sabato, agosto 18, 2012

La povertà

Inizio con questo articolo una serie di riflessioni sulla povertà. Con la crisi economica finanziaria, che ha colpito tutta la società capitalistica, si affaccia uno scenario da paura. Questo panico è rappresentato soprattutto dal ritorno della povertà. Con il protrarsi della crisi la povertà in Europa è destinata ad aumentare e diventerà una condizione molto diffusa tra la popolazione dei diversi Stati che la compongono. A distanza di 70 anni circa sembra tornare, nelle nazioni europee devastate dall'ultima guerra mondiale, una povertà dimenticata. Fino a poco tempo fa si potevano vedere e contare i cosiddetti nuovi ricchi: erano quei soggetti, fino a ieri poveri, che facendo un salto sociale erano riconoscibili innanzi tutto per l'acquisizione di una grande capacità di consumare; erano la specie di consumatori compulsiva pronta a passare al lusso; a tutti quegli status symbol che rappresentavano il segnale di chi aveva scalato la società. Oggi stiamo assistendo invece alla conta dei nuovi poveri. In quest'ultima categoria possiamo benissimo inserire chi guadagna fino a mille euro al mese e quasi tutti i giovani: la loro condizione di precariato e l'impossibilità di rendersi autonomi li mette in una condizione di poveri. In Italia poi abbiamo tra i giovani delle percentuali di disoccupazione allarmanti: oltre il 31%. Cosa dobbiamo augurare? Che questi giovani invecchino in fretta per non annoverarli più tra la categoria dei giovani? Ma deve fare paura la povertà? Certo per chi non l'ha mai vissuta è senz'altro qualcosa che sconcerta: implica un cambiamento di usi e costumi a cui non si è preparati. Oltretutto questa nuova condizione di poveri viene imposta, viene subita e con questo presupposto si rifiuta. Ma cosa intendiamo per povertà? Inizialmente la povertà si accompagna alla perdita di tutte quelle garanzie che permettevano uno stile di vita medio e integrato nella società dei cosiddetti consumi. Ecco che da cittadino consumatore, sempre alla ricerca di beni che promettevano la felicità, si passa alla condizione di persona anonima in cerca di soddisfare bisogni cosiddetti primari, in uno stato di perenne insicurezza. Preoccupa la nostra futura povertà, eppure la povertà sulla Terra è sempre più presente e testimonia la disparità tra gli esseri umani. Noi siamo atterriti che qualcuno ci porti via il nostro benessere che è diventato la nostra cosiddetta civiltà, per questo viviamo in difesa e dovremmo invece ribellarci. Ma non sappiamo insieme cosa proporre per invertire quel flusso di ricchezza che va sempre verso chi è già ricco. Come reagire? Una strada per cambiare il corso della crisi è quella di imparare da subito ad essere poveri. La povertà intesa come scelta di vita potrebbe essere anche una pratica per salvare il mondo. La povertà imparata è anche un antidoto alla miseria. Mentre la povertà è la mancanza del superfluo, la miseria è la mancanza del necessario. Nella miseria non c'è possibilità di salvezza. La povertà insegna la condivisione, la frugalità, la capacità di essere solidali e soprattutto a continuare ad avere il senso della giustizia sociale. E' la miseria il vero male e non la povertà. Pensiamoci un po', chi non persegue la ricchezza, il desiderio di avere sempre più denaro scardina i giochi del potere: smaschera chi pensa di comandare perché ha più soldi o oggetti da esibire agli altri. Con la povertà infine si privilegia l'essere a l'avere e questo potrebbe dire tutto. Imparare ad essere poveri non lo si fa certo con un corso accelerato, dopo anni di intontimento, dovuto ai messaggi massmediatici, per cui bisognava comprare di tutto in nome del dio mercato, sarà difficile acquisire una consapevolezza del nostro essere poveri. Ma proviamoci. Potremmo scoprire che insieme saremmo anche felici.

2 commenti:

JANAS ha detto...

bellissimo articolo, spero che davvero che questa "nuova" povertà riesca a smuovere le coscienze di ognuno, a riportarci a un modo di vivere non più condizionato dal mercato, che ha creato falsi bisogni, ma dai nostri bisogni reali;
spero sia davvero uno stimolo a cercare di capire da noi e per noi, quali siano le cose veramente importanti, risvegliandoci dal torpore.

Giorgio Boratto ha detto...

Grazie Janas. Grazie per la condivisione di questo sentimento che è preludio di un futuro migliore.
Grazie ancora.