domenica, luglio 23, 2006

Finti qualcuno

Molti continuano a domandarsi cosa spinga tantissime persone a partecipare alle più orrende trasmissioni televisive, pur di esserci, apparire; insomma, perché si cerca qualunque cosa che ci renda ‘famosi’ per poi essere riconosciuti, fermati per strada, e diventare per questo ‘qualcuno’?
Già, perché è meglio essere qualcosa di finto, di ammirato o visto, piuttosto di essere un normale, reale nessuno. Così pensano quasi tutti, e forse è passato tra la testa anche a voi; ma non c’è da recriminare, non è una cosa di cui vergognarsi. L’invadenza dei media, dello strumento televisivo attuale con la sua diffusione e programmazione ha reso questo desiderio un fenomeno sociale: oggi, si dice, è di moda. Anche sul versante virtuale tecnologico di Internet esiste una esposizione simile, che attraverso la produzione di blog, foto e video, inclusa la partecipazione a chat line, fa passare una persona dal fenomeno mediale di nicchia a quello di massa. La risposta chiara al desiderio di apparire è nella nostra psicologia; è una risposta semplice e immediata: per vivere abbiamo bisogno di carezze, abbiamo bisogno che qualcun altro ci dica che esistiamo, ci confermi che ci siamo. Siamo vivi, reali, concreti...poi per paradosso accettiamo, per quelle benedette ‘carezze’, anche di essere virtuali, di essere qualcosa d’altro, di immaginario e finto; appunto.
Queste ‘carezze’ Eric Berne –psichiatra americano-, con i suoi studi, le aveva analizzate quali unità di misura di riconoscimento. Ad esempio un ‘Ciao’, si può considerare una carezza minima, per arrivare, passando dai baci e abbracci, all’applauso, alla portata in trionfo- a tutto quello che la televisione pare regali in fretta- al massimo dei punti.
Ecco che la caccia alle ‘carezze’, ai molti riconoscimenti, è resa, con lo strumento televisivo, immediata. Poi è chiaro che ognuno ne ha fame in modo diverso.
C’è chi si appaga con l’affetto degli amici, di quelli domestici, casalinghi e familiari, c’è a chi basta un ‘buongiorno’, detto all’angolo della strada, di una mano sulla spalla insieme ad un sorriso; esiste poi chi le carezze non bastano mai: non è sufficiente la notorietà estrema, l’essere riveriti e fermati per un autografo, seguiti da milioni di fans, votati da centinaia di migliaia di elettori, scelti e amati per doti speciali…tutto allora può diventare patologico. L’esibizione, quale strumento per piacere ed essere riconosciuti, diventa una distorsione. Quei fans, quegli ammiratori non conosceranno mai abbastanza quella persona; non riusciranno mai ad entrare in intimità con quel personaggio, così allora si comprenderà che la conferma più bella alla nostra esistenza è l’amore.
E’ l’amore la carezza che da sola riempie il cuore più di ogni altra cosa: il resto è un surrogato a quel sentire, a quello speciale bisogno di riconoscimento. E’ l’amore il sentimento e la relazione intima per eccellenza, quello che svela la nostra essenza: ci fa conoscere disarmati e impotenti per quello che siamo realmente; ci mette a nudo di fronte al mondo. Per quello poi la felicità può diventare un vestito da indossare; indossare sul nostro essere vero, senza finzioni.
Quanta fatica però per trovare la spontaneità; quante manovre per cercare conferme alla nostra vita…tante che si preferisce anche l’odio, gli schiaffi e le parolacce pur che l’indifferenza. Quella alla fine è la vera tragedia. Allora vale anche l’apparire ridicoli, stronzi, stupidi; vale anche un Grande Fratello, o una Fattoria, per trovare quello che riempia astrattamente una fame reale: l’amore e la capacità di viverlo.

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