Noi e la tortura
C’è un filrouge che accompagna tutti i sistemi di tortura perpetuati dagli uomini in guerra e no, è nel ritenere “l’altro”, l’occasionale nemico, sempre di una razza inferiore. C’è anche la componente di farsi trascinare da un inconscio collettivo arcaico, quando l’uomo terrorizzato cercava a sua volta di terrorizzare gli esseri viventi che lo circondavano, ma quello che spinge un uomo qualsiasi a dare sfogo alle parti più bestiali è il carattere culturale di ritenere l’altro uomo un diverso: una persona indegna, un nemico su cui esercitare il potere di una propria intelligenza (e crudeltà) superiore.Se si insegnasse e si applicasse quello che caratterizza la nostra civiltà, ovvero i valori cristiani e di umanità laica che ritiene ogni uomo una via alla bellezza, all’arte e alla trascendenza divina, forse si farebbe un piccolo passo verso l’evoluzione dell’umanità. Di tutta l’umanità.
Così assistiamo nelle nostre città, in buona parte poi tra quelli che vanno in chiesa tutte la domeniche, ad uno strisciante razzismo: l’esercizio religioso cattolico diviene uno strumento di identità, di riconoscimento della propria comunità, che lo è per usare il termine “extracomunitario”. Ma extracomunitario di che cosa? Non certo della comunità umana; di quella cristiana?
Così si perpetua la Passione di Cristo, con quello che abbiamo fatto “nostro” ed ora paradossalmente rigettiamo su un uomo torturato cui, diciamo noi, è a somiglianza di Dio…ma è soprattutto un nemico, quello a cui dobbiamo insegnare la verità, la giustizia e la democrazia. Quante torture dobbiamo ancora aspettarci? Non è forse insita nel religioso Bush la stessa cultura?
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