lunedì, gennaio 28, 2008

Che tristezza

Che tristezza, non che Prodi mi spingesse all’allegria, ma si poteva con la sua guida, risalire lentamente la china dopo un quinquennio devastante.
Certo che dopo 14 anni avere ancora, tra i possibili candidati a guidare il governo, un personaggio come Berlusconi mi deprime. Certo che per pochi voti avevamo corso il rischio di confermarlo già la volta scorsa. Bisogna dire che come venditore Berlusconi è l’uomo più abile d’Italia, in fondo conosce bene la psicologia dell’italiano medio, incarnandone difetti e virtù: caciarone, infingardo, furbastro e insieme intraprendente, creativo, amicone, del tipo ‘una mano lava l’altra’.
La volta scorsa aveva rischiato di vincere, con la trovata dell’abolizione della tassa dell’ICI; durava ancora una settimana avrebbe promesso di levare anche quella sulla spazzatura. L’importante è vincere. Mantenere le promesse è tutta un’altra cosa. C’è qualcuno che ricorda se ha mantenute quelle precedenti? Ricorda quali sono le leggi fatte da lui più importanti? No, l’italiano ha la memoria corta. Poi a me in verità hanno sempre fatto più paura i suoi servi, i capibastone; infatti le peggiori ‘porcate’ le hanno fatte quelli che gli sono stati sempre vicino: tipo Saccà, con l’allontanamento di Biagi e Santoro. Quando ci sono dei padroni, succede sempre che i servi per mettersi in bella mostra compiano delle nefandezze. A lui bastava sconfessarne poi l’operato.
Io potrei rassegnarmi a vedere vincere la destra, d’altronde la democrazia vuol dire alternanza e assunzione di responsabilità, e la sinistra italiana ha dato un pessimo esempio di governabilità; ma vorrei vederne, insieme alla sinistra, una diversa. Mi sembra che non ci sia allo stato attuale nessuna alternativa.

martedì, gennaio 22, 2008

Una legge elettorale subito

Cosa c’è da dire per l’uscita di Clemente Mastella dal governo? Poco, se non ancora la conferma di come è ridotta oggi la politica. Ma può un eletto, capo di un partito che raccoglie 1,3%, per motivi suoi personali di rapporto con la giustizia far cadere un governo? Sì, oggi è possibile. E di uomini come Mastella, la classe politica è piena. Loro intendono il potere non come un servizio al paese, ma un mezzo per sviluppare interessi e influenze personali. Infatti, nel giorno delle dimissioni da ministro della Giustizia, Mastella disse pomposamente che tra il potere e l’amore della famiglia sceglieva quest'ultimo. Già, ha detto ‘il potere’.
Per impedire ricatti politici e per riformare questa classe politica un aiuto potrebbe darlo una diversa legge elettorale: l’attuale delega alle segreterie dei partiti, e soprattutto ai loro leader, la scelta dei candidati e insieme chi potrà essere eletto. Quindi mi auguro che non succeda più che chi detenga l’1,3% dei consensi ricatti e faccia cadere un governo. Si trovi presto una nuova legge elettorale, che dia ai cittadini la possibilità di scegliersi i propri rappresentanti e allontani questi partiti ad uso famigliare.

*Pubblicato da Italians e l'Unità il giorno 23 Gennaio 2008 e da SecoloXIX il giorno 24 gennaio 2008

giovedì, gennaio 17, 2008

Bisogno di laicità

Il tema della laicità ha acquisito una forte valenza proprio per la crisi della politica e la conseguente ingerenza della Chiesa Cattolica nel governo dello Stato italiano. Per questo motivo, al momento, non si è riusciti ad avere una regolamentazione delle unioni civili, si sono posti limiti alla procreazione medicalmente assistita e non si possono proseguire le ricerche sulle cellule staminali fetali. In sostanza con il clima di oggi non avremmo né il divorzio, né la legge che disciplina l’aborto. Per quest’ultima normativa c’è un attacco che va al di là del senso della legge stessa e della sua funzione: si cerca di far arretrare una serie di conquiste laiche e civili. Non parliamo poi degli attacchi contro gli omosessuali e le continue posizioni sessuofobiche per l’uso degli anticoncezionali. In ultimo, la moglie incriminata dell’ex ministro Mastella è arrivata a dire di essere attaccata dalla magistratura perché è cattolica.
Cosa vuol dire? Si vive un senso di minaccia da ambo le parti e questo non aiuta il dialogo, la convivenza e quindi la laicità. Viviamo rigurgiti clericali e integralisti che si inseriscono in quello che molti denunciandolo, paradossalmente, l’auspicavano: lo scontro di civiltà tra Occidente e Islam.
Non dobbiamo seguire questi predicati. Nessuno detiene il monopolio della verità. Separare lo Stato dalla Chiesa, il diritto dalla morale, i fatti dalle preferenze, rappresenta di per sé un valore; nonché il presupposto per riconoscersi in valori comuni: razionalità, dubbio, diritti umani, pace, giustizia...ecc. Sono regole e insieme valori.
Tutto quanto non può essere soltanto monopolio di una fede religiosa: ebrea, musulmana o cattolica che sia. Ciascuno difenda con coraggio ciò in cui crede, ma poi sia garante degli spazi di dibattito: così potremo essere laici. Tolleranti e devoti, critici e fideisti, devono trovare l’idea di uno spazio neutro, laico e non anticristiano, dentro il quale tutti possano stare, in condizioni di riconoscimento reciproco.
L’uomo ha le possibilità per migliorare la sua vita e a superare le concezioni arcaiche. Quello che la Chiesa condannava, tipo la democrazia o la non centralità della Terra nell’universo, in seguito è stato recuperato e riconosciuto valido. Questo perché c’è stato un confronto tra religione e scienza; tra sapere fideistico e sapere razionale. Ognuno faccia autocritica.

giovedì, gennaio 10, 2008

Lettere dalla Kirghisia due anni dopo, di Silvano Agosti

Kirghisia è il paese del benessere, della felicità, un paese dell’utopia dunque e questo ci aiuta a credere che volendo si possa finalmente vivere tutti a Kirghisia.
Prendendo in mano il libro di Silvano Agosti, scopriamo immediatamente che a Kirghisia i libri hanno i caratteri di una giusta dimensione, per cui a leggerli non si fatica. Subito dopo scopriamo, dalla prima lettera, che a Kirghisia non c’è bisogno delle ferie. Sì, perché ‘Qui in Kirghisia, in ogni settore pubblico e privato, non si lavora più di tre ore al giorno, a pieno stipendio, con la riserva di un’eventuale ora di straordinario. Le rimanenti 20 o 21 ore della giornata vengono dedicate al sonno, al cibo, alla creatività, all’amore, alla vita, a se stessi, ai propri figli e ai propri simili…’. Le ferie in questo contesto appaiono un concetto insensato: a cosa servono se ogni giorno si vive interamente? Si vive insieme la festa e il lavoro? Il tempo non è più carico della tensione di perderlo o sprecarlo con il conseguente malessere sociale.
I politici? Quelli a Kirghisia sono tutti volontari; nel senso che si occupano delle cose pubbliche ma senza guadagnare di più di quello che avevano prima di iniziare quel compito. E poi ancora avanti così, a descrivere tutte le cose sagge e possibili che in questo paese dell’Utopia, sono realtà. La Kirghisia, un altro esempio, è un paese dove gli stadi di calcio sono semivuoti, non perché la persone non amino questo sport, ma perché negli anni hanno iniziato tutti a praticarlo, invece di sedersi sugli spalti, scendono in campo. Queste sono solamente alcune delle tante cose belle e meravigliose che regolano la vita a Kirghisia.
Questo secondo libro composto da lettere spedite da Kirghisia, prosegue quello delle prime lettere, che descrivevano questo paese in cui l’autore era capitato per caso: per ragioni tecniche, l’aereo sul quale viaggiava ha dovuto fare scalo per due giorni e così ha scoperto una società dove si vive sereni e ognuno gestisce il proprio destino. Il primo libro ‘Lettere dalla Kirghisia’ era uscito nel 2004 e conteneva le prime lettere pubblicate sul quotidiano L’Unità, nell’anno precedente. Ora prosegue con le ‘Lettere dalla Kirghisia due anni dopo’. Nel libro uscito lo scorso anno ci sono 14 lettere totali; ovvero ci sono le prime dieci spedite ad amici da quello strano paese, contenute nel primo libro, più altre quattro ed insieme a quella di Fabio Volo e alcune considerazioni. A leggerlo scopriamo che quel paese in realtà vive nel desiderio di ognuno di noi e non si riesce a capire come mai non lo riesce a raggiungere nessuno; Silvano Agosti, con semplicità e grande saggezza, riesce a farcelo gustare.

domenica, gennaio 06, 2008

Recensione al mio libro

L'amico Antonio Caron ha recensito il mio piccolo libro: 'La poesia come un accidente...'. Qui c'è il link .Questa è la seconda recensione. La prima fu fatta da Marina Giardina la quale in seguito è divenuta una cara amica. La troverete sul mio sito web. I libri a volte creano dei bellissimi circoli virtuosi. Comunicano alle persone delle emozioni intime e con questi riconoscimenti si avvicinano. La scrittura per questo conserva qualcosa di magico. Anche i blog aiutano a far incontrare e conoscere persone. La magia continua. Ma bisogna ricordare che non è un caso: tutto fa parte di un misterioso ordito per realizzare il nostro destino che è quello di scoprire e divenire ciò che siamo.

sabato, gennaio 05, 2008

Il Kenya fa riflettere

Con il Kenya sull’orlo della guerra civile abbiamo una sensazione di dejavù e la constatazione che a distanza di oltre mezzo secolo l’Africa non ha ancora trovato un equilibrio politico sociale. Erano gli inizi degli anni ‘60’ quando l’Africa con le guerre di liberazione e le conquiste dell’indipendenza si affacciava sulla scena mondiale con la speranza e la fiducia per la costruzione di un mondo più giusto e libero. Passarono pochi anni e tutti i leader di quelle battaglie anticoloniali che presero il potere furono rovesciati, imprigionati, esiliati o uccisi. L’Africa rivelava la condanna umana a ripetere il dramma del potere: ascesa e caduta; passione e morte.
L’Africa prima di Nasser, (era il 1956) non aveva nessun nome da portare nella storia del mondo. L’Africa era anonima: i mercanti vi avevano prelevato milioni di schiavi, i bianchi avevano tracciato delle linee creando ipotetiche nazioni, avevano massacrato intere tribù, depredato le ricchezze naturali, e di nessun martire ci era pervenuto il nome. Dopo, con le lotte di liberazione, arrivarono molti nomi: Ben Bella, Nkrumah, Sékou Tourè, Lumumba, Idi Amin Dada ecc.
Come diceva Kapuscinski, la storia risponde alla domanda: perché? Il perché potrebbe essere il perpetuarsi delle dittature: la dittatura suscita l’opposizione e l’opposizione organizza il colpo di stato. Il ciclo ricomincia. Il processo di democratizzazione è lento e in Africa è ancora tutto da raggiungere.
In Africa i veri partiti sono le tribù; ognuno appartiene ad un gruppo etnico ben distinto che continua a fare la guerra con gli altri.
Ora la rielezione del presidente Mwai Kibaki, un politico di 76 anni con oltre 45 anni di attività, sotto accusa di brogli elettorali, rilancia la guerra tribale tra i kikuyu e i lou. Solo l’intervento dell’arcivescovo Desmond Tutu, premio Nobel per la Pace, e della Comunità Internazionale si è riusciti per il momento a frenare una crisi dalle conseguenze devastanti per tutto il Corno d’Africa.
Nel frattempo è bene ricordare che dal 31 gennaio 2007 sono in corso 29 guerre e di queste 9 sono in Africa. Se non si ferma quella del Kenya si arriverebbe a 10. Ecco l’elenco: Algeria 150 mila morti dal 1991 - Costa d’Avorio 5 mila morti dal 2002 - Nigeria 11 mila morti dal 1999 - Ciad 50 mila morti dal 1996 Sudan-Darfur 250 mila morti dal 2003 - Rep.Centrafricana 2 mila morti dal 2003 - Somalia 500 mila morti dal 1991 - Uganda 20 mila morti dal 1986 - Congo R.D. 4 milioni di morti dal 1998.