giovedì, marzo 23, 2006

Ci salva l'impermanenza

Sono dell’idea che niente succeda mai veramente per caso, ed ogni cosa prova che ognuno dovrebbe procedere per diventare ciò che è: questo è il senso profondo della nostra vita. Per questo, nel corso della vita, dovremo fare i conti con molte cose; dovremo misurarci con meccanismi mentali e comportamentali che non ci appartengono, per realizzare quel miracolo di unicità e irripetibilità che ognuno rappresenta.
Ma poi, perché devo partecipare al tormentato percorso di crescita spirituale, per la loro realizzazione, di altre persone? Perché si inseriscono nei miei pensieri e con meccanismi proiettivi aizzano odi, rifiuti, paure e vendette? Potrei in una parola semplice, ‘sbattermene’; potrei ignorare questi individui…insomma, è chiaro che io vivo in una comunità, in un ‘condominio’ molto arruffato, ma è giusto che i ‘condomini’ mi rigettino addosso le loro idiosincrasie per sentirsi meglio? Loro?
Il passaggio di crescita sicuramente avviene all’interno di un percorso di trascendenza o di trasformazione. La trascendenza è un andare oltre, separarsi dall’universo materiale, mentre la trasformazione è invece cambiare forma, alterare la natura dell’universo materiale. Allora questi personaggi pubblici come interferiscono?
Bisognerebbe interrogarci sulla teoria che ci vede come un organismo collettivo. Tenuto conto che facciamo tutti parte di un Tutto, io piccola cellula vorrei mantenermi sano in questo organismo in disfacimento; vorrei che la trasformazione diventasse trascendenza: che si potesse attuare una metamorfosi che porti ad una umanità nuova. E’ possibile? Penso di sì: accettando l’impermanenza come principio base della nostra vita, sapendo che possiamo fluire e muoverci con le circostanze eternamente mutevoli della vita, significa che possiamo essere "nel mondo, ma non del mondo"; significa che siamo disponibili a "morire" al momento presente e lasciare che gli altri "muoiano" intorno a noi. Essere disposti a "morire" qui, vuol dire essere disposti ad affrontare il fatto che il tempo e gli altri cambiano, se ne vanno, crescono e non riusciranno mai del tutto a essere all’altezza delle nostre aspettative.
Ecco che anche ‘loro’, quelli che ci importunano, trovano una funzione: misurano la nostra quantità di accettazione di impermanenza. Dovremo essere poi in grado noi di ritrasmetterla a loro.

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