giovedì, luglio 25, 2013

Tragedia del Talidomide e studi sull'evoluzione

E' arrivata la notizia che in Brasile sono nati ancora dei bambini con i difetti agli arti come quelli procurati da Talidomide. Sono passati moltissimi anni da quando questo farmaco venne ritirato per le malformazioni che procurava a chi lo assumeva in stato di gravidanza; ora il recriminarsi di questa tragedia desta sconforto. Questa sindrome è del tutto evitabile.
L’azienda che ha prodotto il farmaco, la Grunenthal, aveva chiesto scusa per le vittime del Talidomide. Negli anni Settanta la compagnia aveva pagato risarcimenti ai bambini nati con malformazioni tra il 1957 e l’inizio degli anni Sessanta, dopo che le loro madri avevano denunciato il fatto era stato ritirato dal commercio. In Brasile il farmaco è stato ritirato dal commercio nel 1960, ma il suo utilizzo era stato nuovamente concesso nel 1965 come trattamento per le lesioni cutanee, una delle complicazioni della lebbra.
Io ora voglio ricordare uno studio, svolto proprio sull'onda di questa tragedia, fatto all'epoca da Renato Balbi, condensato nel libro scritto insieme alla sorella Rosellina Balbi, dal titolo: Lungo viaggio al centro del cervello. Questo libro analizzava l'evoluzione in rapporto alla legge di Haeckel, ovvero alla teoria secondo la quale nella vita intrauterina (prima della nascita) e per un periodo dopo la nascita, ciascuno di noi passa attraverso gli stadi percorsi dall'antenato dell'uomo; si ricapitola la vita che ha portato all'uomo: siamo passati attraverso invertebrati, cordati, pesci, anfibi, rettili, mammiferi, marsupiali, insettivori, roditori, carnivori, primati. La teoria evoluzionista è ormai accertata ed è acquisito che l'uomo rappresenta la sintesi della vita animale. Se analizziamo tutto ciò alla luce di questa evoluzione, l'embrione corrisponde all'uovo fecondato: è il livello zero mentre al livello uno siamo allo stato di un celenterato.
Con l'assunzione del Talidomide nascevano migliaia di bambini con le braccia così corte che le mani sembravano spuntare quasi direttamente dalle spalle, e anche le gambe presentavano deformazioni. Queste malformazioni ricordavano le pinne degli animali acquatici…come mai? Una risposta fu data, proprio con la riproposizione del saggio di Renato Balbi, mettendo in rapporto l’evoluzione cerebrale con la focomelia provocata dal farmaco riproposta. Cosa succedeva nel feto? Con l’assunzione di talidomide, l’embrione umano subiva una deviazione verso una via collaterale dell’evoluzione: quella che si fissava nel periodo corrispondente al tardo eocene, quando alcuni mammiferi tornarono a vivere in acqua sviluppando degli arti rudimentali, le pinne delle attuali foche. Se quel farmaco fosse stato provato sulle scimmie sarebbe successo lo stesso, avendolo provato sui roditori da laboratorio, l’effetto focomelico non si manifestò.

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