La guerra di religione non esiste
La religiosità dell’uomo dovrebbe farci comprendere la nostra insufficienza. Non solo l’uomo non è autosufficiente senza Dio, ma lo è anche senza l’altro, senza il prossimo, le sue idee, la sua conoscenza e rispetto. Bisogna scoprire lo straniero come parte di noi. Con ciò nasce il dialogo che ci arricchisce.Così ora in clima di terrorismo -definito islamico- immagino quanta fatica tocca a chi deve spiegare cos’è l’Islam. Ma c’è qualcuno che sappia spiegare agli altri cos’è il cristianesimo? Se ci fosse da ambo le parti l’umiltà di uomini piccoli e fallaci; l’intelligenza di saper essere tutti stranieri sulla Terra, per incontrarci, allora sapremmo chi è l’altro: chi è l’islam, l’Ebreo e il Cristiano.
Con gli stupidi stereotipi i difensori di civiltà, che neppure conoscono pensandole essere solamente i propri interessi, nascono i ‘disegni di guerre totali’. Si pensa automaticamente musulmano un arabo e cristiano un europeo: non è così. Si pensa fanatico un fondamentalista, mentre è semplicemente uno che crede in fondamentali ragioni che danno senso alla sua vita. Fondamentalisti lo sono i cristiani come gli ebrei. Il fanatismo è qualcosa d’altro.
Bisogna dire invece che il fanatismo è respinto dalla stragrande maggioranza del mondo islamico. Essi conoscono l'impossibilità obiettiva di un'applicazione letterale e normativa di Corano e della Tradizione, come fondatrice d'una vera convivenza civile, quanto all'arbitrarietà della tesi secondo cui il dovere principale del musulmano sia la lotta contro il "satana occidentale"; questo è solo una sorta di leninismo politico applicato alla fede.
Confidare tutti in Dio, paradossalmente lo stesso, potrebbe farci superare gli schemi dettati dall’ignoranza.
Chi vive la spiritualità e si comporta di conseguenza al suo messaggio religioso, che è esempio morale e di saggezza, cerca il dialogo: parla di Dio senza parlarne; agisce con la gentilezza e non uccide l’altro.
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