domenica, novembre 16, 2025


Ruggero Pierantoni

Voglio ricordare Ruggero Pierantoni, morto a gennaio di quest'anno a Genova dove fu anche assessore alla Cultura e insegnante all'Accademia Ligustica de Belle Arti. Ruggero Pierantoni si potrebbe definire semplicemente uno scienziato; un grande scienziato che sapeva trattare dalle cose piccole a quelle più grandi che la nostra mente riusciva a pensare. O meglio Pieratoni partiva dalle cose piccole per coinvolgerci con le sue riflessioni a cose universali; a cose originali e inaspettate. Prendiamo il suo libro, edito da Bollati Boringhieri, 'L'occhio e l'idea. Fisiologia e storia della visione' dove partendo dalla fisiologia dell'occhio, arrivava alle stelle, alla luce, al suo riflesso e allo spazio; insomma la ragione e il suo contrario: un osservatore che sapeva come guardare e vedere per restituire a noi sempliciotti la varietà di una epistemologia nascosta.
Così descrive bene tutto il suo lavoro di scienziato originale nella prefazione del libro: 'Ci si accontenti allora di frammenti, lampi, sorprese, seduzioni improvvise. Definitive rinunce. Il tentativo di scrivere questo libro nasce dalla sorpresa dolorosa di questa necessaria ignoranza, necessaria come l'indagine. E dalla sorpresa inesauribile di poter vedere'.
Ruggero Pierantoni aveva una dote interessante: sapeva coniugare arte e scienza; filosofia e ricerca. Un navigare tra questi saperi che arricchivano tutti; insomma un grande saggista.
Un sapere che è stato acquisito dai molteplici luoghi dove è stato e ha insegnato: Università della California di Los Angeles; Università di Calgary (Canada); Istituto di Cibernetica e Biofisica del CNR; Accademia Ligustica di Belle Arti di Genova; Facoltà di Design del Politecnico di Milano; Accademia di Belle Arti di Urbino; Università di Toronto; Facoltà di Architettura dell’Università di Genova. Non dimenticando dove si è specializzato nello studio degli aspetti biofisici della comunicazione animale presso il Max-Planck-lnstitut di Tubinga e il California lnstitute of Technology di Pasadena.
Ruggero Pierantoni da psicologo non dimenticava poi di ricorrere ai miti e al loro disvelamento che muovono la nostra cultura. Va ricordato anche il riconoscimento di Italo Calvino alla prosa elegante di saggista letterario di Pierantoni. Dobbiamo continuare a leggere e conoscere Ruggero Pierantoni che ci ha insegnato a vedere più che a guardare ciò che ci circonda e soprattutto l'arte.

Tra i suoi libri: La trottola di Prometeo. Introduzione alla percezione acustica e visiva (Laterza, 1996); Verità a bassissima definizione (Einaudi, 1999); Vortici, atomi e sirene. Immagini e forme del pensiero esatto (Electa Mondadori, 2003). Presso Bollati Boringhieri ha pubblicato: Riconoscere e comunicare (1977), L’occhio e l’idea. Fisiologia e storia della visione (1981), Forma fluens. Il movimento e la sua rappresentazione nella scienza, nell’arte e nella tecnica (1986), Monologo sulle stelle (1994), Salto di scala. Grandezze, misure, biografie delle immagini (settembre, 2012).

lunedì, agosto 04, 2025

Internet rende più intelligenti o più stupidi?

Mi ero chiesto tempo fa se la Rete Internet ci renda più stupidi o intelligenti. A tale proposito avevo letto due libri che sostenevano le due ragioni: 'Internet ci rende stupidi? Come la rete sta cambiando il nostro cervello' di Nicholas Carr e 'Perché la rete ci rende intelligenti' di Howard Rheingold. Tutti e due editi da Raffaele Cortina.
Il libro scritto nel 2011 da Nicolas Carr affonda la sua critica già nel prologo:'ora che internet è entrato nella nostra vita anche in mobilità, tramite gli smartphone, ed è sempre più presente nelle nostre case, nei nostri posti di lavoro, scuole, auto ecc...si può osservare che il medium sia diventato il nostro padrone. Così internet, nato per far pensare i pecoroni e dare a questi nuovi pensieri, invece impecorisce tutti'. Infatti prima con la pandemia del Covid ed ora con la guerra in Ucraina vediamo come circolino le false notizie, quelle che chiamiamo fake news. Altro che Nuovo Rinascimento come sosteneva Derrik de Kerckhove; oggi come scrive Nicolas Carr l'intelligenza non è solo trovare informazioni rapidamente, ma la capacità di attribuirvi un senso. Oggi ci sono i terrapiattisti e i complottisti che imperversano creando smarrimenti.
Nicolas Carr utilizza molte pagine per descrivere i meccanismi e la struttura del nostro cervello. Usa la filosofia e le recenti scoperte sulla plasticità del cervello e le sue capacità cognitive per giungere alla sua teoria definitiva: il cervello si modifica con la tecnologia che usiamo. Da quanto assistiamo in buona parte mi sembra che Nicola Carr abbia ragione. Soprattutto bisogna evitare la dipendenza da internet; bisogna imparare a 'staccare', a ritrovare i vecchi modi di relazionarci con gli altri guardandoli in viso. Inoltre prendere in mano un libro o un quotidiano cartaceo diventa importante.
Per contro Howard Rheingold con il libro: 'Perché la rete ci rende intelligenti' si afferma invece che questa strabiliante intelligenza artificiale aiuterà tutti a sviluppare una società più seria, attenta e più responsabile. L'alfabetizzazione digitale non è solo arricchimento personale, metodo di comunicazione immediata ma base che può tradursi in un patrimonio di beni comuni; un modo di condivisione di saperi, servizi, risorse...insomma un grande vantaggio per acquisire intelligenza. Anch'io inizialmente, più di 30 anni fa, credevo in tutto questo; pensavo come Howard Rheingold- pioniere della Rete, fu lui a coniare il termine Internet nel 1987- sulla questione della 'partecipazione': l'educazione alla competenza nell'uso delle tecnologie migliorasse la società. Imparare ad usare internet è un'arte ed quello che potrà generare capitale sociale: costruendo buoni cittadini digitali. Naturalmente il tutto con l'utilizzo di un termine caduto in disuso e che andrebbe aggiornato, ovvero la “netiquette”; (rete+etiquette) per indicare un galateo della Rete con un insieme di norme codificate e regole di saggezza spicciola.
Nell'uso della Rete è importante il comportamento, ma ora vediamo riflettere non solo il bene ma anche il peggio di noi. Un esempio è quello che avviene con l'hate speech- seminare l'odio attraverso i social-network porta a diffondere, a moltiplicare, l'odio in modo esponenziale. Sembra una conquista di libertà è invece un avvoltolarsi su fobie e paranoie. Lo constatiamo ogni giorno con l'uso dei cosiddetti social-network.
Ed ecco che alla fine internet non fa che moltiplicare il meglio e il peggio di noi. La nostra intelligenza e la nostra stupidità.

sabato, agosto 02, 2025

Erich Fromm e la distruttività umana di Giorgio Boratto

Anche Erich Fromm psicoanalista e filosofo tedesco, come James Hillman -psicoanalista junghiano- ha scandagliato la violenza e distruttività umana con il libro: 'Anatomia della distruttività umana'. Una ricerca che alla luce delle continue guerre che interessano il mondo umano acquista una valenza sempre attuale. Per quanto riguarda l'aggressione e le guerre, questi sono uno dei principali ostacoli al progresso umano.
Gli ambiti scientifici che si palesano nell'analisi sui motivi che fanno agire l'uomo esercitando la violenza e la distruttività umana seguono due strade: la psicologia istintuale comportamentista e la psicoanalisi freudiana. L'invito anche di Erich Fromm, come sostanzialmente quello di James Hillman, è quello di usare il linguaggio dei miti e dei simboli per conoscere e capire la nostra origine primitiva. Il linguaggio simbolico è la caratteristica dell'Uomo; solo l'Uomo è capace di trascendere il proprio linguaggio e a darle una dimensione universale. Nasce con il pensiero la narrazione del Mito che accompagna l'Uomo attraverso migliaia di anni; questo è il tratto comune di tutta l'umanità. Erich Fromm lo spiega nel suo libro: 'Il linguaggio dimenticato' che definisce il linguaggio del mito ed i suoi simboli come lo strumento per conoscere l'inconscio. Una operazione che C.G. Jung fece in modo molto più ampio interessandosi alla varietà dei miti, dei riti e delle religioni.
Nel libro di Eriche Fromm si prende in considerazione la tesi di Konrad Lorenz per cui esiste una distruttività che è geneticamente insita nella natura umana e ha le sue origini nel mondo animale da dove proviene con i suoi istinti, per cui prevale una dimensione comportamentista che a sua volta ha legami con la sfera sociale, culturale e politica. La differenza tra istintivisti e comportamentisti sta che mentre i primi vivono il passato della specie per i secondi vive il presente del suo sistema sociale. Secondo il pensiero di quest'ultimi, il comportamento umano è plasmato esclusivamente dall'influsso dell'ambiente, cioè da fattori sociali e culturali, in opposizione a quelli innati degli istintivisti. Così mentre per gli istintivisti l'Uomo è una macchina che può produrre soltanto schemi ereditati dal passato; per i comportamentisti è una macchina che può produrre soltanto schemi sociali del presente. Istintivismo e comportamentismo hanno una premessa fondamentale in comune: l'uomo non ha una psiche con una struttura e leggi proprie. Qui sta la differenza per cui la psicoanalisi freudiana scandaglia le ragioni della distruttività e le guerre umane. Per la visione freudiana si fa invece riferimento alle due principale pulsioni inconsce: quella dell'Eros e quella di Thanatos ovvero la pulsione vitale e quella di morte. Queste pulsioni inconsce contraddicono in buona parte la teoria di Konrad Lorenz e i suoi caratteri istintivi filogenetici.
Erich Fromm ha passato molto tempo negli USA e sa quindi come la psicologia comportamentista sia stata molto influente in quella cultura americana. La psicologia comportamentista spiegava e risolveva il tutto inserendo i comportamenti umani in un ambito socio-culturale dando alle istituzioni un ruolo fondamentale a quanto avveniva nell'individuo. E' chiaro che si tralasciava con quella psicologia di fare i conti con l'inconscio: la vera causa di ogni atto umano. Tutti e due i campi di indagine hanno risvolti scientifici e se vogliamo illuministici; tendono a trovare positivi riscontri nella risoluzione del problema della distruttività. Sigmund Freud ritiene che aumentare la consapevolezza dei meccanismi inconsci e delle sue forze ritenute quasi invincibile poteva creare un giusto allontanamento della distruttività: 'la dove c'è l'Es ci sia l'Io'. Sigmund Freud fu uno degli ultimi esponenti della filosofia dell'Illuminismo. Credeva sinceramente nella ragione come nell'unica forza che l'uomo possieda, e che sola può salvarlo dalla confusione e dal decadimento. Postulò sinceramente l'esigenza della conoscenza di sé, mettendo a nudo i desideri inconsci dell'uomo.
Ad ogni modo nel suo libro Erich Fromm lamenta come gli antropologi non abbiano indagato molto sulle comunità umane primitive che dimostrano come l'aggressività sia un carattere sociale e non individuale; analizzando circa 30 comunità primitive Fromm ha notato come prevalesse una natura pacifica e la violenza, la crudeltà e l'ostilità siano ridotte al minimo: in quelle società si esalta la vita. Quindi la guerra è un fatto raro e non dovuto all'interpretazione istintuale: violenza e crudeltà non sono innate. Questo non vuol dire che non siano diffuse e nelle società più moderne. Per Erich Fromm quindi la storia non va confusa con la biologia.
Erich Fromm poi aggiunge al 'terribile amore per la guerra' di James Hillman anche la riflessione che la guerra è una ribellione indiretta contro l'ingiustizia, l'ineguaglianza e la noia che dominano la vita sociale in tempo di pace, e non bisogna sottovalutare il fatto che, se un soldato combatte il nemico per la sua pelle, non deve combattere contro i membri del suo gruppo per avere cibo, cure mediche, riparo, vestiario, che gli vengono forniti da una specie di sistema perversamente socializzato. Il fatto che la guerra abbia queste caratteristiche positive è un triste commento alla nostra civiltà.
In conclusione: l'uomo evolvendo ha la capacità di orientare il proprio sviluppo con l'intelligenza determinando lo schema della sua cultura; questa capacità, che nessun animale possiede, permetterà di abbandonare le guerre. Quindi le guerre ci potranno dire a che punto è la nostra evoluzione. Quanto umanesimo abbiamo raggiunto.

martedì, luglio 22, 2025

Un terribile amore per la guerra
di Giorgio Boratto

La guerra continua: dovrebbero essere la filosofia e la teologia a produrre pensieri forti sulla guerra; basti pensare che già Eraclito, agli albori del pensiero occidentale, disse che 'il conflitto è padre di tutte le cose', ma è la psicologia e in particolare la psicoanalisi a farci comprendere l'origine della guerra. Così James Hillman -psicologo di formazione junghiana morto nel 2011- con il libro: 'Un terribile amore per la guerra' affronta questo tema per comprenderlo ed immaginarlo per farlo cessare. Il libro è un dettagliato excursus sulla guerra ed i suoi meccanismi di attuazione.
Infatti scrive Hillman: “Se non entriamo dentro questo amore per la guerra, non riusciremo mai a prevenirla né a parlare in modo sensato di pace e disarmo. Se non spingiamo l'immaginazione dentro lo stato marziale dell'anima, non potremo comprenderne la forza di attrazione. In altre parole, occorre "andare alla guerra", e questo libro vuole essere una chiamata alle armi per la nostra mente. E non andremo alla guerra "in nome della pace", come tanto spesso una retorica ipocrita proclama, ci andremo in nome della guerra: per comprendere la follia del suo amore.”.
Leone Tolstoj con Guerra e pace, considerato lo studio più esauriente e più immaginativo mai tentato sulla guerra, conclude: "Perché milioni di uomini cominciarono ad ammazzarsi a vicenda? Chi glielo ordinò? Si direbbe fosse chiaro a ciascuno che nessuno di loro ne avrebbe tratto alcun beneficio, ma anzi per tutti le cose sarebbero peggiorate...perché lo fecero?”. Tolstoj irrise la pretesa di scoprire le cause della guerra e decretò che la guerra è governata da una sorta di forza collettiva che trascende la volontà umana individuale.
Fu per primo Giambattista Vico a interessarsi dei motivi di fondo del diritto, della lingua, della letteratura: dei temi ricorrenti, le strutture e le forze eterne, ubiquitarie, emotive e ineludibili che agiscono in ogni vita umana, in ogni società umana, alle quali dobbiamo inchinarci, insomma sono le forze che possiamo definire archetipiche. La guerra è una di queste.
Se scaviamo in profondità scopriremo che ci sono delle forze archetipe che riportano alla luce i temi mitici che attraversano i tempi e sono senza tempo. E la guerra è una di tali forze. La guerra è un tema senza tempo dell'esistenza umana che riceve al pari di altre cose il significato dai miti; è qui la grandezza della cultura greca: riconoscere la tragedia.
Non possiamo dimenticare sulla guerra il poema l'Iliade che Omero compose intorno al 730 a.C.: 'miserabile, lacrimosa, dolorosa, raccapricciante'; così viene descritta la guerra nell’Iliade, un poema che narra la lotta tra due eserciti in lizza per la città di Troia ed è considerato uno dei più grandi capolavori della letteratura.
Sopra ogni cosa, l’Iliade raffigura costantemente la guerra come una forza odiata che rovina ogni vita che tocca. Il poema evoca il destino di tutti: quello dei guerrieri, greci e troiani; quello delle donne catturate e di quelle amate; quello di coloro che sono troppo giovani e di quelli che sono troppo vecchi per combattere; dei vittoriosi e dei vinti, dei feriti, dei morenti e dei morti. James Hillman ci dice: ''Trattiamo la guerra a prescindere dai miti e degli dèi, come se miti e dèi fossero morti e sepolti''; eppure troviamo la tragedia e quella strana unione di amore e guerra anche leggendo i quotidiani di questi giorni di guerra in Ucraina, a Gaza e in Iran: la guerra incomprensibile e non immaginabile viene trasportata in una condizione mitica con gli dèi ben vivi e reali. Marte e Afrodite sono sempre fra noi.
Ma c'è da pensare: la guerra è davvero anormale? A me sembra che non sia così. Se guardiamo bene dopo la seconda guerra mondiale e dopo i grandi conflitti che l'hanno seguita. Dal 1975 in poi, il pianeta ha conosciuto innumerevoli guerre...fino ad oggi con Ucraina, Israele; Iran e ognuno potrebbe aggiungerne altre.
Si parla quindi di normalità della guerra sulla base della costanza nel corso della storia; ma se ne deve presupporre anche l'accettabilità. Le guerre non si combatterebbero se non esistesse chi è disposto a contribuire alla loro realizzazione: ci sono sempre masse pronte a rispondere alla chiamata alle armi, ad arruolarsi, a combattere.
Ma perché la guerra è normale: lo è perché è radicata nella natura umana o perché è essenziale per le società? E' fondamentalmente espressione dell'aggressività e dell'istinto di autoconservazione degli esseri umani o è un prolungamento del comportamento del branco? Per Platone: ''Tutte le guerre si originano per brama di ricchezze, e le ricchezze noi dobbiamo di necessità procacciarcele a causa del corpo (Fedone)''. Per Kant,“La guerra non richiede alcuna motivazione, ma appare radicata nella natura umana ed è addirittura considerata qualcosa di nobile”. La guerra, scrive invece Hobbes, ''è una situazione in cui ogni uomo è nemico a ogni altro uomo. Senza nemici è difficile fare la guerra''. Ma la guerra allora è innata o acquisita? Istinto aggressivo dell'individuo o pretese espansionistiche del gruppo sociale? In entrambi i casi però tutto riporta alla necessità di avere l'immagine di un nemico.
Ecco alla fine i miti sono sempre il nostro riferimento; sono il paradigma delle nostre azioni: nessuna forma di pensiero o di azione può escludere il mito. Se ne rese conto Sigmund Freud e anche Friedrich Nietzsche che con La nascita della tragedia prende la cultura greca e i suoi miti come aspetti prodromici che permettono all’uomo non solo di conservare se stesso, ma di raggiungere l’autosuperamento.
Non è un caso che Sigmund Freud poi abbia preso dal mito di Edipo, la sua simbologia per illustrare le passioni e i sentimenti umani: un paradigma dello sviluppo dall'infanzia allo stato adulto. Lo stato inconscio del nostro essere. Freud mutuò dai miti anche la figura di Narciso che poi Erich Fromm indicò come responsabile della distruttività umana. Egli scrive: ''In genere non si è consapevoli del proprio narcisismo, ma solo di quelle manifestazioni che non lo rivelano apertamente. Così, per esempio, il narcisista proverà un'ammirazione sproporzionata per i genitori o per i figli, e non avrà difficoltà a manifestare i suoi sentimenti, dato che questo comportamento è in genere valutato positivamente come pietà filiale, affetto parentale, o lealtà. Importante è poi il narcisismo di gruppo che trasforma la fantasia in realtà ed essendo condivisa da parecchi membri di un gruppo oltre che incentivare la solidarietà e coesione facilita la manipolazione soddisfacendo le poche ragioni di sentirsi orgogliosi. Il fanatismo diventa una prerogativa del narcisismo di gruppo. Diventa così un fenomeno semipatologico capace di manifestare forme di aggressione violenta.''.
Un'altra causa è la perseveranza nell'errore che secondo Barbara Tuchman conduce le nazioni e i loro capi verso il baratro, in una marcia della follia, come ha intitolato il suo studio sulle guerre, da quella di Troia a quella del Vietnam.
All'origine di tali catastrofiche scelte Barbara Tuchman individua la mentalità poco immaginativa della vita politica e burocratica, che mortifica l'intelletto efficace privilegiando l'esecuzione meccanica degli ordini. Esecuzione meccanica degli ordini, accettazione della catena gerarchica dell'autorità senza immaginare nulla oltre i fatti angusti, ridotti ad ancora più angusti numeri, sono caratteristiche che descrivono alla perfezione tutti i condannati capi nazisti, dal comandante del campo di stermino di Treblinka Franz Stangl all'esemplare Adolf Heichmann che ispirò Hannah Arendt alla definizione di 'banalità del male'.
Eppure ci sarebbe un altro modo per sconfiggere la violenza e la guerra: fare in maniera che ognuno acquisisca la responsabilità personale di ogni sua azione. Non ci sarebbe esercito che tenga se ognuno si rifiutasse di sparare e di aggredire l'altro. Per questo resiste la speranza che i pacifisti aumentino e diventino una vera maggioranza che prenda coscienza attraverso il riconoscimento che i miti sono la normazione dell'irragionevole, nell'identificazione c'è la loro virtù terapeutica.
James Hillman come indagatore psicoanalista ci racconta che la guerra non è inumana ma umana, e gli appartiene come la razionalità e il pensiero scientifico. Come si può dire che la guerra ci fa scendere a livello di animali se a farla sono solo gli uomini? James Hillman è stato un pacifista e racconta che la guerra si può fermarla solo facendo ridiventare un mito il suo culto. Attraverso il riconoscimento dei miti come normazione dell'irragionevole, si può trovare nell'identificazione la loro virtù terapeutica.
Così penetrando i segreti della guerra potremmo scoprire altri modi per soddisfare le sue richieste; altri modi di andare in guerra senza farla.

lunedì, aprile 14, 2025

I dazi disastrosi per gli USA

L'iPhone, della Apple, spiega bene come sia disastrosa per gli USA la politica dei dazi. L'iPhone è prodotto in Cina e con i dazi questo smartphone verrà a costare molto di più; anche se si producesse tutto negli USA. Inoltre negli USA non esiste un sistema di produzione uguale alle industrie cinesi come la Foxconn: la più grande impresa di componenti elettronici al mondo, basti sapere che produce iPode, iPhone, iPad, PlayStation, Nintendo, Amazon Kindle, Televisori Sony ecc...
Attualmente la Foxconn, nata nel 1974 assembla il 40% dei prodotti di elettronica di consumo del mondo, ha impianti oltre che in Asia anche in Europa e in America latina.
La fabbrica cinese della Foxconn è chiamata anche 'iPhone City' e occupa circa 400.000 lavoratori. Negli USA volessero fare un impianto del genere oltre ad essere fuori dai tempi soprattutto mancherebbe il personale, la disoccupazione è al 4% a meno che non aprano le frontiere all'emigrazione. Neanche la strategia di importare con urgenza 5 aerei cargo zeppi di iPhone salverà la Apple dalla politica dei dazi imposti alla Cina. Un altro colpo alla Apple può venire dalla rivale per eccellenza, ovvero la coreana Samsung; infatti alla Corea viene imposto un dazio del 25%, molto inferiore a quello cinese.
Intanto la Apple ha avuto un calo in borsa e chissà cosa ne pensa Tim Cook, amministratore delegato dell'Apple, che era tra gli invitati all'insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca.

mercoledì, marzo 19, 2025

Trump e Putin

Consoliamoci questo è l'ultimo mandato di Donald Trump mentre per Vladimir Putin lo dovremo sopportare con la sua politica imperiale fino al 2036 se non oltre. Allora avrà compiuto 83 anni, mentre Trump li compirà a fine del suo mandato nel 2010.
Cosa si prevede? Che negli USA tutto tornerà come prima; mentre nella Russia niente è dato per scontato.
D'altronde Putin vorrebbe, come Trump per l'America, fare grande la Russia e dal punto di vista geografico lo è già: è la nazione con più territorio di tutte e forse non gli basta. Trump vorrebbe essere invece Putin, ma questo non sarà possibile: oltre l'età c'è il vincolo del doppio mandato e questo bloccherà il tycoon. Ad occidente possiamo essere tranquillizzati. Con Putin è diverso e l'Europa fa bene ad avere paura.
In questo gioco di potenti manca la Cina e questo è il vero aspetto che deciderà il rapporto tra Trump-Putin. La Cina con il tempo diventa sicuramente il paese più potente e ricco del pianeta.
Tutto il mondo aspettava i risultati della telefonata tra i due Trump – Putin; ma questa è solo un escamotage per aiutare Putin a fare terra bruciata dell'Ucraina. Trump si rivela quello che è: tutto fuorché che un negoziatore. Lo si vede da come si comporta sui dazi, sulle acquisizioni territoriali quali Groelandia e Canadà, sulle leggi fondamentali dei diritti umani...insomma tutte cose che andrebbero trattate diversamente.
Putin ha solo uno scopo: prendere con la forza le parti ricche del mondo e per questo mette in gara l'autocrazia contro le democrazie liberali. Trump sicuramente gli dà una mano.

Il Fatto Quotidiano 19/3/2025

venerdì, marzo 14, 2025

'C'è del marcio in Occidente' di Piergiorgio Odifreddi

C'è un libro scritto dal matematico logico Piergiorgio Odifreddi: 'C'è del marcio in Occidente', (Raffaello Cortina 2024) che descrive bene il pensiero 'marcio' occidentale; quello nato in Europa è che domina o ha dominato il mondo. Nel libro sono riportati interessanti passaggi di numerosi uomini di cultura paradossalmente cresciuti e vissuti in occidente o meglio in quella che chiamiamo la sua civiltà. Dostoevskij, Gandhi, Einstein...di quest'ultimo riporta un pamphhlet -Come io vedo il mondo- che dice tra le altre cose sempre attuali: (Antimilitarismo) “La cosa veramente preziosa nella vita umana non mi sembra essere lo stato, ma l’individuo. E la peggior manifestazione della vita gregaria è il militarismo, che io aborrisco. Che un uomo trovi piacere nel marciare inquadrato a suon di musica, basta per meritargli il mio disprezzo. Costui ha ricevuto un cervello solo per sbaglio: un midollo spinale era tutto ciò di cui aveva bisogno.”
“(Pacifismo) La guerra mi sembra ignobile e spregevole. Preferirei lasciarmi fare a pezzi, piuttosto che partecipare a un’azione così miserabile. Ciò nonostante, la mia considerazione dell’umanità è così alta, da farmi credere che questo flagello sarebbe da lungo tempo scomparso, se il buon senso delle popolazioni non fosse stato sistematicamente corrotto dagli interessi politici e commerciali, per mezzo della scuola e della stampa.”...una visione, radicalmente anti-occidentale. Come quella di tutti gli altri: Fidel Castro, Nelson Mandela, Patrice Lumumba, Martin Luther King; nuovamente di quest'ultimo citato: “Io credo, spero, prego che qualcosa di nuovo possa emergere nella vita politica, e produrre un uomo nuovo, delle istituzioni nuove, e una vita nuova per l’umanità. Ma so che non succederà, a meno di una radicale rivoluzione dei valori. Fino a quando le macchine e i computer, il profitto e le proprietà continueranno a essere considerati più importanti delle persone, la triade nera del razzismo, del materialismo e del militarismo non potrà essere sconfitta. E una civiltà può andare più facilmente in bancarotta per la morale che per la finanza.”
Poi ancora ci sono le note di altri personaggi che hanno a loro modo messo in in discussione le prerogative formali del pensiero Occidentale; Konrad Lorenz, Aleksandr Solženicyn, Charles Darwin.
Sembra che razzismo, colonialismo, militarismo, capitalismo, guerre mondiali sia tutto partito dall'Europa e dalla sua civiltà: un mondo che ha condizionato l'umanità come nessun altro. Nella riflessione dell'autore non manca i riferimento alla religione dell'unico Dio, al monoteismo che abbraccia giudaismo, islam e cristianesimo: per tutti 'Dio con noi'.
Altro paradosso che chi ha fatto nascere l'America con la sua civiltà e l'ha portata ad estremizzare l'Occidente in ogni maniera oggi se la ritrova contro. L'America figlia e matrigna dell'Europa pare voglia far scontare le sue colpe secolari. Ma l'America o meglio gli USA -i nostri liberatori dal fascio-nazismo- non sono certo immuni da grandi peccati contro l'umanità. Non va dimenticato che l'attuale Occidente comprende oltre gli Stati Uniti, “l’Europa, Israele, il Canada, l’Australia e la Nuova Zelanda, e in parte il Giappone, costituiscono una fluida alleanza, che canta in coro über Alles. Cioè, “uniti siamo il meglio del mondo”. Anzi, “siamo gli unici degni di considerazione”.
Nel caso del modello economico-politico dell’Occidente, basato sul combinato disposto di mercato e democrazia, l'Occidente pensa che sia il miglior di tutti i modelle possibili: ma questo atteggiamento che piace a noi, 'può diventare un accidente per gli altri'. Un momento di riflessione lo apporta il libro sul nazismo, il terrorismo e le religioni: genocidi, attentati e crociate sono parti di un Occidente che non ha mai smesso di governare il mondo. Per vincere il nazismo si è dovuto usare una medesima violenza. La stessa guerra in Ucraina porta molte responsabilità delle politiche europee.
Un libro da leggere sicuramente, anche se poi non si può essere d'accordo su tutto il 'marcio' evocato, che si conclude con gli aspetti filosofici che hanno determinato la cultura dell'Occidente a partire dai Greci.