mercoledì, novembre 27, 2019

La Costituzione come antidoto al neoliberismo a cura di Luigi Fasce

La Costituzione come antidoto al neoliberismo
a cura di Luigi Fasce del Comitato Democrazia Costituzionale
Martedì 26 novembre alle ore 21 si è svolto presso il Circolo Bianchini in piazza Romagnosi 3 a Genova-Marassi un approfondimento ragionato sulla nostra Costituzione quale antidoto al neoliberismo oggi imperante.
Dopo la visione del breve video di Luigi Fasce che dialoga con la nipote Leda, (https://youtu.be/ylyl2Qs3SPA) -dove vengono date le risposte alle interrogazioni dei giovani sulle questioni del passato- si è aperto un dibattito condotto da Sergio Dalmasso, che ha avuto al centro il libro di Luigi Fasce: 'Politiche Costituzionali per le Riforme' edito da Biblion.
I vari interventi sono stati incentrati sulla grave crisi politica ed economica che attanaglia l'Europa ed in primis l'Italia. Sergio Dalmasso rimarcando la mancanza di un soggetto politico che sappia convogliare le giuste misure univoche e di sinistra ora che non ci sono più riferimenti in Europa neanche nazionali, sarà difficile trovare soluzioni o elementi a cui appoggiarsi per invertire la rotta presa dal liberismo. Non è più questione di avere una Carta scritta, la vera questione deriva dai rapporti di forza sociali. La attuazione della Costituzione ha avuto andamenti ciclici...questo è il vero nodo da affrontare. Abbiamo forse riferimenti diversi...Calogero, Capitini...

Per Luigi Fasce abbiamo comunque un manifesto politico rappresentato dalla nostra Costituzione che indica come muoverci per ritrovare un equilibrio sociale e di politica economica. Dobbiamo attuare la Costituzione o meglio ritornare ai suoi dettami che sono chiari: una Economia mista pubblico e privato con il settore pubblico che riesca a fare da traino e da calmiere alle intemperanze del neoliberismo. Abbiamo trovato delle convergenze negli anni che hanno portato allo Statuto dei Lavoratori; alla Sanità Pubblica e alla grande trasformazione sociale degli anni passati. Concorda Luigi Fasce della mancanza di un soggetto politico che si faccia carico di aggregare le varie forze che si ispirano alla Costituzione come elemento utile a tagliare le unghie al liberismo. Speriamo. Dobbiamo sempre tentare. Dobbiamo sempre cercare di ristabilire una convivenza civile, democratica e soprattutto più giusta. I dettami costituzionali hanno un fondamento ideologico che in un certo senso riportano a Marx; riportano che a chi detiene i mezzi di produzione comanda.

Per Sergio Dalmasso manca la spinta sociale utile a tramutare in fatti i contenuti ideali. Un altro intervento richiama, proprio per quanto detto, alla sovranità limitata dell'Italia nel panorama mondiale...

Ci sono stati a questo punto dei riferimenti al passato e al peso del debito pubblico accumulato nel tempo, quale impedimento alle nuove politiche economiche da mettere in campo. Luigi Fasce ha ricordato il suo video che tratta proprio di questo e per rispondere rimanda al grafico inserito che denuncia una maggiore crescita di quel Debito Pubblico proprio quando il potere economico pubblico ha rinunciato alla sua funzione regolatrice delle politiche neoliberiste. Il richiamo al Debito Pubblico ha sostenuto Luigi Fasce si è impennato proprio quando lo Stato ha lasciato tutto in mano al privato.

I ragionamenti si sono direzionati su diversi temi mettendo in sostanza in luce quanto il neoliberismo abbia tolto al potere politico la forza di incidere sulle scelte di politica economica. In sostanza comandano i detentori del Capitale; comanda la Finanza e il Mercato.

Luigi Fasce ancora una volta ha ribadito che tutto questo si può fermare ritornando alla nostra Costituzione. Chi ha abbandonato i dettami costituzionali sono stati proprio quelli che professavano una politica di sinistra; sono stati i più ligi ad allinearsi al neoliberismo. Dobbiamo recuperare gli antichi valori ritornando ad affermare una economia ecocompatibile, solidale e a traino pubblico.
Una serata molto interessante.

martedì, novembre 12, 2019

La via dell'odio

Senz'altro il filosofo che meglio di tutti incarna la Destra politica è il britannico Thomas Hobbes: secondo lui la natura dell’uomo è essenzialmente egoistica e a determinare le azioni umane sono solamente l’istinto di sopravvivenza e quello di sopraffazione. Hobbes ritiene impossibile che l’uomo si senta spinto ad avvicinare un proprio simile in virtù di un amore naturale; i legami di amicizia o di società degli uomini sono dovuti solamente al timore reciproco. Nello stato di natura, ovvero in quello stato non regolato da alcuna legge, ogni persona, mossa dal suo più recondito istinto, cerca di danneggiare gli altri e di eliminare tutti coloro che rappresentano un ostacolo al raggiungimento dei propri scopi; in altri termini, ogni individuo vede nel proprio prossimo un nemico. In sostanza Thomas Hobbes fa sua l'espressione latina Homo homini lupus per cui 'l’uomo è un lupo per l’uomo'.
Così è anche vero che non sia la guerra a interrompere la pace ma viceversa è la pace che interrompe la guerra. Quello che assistiamo anche oggi in Italia è il salire della rabbia che cova all'interno dell'intimo che a insaputa rovescia ogni forma di convivenza civile.

Fu l'inventore della psicanalisi Sigmund Freud a scoprire come nel profondo della condizione umana ci sia una 'pulsione di morte' che... scavando in silenzio, al di là del piacere, si acquatta sotto i brucianti languori e le furberie dell’Eros. Freud fu un pessimista circa le potenzialità evolutive dell'uomo: egli sosteneva che l'uomo rimaneva alla fine una cattiva bestia. La psicologia umana è cambiata poco da quella dell'uomo primitivo. Riproducendoci e recitando sempre le stesse parti, abbiamo per un certo verso fermato il tempo, cercato l'immortalità. Il percorso umano sempre diverso, ha nei corsi e ricorsi, qualcosa di simile, di uguale.
"Venendo al dunque, la vita è sempre lo stesso vino vecchio in bottiglie sempre nuove. Cambiano i contenitori ma l'uva è la stessa che dà sempre la stessa antica ubriacatura". (Campbell).
Per Freud abbiamo una specie di condanna a scontare traumi infantili, cattiverie e repressioni puberali, madri castranti. In breve lo "script" di una religiosità latente come la civiltà, elementi del divieto che frenano l'uomo e creano patologie con sintomi incontrollabili, sono le origini del malessere sostenuto da Freud in 'Il disagio nella civiltà'-libro scritto nel 1929. La società tende ad individuarsi come gruppo omogeneo, contrapposto ad altri gruppi, coi quali mantiene rapporti di amicizia. Quando le tensioni collettive diventano però troppo forti, troppo laceranti (magari per effetto di una situazione economica disastrosa, che porta inevitabilmente al disastro politico), la benevolenza reciproca si trasforma e diventa razzismo e xenofobia, conducendo al possibile esito finale della guerra.
per Freud la cultura e l’analisi ci danno la conoscenza ma negano la libertà, l'evoluzione, la spiritualità con un "sogno diverso" del suo. Per Freud, l'uomo è un animale cattivo e crudele che continua una storia di assassinii, di morte che riportano ad un parricidio: il peccato originale. Una colpa primordiale. Freud si rivela dunque un pensatore senza dogmi e soprattutto senza illusioni, che vede la società umana come una costruzione tanto necessaria e preziosa quanto fragile, in quanto pone a proprio fondamento la repressione delle pulsioni e riduce l’uomo ad essere un animale malato. L'uomo uccide sempre, e al di là di nemici individuati con diverse bandiere, ma, come necessità di sopprimere il padre. Il cristianesimo per questo ci aiuta facendolo uccidere da altri, gli ebrei appunto.

Interessante è l'aforisma di Melanie Klein- che insieme ad Anna Freud (la figlia di Sigmund Freud) portò la psicanalisi al centro della teoria psicoanalitica, ossia al bambino- che dice: 'L'uomo nasce cattivo e passa tutto il tempo della sua vita nel cercare di diventare buono. Non sempre ci riesce'.
Ancora leggendo il libro di 'Il discorso dell'odio' di André Glucksmann: 'Se Dio è fuori causa, sia perché non esiste o perché è troppo lontano, la fiamma che rischia di divorare l’umanità è umana, non riconducibile a una fatalità impersonale e automatica. Il principio distruttore è in noi, che ce ne rendiamo conto o meno, martellano gli autori tragici. L’odio serpeggia come la «peste» di Tucidide: non un’infezione bubbonica puramente fisiologica, ma una malattia essenzialmente mentale, che si impossessa dei corpi, delle menti e della collettività.'

Questa riflessione è senza illusioni; anche se io con il mio carattere positivo ho sempre pensato ad una scintilla spirituale, presente in ogni essere umano, che spinge al bene. Una scintilla spirituale che anima il principio di speranza presente nella filosofia di Ernst Bloch.
Nell'opera 'Il principio speranza' (pubblicata in tre volumi dal 1953 al 1959) Ernst Bloch sosteneva che speranza e utopia sono elementi essenziali dell'agire e del pensare umano. Egli intendeva così porre in luce il contenuto utopico del pensiero di Karl Marx, che viene ad assumere, nell'interpretazione di Bloch, una peculiare tensione messianica. Bloch tentò di stabilire un collegamento fra marxismo e Cristianesimo, poiché in quest'ultimo riconosceva un significato utopico, come speranza di una redenzione, che il marxismo avrebbe trasformato in una prospettiva rivoluzionaria.