venerdì, luglio 01, 2005

Calderoli ministro

Cosa ho fatto di male per meritarmi un ministro come Calderoli? D’accordo ne abbiamo passate di tutti i colori. Abbiamo avuto ministri della Sanità come De Lorenzo, ministri della Comunicazione come Gasparri; della Difesa come Previti o della Giustizia –questo c’è ancora- come Castelli, ma uno come Calderoli non lo sopporto proprio. Ogni volta che parla con quella boccuccia rosa dice cose mostruose. Parla di castrazione, pena di morte, di sparare cannonate alle navi con clandestini, di taglie, di buttare via la chiave. Cose per lui normali. Come se lui fosse normale. Infatti lui è normale, come ministro di questo governo con a capo un gigante del pensiero banale.
Senz’altro Calderoli è lì per volere democratico, rappresenta qualcuno, forse qualcosa. Svolge un mandato, ha dietro della gente ed esprime idee condivise, dicendo quel che pensa. Calderoli è della compagnia di Bossi e di Borghezio, è l’interprete di un mondo che non cambia o se cambia è per tornare nel medioevo, alla legge del più forte. Quel mondo conosciuto come legge naturale, la legge della giungla.
I geni purtroppo determinano un destino da cui non si può deviare. Essi pongono anche il limite alle aspirazioni individuali e a causa di barriere psicologiche spesso un uomo con un patrimonio genetico di un ballerino passa la vita a saltellare in un ristorante con i piatti in mano. Altri magari, nati camerieri, si ritrovano a servire, riveriti, idiozie. Poi diventa chiaro il copione: è il piccolo fascista che rivive sempre in ognuno e può prendere il sopravvento. Sono gli standard tipici degli umani d’ogni terra e paese, inculcati a forza da una cultura genitoriale, che non si rimuoveranno più. Come un computer toccato il tale tasto uscirà la vecchia soluzione…uscirà un Calderoli a rimarcare quanto siamo giovani sulla Terra, fors’anche cretini.
A proposito questo computer con il controllo dell’ortografia corregge sempre il nome di Calderoli in Calderoni. E’ proprio in questo che arrostiamo. Allora permettetemi di non sopportare.

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