno di rivolta. Di rivoltare che cosa? Come rovesciare? Piegare? No, come dissenso, moto, insurrezione…rivolta contro il rivoltante.
Non sembra tutto un paradosso? Stanno rivoltolando tutto. Rivoltano la frittata, rivolta a tutti. Nessuno più li rivuole, speriamo bene anche senza rivoltella. Ma chi vuole rivoltarsi, ovvero rifiutare, non gli resta che un rimestare, mescolare; girare un brodo rivoltante. Così la rivolta, tarda.

venerdì, ottobre 07, 2005

Fare sesso - fare l'amore

Fare sesso o fare l’amore? La differenza forse sta che chi fa solo sesso al tramonto, difficilmente si ritrova al mattino a fare colazione insieme. Ma mentre le donne preferiscono, sempre, fare l’amore, per gli uomini pare sia più gradito solo fare sesso, anzi più scurrilmente: scopare. Scopare è divenuto un termine molto usato e di per sé evoca l’atto sessuale. La scopa contiene due elementi: un manico infisso in una parte pelosa che poi si muove avanti e indietro. Ma scopare non ha certo la valenza di un fuck, che deriva da un antico vocabolo tedesco, ficken, che vuol dire battere, come l’arabo dok significa pestare in un mortaio. Spingere e pestare sono, come si sa, gli elementi caratterizzanti il rapporto sessuale; sono come andare avanti e indietro o su e giù.
Allora cosa facciamo quando noi spingiamo e battiamo, avanziamo e arretriamo? Facciamo quasi sempre un’operazione verso il basso, se poi la svolgiamo con parti basse è ancora più chiaro il fine: basso. Ma l’umanità ha una chance in più: può trasformare una cosa bassa in una cosa alta; può aggiungere valore e piacere, può evolvere. Ecco che se il sesso si accompagna all’amore diventa sublime e non si sublima. Ecco che diventa uno scambio reciproco, annulla il soggetto per diventare una sola cosa con l’altro. Ma di più nell’orgasmo si muore al presente, e nel culmine della sensorialità si conosce un al di là, si trascende per elevarsi all’Uno. Allora fare sesso e amore insieme è tornare a Dio. Ancora una piccola e grande cosa: siamo tutti frutto del sesso e con il sesso diventiamo immortali
Non mi resta che augurare buon sesso a tutti. Per toccare il cielo e conoscere Dio.

giovedì, ottobre 06, 2005

Discorsi patetici

Ascoltare il presidente della Repubblica con i suoi richiami all’unità, alla concertazione, alla condivisioni della scelte di fondo nazionali, ha del patetico. Ma a chi parla? Spesso si ascoltano da Ciampi dei sermoni che paiono dettati ai bambini. Ma si è reso conto di chi ci governa? Lo sa che lo scontro frontale è la politica sostanziale della destra? Hanno la maggioranza e quindi ritengono di fare tutto. Tutto quello che interessa a loro. Non certo agli italiani. Con quella stessa logica avremo ad ogni cambio di maggioranza una nuova legge elettorale, una nuova riforma della Scuola, della Giustizia, della Costituzione, dell’informazione televisiva…altro che scelte istituzionali condivise; di sistema di valori fondanti l’unità nazionale; di costruzione di nuove classi dirigenti per governare il futuro.
Quello a cui si assiste è lo scontro tra interessi personali, prepotenze istituzionali, caduta di valori etici e ribaltamento del senso delle parole. Mi è capitato di sentire da uno che si definisce moderato per antonomasia, ovvero un UDC, che opponendosi alla legge elettorale l’opposizione fa un gesto di arroganza. Arroganza? Ma loro che vogliono imporre, a fine legislatura una legge per salvarsi il posto, come si chiamano? A sentirli sono vittime. Il ‘poverino’ poi è a capo del governo. Colui che si sacrifica per tutti, sta diventando sempre più ricco: lui è il liberista che si è costruito il monopolio e lo ha sancito per legge. Ora sempre il capo del governo, colui che era per il maggioritario, sempre per suoi interessi di potere lancia gli ultimatum: o il proporzionale o fine CdL. E il paese Italia? Si arrangi.

sabato, ottobre 01, 2005

La cultura è di destra o di sinistra?

La cultura non è di destra né di sinistra, ma certamente non è berlusconiana. Questo non perché il personaggio, a guardarlo, non si presta a pensieri profondi; lui è il tipo terraterra brianzolo o del nordest dove la fabbrichetta, il ferrarino, la villa sarda o la barca, contano più di ogni altra cosa: sono il metro del successo e dell’essere qualcuno.
La cultura non è di destra né di sinistra, ma sentendo Veneziani, uno di destra, sostenere, ‘che quello che distingue oggi la destra dalla sinistra è che la destra crede molto alle radici, ai valori di un radicamento, mentre la sinistra crede molto ai valori di liberazione, di emancipazione. Credo che questo sia lo spartiacque’; concordo. Infatti spesso il dibattito politico culturale verte su questo: tra chi difende la Tradizione e chi il Progresso. Tra chi ha paura del cambiamento, ha paura di perdersi, e chi vuole evolvere, progredire, con un umanesimo che abbracci tutti, senza timori.
Allora la cultura non è di destra né di sinistra, ma chi confonde la Tradizione con quello che possiede, diventa egoista e pensa solo ai suoi interessi, è di destra anche se dice di essere di sinistra. Chi dice che non ama il Progresso poiché non rispetta le minoranze, il diritto di libertà di vivere con chi vuole e come vuole, allora è di sinistra anche se dice di essere di destra.
Ma poi, per me, quello che divide una cultura di destra da quella di sinistra è la riflessione profonda su di sé, che ha rappresentato la psicoanalisi.
Sarà, ma trovo che chi considera la psicoanalisi una bufala di solito è uno di destra, mentre chi la guarda con rispetto e interesse è sostanzialmente di sinistra.
Con la psicoanalisi il pensiero si è ripiegato su se stesso per interrogarsi sul suo modo di pensarsi. Il superamento dell’io, come frutto di un inconscio universale che deve diventare coscienza, è il fine della cultura umana. Se poi, in questo frangente storico, questa riflessività è prevalentemente di sinistra, non è detto che non possa diventare ed esserla anche di destra. Me lo auguro. Allora semplicemente la cultura potrà essere insieme di destra e di sinistra.

giovedì, settembre 29, 2005

Una manciata di spiccioli

Una manciata di spiccioli. E’ così che bisogna uscire. Ad ogni sorriso di barbone, di accattone che incontro pago pegno. Prima di avvicinarmi a chi chiede l’elemosina rivolgo un sorriso, è una specie di contatto preventivo, un segnale che esistiamo per una stessa vita e se io ora sono pronto a dare qualcosa; lui non ha altro che restituirmi un sorriso.
Prima incontro la fisarmonicista, appostata alla Banca Unicredit; suona imperterrita le stesse musiche da chissà quanto, si capisce che va in automatico. La guardo e lei sorride subito: 1 euro. Poco distante c’è il barbone seduto sotto i portici del Palazzo della Borsa. Non guarda nessuno. Non vede neppure me fermo a osservarlo. Non ha certo voglia di sorridere. Sorrido io. Sarò scemo? Beh 50 cent. sono spesi. In lontananza sento una canzone, è una voce forte e melodiosa; è un’altra donna che canta la malinconia: è forse la sua, ma chi non la riconosce? Un sorriso e un altro euro è andato. In San Lorenzo a intramezzare chi chiede l’elemosina ci sono ‘gli artisti di strada’. Loro sorridono sempre, sono anche lì per questo e nella loro immobilità ci ricordano che si può rallentare il passo, andare più lenti. Per andare dove non vogliamo andare, arriviamo sempre in tempo.
La città è sempre più piena di accattoni: sarà forse il frutto della ricchezza conquistata dagli italiani vantata da Berlusconi? E’ certo che aumenta la miseria; soprattutto si sono persi dei freni inibitori che fermavano i poveri a chiedere sfacciatamente aiuto. Buona parte poi sono professionisti: il guadagno è garantito. E’ sparito da tempo il mendicante sotto il Ponte Monumentale, cui una targa in ottone segnalava che era: ‘cieco e povero’; dicevano che era proprietario di molti appartamenti…ora è stato rimpiazzato da una zingarella che mette in evidenza lo sfacelo degli arti inferiori provocato dalla poliomielite; esempio di come una disgrazia possa diventare un investimento.
Finiti troppo presto gli spiccioli, ogni volta che sorpasso un mendicante, e sono tanti, penso alla mia fortuna. Penso se sarei capace in difficoltà a vincere orgoglio e vergogna. Ma con un sorriso si rompe un muro e nasce una speranza: questa condizione passerà.
Però c’è né alcuni che mi fanno rabbia: sono quei giovani che ti vengono incontro chiedendo ‘una monetina’. Ti muovono davanti un bicchiere di plastica e si capisce che la loro non è una condizione di disagio passeggera, come la gioventù; la loro è una condizione di sfottimento, di scelta di vivere alle tue spalle. Proprio perché sono giovani non mi fanno sorridere; sono quelli che costruiscono il loro futuro su una monetina data dal buon cuore di un passante in cambio di niente.
La gioventù dovrebbe anelare a cambiare, sovvertire il mondo, non a chiedere a questo ‘monetine’.

domenica, settembre 25, 2005

Lettera d'amore a Silvio B.

Caro mio Silvio Berlusconi, ora te lo devo dire: io ti amo. Non voglio vederti soffrire di più. Non voglio che ti sacrifichi ancora per l’Italia, che non ti merita. Lascia perdere quelle cattive compagnie di Previti e Dell’Utri; soprattutto smetti di frequentare Bossi, Fini e Follini: sono uomini senza arte né parte. Quelli sono politici professionisti, che tutt’alpiù sapranno cambiare una lampadina o spostare una seggiola. Non sono come te che sai far di tutto dal tappezziere al cantante, dall’impresario edile al finanziere. Lascia tutti. Vieni da me. Con me migliorerai la tua qualità della vita; potremo insieme visitare musei, vedere bei film e leggere molti libri. Cosa che in questi duri anni ti è stata preclusa. Poi potremo formare una bella coppia anche senza i famigerati Pacs. Io e te, diventeremo forse i nuovi D&G – i nuovi Dolce e Gabbana che ora si sono divisi; diventeremo S&P ovvero i Salato e Presobene.
Caro mio Silvio, mi piaci tanto quando racconti le barzellette. Che ridere mi fai! Forse mi sono innamorato di te proprio ascoltandoti raccontare la barzelletta dove dicevi di camminare sull’acqua e gli altri invece dicevano che lo facevi perché non sapevi nuotare. Che grande spirito hai. Che humor. Che ironia. Sapessero tutti far ridere come te…invece i maligni dicono che fai pena; che camminavi veramente sulle acque, ma ci riuscivi perché non ti avevano forato i piedi come l’Originale. Che cattivi. A pensare che sono italiani a cui hai levato le tasse, rifatto la Costituzione, dato le riforme della Scuola e Giustizia. Invece loro, gli italiani, continuano a rubare, a far venire i clandestini, a commettere reati gravi, a votare comunista…con quest’ultima cosa è detto tutto.
Coraggio Silvio, forza mio uomo Salato, vieni da me. Ti saprò proteggere e amare. Tuo Presobene.

venerdì, settembre 23, 2005

Altro che prima Repubblica

Prima Repubblica? Molto peggio. Almeno una volta certi riti sottendevano un rispetto di regole non scritte, che vincolavano i contraenti. Oggi abbiamo il peggior ‘teatrino della politica’ con a capocomico, quello che un dì lo denunciava: l’ometto di Arcore.
Oggi c’è un ‘liberi tutti’ nel senso di fare i propri interessi personali, che divergono con quelli del Paese. Lo spettacolo è tristissimo.
Ieri abbiamo visto sul palco del governo, penso disegnato dallo stilista di Mediaset, i protagonisti dello sfacelo: al centro il Presidente del Consiglio che sfiduciava il Governatore della Banca d’Italia, che veniva sfiduciato a sua volta da un alleato, che aveva a fianco un ministro con cravatta e fazzoletto color verde (che è un colore simbolo anche dell’Islam) a cui interessa solo una parte dell’Italia –una zona chiamata Padania; più in là il ministro degli Esteri stava in silenzio (aveva già parlato in corridoio) e digeriva il ritorno di un ministro finanziario, famoso per i condoni, di cui aveva chiesto tempo fa la testa.
Altro che telenovela da prima Repubblica quella andata in onda è una tragedia.

giovedì, settembre 22, 2005

Un’emozione

L’emozione più forte di oggi è stata quella che mi ha procurato una dedica su un libro. Entrato in una libreria, e come mio solito messomi a sfogliare libri, in virtù del richiamo di autori e titoli, ho aperto il libro ‘La scrittura o la vita’ di Jorge Semprum e lo sguardo è andato sulla dedica: ‘A Cecilia per la meraviglia del suo sguardo meravigliato’. Bellissima. Che emozione. E cosa poteva esserci in Cecilia se non la meraviglia magari di ascoltare la vita di Jorge Semprum?
Emigrato con la famiglia in Francia quando le truppe franchiste occuparono Madrid, entrò nell’organizzazione della resistenza francese durante l’occupazione nazista in Francia. Arrestato nel settembre 1943 a Joigny, poi torturato dalla Gestapo a Auxerre, nel gennaio del 1944 è deportato a Buchenwald, dove milita nell'organizzazione comunista clandestina del campo.
Il grande viaggio, la sua prima opera, e La scrittura o la vita, scritto cinquant'anni più tardi, raccontano la sua esperienza della deportazione.
Al ritorno della pace, ritrova Parigi, dove esercita il mestiere di giornalista e di traduttore, in particolare per l'Unesco. Tuttavia, a partire dal 1953, ritorna a Madrid per far parte dell'organizzazione comunista. Per una decina d'anni, vive in clandestinità con lo pseudonimo di Federico Sanchez. Tale esperienza si concluderà con la sua esclusione dal partito, nel 1964, come ha poi raccontato in Federico Sanchez vi saluta (1993). Di nuovo in Francia, Jorge Semprun firma tra l'altro le sceneggiature di La guerra è finita, Z-L'orgia del potere e La confessione, che conquistano i favori di un largo pubblico. Dopo il ritorno della democrazia in Spagna, Jorge Semprun diventa ministro della cultura nel governo di Felipe Gonzales, dal 1988 al 1991. Negli ultimi anni, il successo internazionale ha contribuito a valorizzare la sua opera e il suo percorso, come dimostrano i molti premi internazionali che gli sono stati attribuiti…
E Cecilia? Di Cecilia non saprei. Di Cecilia mi raggiunge un lampo. Cecilia è l’amore, lo stupore, il suo sguardo meravigliato.

mercoledì, settembre 21, 2005

La bestia nel cuore

La violenza all’interno della famiglia, la perdita dell’innocenza nel luogo dove dovrebbe essere preservata. Il dolore che accompagna l’oscuro passaggio ad una condizione umana di civiltà, che ci ha portato alle convenzioni del mondo borghese. Il ‘bambino’ che eravamo e continuiamo a portarci dentro. La sessualità negata e l’amore diverso nel mondo d’oggi. Tutto questo si può vedere affrontato con profondità nel film di Cristina Comencini: La bestia nel cuore.
Tratto da un suo omonimo libro, il film ‘La bestia nel cuore’, offre numerosi spunti di riflessione, coinvolgendo il pubblico anche grazie all’interpretazione dei bravi attori: Giovanna Mezzogiorno, Alessio Boni, Angela Finocchiaro, Stefania Rocca, Luigi Lo Cascio, Giuseppe Battiston…tutti.
Le tematiche affrontate dalla storia del film, La bestia nel cuore, sono molte, quella principale, quella che fa scorgere una bestia nel cuore di ognuno, ci riporta alla violenza a al dolore mai sopito ricevuto tra le mura domestiche. Quella casa, piena di polvere, apre le immagini del film. C’è una spessa coltre di polvere che imbianca i mobili e le cose in quella casa dell’infanzia; è una casa buia come un ricordo vago ma che continua a creare un forte malessere vitale. E’ un dolore consapevole che provoca una colpa nascosta. Sabina –Giovanna Mezzogiorno- intraprenderà allora un viaggio per risalire alla causa di quel dolore; quel viaggio è anche un risalire al tabù dell’incesto e alla sua violazione: la bestia che si antepone allo stato di umanità.
Cristina Comencini, non so con quanta scaltrezza, mescola le carte; così mentre il tabù dell'incesto si conferma come l'arma più potente a difesa del paradigma eterosessuale, vediamo a lato la storia della nascita di un amore omosessuale a ricordarci la possibilità di continuare a liberarci ed essere liberi. In questo delicato momento politico non è cosa da poco. Un motivo di riflessione in più.
Un film che sa anche piacere, ma non consolare; sa essere ironico ma mai banale e questo, per la drammaticità del tema trattato, è un complimento alla Comencini. Quel bambino nato all’ultimo, su un treno vuoto, è un buon auspicio di rinascita anche per noi.

venerdì, settembre 16, 2005

Ancora sul berlusconismo

Ho letto l’intervista dell’Unità a Baget Bozzo: ‘Berlusconi ha vinto anche se perde’. Chiaro. Per un fedelissimo assoluto di Berlusconi di cui vede tratti divini –come dichiara l’intervistatore- quello che afferma appare tutto come un inno, un osanna alla sua persona. “Ha cambiato scuola, lavoro, giustizia, Costituzione. Soprattutto giustizia e Costituzione sono nodi politici, riuscire a cambiarli, per uno che non viene dalla politica è un fatto enorme. E poi, di fatto, ha creato il bipolarismo. Ha dominato 12 anni di vita politica, tanto che ancora tutto si riduce a essere con lui o contro di lui. Il berlusconismo, quindi, esiste ed è un fatto rivoluzionario, tanto che spiegare le ragioni di tutto questo è quasi impossibile. La cosa certa è che non ci sono alternative a lui come modello in nessuno dei due poli”. Poi nel finale Gianni Baget Bozzo, osa una previsione: ‘Ripeto, si può perdere, ma avremo un berlusconismo senza Berlusconi’.
Questo è possibile, ma bisognerebbe osservare che esisteva un berlusconismo ancora prima di Berlusconi: si chiamava craxismo. Non era una pratica politica, era ed è un atteggiamento esistenziale che riduce tutto ad una personale capacità di potere; si potrebbe definire una filosofia ‘fai da te’: se conquisti il potere, lo rendi esplicito, sai comandare. Gli altri ti seguiranno. Se hai i soldi, se riesci a farne tanti, poi puoi fare tutto. Gli altri ti ameranno. Per questo il berlusconismo è una forma mentis che unisce soldi e potere e trova nella democrazia, nella politica solo ostacoli. Non più la politica come servizio alla convivenza civile, che partendo dalla risoluzione dei problemi quotidiani aspira a disegnare mondi nuovi, confrontandosi con le idee di tutti. No. Ricerca di gratificazione e interesse personale. Ricerca del potere nella sua accezione più radicale; ovvero rifacendosi ad un detto siciliano: cumannare è come futtere. Comandare è come fottere.

Libero di dire cazzate

ieriOggi

è sparito di colpo l'attentato rosso è rimasto quello all'informazione...quanti saranno i lettori di Libero?

mercoledì, settembre 14, 2005

Verso il riscatto?

L’Italia è un paese straordinario dove ogni 50 km cambia il paesaggio, la lingua, la cucina, i costumi e gli accenti di una provincia sempre ricca di curiosità, di risorse minute eppure importanti. Solo il suono anglofono di una radio sembra non cambiare, il resto cambia: dai tortellini si passa agli agnolotti e dal cacciucco alle fiorentine in poco tempo…e poi, dove trovare grandi marinai e montanari? Scalatori di montagne e attraversatori di mari? L’Italia è un paese che ha resistito a tutto; è stato invaso da molte culture, tutt’ora è meta di sbarco di gente diversa tuttavia ha conservato la sua originalità, le sue tradizioni storiche, la sua civiltà…ancora oggi sta subendo un attacco alla sua ricchezza, alla sua diversità, al suo fondo etico che accompagna il paesaggio, eppure resiste.

L’Italia resiste alla TV, alla volgarità dei suoi programmi recenti, e se ha unificato un linguaggio, uccidendo i dialetti, non cambia le sue proprietà; resiste all’ometto di Arcore, che con la sua politica sta snaturando uno stare insieme secolare.

L’Italia è un bellissimo paese e non si merita quello che le sta succedendo, anche se in verità con la democrazia siamo tutti responsabili di quanto accade.

Spero che fra breve termini un incubo. Spero che democraticamente gli italiani si ravvedano e sappiano salvarsi da soli; sappiano fare a meno di superuomini ed eroi, di imbonitori e politicanti. Sappiano scegliere uomini capaci di coinvolgere le risorse più diverse in armonia. L’Italia si avvii verso il riscatto.

sabato, settembre 10, 2005

Cosa sappiamo?

Sappiamo leggere e scrivere, quanto basta. Sappiamo far di conto, un po’ di più. Con quelle 150 parole che sappiamo, poi costruiamo la prosopopea e la superiorità verso gli altri. Ma cosa sappiamo? Soprattutto cosa siamo?
Niente, se non possediamo l’umanità che ci fa dialogare con gli altri da pari; se non possediamo l’umiltà per incontrare gli altri da uguali.
Perciò quando vediamo i poveri e gli immigrati impariamo qualcosa. Impariamo una storia che si ripete e abbiamo dimenticato. Rivediamo la strada del nostro riscatto, del nostro imparare a sapere, a parlare.
Oggi poi scopriamo quanto più ignoranti siamo noi di loro, di quelli che arrivano qui, da noi, spinti dalla miseria. Loro si apprestano ad imparare la nostra lingua, la lingua che gli permetterà di lavorare, progredire, costruire una nuova dignità.
Ci ricordiamo noi, delle difficoltà solo per imparare la nostra lingua?
Ecco perché ogni immigrato ricapitola la nostra storia ogni volta; ecco perché la storia umana sembra infinita. E noi siamo qua per imparare a nostra volta, a far tesoro di consapevolezza e di comprensione.
Perciò ora mi ritrovo a cantare…
‘Mio fratello che guardi il mondo…se c'è una strada sotto il mare prima o poi ci troverà, se non c'è strada dentro il cuore degli altri, prima o poi si traccerà’.

martedì, settembre 06, 2005

Il tempo di oggi

Il tempo di oggi è divenuto brutto; è un tempo di sciagure, di morti, di guerre e catastrofi. Quante cose ci rattristano, indignano, spaventano e uccidono; pare morire la speranza. Allora ci rintaniamo in spazi angusti, cerchiamo di attaccarci a cose senza importanza. Agogniamo però, nel nostro profondo, all’amicizia e alla buona vita. Lo diciamo ogni volta. Ogni volta cerchiamo una mano; non siamo soli per questo. Siamo soli per altro.
Il tempo di oggi è fatto d’aria, eppure la carne non lo riconosce. Quante cose ci avvolgono, legano, ingarbugliano; quale incredibile matassa di fili invisibili ci circonda: le onde elettromagnetiche, i campi radio, le cellule di telefonia mobile, le immagini criptate di segni luminosi, i suoni ultra ed infra, flussi di segnali bip e bit. Sono il caos dei nostri pensieri, sono le parole che si affastellano perdendo significato. In mezzo, a tutto questo, viviamo indifesi e il nostro potere è un’illusione. Disarmati possiamo conquistare solo l’amore. Solo con questo ci conosceremo e con questo scopriremo che respiriamo la stessa aria; questa aria piena di cose sconosciute. Comprenderemo allora la pietà. Riscopriremo il nostro essere umani.

sabato, settembre 03, 2005

Fazio e i leghisti

Non è passato molto tempo da quando la Lega chiedeva per gli scandali Cirio e Parmalat la testa di Fazio. Ora Marco Travaglio spiega bene il perché del cambio di opinione: “Il 5 ottobre 2004 Gianpiero Fiorani, patron della Popolare di Lodi e intimo di Fazio, ha rilevato la Credieuronord, la banchetta della Lega nata nel gennaio 2001 e finita nel giro di tre anni sull'orlo del crac, con tanti saluti ai 3 mila ingenui risparmiatori padani che ci erano cascati. Ai vertici della banca colabrodo siedono insigni esponenti leghisti, fra cui il tesoriere Maurizio Balocchi (sottosegretario e membro del Cda), Stefano Stefani, Giancarlo Giorgetti. Rischiano grosso. Fortuna che c'è Fiorani a salvarli. Così il governatore diventa meglio del Papa: diventa Sant'Antonio. A vita, a vita”…
Gratta, gratta si scopre sempre dietro a posizioni di principio un interesse molto terreno, oserei dire privato. Alla faccia della trasparenza, alla faccia della coerenza, ma si sa, la Lega è la Lega. E chi comanda oggi in Italia? Sembra la Lega…quella della legge del taglione…per i non amici.

venerdì, settembre 02, 2005

L'uragano Katrina

Il ciclone Katrina ha portato la guerra negli States. Qualcuno può pensare che siano state esaudite le preghiere di Osama ad Allah; naturalmente sono stupidate degli uomini, come le guerre fatte per la democrazia ed in nome di Dio.
Quello che rende tutto spaventoso e irrazionale sono insieme alle vittime, alle morti, i miliardi di dollari spesi e gettati via. Altro elemento della stupidità umana e di chi detiene il potere in generale. Pensate con quanti sacchi di dollari si potevano ‘bombardare’ i paesi poveri; quanti aiuti si potevano dare alle popolazioni colpite da fame e carestie. Tutto evitando le guerre, in particolare quella irachena che costa ogni giorno 55 milioni di dollari agli USA. Tutti soldi spesi per farsi odiare, mentre se avessero bombardato di soldi i poveri e di cultura (quella vera, non quella tipo ’cocacola’) i paesi arretrati, chissà quanta simpatia e bene ne ricavavano i Mister Bush o Clinton.
Essere americani oggi, e tutti sono sempre disposti ad esserlo, è vivere in un mondo tutto loro. Sarà per questo che a vedere New Orleans devastata non provoca nessuna emozione.
Essere americani oggi, è scoprire d’essere simili a tutti, dove c’è miseria e illegalità. Basta in fondo trovarsi in una situazione ‘primitiva’, come quella che ha provocato l’uragano Katrina, per diventare cavernicoli: senza regole e morale. Alla faccia della civiltà cosiddetta ‘occidentale’.

mercoledì, agosto 31, 2005

Feste dell'Unità

Forse Berlusconi ha ragione, la crisi economica non c’è. A vedere l’incredibile calca presso i ristoranti della Festa dell’Unità, il popolo italiano sta bene. Paiono tutti ricchi. Oltre che due telefonini a testa, le escursioni vacanziere, l’invio di migliaia di sms, gli italiani assediano le Feste dell’Unità. Con le proposte di divertimento e cultura, ma soprattutto per le offerte culinarie con cui si abbuffano, spendendo molti euro, il consumismo si è trasferito alla Festa dell’Unità…
Forse Berlusconi ha ragione, la sinistra pesca nel torbido. Lui si sta sacrificando per fare gli italiani ricchi e gli altri si prendono i frutti del suo immane lavoro. Lui cerca in tutte le maniere di farci divertire: organizza Grandi Fratelli, racconta amene storielle da anziano playboy, si è preso tutto il Calcio da trasmettere dalle sue TV personali –non quelle che gestisce, ovvero tutte- e anche gli ingrati alleati non sono contenti; magari anche loro si ritrovano nei ristoranti della Festa dell’Unità…
Forse Berlusconi ha ragione, non ci può essere nessun altro alla guida di questo paese. Raccontano tutti bugie e lui si trova sopravanzato da imbonitori da pochi spiccioli. Lui parla con Bush, Blair e Putin ed ora sempre meno lo ascoltano in casa sua. Anzi alle feste dell’Unità neppure lo nominano più. Fanno accenni vaghi, dicono ‘governo attuale’, ‘centrodestra leghista’, ‘ondata restauratrice’, come se tutto il bene che ha fatto, con le importanti riforme istituzionali, non fossero merito suo. In fondo chi sono Fini, Follini e Bossi? Vecchi politicanti che con la politica vivono e mangiano. Mangiano? E’ meglio non dirlo forte perché se no li ritroviamo a spendere anche loro alla Festa dell’Unità…quel giornale ‘assassino’.

sabato, agosto 27, 2005

Una data per i morti africani

Chissà se la data di ieri, venerdì 26 agosto 2005, sarà scritta nella storia delle tragedie come molte altre, tipo l’8 marzo che è divenuta in seguito una data per festeggiare le donne. Questa data potrà servire, se si riuscirà ad iscriverla nel nostro lutto e nei cuori, come ricorrenza per ricordare il sacrificio dell’Africa in terra europea. L’incendio del palazzo a Parigi che ha provocato la morte di 17 africani di cui 14 bambini, deve scuoterci a tal punto affinché mai più si ospiti immigrati in case fatiscenti, senza sicurezza; mai più si calpestino i diritti di asilo dignitoso a chi fugge dalla miseria e dalla fame.
Le vittime di questa atroce tragedia, che ha visto morire carbonizzati 3 adulti e 14 bambini, erano tutti provenienti dall’Africa e da regioni diverse: Mali, Senegal, Costa d’Avorio e Gambia. Il palazzo bruciato era stato assegnato ad una filiale dell’associazione Emmaus dell’Abbè Pierre; colui che disse: ‘La ricchezza dei pochi è la miseria dei molti’. Il problema dell’abitazione in Francia è drammatico e continuare a ricordare questa tragedia con la sua data ci potrà aiutare a investire risorse per perseguire un diritto fondamentale degli uomini: quello di un ‘tetto’, di una casa sicura dove crescere, vivere e non morire bruciati.

venerdì, agosto 26, 2005

60 anni di gioventù

Quest’anno si celebrano 60 anni dalla Liberazione e 60 Feste dell’Unità.
60 anni, l’età del pensionamento, età della svolta, è un traguardo pieno di significati…potrebbe prendere il sopravvento la nostalgia, ma quella di guardare indietro è una predisposizione che spesso è sintomo di una vecchiaia incombente, riscontrabile a molte età. Ma questi 60 anni sono speciali, sono il conteggio di feste dell’Unità, degli anni trascorsi dalla Liberazione dell’Italia dalla dittatura e dal giogo nazista; sono anni che ci hanno maturato, ci hanno fatto venire ‘grandi’ seppur attraversando malattie d’ogni sorta: ultima la berlusconite.
Quello che a me riempie il cuore e dà contentezza è vedere presenti, come non succedeva da tempo, moltissimi giovani alle Feste dell’Unità. Questo è il più bel regalo di compleanno: anziani e giovani insieme. Insieme chi ha 60 anni, con chi vive i suoi vent’anni.
Abbiamo perso per strada diverse generazioni. Anni di piombo, di riflusso, di edonismo e disimpegno hanno lasciato ferite profonde nel tessuto sociale italiano. Sull’onda di crisi morali e di costume conosciamo in questo periodo una destra restauratrice mascherata da innovatrice. Ma se oggi non si trovano ‘figli’ all’onestà del lavoro tenace per tenere fede a valori, che un dì erano di ‘classe’; oggi si trovano i nipoti: sono ragazzi in gamba che possiamo incontrare alla Festa dell’Unità con grembiuli e sorrisi a dare una mano ai ‘vecchi’ di oltre 60 anni.
Una speranza di futuro che non muore. 60 anni di gioventù.

martedì, agosto 23, 2005

Il grande uomo scimmia del Silicese


La vera svolta dell’uomo scimmia avvenne in un periodo assai confuso: subito non se ne avvertirono i tratti e il passaggio dal periodo Atomico a quello del Silicese fu lungo e faticoso. Erano successe nel breve periodo che precedette l’Atomico, ovvero il Nazionalistico, due guerre mondiali – si chiamarono così perché ad incazzarsi e ribellarsi furono in molti. C’era da dividersi come al solito i terreni, larghe fette di territorio più o meno ricco e per di più con il guaio che parlavano tutti lingue diverse; ognuno poi cantava canzoni diverse e questo, come sapremo in seguito, fu devastante. Come sempre furono trovati, in quel casino, dei colpevoli: ebrei e comunisti. I primi erano i praticanti e i nati di un culto molto antico, tanto antico che il loro libro era un Vecchio Testamento. Gli altri, i comunisti, erano una setta di uomini scimmie che pretendevano di mettere tutti d’accordo, di fare una unica tribù internazionale e spartirsi le ricchezze in parti uguali. Troppo semplice. Semplice ma non facile. I motivi delle guerre in verità erano un pretesto e ci si preoccupava di dare ragioni, ragionevoli, a chi poteva non trovarne. Poi quegli ebrei erano insopportabili: loro erano in grado di sapere chi era il nonno del nonno del loro nonno e questo li metteva in una condizione di superiorità nei riguardi di tanti uomini scimmia che a malapena conoscevano la mamma. Di quella almeno erano certi. Gli altri, i comunisti erano dei rompicoglioni…ma cosa credevano di fare?
I migliori erano gli uomini scimmioni bianchi, gli ariani, che avevano il culo ricoperto di peli biondi. A loro era destinato il comando. Sconfitti questi e rimandati a casa loro, per ricostruire tutto quanto era stato distrutto, continuò il periodo Atomico che spinse a studiare il sempre più piccolo, che disegnarono come il più grande. Il periodo Atomico era iniziato con tre esplosioni incredibili: si era ricostruito un piccolo sole sulla Terra. Il primo scoppio fu in un deserto poi ne seguirono altre due su due piccole città giapponesi: una tragedia, un delitto così grande che spaventò tutti. In seguito durante il periodo Atomico di esplosione ne furono fatte moltissime, si diceva per studio. Il vero scopo dello studio però si sapeva erano le armi. Si inventava ogni giorno qualche micidiale sistema per uccidere. Anzi l’industria delle armi era tanto forte che imponeva sempre qualche conflitto da qualche parte della Terra, così per provare l’effetto che facevano le armi nuove. Naturalmente i costruttori di armi erano delle due tribù più potenti, che si guardarono bene di affrontarsi, e d’accordo scatenarono tante piccole guerre per il mondo. Non erano ancora terminate le guerre che iniziò l’era del Silicese; ovvero l’era dell’accesso, della connessione totale, della comunicazione informatica. Un po’ prima però c’era stato un rigurgito di nazionalismo- religioso, simil etico-civile; insomma si dovevano riscoprire i genitori dei genitori per riaffermare le radici culturali. In verità molti uomini scimmia avevano dimostrato che quelle radici erano collegate al clima, al territorio, all’ambiente, a cosa si mangiava e beveva. I costumi culturali venivano in buona parte da lì; insieme si creavano anche quelli da indossare come uniformi: tipo di gonne, pantaloni, camicie e magliette. Per molti era la vera differenziazione.
Il problema religioso era un po’ più complesso; pur dividendosi in grandi gruppi con catechismi, teologie, riti, preghiere e cerimonie uniformanti, in sostanza poi ognuno credeva a modo suo. Il rapporto con Dio era una cosa molto personale, molto intima. Ogni grande religione aveva i suoi ortodossi e fanatici: frutto anch’esso della ricerca di radici; insomma un’ossessione dura da sradicare…qualche scienziato continuava a dimostrare che discendevano tutti da una donna scimmia africana; avevano tutti una stessa mamma, ma tant’è...
Intanto dei giovani uomini scimmia si parlavano tramite una Rete informatica, chiamata Internet, senza vedersi o toccarsi costruivano qualcosa di nuovo. Quei scimmiottini non si interessavano più di tanto delle credenze religiose, dei costumi morali o di tessuto che portavano, davano inizio all’era del Silicese.

lunedì, agosto 22, 2005

Venite clandestini


Venite clandestini, venite uomini, fratelli.
Venite, voi che attraversate mari e strade polverose.
Voi che camminate per trovare un destino migliore.
Voi mettete in movimento anche noi.
Non saranno piccole leggi, ordini di polizia, reti o sbarre a fermarvi.
Non sarò io che sento il vostro dolore.
Per noi basterà vedere un vostro sorriso, perché cada la nostra immortalità.
Per la vostra speranza, per quella, noi continuiamo a vivere.
Per quella ora anche noi siamo pronti a ripartire.
La vita, questa vita, è provvisoria. Restiamo qui per poco.

Venite bambini, venite meticci.
Venite con tutti i vostri colori.
Sapete chi disse che cielo, mare e terra non devono avere padroni?
Sapete quale rispetto e dignità aveva Nuvola Bianca della tribù degli Iowa?
Là era arrivato il nostro occidente e sempre più in là si spinse per trovare l’India.
Là era arrivato senza felicità.
Ora vorrebbe ritornare a casa da solo ma si trova nuovi inquilini.
Ora resuscita un Dio dimenticato; quello stesso Dio nato ai suoi confini.
Quel Dio è sempre clandestino e sempre pronto a morire a questa vita.
Quella è la sua forza, sapere che rinasciamo in lui uguali.

sabato, agosto 20, 2005

Italians today

Che dire dei popoli? Che dire di noi italiani, eredi di Michelangelo, Leonardo e Fermi – per dirne qualcuno? Siamo qui oggi a tentare un miscuglio, a considerarci qualcosa di diverso da Berlusconi, 60 anni dopo Mussolini. Siamo divenuti, come popolo, l’emblema del ‘vorrei ma non posso’; non certo di chi ci governa: quelli possono quello che vogliono in materia di impunità e leggi personali.
Non ci rimarrebbe che affidarci ai giovani, ma attenzione: diffidiamo dai rampanti, dai poeti e nichilisti…diffidiamo dell’America. Siamo italiani.
C’è sempre una generazione dopo che vuole provincializzarsi; come un moto d’onde marine, c’è un ripetersi di eventi che fanno l’uomo un essere immortale. Immortale proprio perché non cambia. Il tempo non lo scalfisce. Sarebbe troppo se la consapevolezza di una generazione si riversasse in quella successiva. Sarebbe fantastico se l’esperienza si riuscisse a trasmettere da padre in figlio o da madre in figlia: ci si troverebbe subito in uno stato adulto; saremmo vecchi presto. Saremmo anche più intelligenti, non rifaremmo gli stessi sbagli e ci avvieremmo verso un’altra storia.
Così è per tutti. Così l’italiano è sempre giovane, è sempre italiano. Anche con Berlusconi; ma non è quest’ultimo un Alberto Sordi redivivo? Non pare uscito dallo schermo di una pellicola satirica? Meno male che non disimpariamo a ridere, non abbandoniamo l’ironia. E se per quello strano gioco degli ‘antichi ritorni’ ci ritroviamo poveri, coraggio, Berlusconi finirà; finirà per poi ritrovarcelo in tuta spaziale ad azionare altri retrorazzi. Ma noi, se diventeremo qualcosa d’altro, non ci saremo.

lunedì, agosto 15, 2005

Watergate dell'occidente

Le intercettazioni telefoniche continuano…e meno male che non vengono registrate quelle dei politici. Cosa pensate di trovarci? Se in quelle dei finanzieri d’assalto sono di un livello da osteria, quelle dei politici, c’è da crederci, saranno da bordello.
Cosa può dire Storace di Berlusconi? Abbiamo già sentito le impressioni di La Russa, Gasparri e Matteoli su Fini; ma Bossi e Calderoli, cosa potranno dire di Follini e Casini? Se dovessero cancellare ‘cazzi e culi’, ‘stronzi e puttane’, forse rimarrebbero parole gentili: ‘facciamoglielo…glielo faccio vedere io… un regalo… a questo grande…figlio…’. Un bianchetto cancellerebbe tutto.
Poi in campagna elettorale tutti insieme sorridenti sopra un palco si aspettano una bella ‘croce’ da noi, che con pudore pensiamo che male fa, chi male pensa.
Il Watergate aveva già insegnato, ma oggi il mondo è questo…un insulto gigantesco contro uno specchio chiamato ‘occidente’.
Un occidente da difendere nel nome di grandi…valori. Puah!
Forse per rinnovare la stima ci vorrebbe un attacco di alieni.

sabato, agosto 13, 2005

Un Dio come noi

C’è nelle religioni monoteiste un particolare copione che disegna Dio come un vecchio saggio, un dio molto umano dai caratteri molto personali: un puro spirito molto carnale; insomma, uno come noi.
Buona parte del copione è dovuto alla Bibbia dove c’è un Dio che dopo aver dato dimostrazione di creatività, di onnipotenza, si comporta come un uomo rancoroso, vendicativo e molto vanitoso. Questo è il Dio soprattutto dell’Antico Testamento, ossia nella prima parte della Bibbia, per poi diventare con il Nuovo Testamento un uomo a tutti gli effetti e così dimostrarsi nell’amore per il prossimo, nelle attività manuali e intellettive un superuomo; insomma, uno diverso. Uno, insieme Figlio e Padre.
Per gli ebrei Dio rimane quello della prima parte della Bibbia, per i cattolici diviene un’altra entità, mentre per i musulmani cambia ancora: è una grandezza onnipotente, misteriosa e misericordiosa, non conoscibile dalla limitatezza degli uomini.
Poi per gli islamici Dio non è Padre; anche per il racconto della Genesi in cui si dice che Abramo, su istigazione di Sara, unica moglie legittima da cui alla fine ebbe il figlio Isacco, cacciò via nel deserto, Ismaele e sua madre, la schiava Agar, da cui aveva avuto quel primo figlio. Gli arabi sono ritenuti, a torto o a ragione, discendenti di Ismaele, e perciò sono stati chiamati, anche se i termini sono ora quasi in disuso, ismailiti o agareni, termini che si sono estesi a indicare tutti i seguaci della religione islamica. Dio non come Padre, perché Abramo non era stato padre fino in fondo. Allora qualcuno sostiene: come non essere violenti, senza un Padre? Sarà vero che nei musulmani si siano accumulate la rabbia e il risentimento di un figlio che non si sente figlio?
Ma Fromm avanzava l’idea di come, con la difficoltà di amarsi tra loro, gli uomini abbiano pensato di amare Dio. L’uomo ha antropomorfizzato la figura di Dio: “Fate di Dio il vostro alleato” significa far di Dio un socio negli affari, anziché diventare un’unica cosa con Lui nell’amore, nella giustizia, nella verità.
Così, per Fromm, Dio è stato trasformato in un remoto direttore generale dell’universo; si sa che c’è, che dirige la scena, non lo si vede mai, ma si sente la sua guida mentre “ si recita la propria parte”.
Sarà allora che quando diciamo ’poveri noi’, forse intendiamo ‘povero Dio’?

mercoledì, agosto 10, 2005

10 agosto 2005

10 agosto 2005…io lo so perché tanto di stelle per l'aria tranquilla arde e cade, perché si gran pianto nel concavo cielo sfavilla...
Il pianto del cielo è reale, oggi piove. Oggi è un altro giorno nuvoloso di un’estate incerta. Le stazioni di villeggiatura denunciano un milione in meno di presenze –malgrado che tutti abbiano due telefonini. Tutti i giorni arrivano però nuovi immigrati a Lampedusa: oggi 165 su una barca di 10 metri. Notizia del giorno è intanto la scalata al ‘Corriere della sera’, che oggi contiene due articoli: ‘Briatore: tifo Ricucci’; ‘Falchi: non mi piace Rutelli’. Per sapere di più, di tutti questi nuovi ricchi, è che si ritrovano nello stesso vicolo: Porto Cervo. Ieri la notizia era la retrocessione in serie C dell’Italia e del Genoa FBC, ma le manifestazioni di protesta sono state per quest’ultima. Anche con la benzina ai massimi storici, le code sulle autostrade non mancano: è per il weekend, la nuova vacanza ‘mordi e fuggi’- così si dice. Si segnalano morti in incidenti sulle strade; ma da un po’ non vengono più forniti i dati statistici: chissà con Lunardi sembra vada tutto bene. La sensazione di stragi non mancano ugualmente: l’altro ieri un aereo è precipitato, un treno è deragliato e da un momento all’altro si aspetta un attentato terroristico. Gli attentati e i morti quotidiani a Baghdad non fanno più notizia; le truppe che sono là stanno mantenendo la pace. La morte in evidenza è quella tra una lite fra anziani ottantenni che finisce a sassate: un morto nel barese.
Si ha l’impressione che tutto cada a pezzi, insieme ai nostri capelli: solo ad uno in questa estate ricrescono e sotto la ‘bellachioma’ ride.
Estate 2005, spero sia l’ultima estate del governo Berlusconi.

lunedì, agosto 08, 2005

nuovo fascismo

C’è un passaggio nella risposta di Ezio Mauro a Berlusconi, su La Repubblica dell’8 agosto, che descrive benissimo la sorta di regime fascista-democratico che si è instaurato in Italia:’…il voto assegna un potere indiscusso e incontrollabile,una sorta di unzione, con la quale il popolo e il Capo entrano a far parte di un solo corpo mistico, mentre la nazione deve aderire a quel progetto politico come si accetta un destino. In questo schema, i controlli sono interferenze, gli istituti di garanzia sono intrusivi, la magistratura è un nemico, l’Europa è un inutile vincolo, la Costituzione è un vecchio libro ideologico. Persino i giornali sono fastidiosi’. Prendete ad esempio l’argomento delle intercettazioni telefoniche: Berlusconi si indigna non per quello che si è venuto a scoprire, ma perché sono state fatte e pubblicate. E’ chiaro che se quelle intercettazioni avessero riguardato semplici cittadini non sarebbe successo nulla ma il fatto è che vengono intercettati faccendieri, trafficanti, rimestatori di soldi sodali con il potere politico; allora no, quelli devono far parte della casta di intoccabili che il regime sta creando con leggi su misura.
Riuscirà che vincerà le prossime elezioni a smantellare questo nuovo fascismo? Ricordate che il fascismo non si presenta mai con gli stessi abiti: non si serve sempre del manganello e della camicia nera; si adatta ai tempi ed in un sistema di libero mercato sa nascondere conflitti di interessi, insieme a impunità.

domenica, agosto 07, 2005

Giochi sporchi

Un certo potere, con Berlusconi a capo, si dice indignato per le intercettazioni telefoniche; non certo per quello che rivelano ma per il semplice fatto che sono state effettuate. Così è la morale di questo potere: tu non mi controlli, invoco la privacy. Questo vale naturalmente per gli imbroglioni dell’alta finanza, per le lobby borsistiche, non vale per le persone semplici e umili; per gli altri.
Per chi ha letto le intercettazioni telefoniche comprende la statura culturale e morale di questi faccendieri. Non c’è forse da meravigliarci: buon gusto e denaro non sempre vanno d’accordo. Se poi pensiamo alle irrefrenabili ambizioni di questi ‘poveretti’ intercettati, sappiamo quanto poco basti a farseli ‘amici’: entrare nel giro del ‘compra e vendi’…ed essere a capo di qualche cosa. Contare.
‘Ma io volevo solo fare soldi’, dichiara Emilio Gnutti, il finanziere che di mestiere fa trading: ossia acquista 2-3 milioni di azioni, per esempio delle Generali, e poi dopo le rivende realizzando una plusvalenza. Bel lavoro, non c’è che dire. Ma che cosa ne farà dei soldi? A sentirli parlare in fondo capisce che stanno solo giocando. Giochi sporchi. Chissà pensano di giocare ancora a Monopoli, mettendosi le dita nel naso.

mercoledì, agosto 03, 2005

Voto agli immigrati

Correva l’anno 2003, precisamente ottobre, quando l’allora vicepresidente del consiglio il non più fascista Fini annunciava: “Sono maturi i tempi per concedere il diritto di voto amministrativo agli immigrati”. La proposta di Fini era quella di modificare l’art. 48 della Costituzione italiana con il seguente testo: “Agli stranieri non comunitari che hanno raggiunto la maggiore eta', che soggiornano stabilmente e regolarmente in Italia da almeno sei anni, che sono titolari di un permesso di soggiorno per un motivo che consente un numero indeterminato di rinnovi, che dimostrano di avere un reddito sufficiente per il sostentamento proprio e dei familiari e che non sono stati rinviati a giudizio per reati per i quali è obbligatorio o facoltativo l'arresto, e' riconosciuto il diritto di voto attivo e passivo nelle elezioni amministrative in conformita' alla disciplina prevista per i cittadini comunitari. L'esercizio del diritto di cui al comma 1 è riconosciuto a coloro che ne fanno richiesta e che si impegnano contestualmente a rispettare i principi della Costituzione italiana.”. Sempre nel 2003, precisamente novembre, ad un convegno del Sermig di Torino di fronte al frate Ernesto Olivero, Fini ribadiva: “Oggi una persona su 35 è migrante, non per senso dell'avventura, ma per bisogno, lo stesso bisogno che in passato ha spinto tanti italiani ad andare a lavorare in Europa e in America. Se i nostri connazionali hanno sofferto, per ingiuste generalizzazioni, noi non dobbiamo ripetere le stesso errore. Per questo tornerò al più presto per una discussione più serrata sull’immigrazione che è confronto di identità…”.
Qualcuno l’ha preso sul serio è si è dato da fare positivamente. Genova è stata la città guida per questa estensione di diritti.
Oggi, 3 agosto 2005, abbiamo avuto la notizia che il Consiglio dei ministri ha annullato la delibera presa dal Consiglio comunale di Genova, il 27 luglio 2004, che estende il diritto di votare alle elezioni comunali e circoscrizionali ai cittadini stranieri purché in Italia da almeno 10 anni e in regola col permesso di soggiorno. La decisione - rende noto Palazzo Chigi - è stata presa in via "straordinaria" per illegittimità e a tutela dell'unità dell'ordinamento come recita la legge alla quale fa riferimento. Gianfranco Fini nel frattempo divenuto ministro degli Esteri, dov’è? Cosa fa? Cosa dice?

lunedì, agosto 01, 2005

triste finale

C’è un dato che appare incontrovertibile sulla fine del berlusconismo, che è avvertito non solo da qualcuno del Polo di centrodestra, come Follini, ma da molti italiani, la sparizione dei berluschini; ovvero quella numerosa specie di imitatori-investitori del modello doppiopetto-ridens.
Una volta mi capitava spesso di incontrarli per le vie del centro della mia città, che per la verità ne contava solo un 20%, questi uomini d’affari dai tratti comuni, vestiti di grigio, cravatta regimental, abbronzatura perenne; ora sembrano spariti. Questi berluschini spavaldi sostenevano: ‘ce la faremo vedere noi ai comunisti!’, che cosa dovessero fare vedere esattamente non lo so, e poi a quali comunisti? Ai rifondaroli che con la diaspora sono appena il 9%? Tutti gli altri italiani penso ormai sappiano come non si possa prescindere dal libero mercato. Allora? Allora semplicemente con i sogni di facile ricchezza, di miracoli annunciati, di liberi tutti, per fregare il prossimo (euro o non euro) si ritrovano ora tutti ridimensionati al punto che:’forse un po’ di sano comunismo non guasterebbe’.
L’unico che si è arricchito in Italia a scapito di tutti è lui: il capo. Le leggi sul conflitto di interessi hanno sancito un monopolio che gli permette di non avere concorrenti: esiste qualche privato che raccoglie la pubblicità sulle televisioni al pari di lui? Ora si è accaparrato anche il calcio.
Alla fine i conti si fanno non su le ideologie, ma con la realtà economica della vita quotidiana. Poi con la paura incombente di attentati terroristici, a cui la politica di Bush e dei suoi seguaci ci ha esposto, c’è sempre meno da ridere. Il tempo delle barzellette è finito. Gli stessi plaudenti e osannanti il barzellettiere, si stanno allontanando.

domenica, luglio 31, 2005

Penso l'amore

C’è qualcosa che ci distoglie dalla bruttura della società attuale, è sentirsi innamorati. Penso che chi faccia scadere così la convivenza civile non conosca l’amore.
Le sciagure di oggi sono i morti per terrorismo, i morti di fame, i morti lungo le strade della speranza sempre più chiuse dall’avidità di pochi.
L'amore e l'amicizia sono due potenti mezzi per risvegliarsi, conoscersi e guarire.
Allora auguro: ‘buona vita e amore’; un bel saluto che ho sentito e piace fare mio.
Penso questo in attesa di un traghetto, seduto nel dehors di un bar. Il mondo stasera è fuori, è fuori a guardare se stesso. Vedo il mondo dei ‘vorrei ma non posso’ che passeggia insieme al ‘posso e te lo faccio vedere’. E’ un sabato sera che ha dimenticato il villaggio.
Chiedo un pezzo di carta al cameriere; un servizio extra: un foglio dove riversare le mie emozioni. Così scrivo questo.
Il tempo di oggi è fatto d’aria eppure la carne non lo riconosce. Quante cose ci avvolgono, legano, ingarbugliano; quale incredibile matassa di fili invisibili ci circonda: le onde elettromagnetiche, i campi radio, le cellule di telefonia mobile, le immagini criptate di segni luminosi, i suoni ultra ed infra, flussi di segnali bip e bit. Sono il caos dei nostri pensieri, sono le parole che si affastellano perdendo significato. In mezzo, a tutto questo, viviamo indifesi e il nostro potere è un’illusione. Disarmati possiamo conquistare solo l’amore. Solo con questo ci conosceremo e con questo scopriremo che respiriamo la stessa aria; questa aria piena di cose sconosciute. Comprenderemo la pietà.