Scienza depressa
Sul numero di marzo del 2003 di “Le Scienze”, Carol Ezzell ci spiegava che il suicidio è causato da difetti del metabolismo della serotonina. Ricordo per questo anche la scoperta del gene della violenza nell’agosto del 2002: ‘Sei violento? Decide un gene’, così titolava la stampa quotidiana. Poi abbiamo, sempre in quello stesso periodo, trovato il gene del linguaggio: un gene potrebbe far parlare gli scimpanzè…per ora parlano anche gli idioti- aggiungo io.Oggi 6 gennaio 2006, sempre dalla stessa rivista ‘Le Scienze’, viene data la notizia che alla Rockefeller University di New York, Paul Greengard ha trovato la molecola responsabile della depressione.
Quest’ultima si chiama P11 ed è forse l'anello mancante a lungo cercato per capire le basi molecolari della depressione, e la base d'azione di alcuni dei farmaci più usati contro questa malattia, quali gli «inibitori della serotonina».
Così, con quest’ultima scoperta, il Corriere della sera si lancia nel titolo: ‘Depressione, scoperto il segreto. Tutta colpa di una molecola’. Non è serio e nemmeno vero.
Ad intervalli regolari vengono annunciate le scoperte biologiche che determinano le più varie malattie e stati psicologici umani. Scoperto anche il gene della morte precoce: Cloto; quello che provoca l’ernia, quello della paura, della eterna giovinezza…
A dire il vero la scoperta annunciata oggi, è stata data anche nel 2003:’ Dopo aver studiato centinaia di famiglie Mormoni nello Utah, un gruppo di ricercatori dell'azienda biotech Myriad Genetics, ritiene di aver individuato il gene che causa la depressione. Chiamato DEP1, questo gene potrebbe portare alla creazione di nuovi farmaci antidepressivi, uno sforzo che è già in corso con una joint venture tra la Myriad e il gigante farmaceutico Abbott’. Questo era il lancio testuale dell’agenzia ZadiG di Roma del 5 febbraio 2003.
Come reagire a queste informazioni? Noi profani divoratori di farmaci e notizie cosa dobbiamo pensare? dovremo solo sorridere o sperare? Gratta, gratta forse scopriremo che ancora una volta non ci sono ragioni di salute- o se ci sono, sono solo secondarie- ma ragioni di business: riportare situazioni psicologiche, sindromi psichiatriche, stati esistenziali ad un eccesso o ad un difetto molecolare per i quali è già pronto il farmaco, è solo un metodo per accrescere il fatturato di certe case farmaceutiche. Non è un caso che quei ricercatori poi lavorino per quelle stesse aziende. C’è da pensare: lo fanno anche i quotidiani?
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