martedì, febbraio 06, 2007

La ricerca dell'Io

Nel lungo tempo per arrivare al processo di identificazione, ovvero alla costruzione dell’Io e della coscienza, si trovano due strade, quella individuale e quella collettiva. L’identità personale si rivela erede e surrogato dell’anima, mentre quella collettiva forma l’io con uno ‘stampo sociale’ che stabilisce una normalità fragile. Quest’io è in lotta perenne tra la libertà e risucchio nella folla.
Il libro Destini personali, di Remo Bodei, racconta il lungo viaggio attraverso il processo di identificazione e la formazione delle coscienze, per la costituzione di un io che dialoga e si confonde con l’anima.
‘Ognuno di noi è il risultato di un corpo ricevuto per eredità biologica e di stampi anonimi (lingua, cultura, istituzioni), le cui impronte rielabora in forma inconfondibilmente personale’. Partendo da questa premessa il libro di Remo Bodei cerca di mostrare da un lato che l'identità dell'uomo deriva da forze - "corpo, linguaggio, istituzioni, stati" - che, inevitabilmente, lo plasmano, e dall'altro, la possibilità della coscienza di rendersi conto di queste stesse forze e sfruttare lo spazio intermedio dei rinvii tra l'Io e il Noi a proprio vantaggio.
Tutto questo percorso ci porta a comprendere quello che già aveva espresso Eraclito con il paradigma: "Ethos antropos daimon", il Carattere è Destino. Ecco il carattere, quella unicità, quell’individualità che porta a compiere strade diverse al nostro destino, dove trovare il senso ultimo del nostro essere.
E’ questo un percorso, non psicoanalitico, ma soprattutto filosofico; le domande: chi sono? Dove vado? Trovano risposte storico dialettiche nell’evoluzione del pensiero e nell’interrogazione continua. La maieutica socratica, il ‘tirar fuori’ ponendo domande. La filosofia consegna alla psicologia quella visione del mondo che la plasmerà.
Dall'età di Locke a quella di Schopenauer e alle soglie dell'attualità, Bodei descrive i processi di costruzione dell' Io e della coscienza mettendo in evidenza le relazioni tra la coscienza stessa e i suoi orizzonti storico-politici. Con particolare attenzione alla fase di conclamata denuncia della frammentazione dell' Io e ai successivi progetti autoritari di ricostruirlo (per renderlo più obbediente mediante una colonizzazione delle coscienze).
Schopenauer può essere il terminale di questo cammino filosofico che con la sua opera ‘La volontà come rappresentazione’ tocca la questione di fondo: il sé non riesce mai a realizzarsi compiutamente.
L'uomo, dotato di consapevolezza, soffre nel modo più doloroso il suo essere limitato dalla volontà e al contempo l'essere teso verso verità non limitate. Dunque nulla soddisfa, nulla riempie completamente l'uomo. L'uomo si trova così sospeso tra dolore e noia: dolore per il bisogno insaziabile di tendere a qualcosa di diverso e noia per il non riuscire a riempire la sua esistenza.
Schopenauer con il ‘principium individuationis’ affronta il nocciolo della ricerca di identità: sollevare il velo di Maya vuol dire sopprimere l’egoismo e allontanare la paura della morte con l’abbandono del principio di individuazione. ‘La morte dissipa l’illusione che separa la coscienza individuale dall’universale’. La morte in realtà distrugge l’individualità, non la vita né lo spirito. La stessa cosa ha origine nella sessualità, per continuare la specie, nel generare un nuovo individuo c’è la volontà di essere immortali.
Ogni uomo manifesta la volontà nel proprio corpo che nel giro di pochi anni si rinnova completamente; ma c’è un nucleo sostanziale del nostro essere che è fuori del tempo. Il suo essere non è dato dalla memoria e dalla coscienza ma dalla sua volontà. La volontà come consapevolezza, insight, intuizione del nostro spirito.

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