"Le invasioni barbariche"
"Le invasioni barbariche" è un film che piace perché sa parlare della vita e della morte mischiando i contrasti, i personaggi più diversi, raccontandoci in maniera gaudente, ironica e scherzosa i sentimenti e l'addio di una generazione ricca di speranze, sogni, utopie e illusioni. L'interprete principale, Remy è un cinquantenne che ha appunto vissuto i piaceri e gli ideali che hanno contraddistinto la sua generazione ed oggi - dopo l'attacco alle Torri Gemelle- si trova ad affrontare una malattia terminale.
La preparazione alla morte di Remy lo avvicinerà al figlio Sèbastien, "il barbaro" colui che è l'opposto del padre, e che si accorgerà di amare, come l'altra figlia allontanatasi da casa, come la propria vità. Intorno a Remy ci sono oltre al figlio, l'ex moglie, le amanti, gli amici ed una giovane che si accorgerà della bellezza della vita assistendolo nella somministrazione dell'eroina. Tutti intorno a Remy rammenteranno la gioventù, i piaceri e le delusioni; ognuno ha qualcosa da insegnare come passaggio di testimone di una generazione: quella di Remy, che pur analizzando i fallimenti ideali, i dolori, le rinunce, non perde la ricchezza del gustare gli innumerevoli piaceri cui la vita continua a dare. Così nel finale riesce a trasmettere con la malinconia anche l'allegria ricordandoci che, sì, la giovinezza è una condizione dell'anima. Forse i barbari allora sono i vecchi, quelli che rincorrono soldi e potere; quelli che senza età ritornano ciclicamente ad uccidere la civiltà.
Seguito ideale de "Il declino dell'impero americano", film di denuncia del 1986 contro un "regime" (quello americano) che si è imposto come dominatore assoluto del mondo intero, quest'opera di Denys Arcand quasi vent'anni dopo, ci dice ancora che nulla è cambiato.
Una curiosità, in "Le invasioni barbariche" compare più volte la citazione di una scena del film di Genina, "Cielo sulla palude", che racconta la storia di Maria Goretti; io ricordo di averlo visto, tantissimi anni fa, in una sala parrocchiale ed un prete oscurò la scena suddetta in cui l'attrice Ines Orsini mostrava le gambe fino alla coscia, noi ragazzini fischiammo e quelle scene mancanti nella nostra memoria, acquistarono una morbosità che certo non avevano: però non c'era senso del peccato ma la ricerca della misteriosa energia erotica che faceva desiderare sempre più l'altro sesso. Quello che ha accompagnato un ideale piacere per un certo periodo della vita l'interprete principale del film di Arcand: le cosce tornite di Ines Orsini, a me è stato nascosto…che sia l'autore di quell'atto un barbaro di allora?
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