Conclusione
La storia e la memoria sono il nostro sapere e il nostro essere; sono anche le radici. La nostra memoria, il sapere delle nostre origini familiari, il più delle volte, si ferma a tre generazioni antecedenti: chissà chi era il nonno del papà di nostro papà? Lo sa chi detiene titoli nobiliari o grosse fortune economiche: per il resto solo oscure vite di miseria e patimenti, vita nei campi e morti precoci: pellagra, scabbia, tubercolosi e poi guerre e ancora guerre, interrompono racconti lineari, uguali e simili.
La nostra storia è nell'esperienza degli avvenimenti irripetibili e individuali. La nostra costruzione è nella riscrittura degli accadimenti attraverso la memoria e il racconto. E' questo senso letterale che dà corpo all'anima e alla memoria. E' la parola che ci definisce; con essa entriamo in un tempo della cultura, che è anche il tempo della nostra malattia.
Noi viviamo da molto il tempo della parola ed è una parola dire tutto ciò. Quanta storia c'è nel tramandarla, nel cercarla? Infatti come è stato possibile arrivare a distinguere il soggetto dall'attributo e il verbo dal nome?
La nostra realtà diventa una misteriosa sintesi tra nome e forma. In ciò scorgiamo il bene e il male, il bello e il brutto; così definire o essere definiti può essere il nostro destino.
Ecco alla fine non ci resta che un semplice racconto a fare la storia; la storia della storia e con essa l'essenza dell'umano.
Io ho provato a raccontare in breve la mia. Ho scritto un racconto che è uno scorcio di vita, è l'occasione per trasmettere un testimone ad un postero. Si dice che con la vita ognuno scrive un libro, io ho voluto riempirlo di parole; sono parole del ricordo, del momento dopo, le parole da dire agli altri: le parole vissute. Per questo è nato il racconto, a raccogliere la vita, a preservarla a renderla preziosa.
Allora eccomi a buttar giù pagine uguali seppur diverse nel disegno; giù pagine come giorni ritrovando cose diverse seppur comuni. E alla fine...ritrovo me che pensavo di aver perso.
Grazie infine a chi legge. Grazie a chi sa far affiorare nuovi pensieri ad antichi percorsi.
Concludo con il ricordare qualche poesia scritta tempo fa con protagonisti la mia famiglia:
Porco belino porco
'Porco belino porco'...così bestemmiava mio papà.
'Porco di un mondo porco', così inveiva sempre papà.
Ancora 'porca miseria porca' continuava papà.
Nelle dolce litanie a base di porco qui e porco là,
si tirava avanti in miseria e onestà.
Ricordo anche quando vinse alla Sisal...furono solo sessantamilalire,
e allora 'Porca puttana porca', si rise per un po'.
Fu davanti ad una tavola bandita con un porco sopra.
Da quel dì il porco venne rivalutato.
Porco al porco in verità non lo aveva mai detto.
Il porco in questione era destinato ad un destino scritto.
'Porco belino porco' qualche volta scappa anche a me
e di riflesso penso a mio papà.
Nonna Attilia
Mia nonna la vedevo sempre girata
a rimestare una pentola nera sopra il rounfò.
Mia nonna teneva il fuoco acceso con legna e carbone.
Dall'altra parte teneva una gallina sotto il lavandino.
Mia nonna parlava in piemontese e basta.
Parlava così con il nonno e mia mamma...e basta.
Con me però si sforzava a parlare in italiano.
Gliel'avevano imposto: se no va male per l'italiano a scuola.
Povero me. Nel tema: 'cosa fai nel tempo libero',
scrivevo sempre la stessa cosa.
Gioco nella gea e salto in cammalletta;
gioco con la zuiarda e le ciappette
faccio la guerra sparando cannette
se vinco poi mangio ciappellette
qualche volta giasciù u reganizzo
Scrivevo tutto in genovese
e non era per la nonna e il suo piemontese
scrivevo quello che sentivo dire dagli amici nella via
ma ancora penso, era farina mia.
Nonno Pietro
Era bello uscire con mio nonno Pietro
mi raccontava sempre cosa c'era dietro,
Dietro ogni cosa, mi spiegava, c'è un significato
e io guardavo tutto, incantato.
Vedi il cavallo che tira il carretto
serve all'uomo per lavoro e diletto.
Ai suoi tempi c'erano i tram a cavalli,
ma lui vedeva lontano e mi diceva: studia, studia...
ma stai attento ai credenti,
sono quelli che studiano per rimanere ignoranti.
Mamma Angiolina
Era bella mamma Angiolina
e chi non l'ha bella per un figlio?
Era giovane mamma Angiolina
lo era anche quando se ne è andata...
forse è sempre presto per quella partenza disperata.
Era Nina per tutti, mamma Angiolina.
Per me era carne, odore e voce;
mistero, lacrime e sorrisi...
tutto in un arruffo vitale.
Mamma non trovo più il sale...
Quante minestre ho poi mangiato,
quante polpette ho digerito, cibi di ogni tipo ho assaggiato,
cucine diverse, quelle che ti crescono,
ti fan salire grassi, colesterolo e glicemie
Mamma il tuo cibo mi bastava...
lo dico tardi. Sono le mie anemie.