domenica, settembre 07, 2003

VIAGGI

"Il clandestino, il viaggiatore, forse anche l'emigrante ancorché spinto dal bisogno è mosso dall'anelare, dall'andare alla ricerca della madre perduta." Questo diceva Jung nel 1912 che sosteneva come la libido, bloccata dal tabù dell'incesto, non trova mai la sua meta e così vaga eternamente. Si può sostenere che la parte oscura del desiderio è legata all'archetipo della madre.
La libertà dell'uomo più grande è quella di muoversi di girovagare e nessuno dovrebbe impedirla. Oltretutto nel nostro muoversi, nel nostro anelare c'è la nostra definizione: noi siamo quello cui tendiamo; c'è un'immagine idealizzata che muove il nostro girovagare.
I nostri comportamenti sono la mimesi dei miti. Quale mito più grande c'è allora d'Ulisse? Dell'odisseo? Non è forse il viaggio la metafora della vita? E così noi viaggiatori attraversiamo soprattutto la vita. Allora la nostra clandestinità è di continuare ad essere uomini in mezzo a confini assurdi, di regole e leggi innaturali dettate per salvaguardare i privilegi a loro volta illusori.
Basta un'idea a muovere noi e muovere il mondo. Basta poco per non costringerci a rimanere solo l'anello di congiunzione tra l'uomo e la scimmia. Riusciremo allora ad essere veramente liberi? A diventare uomini?

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