mercoledì, novembre 06, 2013

Il comandante di Auschwitz di Thomas Harding

Ho terminato in questi giorni di leggere il libro di Thomas Harding, Il comandante di Auschwitz. Il libro racconta in parallelo la storia di Alexander Hanns, un ebreo naturalizzato inglese e di Rudolf Höss, il nazista che fu a capo del campo di concentramento di Auschwitz; dove si perpetuò l'assassinio di massa più grande della Shoah (termine recente che indica l'Olocausto ebraico).
La storia delle due vite del romanzo sono raccontate, intrecciando i vari momenti storici che vanno dall'inizio della prima guerra mondiale fino alla loro morte.
Alexander Hanns era l'ufficiale della squadra di investigatori inglesi costituita per acciuffare i criminali nazisti che riuscirà a scovare e catturare Rudolf Höss.
L'autore del libro, Thomas Harding, è un pronipote di Alexander Hanns, che venne a sapere della partecipazione e direzione nella cattura di Rudolf Höss da parte dello prozio durante l'elogio funebre alle sue esequie nel 2006. Thomas Harding iniziò allora a fare le sue ricerche e, insieme alla consultazione di una vasta bibliografia, ottenne anche inedite testimonianze sui due protagonisti grazie a interviste a figli e nipoti a cui aggiungere la lettura di lettere e corrispondenze private delle due famiglie.
la testimonianza al processo di Norimberga di Rudolf Höss, definito uno dei più grandi criminali dell'ultima guerra mondiale, fu il momento più chiaro e veritiero di denuncia del massacro creato con la sistematica gasazione e crematura delle vittime. Nella confessione di Rudolf Höss si legge:
'Sono stato il comandante di Auschwitz fino al 1 dicembre del 1943, e stimo che siano state giustiziate e sterminate almenno due milioni e mezzo di di vittime gasandole e bruciandole, e un altro mezzo milione di individui sia morto per fame e malattia, per un ammontare di circa tre milioni di decessi. Ho personalmente visionato le esecuzioni ad Auschwitz fino al 1 dicembre 1943- Nell'estate del 1944, solo ad Auschwitz abbiamo giustiziato 400.000 ebrei ungheresi.
Il libro di Thomas Harding ha nel titolo l'aggiunta di: Una storia vera- Le vite parallele del più spietato criminale nazista e dell'ebreo che riuscì a catturarlo.
Questa aggiunta al titolo penso sia stata fatta per non confonderlo con l'autobiografia che porta lo stesso titolo, scritta nella prigione polacca in attesa del processo e condanna da Rudolf Höss stesso.

Mi piace ricordare cosa scrisse di Rudolf Höss, nella prefazione di quel libro, Primo Levi:
'Höss è stato uno dei massimi criminali mai esistiti, ma non era fatto di una sostanza diversa da quella di qualsiasi altro borghese di qualsiasi altro paese; la sua colpa, non scritta nel suo patrimonio genetico né nel suo esser nato tedesco, sta tutta nel non aver saputo resistere alla pressione che un ambiente violento aveva esercitato su di lui, già prima della salita di Hitler al potere...
Si spandono oggi molte lacrime sulla fine delle ideologie; mi pare che questo libro dimostri in modo esemplare a che cosa possa portare un'ideologia che viene accettata con la radicalità dei tedeschi di Hitler, e degli estremisti in generale. Le ideologie possono essere buone o cattive; è bene conoscerle, confrontarle e cercare di valutarle; è sempre male sposarne una, anche se si ammanta di parole rispettabili quali Patria e Dovere'
.
Già, per quella nuova edizione, avvenuta nel 1984 a 40 anni dalla fine della guerra ed a 38 dall'esecuzione dell'autore, Primo Levi si chiedeva se valesse la pena ripubblicarlo. La risposta che si dette allora vale oggi per questo nuovo libro di Thomas Harding: il rigurgito negazionista e revisionista di pagine di storia di cui conservare la memoria per sempre.
Per Primo Levi: 'A mio parere, i motivi sono almeno due. Pochi anni fa ha preso inizio un'operazione insidiosa: il numero delle vittime dei campi di sterminio sarebbe stato enormemente minore di quanto afferma «la storia ufficiale»; nei campi non si sarebbe mai usato gas tossico per uccidere esseri umani. Su entrambi questi punti la testimonianza di Höss è completa ed esplicita, né si vedrebbe perché avrebbe dovuto formularla in modo così preciso ed articolato, e con tanti dettagli conformi a quelli dei sopravvissuti ed ai reperti materiali, se si fosse trovato in stato di costrizione come pretendono i «revisionisti».
Proprio in questi giorni sono nuovamente uscit dichiarazioni di negazionisti dell'Olocausto e di revisionisti che cercano di sminuire la tragedia nella sua portata di numeri e, in un certo senso, di gravità. Questi non sanno che proprio gli autori di quel genocidio dissero che la loro atrocità era così grande che chi l'avrebbe raccontata non sarebbe stato creduto. Nessuno riuscirebbe a pensare e a descrivere quello che era accaduto. Una prova è che molti testimoni sopravvissuti a quell'esperienza trovarono difficoltà a raccontarla e non ne vollero parlare per molto tempo.
Questo libro aiuta a continuare la memoria aggiungendo nuove rivelazioni e argomenti di riflessione su quel male ben descritto da Hanna Arendt con la definizione banale.

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