domenica, giugno 23, 2013

Presentazione del libro di Carlo Galli: Sinistra. Per il lavoro, per la democrazia

Evento svolto Sabato 15 giugno 2013 a Palazzo Tursi, nel Salone di Rappresentanza del Comune di Genova, promosso da Circolo di Cultura Politica Guido Calogero e Aldo Capitini

Dopo i saluti del Presidente dell'associazione Luigi Fasce e l'introduzione di Leonardo Chessa -Presidente Commissione Cultura del Comune di Genova- è stato Mauro Barberis a presentare Carlo Galli, un amico e collega che lui definisce filosofo nell'accezione più alta: quella che richiama al pensiero attraverso la proposizione di domande, la capacità di interrogarci sul senso del nostro vivere e stare insieme; in questo caso nella comunità, nella società organizzata.
Carlo Galli, professore ordinario di Storia delle dottrine politiche presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Bologna. Laureato in Filosofia presso l'Università di Bologna nel 1972, assistente ordinario di Storia delle dottrine politiche dal 1978, dal 1983 al 1999 è stato professore associato di Storia del pensiero politico contemporaneo presso la Facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Bologna. Come leggiamo il suo curriculum vitae è molto ricco. Tra le molte cose possiamo aggiungere la collaborazione da editorialista di molte importanti testate giornalistiche nazionali.
Mauro Barberis ha parlato anche dei suoi libri precedenti, tutti fonte di saggezza e capaci di illuminarci sul periodo storico politico che stiamo affrontando con grande difficoltà. Per questo motivo Mauro Barberis si chiede perchè, a parte i suoi libri, Carlo Galli rimanga silenzioso o meglio non venga ascoltato. Mauro Barberis pone diversi interrogativi: cos'è oggi la Sinistra italiana? Esiste? Ha perso? E' stata inglobata nella Destra? Nel conformismo sociale? Come si sta dentro il PD? Carlo Galli è stato eletto in Parlamento ed è attualmente deputato di questo partito.
La presentazione del suo libro è così diventata anche l'occasione per una disamina dell'attuale situazione politica.
Carlo Galli esordisce dicendo subito che la Sinistra ha perso. Il XX secolo si è caratterizzato per quattro rivoluzioni: comunista, fascista, sociale (anni '50 e '70) e liberista, che hanno trasformato o mutato i ruoli tra economia e politica. Stato ed Economia, ovvero Capitale, hanno raggiunto un compromesso con la nascita degli Stati Nazione democratici: un gioco per un interesse comune; istituzione, salute e soldi trovano forme di convivenza. Con gli Stati Nazione nasce un nuovo equilibrio che ha elementi di inclusione e lo stato sociale si estende in tutta Europa. Questi passaggi vanno misurati in ere storiche: in effetti i tempi per fare la Storia sono decennali e quindi è giusto parlare di ere. Il capitalismo con l'individualizzazione e l'autoaffermazione del capitale ha portato ad una economia monetaria che sta governando con la logia monetarista l'attuale fase finale del neo liberismo.
La Tatcher e Reagan sono gli artefici di questa rivoluzione antipopolare che passa attraverso la crisi dello stato sistema e la teoria dell'offerta è andata a discapito della domanda facendo leva sui desideri. Desideri indotti. Dal dovere al piacere. La fase emancipativa, quale il sapere, l'impegno, il lavoro ecc. si chiude. Questa è l'egemonia costruita dalla Destra. Una egemonia costruita tanto quanto la Sinistra l'ha perduta. Il benessere si è trasformato nel costruire debitori ed ora dal piacere bisogna passare all'espiazione: così Carlo Galli sintetizza bene ciò che stiamo vivendo. L'attuale crisi economica mondiale ha due tappe: la crisi energetica del 1973 e quella finanziaria del 2008.
Arrivando alla situazione che separa il concetto di Destra e Sinistra, dopo il periodo della Razionalità, nata con la Rivoluzione francese, e quella dialettica marxista e filosofica di Rousseau e Hobbes, si può sostenere che la Destra con il liberismo mette lo Stato al servizio del mercato; mentre la Sinistra vuole mettere le regole al mercato.
Oggi però abbiamo la possibilità di avviare un umanesimo moderno: uguale dignità nelle differenze. La soggettività, l'individualità, bene vissuto come uguaglianza.
In questo periodo bisogna stare in guardia dai tecnocrati. Quest'ultimi propongono, per fare funzionare le società, una unica soluzione. La società non funziona mai da sola. Nella società ci sono relazioni e per risolvere i problemi ci sono sempre due soluzioni; la società è complessa e richiede sempre attenzioni diverse. Il conflitto è elemento di democrazia e fautore di progresso.
Attualmente la società si sta polverizzando e si gettano in questa maniera le premesse di una caduta democratica. Per questo la Sinistra italiana non c'è. La Sinistra italiana vorrebbe cambiare qualcosa, ma non l'agenda Monti. Grave. Con le ultime elezioni metà degli italiani non crede più nelle istituzioni: la Costituzione fondata sul lavoro non c'è. C'è quella basata sul pareggio di bilancio. Carlo Galli diventa più serio e tranciante.
La Sinistra ha vita se ritrova i suoi valori. Il valore della persona è esercitato con il lavoro. Il lavoro quale elemento di contributo alla società e all'altro; al prossimo. L'attività lavorativa assume una valenza di umanità sociale: non per sé e il proprio sostentamento, ma l'affermazione di una finalità sociale. Il lavoro costruisce la società. Ripartire dal lavoro diventa a questo punto fondamentale, vitale.
Gli obiettivi di oggi per la Sinistra sono: la giustizia sociale come problema da trasformare in questione politica. Usare le istituzioni per cambiare i rapporti sociali esistenti. Cogliere per questo le relazioni tra i diversi soggetti. Ora che il modello neoliberista è a sua volta entrato in crisi, la storia offre una nuova opportunità alla Sinistra.
La riflessione di Carlo Galli è, per il pubblico presente, quasi una Lectio Magistralis.

lunedì, giugno 17, 2013

Intorno alla Bellezza


Mia riflessione in preparazione al Cafè Philo e alla mostra fotografica che si terrà il giorno 19 giugno allo Spazio23 di Via dietro il Coro della Maddalena a Genova.

Prima di tutto bisognerebbe intendere che cos'è la bellezza. Ricordando la Lectio Magistralis su questo tema, tenuta da Remo Bodei a Genova, rammento disse che non esiste una definizione uguale per tutti di bello, quindi non si può sapere cosa sia bello attraverso dei canoni fissi.
Il bello così dipende dalle varie civiltà, possiamo dire culture (Kultur in tedesco trova un corrispettivo-oppositivo in Zivilisation) per cui subentra il gusto.
Per la nostra civiltà occidentale, a partire dalle origini, in particolare dalla Scuola Pitagorica,- nella Magna Grecia intorno al VI-IV secolo a.C.- il bello è legato al buono e al vero. Ma in ogni cultura scopriamo che il concetto di bello viene legato al valore di vero e buono. Ancora gioca lo spirito religioso e per questo, la religione greca è molto legata all’idea di armonia, di proporzione e di limite: questa idea si trova anche nelle prime testimonianze.
La trinità Bello, Buono, Vero, trova riscontro nell'Armonia, Proporzione, Misura.
Ad esempio, nel Tempio di Apollo di Delfi c’è scritto che la misura è tutto; ogni aspetto della vita greca ha come ideale quello della misura: tanto il bello, quanto il vero, quanto il buono si basano appunto sulla misura. Se noi prendiamo la geometria pitagorica, sappiamo che possiamo costruire delle figure che sono, nello stesso tempo, vere, perché matematicamente basate, e belle. E così sappiamo che in Pitagora c’è una costruzione geometrica che stabilisce la lunghezza delle corde, quelle che noi chiamiamo "do", "mi" e "la", in modo che la lunghezza delle corde, quindi matematicamente stabilita e quindi vera, è anche bella come suono. La musica, d’altra parte, è l’unica arte in cui noi visibilmente ancora conserviamo: quella che per i Greci era la proporzione di qualsiasi arte; ogni arte manteneva insieme l’esattezza e il pathos, quindi la verità e la bellezza.
Detto ciò continuiamo a pensare e ad immaginare un bello dentro canoni che sono diventati parametri estetici. Con il Settecento, col filosofo tedesco Baumgarten, che per primo utilizza il termine estetica, il terreno dell’estetica comincia a impadronirsi della dimensione del senso. I sensi - la vista, l’udito, qualche volta il tatto o anche il gusto - non rinviano più oltre se stessi. Il concetto di bello si individualizza.
Con il gusto è implicito l'elemento soggettivo; il gusto è il più intimo dei nostri sensi: ha bisogno che l'opera d'arte venga introiettata dentro di noi. Da chi giudica. Il gusto però si forma. Il gusto è anche frutto di una costruzione, di una educazione, in cui si riflette anche il nostro grado di cultura.
Per concludere: sembra che tutto giri e ritorni...

venerdì, giugno 14, 2013

Razzismo e cultura- Miseria e qualità della vita


Non c'è niente da aggiungere alla notizia e dopo le conseguenze dell'attacco della leghista, ormai ex, Dolores Velandro detta Dolly, alla ministra Cècile Kyenge: 'nessuno stupra il ministro Kyenge?'. Ma una considerazione in merito alla cultura la vorrei fare. Ecco questa Dolores Velandro, ad esempio, forse è arrivata alla sua età (non è una ragazzina) senza mai porsi delle domande su di sé; sul suo essere donna, su cosa sia il mondo e i sentimenti umani: passaggi che comportano non solo informarsi e conoscere, ma di sentire la cultura.

Io ho sempre pensato che per una persona la vera ricchezza sia la cultura. Il sapere di sé, dell'altro e del mondo dove si vive, con l'acquisizione degli strumenti per distinguere il bello, il buono e il vero, sono per me le cose che aiutano a dare qualità alla vita al di là del possedere dei beni materiali.

Senz'altro quella Dolores, epigono razzista dei vari Borghezio, Gentilini e Boso, vive male ed è una persona molto infelice. Scaricando e augurando il male ad un'altra persona ritenuta un nemico, un simbolo del male-il proprio male-, dichiara di quanta miseria culturale è afflitta.

domenica, giugno 09, 2013

Ancora sulla Cultura


Dopo la lettura del libro di Marco Aime Cultura, la riflessione su ciò che caratterizza la nostra vita sociale continua.

P. Chauchard dice: 'L'originalità biologica fondamentale dell'uomo è il linguaggio e non il pensiero che da esso deriva'. Il pensiero è infatti l'immagine che costruiamo con le parole. Con la parola soggettiviamo l'oggettivo; con essa si suggerisce, si ordina, si domanda e si prega. La parola diventa potere. L'uomo così immerso nella sua costruzione ne diventa lui stesso prodotto: il prodotto della sua idea. Dal penso quindi sono, al sono quel che penso.
E' impossibile immaginare la vita senza il continuo scambio di messaggi tra uomo e uomo, tra uomo e cose, tra uomo e ambiente. In questo ambito percepiamo la vita e lo scorrere del tempo. Il nostro essere è così perso in un sistema infinito di rapporti. L'essere così non è il Sè, ma ciò che ansiosamente si idealizza nell'esperienza del pensiero e della relazione.
Come vediamo il linguaggio interpreta e costruisce la realtà. Parafrasando il paradosso di Wittengstein, si può dire che non si può negare una cosa che non c'è.
Il linguaggio raggiunge, con la parola, la più grande forma di condizionamento. Per Kant la capacità di illusione è dovuta alla primordiale potenza della parola. "Un lungo cammino è stato necessario affinché gli uomini capissero che le espressioni verbali, i 'flatus vocis' non è detto che siano una realtà". Ancora oggi non si è modificata la sopravvivenza della superstizione. La parola costruisce insieme l'oggetto della fobia e il pensiero, la malattia e la cura, la prigione e la libertà.
La lingua che uso è anche strumento del mio intimo dialogo e pervade tutto il mio essere. Il sentire è legato alla lingua: questi fonemi costituiscono il mio sapere. La mia parola è la lingua. La cultura diventa così l'attrezzatura al mantenimento della vita. Così tutto diventa naturale e la cultura strumento biologico. Così ci dividiamo in tedeschi, italiani, in arabi e americani, così ci uniamo e diventiamo unici.
La stessa psicologia non la si può immaginare senza un linguaggio; parole come: psichiatria, psicopatologia, psicosi psicoterapia, psicoanalisi ecc. sono parole nuove nate con gli studiosi, con lo spirito accademico e sono entrate nel nostro parlare. Segnano uno spirito del tempo che riflette la vita.
Lo sviluppo del linguaggio ha avuto nel XX secolo una forte accelerazione: impadronendoci dei termini, delle espressioni verbali, abbiamo creato una sottile catena che ci lega alla psiche e trasforma l'anima. Si, si può dire che il linguaggio fa l'anima e permette l'evoluzione culturale. Dal termine coltura derivato dalle società contadine e arcaiche, viene mutuato il termine: cultura. La capacità di intervenire nella crescita naturale delle cose della terra e di selezionare alcune piante invece di altre, di arare, di ordinare i campi, in contrapposizione al selvaggio, discende la cultura dell'ordinato, delle regole sociali e civili. La cultura, si può dire, diviene l'elemento di coltura della nostra prigione.
In "Simbolo e Codice" F: Fornari così scrive:"La cultura agricola, attraverso il codice che manipola gli accoppiamenti (le morti), si è sovrapposta ai codici genetici che hanno promosso la vita sul nostro pianeta, orientandoli in funzione dell'antropocentrismo. Essa si è però trovata a manipolare oggetti naturali stabilendo delle relazioni nuove tra dati precostituiti dalla natura. La nascita del simbolo ha permesso all'uomo di stabilire relazioni nuove e indefinite tra dati precostituiti da lui stesso in modo arbitrario. Ciò fa del rapporto tra i simboli e i loro referenti, il problema cruciale della nostra cultura: problema disperante se si tiene conto del fatto che lo stesso costituirsi dei simboli ha due livelli: uno affettivo, privato e ideologico, precostituito dalla natura, e uno operativo, totalmente sottoposto alla discrezionalità umana che si svincola dalla natura; facendo quindi coincidere ciò che è naturale con ciò che è privato e ideologico. La costituzione del simbolo ha in sé la possibilità di portare l'uomo a negare la sua dipendenza dalla natura, sovrapponendo ad essa una specie di onnipotenza della cultura".
Fornari, si sofferma poi, nel libro citato, sul consenso che con la costruzione di un codice culturale, -quale passaggio obbligato per arrivare dal Caos al Nomos- si passa dal disordine alla norma. L'uomo-idea, ha modificato senz'altro i rapporti uomo-coscienza, uomo-uomo, uomo-natura, uomo-società; ha legato un pezzo della sua storia individuale alla storia collettiva. Ha legato il sé a uno schema o modello di Progresso-Tradizione. Dallo scontro di questi due modelli nasce l'ideologia. Tra Tradizione e Progresso c'è la stessa dialettica che c'è tra l'Essere ed il Divenire.

martedì, giugno 04, 2013

Quei mille giorni della nostra vita di Anonimo Pompeiano

recensione al libro di Giorgio Boratto

Quei mille giorni della nostra vita si apre con un prologo che racconta paradossalmente un epilogo: in mezzo c'è la vita e dicendo questo svelo in parte ciò che è presente come un fil rouge: una morte che incombe su tutto... ma questo si sa è per la vita di ognuno. Allora? Fai presto allora...Non ti conosco bene. Così si chiude il prologo.
Ecco che gli 84 stacchi -così possiamo chiamare i capitoli, le parti, i titoli, i pezzi- che compongono il libro, diventano i momenti, situazioni di un unico racconto.

Anonimo Pompeiano compie la riflessione con un'anima ricca di poesia e che ha la dote di ricordare con la forza di un sentimento che non è nostalgia, è qualcosa di struggente e potente: l'amore per la vita.
Può esserci vita senza sogni? Impossibile. Come il giorno finisce nella notte, così la veglia affonda in un sonno che è ricco di suggestioni uguali a quelle della vita reale. Per questo Anonimo Pompeiano mischia racconti folgoranti con sogni scritti in corsivo: quasi un adagiarsi alla poesia, un arrendersi a ciò che non è possibile incontrare da svegli: I cantapedali di lana; Quetzalcoaltl; Il signor Martingala...

E' evidente dalla lettura del libro che l'autore, Anonimo Pompeiano, ha frequentazione con l'arte e con gli artisti, che a volte sono dive e attori, tanto bravi che sanno perfino bluffare e truffare con arte.
Rivelare chi si cela sotto la firma Anonimo Pompeiano non è importante, anche se quello che racconta è legato all'intimità, alla sua biografia; l'autore non si sarebbe nascosto. Il gioco degli specchi che il libro ci fornisce non cambia, forse si rafforza con l'anonimato perché sta nell'originalità del percorso individuare l'originalità della vita di ognuno.

Tra i pezzi c'è il registratore d'emozioni; l'autore scrive che bisognerebbe l'inventassero. Lui vorrebbe masterizzare con quello: attimi di felicità, giorni, un pallone e la nonna. Un registratore d'emozioni. Avanti fatelo: invoca...mentre lui lo ha già fatto e ce lo regala.
Anonimo Pompeiano ci regala questo registratore d'emozioni con Mille giorni della nostra vita, che di emozioni ne registra tante; e se quest'ultime non stanno in questo libro vivono nei nostri cuori, attraverso i mille richiami dei suoi scritti. Quel gioco degli specchi citato prima. Nel finale una bellissima filastrocca di E mi ricordo racchiude tante emozioni. Intervallato dal Mi ricordo di te, noi potremo dire tanto di noi.
L'amore è il sentimento più forte e, come per le donne, non c'è niente da capire. Funziona da solo. Amori diversi che troviamo in Ragazze, Rettili e Stelle.

Per i curiosi si può avere un assaggio delle emozioni, racchiuse nel libro, visitando la pagina facebook di Anonimo Pompeiano; sono 16 capitoli da leggere gratuitamente.

Edito da: Frenico/ePubblica- Editoriali Web. S.I.A.E. 2013- lo troverete in formato epub, ed è acquistabile collegandosi sul web ad uno di questi indirizzi: inMondadori, LaFeltrinelli.it, libreriarizzoli.it, bookrepublic.it, Hoepli, Frenico.com, ePubblica.com, Amazon Kindle Store, Apple iBooks Store, Nokia Reading, Excalibooks.com, LibraMente, unilibro.it, KoboBooks, Ebook.it, ebookvanilla.com, Feedbooks.com, Omniabuk.com, IBS.it e nei migliori eBook Store.

sabato, giugno 01, 2013

Prova video con Viola nel giugno 2012

Ecco un video rielaborato fatto un anno fa. Violetta è sempre più bella!!!

Diventare saggi


Diventare saggi, vecchi da ascoltare, forse è un sogno di molti. In verità l’ho pensato anche per me, di diventare un vecchio saggio. Non so se invecchiando poi lo sia diventato; certo che ho fatto un passo importante: la pace con il mio passato. Ora ripercorro tutti i miei ricordi senza inciampare più in emozioni dolorose.
Un altro requisito che accompagna il saggio è l'amore e questo in verità l'ho sempre coltivato. L'amore è quello che forse conserveremo insieme a tutto ciò che non ci può essere tolto. Quanto più si è in contatto con noi stessi, tanto più troveremo l’amore rivolto a tante persone.
Ma poi bisogna dire in verità che chi è saggio lo è perché i suoi occhi hanno letto il libro della vita. E' saggio chi ha conosciuto la ricchezza, la disgrazia, la miseria, la disperazione, la gioia e la felicità. E' saggio chi ha usato bene i suoi talenti...sì, ognuno ha dei talenti e deve riconoscere quali sono e non sprecarli. Con la saggezza impareremo che le cose essenziali della vita sono pochissime: l'amore, l'amicizia, il cibo, la casa e il lavoro...stanno sulle dita di una sola mano; tutto il resto conta poco.
La saggezza è dare il giusto perso alle cose; dare valore alle cose importanti e per riconoscere queste ultime come tali occorre la semplicità...
Mi piace l'aforisma che recita: la felicità è come un vestito, occorre essere nudi per indossarlo.
Non so appunto se invecchiando sia diventato saggio...certo è che ho l'umiltà dei pensieri; ho consapevolezza di essere uomo tra gli uomini, di non possedere nulla di più di quanto riesca a sopportare e a condividere. Insomma sto bene con me e a volte sento avvampare onde di gioia che mi fanno dire: la vita è davvero bella!