venerdì, novembre 19, 2004

The Village

Ho letto in una recensione che The Village, il film di M. Night Shyamalan, è una metafora dell’America di oggi dominata dalla paura. In parte potrebbe esserlo, ma il film per me dice molte cose insieme. Una, che mi è parsa di cogliere, è che mentre la vita spinge all’amore come via di salvezza, quindi anche al superamento del limite, le persone spesso questo limite non lo vogliono superare. Così The Village è anche una metafora cupa sul confine e la condizione dell’umanità nella ricerca della sicurezza e della felicità.
Il film racconta di un villaggio, Covington in Pennsylvania, che vive isolato e circondato da un bosco, popolato da creature misteriose e innominabili, che nessuno deve attraversare pena la perdita della tranquillità e apparente felicità in cui vive.
La storia raccontata dal film The Village, con atmosfere alla Kubrik, pone molti interrogativi: basta non nominare alcune cose e chiudersi in un villaggio per trovare la felicità? Si può costruire un mondo diverso attenendosi a certe semplici regole? E’ solo la paura a tenere insieme una comunità? Potrà una bugia difendere il villaggio? Il film è ricco di molte implicazioni: c’è l’amore, l’innocenza, il sentimento negativo della gelosia, la cecità come handicap fisico e valore morale, ci sono molti spunti cui ognuno potrà leggerci qualcosa.
La metafora come si vede diventa complessa scontando contraddizioni e ambiguità proprie di ogni forma di linguaggio. All’inizio la metafora potrebbe essere quella del dolore e della speranza: si saprà nel corso della storia che a dare vita al villaggio sono stati dei superstiti o familiari vittime di crimini orrendi; poi assume nel finale il senso di un potere che esiste perchè sa gestire la paura degli altri. E’ così l’America e il mondo di oggi? A voi la riflessione e…la risposta.

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