L'arco di Kim Ki-duk
Di Kim Ki-duk, eclettico regista coreano molti ricorderanno ‘Ferro3- La casa’ oppure ‘Primavera, estate, autunno, inverno…e ancora primavera’ e, sull’onda dell’interesse del pubblico per questo autore, ripescato dalla sua produzione precedente, ‘La samaritana’; ora è visibile sui nostri schermi, l’ultima sua opera: ‘L’arco’. I film di Kim Ki-duk sono riconoscibili per l’essenzialità del racconto, la pulizia delle immagini, l’alto contenuto simbolico e l’accostamento poetico ai temi della vita nei suoi passaggi principali: innocenza, peccato, giovinezza, amore, maturità, dolore, vecchiaia, morte.L’arco, che dà il titolo al film, suona, lancia dardi, legge il destino e stabilisce con la sua curvatura simbolicamente il tempo. Una parabola della vita. Il film, come i precedenti, è scarso di dialoghi, parlano le immagini come sempre curate, con interpreti sconosciuti ma bravissimi.
La storia: su un vecchio barcone, come un’isola, un vecchio vive con una ragazzina, raccolta bambina dalla strada molti anni prima. La barca è usata per la pesca da cittadini che il vecchio imbarca di volta in volta. Il vecchio attende pazientemente che la ragazza compia 17 anni per sposarla, coronando così il sogno di un matrimonio tradizionale. Nel frattempo con l’arco, il vecchio suona e difende la ragazza dagli avventori a bordo che la insidiano; l’arco serve anche a predire il futuro lanciando delle frecce su un buddha, disegnato nella fiancata della barca, scansando la ragazza che le dondola di fronte su un’altalena. In agguato però ci sarà il ‘primo amore’, la scintilla sentimentale tra la ragazza ed un giovane cliente pescatore. Il vecchio non si rassegna e cercherà in tutti i modi di trattenere la ragazza, che il giovane vuole portare via con sè…
Musica, colori, primi piani intensi scandiranno i tempi della storia, per giungere ad una suggestiva e mirabile conclusione. Un’altra grande opera di cinema. Un esempio di come il cinema riesca ogni volta a stupirci parlando un linguaggio universale… l’esempio oggi ci viene dalla Corea. A noi italiani resta il rammarico di non essere stati noi a farlo.
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