giovedì, giugno 30, 2005

30 Giugno 1960 a Genova

30 Giugno 1960. 45 anni fa. Una vita. Due generazioni di ventenni passate. Il ricordo di una storia d’orgoglio antifascista. Oggi Piazza De Ferrari conserva di quei giorni, oltre che la memoria, solo il grande piatto della fontana e le lastre di pietra della pavimentazione. Il resto è tutto cambiato. La stessa architettura della Piazza De Ferrari non è più quella. Il Palazzo Ducale era grigio come il palazzo a fianco, allora sede del Secolo XIX. De Ferrari da sempre cuore politico e civile della città oggi, con il nuovo disegno, non è più adatta a contenere le migliaia di manifestanti che, per le varie occorrenze politiche o sindacali, ogni volta vi si riversano. Ma è cambiata anche la politica, sono cambiati gli uomini, è cambiato insieme il mondo e oggi sembra tutto un’altra storia.
Ma non è bene e non è saggio dimenticare. Il libro, 30 giugno 1960- La rivolta di Genova nelle parole di chi c'era a cura di Lucia Compagnino e Alessandro Benna ci aiuta a fare memoria, a non dimenticare; ci aiuta soprattutto a capire che senza di essa ‘siamo sacchi vuoti che vanno dove li sbatte il vento, banderuole prive di coscienza…e non si tratta affatto di crogiolarsi nel passato per delusione del presente: tra la Genova del 1960 e la Genova del luglio scorso (riferito ai fatti del G8 del 2001- ndr) c'è più che un filo, c'è una cima, una gomena, mille legami tra persone che non dimenticano e ricordano le proprie radici per gettare germogli nell'oggi e nel domani, con la chiara coscienza che quella parte più oscura e brutale del genere umano è sempre pronta a scatenarsi quando l'indifferenza glielo permette.’- come dice Pino Caccucci nella prefazione del libro.
Stasera a Palazzo Tursi è stato ripresentato il libro, uscito nel giugno del 2002. Con questa occasione mi piace dare qualche notizia dell’ anno 1960: l’anno del Miracolo economico, l’anno in cui il PIL viaggia sull’8,3%. E’ l’anno della migrazione interna: dal Sud raggiungono le città settentrionali milioni di giovani e meno giovani, abbandonando paesi e campagne. Genova con Milano e Torino è la città industriale che accoglie in maggioranza queste persone. Lo stipendio medio è di lire 50.000. Il caffè costa 50 lire e il giornale 30. La benzina costa 120 lire al litro e il latte 90. ‘Farsi la macchina’, come il frigo e la Tv era il sogno degli italiani di quegli anni. Il 1960 è l’anno della ‘Dolce Vita’ di Fellini e della chiesa cattolica che interviene pesantemente –questo come oggi. L’Osservatore Romano chiede la censura del film di Fellini. A Bari, alla festa di San Nicola, il cardinale vieta la partecipazione alla giunta comunale di sinistra: si è appellato al decreto di scomunica del 1 luglio 1949 del Sant’Uffizio. Dopo i fatti del 30 giugno di Genova si avrà la svolta politica della Democrazia Cristiana che, con Amintore Fanfani, aprirà il governo ai socialisti di Nenni. Nei paradossi e nelle contraddizioni pesanti, il 1960 si può definire un anno cruciale nella storia politica ed economica italiana: si intravedeva la possibilità di elevare le proprie condizioni sociali pur esistendo una forte povertà. Nascevano nel 1960 le prime grandi proteste sindacali; le prime rivendicazioni salariali. Non bisogna dimenticare che quel ‘miracolo’ era anche il frutto di un decennio di bassi salari.
Ancora l’attualità è possibile leggerla con la conoscenza del passato. Ancora il nostro futuro è possibile viverlo dignitosamente, onorando quegli uomini che si sono battuti ieri per i diritti di oggi. Diritti è bene ricordare mai conquistati una volta per sempre.

giovedì, giugno 16, 2005

Bisogno di intimità

Il bisogno più forte delle persone è l’intimità ma tentiamo di negarlo o semplicemente evitiamo di soddisfarlo. L’intimità è una relazione profonda che avvicina le persone in modo autentico e fa conoscere aspetti non visibili esteriormente. A questo tipo di conoscenza intima, spesso frapponiamo l’Io e la paura del giudizio negandoci all’altro. L’Io è una maschera, una bella immagine di quello che vogliamo mostrare di noi agli altri e alla società: così supportiamo la nostra immagine magari con titoli professionali, scolastici, di merito; presentiamo il nostro ‘fare’ e non il nostro ‘essere’. Paradossalmente più ricchi sono i titoli che assumiamo, tanto più impoveriamo il rapporto con il prossimo.
L’intimità invece cerca altre cose: con essa non si conoscerà mai un professore, uno scienziato, un attore ma solo una persona.
Ecco che con la negazione dell’intimità, e la paura di mostrarci per quello che realmente siamo, rifuggiamo nel conformismo.
Questo conformismo è per me la prima forma di fascismo latente. Vivere una uniformità di pensiero fa scaturire a livello collettivo il pericolo di fascismo. Il fascismo è sostenuto da una realtà nascosta, inconscia, che è rappresentata dalla personalità definita ‘standard’. Oggi assistiamo a parecchi comportamenti omologati e di conseguenza a caratteristiche ‘standard’, per cui il fascismo è sempre più presente nella nostra società. Il fascismo assume le caratteristiche di ‘normalità’, per cui è normale dare sfogo ad istinti di vendetta o di odio. Abbiamo per questo bisogno di allargare i nostri punti di vista, ma soprattutto di conoscerci in modo diverso.
Questa è la vera sfida; la vera scommessa di questa era, dove si sono sviluppate, con la tecnologia, numerosissime possibilità di comunicare e di relazionarci. Paradossalmente invece aumentando la quantità di comunicazione tra noi, ne abbiamo impoverito la qualità. Siamo sempre più superficiali. Riflettiamoci.

mercoledì, giugno 15, 2005

PROCREAZIONE: CONTROPAROLA, NON DIAMO L'8 PER MILLE A CHIESA
DOPO VITTORIA ASTENSIONE, IDEA SI DIFFONDE ANCHE SU INTERNET


L'amica Claudia di Roma mi ha segnalato questa notizia ANSA:
ROMA, 14 GIUGNO - Un invito a non devolvere l'8 per
mille del proprio reddito alla Chiesa cattolica, per rispondere
alla mobilitazione ecclesiastica a favore del non voto. Questa
la risposta di Controparola, l'associazione di scrittrici e
giornaliste che si e' battuta per il 'si'' al referendum sulla
procreazione, alla vittoria di ieri del partito del non voto.
Un invito rivolto ''a tutte le cittadine e i cittadini'', si
legge in una nota, per protestare ''contro la crociata delle
gerarchie cattoliche per l'astensione''; ''contro la pesante
ingerenza della Curia nell'ordinamento dello Stato''; ''contro
l'indifferenza della Chiesa per la salute della donna, per il
suo legittimo desiderio di essere madre e di mettere al mondo
figli sani''; ''contro l'antica avversione del Vaticano per la
ricerca scientifica''.
A firmare l'appello, in particolare, Maria Rosa Cutrufelli,
Elena Doni, Paola Gaglianone, Elena Gianini Belotti, Lia Levi,
Dacia Maraini, Maria Serena Palieri, Nadia Pizzuti, Loredana
Rotondo, Marina Saba, Cristiana di San Marzano, Mirella Serri,
Giuliana Sgrena, Simona Tagliaventi e Chiara Valentini.
''Quella di non devolvere l'8 per mille alla Chiesa - ha
ricordato Elena Doni - e' un'idea che ci era gia' venuta all'
epoca degli stupri etnici in Bosnia, quando dalle gerarchie
ecclesiastiche era giunto l'invito alle donne violentate a non
abortire. E oggi abbiamo pensato di riproporla''.
Ma si tratta di un'idea che ha gia' cominciato a circolare
anche su internet, con catene di e-mail avviate da singoli
cittadini, e di cui si fa portavoce anche, in particolare, l'
Associazione Mammeonline. ''Dopo i risultati del referendum -
scrive la presidente dell'associazione Donatella Caione -
arrivano a centinaia le adesioni delle coppie infertili alla
proposta, nata spontaneamente su internet, di negare la
destinazione dell'8 per mille alla Chiesa cattolica, ormai
autorelegata al ruolo di partito politico. Proprio nei giorni in
cui si definisco le dichiarazioni dei redditi, questa e' la
prima risposta alla delusione per il mancato raggiungimento del
quorum''. ''E' stata una prima reazione spontanea nella nostra
comunita' on line sul sito mammeonline.net - spiega Catone - ma
che si sta diffondendo anche in altri forum sulla rete''.
(ANSA).

lunedì, giugno 13, 2005

Genoa in A

Che patimento!?! Ma alla fine ce l’ha fatta: il Genoa cfc 1893 è in serie A.
Allora largo alla festa, alla notte di baldoria, poi domani si sa: si continuerà a patire. Come sempre. Sempre sospesi tra la gloria e l’inferno; tra l’esaltazione e la disperazione.
Sabato 11 giugno ’05, sabato di un giugno bizzoso, come prendere gol senza senso e non perché quell’altro è più bravo, ma perché si pensa ad altro, è arrivata la serie A. 10 anni fa, sempre a giugno era venuta la B.
Che patimento il calcio, e che cosa si vuole dai pedatori -come li chiamava Brera? Si vuole passione, si vuole tecnica, si vuole orgoglio…poi si sa la storia gira sempre e niente è più serio di un gioco. Gioco anche di piedi. Gioco anche di emozioni. Allora giù lacrime e risate; giù a sognare prati verdi, e tu con le scarpe tacchettate a segnare gol e improbabili tiri. Dimenticavo la maglia: è rossoblu con un grifone giallo - i colori primari. Magici.

mercoledì, giugno 08, 2005

Opere d'arte

Domenica, su Italians del Corsera online, Virtuale concludeva una riflessione sull’arte moderna così: ‘Allora io stesso mi considero "un’opera d’arte" e voglio essere tutelato come la "Pietà" di Michelangelo’. Penso che tutti dovremmo considerarci opere d’arte, il fatto di essere unici e irripetibili, ci fa essere ‘opere d’arte’, di più: capolavori del creato. Poi penso anche che ognuno racchiuda in sè un potenziale artista che non si sa se riuscirà a trovare le sue forme originali d'espressione, ma comunque esprime con la propria vita una originale via all’umanità.
Il fatto di riconoscere le opere d’arte è poi un segno di riconoscimento, di lettura speculativa di qualcosa che ci appartiene già, è nostro ed indiscutibilmente sa parlare il linguaggio universale dello spirito.
Nella nostra cultura spesso c’è la tendenza di considerare le emozioni come ostacoli alla crescita; il collegamento dei sentimenti con la passione e le illusioni fanno considerare le emozioni aspetti pericolosi della vita. Le emozioni invece sono parte naturale della nostra vita tanto quanto i pensieri. L’arte ci aiuta a entrare in contatto con i sentimenti senza paure, formando esperienza umana; una esperienza verso la realtà e la verità.
L’arte moderna in verità sembra persa tra installazioni e concettuale, che forse descrivono la realtà dell’uomo d’oggi sospeso tra il possibile e quello che non c’è; ma è impossibile proprio per questo. Ci può aiutare forse la trascendenza? Non lo so, ma per me l’arte oggi ci aiuta in sostanza a stupirci, perché è ancora continuare lo stupore il solo mezzo per salvarci. Con l’arte. Con noi stessi. Senza fare la Pietà.

domenica, giugno 05, 2005

Referendum, ragioni e religioni

Era dal tempo del referendum sul divorzio che non mi capitava di vedere la chiesa cattolica così schierata su un referendum: a quei tempi invitava ad andare a votare ‘si’, oggi invece sostiene il ‘no’ dicendo di non andare a votare. Ha trovato nel frattempo un nuovo modo per sostenere le sue ragioni, non certo la democrazia: sa che la maggioranza che andrà a votare, perché crede che nella democrazia ci si debba esprimere, voterà ‘sì’; ecco che allora l’idea di far fallire una consultazione popolare.
Certo che vedere all’interno delle chiese i volantini che fanno propaganda per il non voto fa effetto…poi pazienza che se anche il prete durante l’omelia lo ricorda ancora: non andate a votare. Il prete aggiunge anche che non è vero che con la scelta del ‘sì’ si aiutano a vincere delle malattie…ora anche il prete è divenuto un piccolo medico scienziato: punti di vista. L’altra volta diceva che con il divorzio volevamo la fine della famiglia e la dissoluzione della società- ora se questa avviene non è certo colpa del divorzio. Un’altra volta ancora, il prete, impedendo l’uso del preservativo, sosteneva che si andava contro natura e che quegli spermatozoi non erano da fermare. Forse. Non parliamo poi dell’aborto…tutti assassini…o meglio assassine.
Ma allora quelli che sostengono il ‘sì’ sono tutti assassini, nazisti, frankestein, cannibali, crudeli peccatori che invocano una sorta di pena di morte? Ma è così?
Forse tra pochi anni il problema delle cellule staminali degli embrioni, che ora giacciono congelate in parecchi laboratori, non si avrà più; sempre se aiutiamo la scienza e non la contrastiamo con paraventi ideologici e pseudoreligiosi.
La scienza corre e quello che fino a ieri sembrava impensabile domani sarà possibile, con buona pace di molte coscienze oggi travagliate per la nostra conquista del loro paradiso. Si dovrebbe dire intanto però che quelle cellule staminali già congelate poi saranno buttate nel cesso. Allora perché non tentare con queste di dare vita? Vita vera? Farle diventare persone? Io andrò a votare e voterò quattro volte SI’.