domenica, giugno 29, 2008

La Chiesa oggi

Leggo su un quotidiano che…’Seguendo, a modo suo, il filo che lega spiritualità e fisicità Benedetto XVI sta compiendo una grande rivoluzione con piccoli gesti: tentare il rilancio della religione cattolica utilizzando la forza fisica e simbolica del rito, degli oggetti, dei simboli e dei paramenti...il suo rilancio, la sua ripartenza, passa dalla celebrazione della messa in latino ma anche dalla stola di lana bianca riveduta e corretta, dai cappelli a larghe tese ai mocassini dello stesso punto di rosso antico, da altri copricapi e coprispalla ai grandi crocifissi pettorali. Come quello d'oro con diamanti e zaffiri che Silvio Berlusconi ha regalato a Sua Santità nel giorno della visita in Vaticano’.
Proprio in questi giorni ho terminato di leggere, Profezia della povertà di David Maria Turoldo. Questo prete, filosofo e poeta sosteneva che lo spirito di povertà è quello che salva il mondo. I rapporto tra gli uomini dovrebbero essere improntati sullo spirito di povertà, così come la stesa economia. Una povertà da intendere soprattutto come libertà dalle cose; povertà non come miseria, ma come rifiuto della brama di possesso. L’uomo perciò sia apprezzato non per quello che possiede, ma per quello che è.
Per padre Turoldo la povertà era una profezia poiché era la cosa che poteva garantire a tutti i beni; infatti guardandoci in giro non mancano i beni, non sono le cose che difettano.
I pensieri di David Maria Turoldo centravano l’essenza della religiosità cristiana: ‘Cristo è il protagonista del dramma umano; non c’è novità nella storia umana. Cristo è lo spirito della povertà e senza povertà non c’è salvezza. Niente si avvicina di più alla libertà che la povertà. Senza lo spirito di povertà, anche il povero è uguale al ricco, poiché il povero aspira ad esserlo domani’.
Queste pregnanti parole evangeliche sono sempre attuali e continuano ad essere un messaggio rivoluzionario per il credente.
La Chiesa dovrebbe ripensare a questa condizione e diventare essa stessa povera. Con Benedetto XVI invece si va verso il suo opposto. Gli stessi paramenti sacri di Benedetto XVI sono improntati allo sfoggio di ricchezza. La veste bianca di Papa Giovanni Paolo II è stata sostituita da vesti ricamate, si è rispolverato il camauro (berretto rosso dal bordo d’ermellino) e le mitre intessute d’oro. La Chiesa Cattolica sembra abbandonare il Concilio Vaticano II per ritornare ad un tempo passato. Quale messaggio e richiamo alla fraternità cristiana può esserci negli orpelli degli abiti e dei gioielli? Si può chiamare rivoluzione questo ritorno al passato? Non ci sarà solo una affermazione del potere temporale? Quello che in fondo tutti gli uomini all’interno delle istituzioni cercano da sempre?

1 commento:

Anonimo ha detto...

leggere l'intero blog, pretty good