giovedì, luglio 29, 2004

In ricordo di Terzani: una sola vita non basta

La notizia della morte di Tiziano Terzani mi raggiunge mentre sto leggendo il suo ultimo libro: “Un altro giro di giostra. Viaggio nel male e nel bene del nostro tempo” che prende spunto dalla scoperta dell’autore di avere un tumore, anzi tre. Lo scrittore e giornalista di numerosi libri, reportage, saggi e racconti scriveva nel suo ultimo libro: “a pensarci bene, dopo un po' il viaggio non era più in cerca di una cura per il mio cancro, ma per quella malattia che è di tutti: la mortalità”; questa nostra mortalità ce l’ha raccontata attraverso le sue innumerevoli vite.
Sì, per me Terzani ha dimostrato quante vite possiamo vivere, quanta ricchezza disponiamo, quante possibilità di conoscere e rinascere abbiamo e non usiamo; di più poi ci ha dato una grande lezione di tolleranza, interesse, se non amore per gli altri.
Ho iniziato a conoscere Terzani nel lontano 1975 quando con il suo celebre reportage, poi riportato nel libro “Giai Phong! La liberazione di Saigon” (1976),  raccontò la presa di Saigon da parte delle forze vietcong. Fu uno dei pochi giornalisti rimasti a Saigon e Dopo avrei letto “Pelle di Leopardo”; “La porta proibita”; “Buonanotte signor Lenin”; “Un indovino mi disse” e “In Asia”. In ultimo poi avevo apprezzato il suo “Lettere contro la guerra” cui rispondeva a Oriana Fallaci, fiorentina come lui, al suo libro “La rabbia e l’orgoglio” contro l’islam, con grande intelligenza e senza mai trascendere in insulti.
Egli, come racconta, ha lasciato l’Italia giovane iniziando come corrispondente, scrivendo in tedesco, per il settimanale Der Spiegel, è vissuto in molti paesi dell’Asia ed in ognuno ne ha assorbito la cultura ed i costumi; aveva poi scelto, dal 1994, l’India come sua ultima dimora trovandovi in essa la sua “ragione” per le ragioni altrui. L’India è infatti un paese di antica tradizione, civiltà e cultura religiosa che ha accettato tutte le altre varie religioni e tradizioni senza cercare di convertire nessuno come invece fanno l’Islam e il cristianesimo che sono religioni “aggressive”. “Ogni religione ha una sua bellezza ed il mosaico delle diverse religioni non fa che arricchire l' insieme dell' umanità…qualcuno qui si chiede giustamente perche' si debba celebrare anche qui la fine di un secondo millennio, calcolato secondo un calendario fondato sulla nascita di Cristo, il cui nome non sarebbe che una variazione del dio Krishna nato in India molto prima e la cui capitale, ora sotto il mare, e' appunto oggetto di grandi scavi archeologici per essere riportata alla luce.”. Così Terzani scriveva in un articolo del 1999.
Ancora scriveva in quegli anni: “L'India è una straordinaria cassaforte di umanità, una gigantesca arca di Noè stivata di uomini di tutte le epoche, di tutte le civiltà, di creature ancora non addomesticate e deformate dal progresso, ancora non indebolite dal vivere urbano e fra cui potrebbero essere sopravvissuti anche dei seguaci di Giove. Eppure proprio oggi anche quella immensa riserva sta per appiattirsi, per eliminare le sue interne diversità. Le cause ultime sono sempre le stesse: la razionalizzazione, le regole di mercato, la logica dei commercianti. Le antiche società sapevano che non si poteva lasciare a costoro la gestione del mondo e non a caso Confucio, sistematizzando la struttura piramidale della società cinese relegò i mercanti al livello più basso, dopo i sapienti, i militari e i contadini. Oggi le società moderne hanno rovesciato quella piramide ed i mercanti con la loro etica, la loro estetica sono in testa a tutti”.  
Terzani con la sua vita mi ha fatto pensare che una sola vita non basta a vivere tutta la diversità che esprimiamo come umanità. Una sola vita non basta a raccontarci.
Allora? Allora noi siamo ancora perché siamo anche…siamo mille cose senza esserne in fondo nessuna; siamo parti di un Tutto che, a cercarlo bene, è in seno ad ognuno e se sapessimo interrogarci profondamente non solo conosceremmo noi stessi, ma conosceremmo anche l’altro. Conosceremmo così l’islamico, l’ebreo e il cristiano come l’indù, l’ateo o il buddista e non è utopia dire che conosceremmo la pace.
Io ho conosciuto Tiziano Terzani attraverso i suoi libri e mi pare di aver fatto con lui un bel tratto di strada, di avergli camminato a fianco pur restando seduto qui nella mia casa. Ora che Tiziano è scomparso penso che ora sia il suo spirito a camminare con me. Grazie Terzani.

domenica, luglio 25, 2004

Devolution

Mio articolo pubblicato ieri sull'Unità
Scuola, Sanità, Polizia, Fisco, queste sono le competenze che la cosiddetta devolution vuole trasferire alle Regioni, ma si parla dei costi? La realizzazione di questo tipo di federalismo è compatibile con le attuali risorse economiche e la promessa di abbattimento delle aliquote fiscali? No. Anche per questo motivo l’attuale governo dimostra tutta l’incompetenza e l’avventurismo possibile.
Se questa accozzaglia di ministri, con in testa Berlusconi, non viene fermata per l’Italia si prospetta un patatrac economico e istituzionale le cui conseguenze saranno gravi e imprevedibili.
Ormai ognuno nel governo corre per conto suo: riforma pensionistica, manovre economiche con tagli a quegli enti locali cui dovrebbero essere destinate le risorse per la devolution, promesse e determinazioni di diminuire le tasse senza spiegare dove reperire le risorse finanziarie per la copertura dei mancati introiti, sanità in discesa e costi in salita, scuola gettata nel caos- pronta a soccombere a scapito delle private- con le competenze date alle regioni per farla diventare fucina di interessi locali. Non parliamo poi della polizia regionale…
Ma si riesce a comprendere che dove esiste il federalismo sono stati federati stati e grandi comprensori geografici? Cos’è questa devolution che decentra poteri in Calabria, Liguria e nel Molise come fossero stati a sé? In Italia esistono già le autonomie locali e grandi possibilità di decentramento dei poteri applicando bene o perfezionando le attuali leggi. Dove ci porterà la devolution? Solo a mantenere come ministro Calderoli? Meno male che poi ci dovrà essere un referendum e allora si scoprirà che quei leghisti sono una minoranza della minoranza. 

 

sabato, luglio 24, 2004

Al concerto di Joan Baez

Serata da reduci? Poteva esserlo quella del concerto di Joan Baez all’Arena del Mare nel Porto Antico di Genova, ma per la sentita partecipazione e l’eterogeneità del pubblico non lo è stata: si è assistito invece ad una bella serata di buona musica.
L’ex ragazza di Bob Dylan a Woodstok, l’usignolo d’America, è oggi una signora sessantenne che emana un elegante fascino: con il tempo si è affinata e la folksinger, di tante battaglie per la pace e i diritti civili, oggi si presenta con classe, semplicità, con la sua immutata bellissima voce.
Ha aperto il concerto Jhos Ritter e subito si è entrati nel clima di quella musica folk americana che ha portato al successo Joan Baez. Josh Ritter è bravo, niente da dire, è un nuovo talento della musica americana e anche se per essere eccentrico si presenta nell’arena estiva in giacca e cravatta ci trasporta in alto con le sue sonorità vellutate fatte da sola voce e chitarra. Per qualche istante a me è parso di ascoltare quasi un Jacques Brel in “Le Plat Pays”…ma qui c’è un Bob Dylan in salsa dolce, un Tom Pretty reinterpretato, c’è il cuore della musica folk-rock. Quindi un giusto prologo nell’attesa di Joan che si fa subito perdonare per il piccolo ritardo attaccando con “Farewell Angiolina”; subito dopo una canzone, Deportees, dedicata a Michael Moore, l’autore anti Bush di “Fahrenheit 9/11” e vincitore con questo film della Palma d’Oro 2004 a Cannes.  Poi arriva l’applauso più intenso di tutta la serata, con il pubblico si alza in piedi commosso, quando Joan Baez dice: “Chiedo scusa per quello che il mio governo sta facendo nel mondo”. Joan Baez non è cambiata; con forza e semplicità ribadisce concetti antichi e sempre attuali. Grazie Joan.
Si prosegue con “Christmas in Washington” e qui ricorda che lo spirito dei grandi uomini ritorna. Ritorna Ghandi, ritorna Luther King, ritorna Woody Guthrie e con quest’ultimo si intende anche l’anima popolare della musica, la sua coerenza.
Il concerto continua con “Diamon and rust”: “We both know what memories can bring. They bring diamonds and rust” - entrambi sappiamo cosa possono portare i ricordi. Portano diamanti e ruggine- e qui i nostri ricordi vengono spolverati con alcune canzoni italiane: c’è un grande prato verde…c’era un ragazzo che come me amava i bestles e i rolling stones…
Bellissimo per me è stato vedere una giovane con il telefonino rivolto verso il palco gridare: “Senti mamma? Senti è Joan Baez”; in quel momento stava cantando “Here’s to you Nicola and Bart, Rest forever here in our hearts” accompagnata dal pubblico. Era iniziata la serie di bis. 
Una carrellata di successi conclusa con “Forever young”. Sì, Joan, non ci sono reduci, ci sono dei sempre giovani che seguono altri giovani per continui ideali.

martedì, luglio 20, 2004

Di poesia ne so


Ascoltate me che di poesia ne so: sono un poeta;
lo sono come potreste esserlo voi.
Io sono un poeta perché ho sentito le poesie,
ho sentito le vostre e scritto poi le mie. 
Io sono un poeta per un semplice fatto:
so arrabbiarmi ridere e piangere;
dite che non basta? C’è qualche altro sapere?
No, sono un poeta perché ho un contatto,
scendo o salgo con voi aggrappato alle stesse corde,
poi descrivo quello che succede:
la realtà di un’intima comune condizione.
Scopro allora tutta la bellezza che ci rimane;
ci rimane tra le mani…
ed è solo un caso se qualcuno poi stringe una penna.
E se uno sono io, di poesia ne so.

domenica, luglio 18, 2004

Dolore e trasformazione

 
Per chi sa superare il dolore più grande come la perdita di un figlio, di un genitore o della persona amata e continuerà a vivere con forza e coraggio, diverrà un re o una regina della vita.
Non si tratta di diventare sordi al distacco, alla separazione da cose e persone amate. Non si tratta neppure di diventare automi capaci di rimuovere i propri sentimenti; non c’è vita più nobile che superare una tragedia personale proseguendo nel futuro con l’accettazione del cambiamento, della trasformazione agita ora che quella presenza cui eravamo legati sentimentalmente non c’è più. Che cosa rappresentava quella persona persa? Basavamo forse la nostra felicità sulla presenza di quella?
In quei momenti di sofferenza non ci sarà nessuno a sostenerci e quel burrone che si apre davanti a noi potrà inghiottirci. Soffrire una perdita è naturale ma è possibile trasformare il dolore in conoscenza, in comprensione che quell’enorme vuoto lasciatoci dentro può essere il luogo dove non cadere ma imparare a volare.

Razza ariana

Ogni tanto qualcuno prova a progettare una “razza ariana”, concependola come frutto di uomini e donne, con un pedigree di “pura razza nordica ariana”, da ospitare in una fattoria; altri saltano l’ostacolo cercando di farli in provetta e altri ancora ci provano provando a clonare campioni umani perfetti.
Per tutti poi ci pensa la natura, ancorché prima degli uomini, a stendere un velo pietoso. Infatti leggo la notizia di un tal  Jürgen Rieger, di spiccate simpatie neonaziste, che ha fallito nel suo progetto per la mancanza di materia prima: uomini di pura razza ariana. Evviva i bastardi è dovuta a loro la salvezza del mondo.

sabato, luglio 10, 2004

Viva i pompieri di Viggiù

Un anziano di 75 anni, forse è meglio dire vecchio, infatti un gerontologo famoso ha detto che la vecchiaia inizia per effetto dell'attuale allungamento della vita a circa 74 anni, dice di essere entrato nella 4° età: l'ultima? Ma non era quella, la terza età? Mah!
Il vecchio leggendo i giornali è venuto a sapere che in agosto non sarà più parcheggiato al supermercato, reparto salumi, formaggi e surgelati per difenderlo dal caldo, ma nella caserma dei pompieri. Evviva, passerà dalle vacanze con vista su talleggio, soppressata e sofficini findus a quelle su pertiche, scale antincendio e carri anfibi. Di più ricorderà il film e la canzoncina: "Viva i pompieri di Viggiù che quando passano i cuori infiammano. Viva i pennacchi rossi e blu…". Che bello; lui è anche genoano.
Ma che bella pensata; ecco chi l'ha fatta: quelli del governo che si scoprono della terza età, della seconda repubblica ma che come idee sono rimasti alla prima…alla prima guerra mondiale che qualcuno definì "igiene del mondo". Andiamo bene. Proprio bene.

sabato, luglio 03, 2004

Dai, raccontacene una

Quello che si è consumato tra venerdì 2 luglio ed il sabato successivo è tra le giornate più nere del governo Berlusconi II; il ragioniere Tremonti, il mago della finanza creativa e dei condoni su tutto si è dimesso: per il governo un brutto giorno, per me un sollievo. Anzi, a questo punto mi manca qualcosa; mi manca una barzelletta del premier: su dai Berlusconi raccontacene una. Fai vedere che il tuo ottimismo va oltre le frontiere; fai vedere che dopo il "pat…pat" sulla tua pelata a Bruxelles sai riacquistare punti. Diamine, hanno proprio tutti perso la stima? Dai Berlusconi raccontacene una, raccontaci l'ultima…tu la sai.
Una barzelletta ti salverà: ci farà vedere di che pasta sei; ci dimostrerà che quello che succede non è una cosa seria e una risata seppellirà tutti. Tutti voi.

Marlon Brando è sempre lui

Marlon Brando era il mio cinema di allora, era l’eroe dei film della mia gioventù; il primo film che me lo fece conoscere e ammirare fu “Fronte del Porto” di Elia Kazan. Quel cinema non si esauriva nelle “prime visioni” e seguiva un lungo percorso in tante sale di periferia e di piccoli paesi che durava anni; la televisione sarebbe arrivata dopo a riproporli ma intanto il mito, il campione, c’era già.
In quel film che gli valse l’Oscar, Marlon Brando, interpretava Terry Malloy, un ex pugile che prendeva un sacco di botte per riscattarsi e schierarsi dalla parte degli oppressi: nasceva un eroe diverso, pieno di contraddizioni, ribelle e liberal insieme, che voleva cambiare le situazioni d’istinto; voleva ottenere giustizia e diritti affermandosi con la sua personalità. Insieme a Brando arrivarono Paul Newman, Clift Montgomery, James Dean ed Elvis Presley; arrivarono i modelli di una nuova generazione, di una gioventù definita “bruciata”. Via le cravatte e le giacche, era l’ora del giaccone a quadri rosso e nero di Terry Malloy e le ragazze diventavano tante Eva Marie Saint, Edie Doyle. Era l’ora del giubbotto di pelle nero de “Il Selvaggio” e le ragazze si chiamavano Kathie…un onda lunga che ha attraversato marce per la pace in Vietnam, contestazioni al perbenismo, al conformismo, bisogni di nuovi rapporti sociali scalciando l’ipocrisia, quasi una rivoluzione. Quasi.
Ecco arrivare nel 1972, “Ultimo Tango a Parigi” di B. Bertolucci e Marlon Brando è Paul un eroe negativo, il fallito, un uomo alla deriva che si interroga e ci interroga su un destino ineluttabile tra sesso e morte. Eccolo ancora Brando- Paul; eccolo ancora mito e grande cinema. Oggi la notizia: Marlon Brando è morto. Morto? E chi lo dice? Quel cinema non c’è più ma quei sentimenti che Brando attore ci ha saputo trasmettere ci sono sempre e “Marlon Brando è sempre lui”; come canta Luciano Ligabue.