sabato, dicembre 07, 2013

Edvard Munch: attualità e realtà della condizione umana?

Sulla mostra dell'artista norvegese Edvard Munch, allestita per i 150 anni della nascita, avevo letto -il 3 luglio 2013- un articolo di Stefano Bigazzi, che anticipava l'inaugurazione a Palazzo Ducale del 4 ottobre. Quell'articolo titolato: Munch, una mostra da Urlo. La svolta tra due secoli, mi era stato utile per comprendere le atmosfere cupe e depressive di Munch. Infatti per mio conto sconsiglierei ai depressi e malinconici di visitarla; aggraverebbe senz'altro il loro stato psichico.
Stefano Bigazzi aveva inquadrato l'opera di Munch, richiamando soprattutto gli scritti di Øyvind Storm Bjerke, dove si ritrova 'affine ai drammi di Ibsen. La concezione dello spazio di Munch si rivela spesso identica a quella del dramma naturalistico: uno spazio piccolo e definito al quale è stata tolta una parete per permettere di sbirciare dentro e dove, come spettatori, siamo messi a stretto contatto con gli eventi'. Quindi quadri come scenografie di un teatro drammatico che mostra la nostra vita, la nostra esistenza, fatta di sofferenza e disgrazie senza sconti. Anche Bigazzi aveva fatto richiami alla filosofia: quella di Kierkegaard e l'Esistenzialismo è senz'altro la corrente che ha dato origine all'Espressionismo: condensato nel rifiuto del piacere visivo accostando la visione a ciò che esiste nell'interiorità più profonda dell'anima umana.
A questo punto c'è da chiedersi: dove siamo? Cosa vediamo?
Nel comunicare a Stefano Bigazzi il mio grazie per l'articolo suddetto aggiungevo che oltre a quanto lui aveva scritto, in merito alla collocazione storico geografica e artistica, c'era per me anche un risvolto filosofico sintetizzato da Oswald Spengler per cui la civiltà occidentale è alla sua fine. Citando il filosofo Spengler concludevo citando una sua frase rivelatrice: l'ottimismo è viltà. La risposta di Stefano Bigazzi fu lapidaria: io sono un vile...
E' vero che guardando come va il mondo, uscendo dalla mostra di Munch c'è da assaporare molta angoscia e quindi poco per essere ottimisti; ma dobbiamo, come sostiene Stefano, continuare la viltà.
Non voglio allontanarmi dalla filosofia e per questo pensando allora a Ernst Bloch, credo di essere vicino a lui: al dovere di sperare; al principio di speranza e utopia quali elementi essenziali dell'agire e del pensare umano.
Allora grazie a Stefano Bigazzi e ad Ernst Bloch.

1 commento:

luisella ha detto...

mi piace molto !