giovedì, dicembre 29, 2005

Carceri oggi

Dall’appello di Papa Giovanni Paolo II ad oggi il dibattito sull’amnistia o indulto non si è mai interrotto, però non si è mai fatto nulla. A parole, per solidarietà verso chi vive il regime duro del carcere, molti si dicono favorevoli nei fatti nessuno fa niente. Eppure è un grave errore alimentare speranze per disattenderle. I detenuti, che in questi anni hanno sofferto in maniera incredibile dello sfascio del sistema penitenziario italiano, hanno solo la certezza della sofferenza. In carcere oggi ci sono solo i poveri cristi e quelli continuano a rimanerci. Io aggiungo che per gli altri, quelli che rubano e delinquono in giacca e cravatta, intervengono prescrizioni, buoni avvocati e leggi ad personam. Non c’è niente di più classista in Italia oggi, che la Giustizia.
Nei giorni scorsi mi è capitato di leggere la lettera di un detenuto:’…Il nostro futuro è fatto di sogni, come quello di avere un lavoro che ci permetta di pagare l'affitto di una casa e le bollette, ma una volta usciti di qui la realtà è un muro dove sbattiamo la testa senza ottenere alcunchè. Veniamo emarginati, costretti a prescrizioni quali la sorveglianza speciale e l'unica scelta che ci è concessa per sopravvivere è delinquere. Non siamo nati delinquenti, ma molti di noi lo sono diventati per bisogno. Sarebbe un bel sogno avere un lavoro e goderci i nostri figli mentre si divertono al parco-giochi. Ma per far sì che ciò possa succedere abbiamo bisogno dell'aiuto sia qua dentro che fuori e allora molti di noi cambieranno nell'interesse di tutti per un futuro senza più lacrime. Quando si bastona un pitbull per renderlo più feroce, si ottiene un pitbull ferocisimmo. La stessa cosa succede con noi delinquenti, fate in modo che ciò non avvenga…’.
Il nostro sistema carcerario continua a bastonare; continua ad essere scuola di delinquenza. Le nostre prigioni continuano ad alimentare il senso di ingiustizia, continuano ad insegnare l’odio. Volgere lo sguardo verso gli ultimi della società è un atto di alto cristianesimo, che i sepolcri imbiancati dei nostri politici non sono in grado di fare. Eppure molti di loro il carcere lo hanno conosciuto…forse per loro sì, troppo poco. Allora da me, un semplice: ‘Buon anno ai detenuti’.

martedì, dicembre 27, 2005

Le cronache di Narnia

‘«Le cronache di Narnia» è un film della destra ultraconservatrice e non andrò a vederlo’: così scriveva Davide Schenetti, su Italians il 17 dicembre; io forte delle mie convinzioni pacifiste, ma incuriosito, leggendo altre recensioni, lo sono andato a vedere. Devo dire subito che Davide forse ha scritto sull’onda di pregiudizi: il film ‘Le cronache di Narnia’ o l’armoire magique (l’armadio magico) non è un film ‘fondamentalista cristiano’ e neppure guerrafondaio, della destra ultraconservatrice, come si pensa. Ricordiamo che il film è tratto dal libro di C. S. Lewis, pubblicato nel 1950; anni della Guerra Fredda e con il mondo ancora confuso.
Nella battaglia conclusiva, del film, uno scontro soprattutto zoologico, non si riesce a vedere una goccia di sangue. Il leone Aslan che guida il popolo dei fauni, gli abitanti buoni di Narnia, si arrende a Jadis, la Strega Bianca, per salvare un ‘traditore’, il messaggio di perdono e pietà è evidente, ma io non vedo in Aslan un prototipo di Salvatore alla Gesù; lo vedo piuttosto a rappresentare l’Inghilterra, uscita da poco vincitrice nella guerra contro il nazismo. La strega Jadis poi la si potrebbe vedere anche una raffigurazione di Bush che si vuole impadronire del mondo-Narnia. Ambivalenza ed equivocità della simbologia.
Nel film ci sono tutti i personaggi della mitologia: descritto da uno scrittore amico di Tolkien, creatore del Signore degli Anelli, con cui si confrontò per queste storie fantastiche. D’accordo che ci sono molte ‘cadute’ di stile come il brutto doppiaggio del leone Aslan e un Babbo Natale incredibile che regala armi, ma in sostanza, ‘Le cronache di Narnia’, è un film per adolescenti. Insomma, un prodotto del genere fantasy per i bambini di ogni età, una favola come molte - prodotta da Walt Disney- con la sua morale, il bene e il male a contrastarsi con il trionfo dei buoni sentimenti nel finale. Cose già viste e senza aver mai pensato a implicazioni religiose e ideologiche. Volendo fare sofismi si potrebbe dire che moltissime favole si presterebbero a interpretazioni simboliche uguali a quelle dedotte da Davide.
A vedere questo film forse si ha la conferma di come l’infanzia sia sempre attratta dalle solite storie: il mondo fatato che fa parlare gli animali come gli umani, fa saggio un leone e cattiva una strega. Poi si sa, qualunque cosa diciamo, o fantasia sogniamo, parliamo sempre di noi. E chi meglio parla di noi se non il mito e la fiaba? Forse il cuore dell’umanità non è cambiato molto. Rallegriamoci però che vinca sempre l’azione volta al bene, ai valori di onestà, di pietà, di pace e d’amore…la strega cattiva, nel film dice:’l’amore è solo una parola’; noi continuiamo a credere il contrario.

lunedì, dicembre 19, 2005

Fra trent'anni

Ho appena letto su un quotidiano che oggi è possibile spedire una e-mail che sarà ricevuta fra trent’anni da noi stessi, se ci saremo ancora, oppure dalle nostre generazioni future. Questo per ‘comunicare le proprie aspirazioni, i sogni e i progetti…e come abbiamo vissuto un certo periodo della nostra vita’. Così recita l’articolo. Bene. Bella trovata. A parte che le nostre poste molto spesso, senza la moderna tecnologia, ci aveva già fornito l’arrivo di comuni lettere con una distanza ragguardevole di tempo, ora possiamo avere questo nuovo servizio ‘assicurato’: una posta ‘prioritaria’ all’incontrario. Come dire una normale procedura di ritardo, programmato anticipatamente. Bene. Che testa questo Matt Sly, così si chiama, per davvero, l’inventore.
Approfitto dell’occasione e scrivo subito a mia figlia, non a me stesso come si suggerisce per un romantico incontro su ‘come eravamo’. Fra trent’anni penso di non esserci e, se per caso ci sarò, non in condizioni di leggere con tenerezza quello che scrivo oggi, ma solo con una grande incazzatura.
Cara figlia, come stai? Stai ancora lavorando? Questo lo so già: ti mancano ancora 10 anni prima che tu possa percepire un assegno di previdenza sociale… scusa hai ragione, non si chiama più così: ora è una assicurazione vitalizio per la vecchiaia Ma in fondo hai solo 60 anni, sei nel pieno dell’età. Coraggio, nel frattempo penso che avrai raggiunto le 30 ore di lavoro settimanali e allora? So anche che ora morite tutti dimostrando anche 50 anni di meno; però le malattie ci sono sempre. Avete debellato il cancro?
Oggi è un lunedì di dicembre del 2005 e fa ancora freddo come negli inverni di mio nonno: alla faccia dell’effetto serra. Meno male. Al governo c’è ancora Berlusconi e si spera che sia l’ultimo anno. Così ti sarà evitata una dinastia di Silvi. Nel frattempo credo sarà stato fatto al capostipite un funerale di Stato italiano e non padano: una revisione storica gli riconoscerà meriti di esemplare italianità. Infatti, fra un po’ gli italiani saranno tutti diversi: saranno un po’ più moretti di pelle, parleranno anche spagnolo e arabo, però mangeranno sempre pizza e spaghetti. Me lo confermi? Ti ricordi quante cazzate facevamo? Eravamo all’inizio del secondo millennio; avevamo in corso molte guerre: la più grossa era quella in Iraq…a proposito esiste ancora quel paese? Ti ricordi la nostra tecnologia? Conservi ancora quel telefonino che faceva anche le foto? Mi accorgo che ti faccio molte domande senza senso perché a me le risposte non arriveranno e neppure mi interesseranno nel momento che me le darai. Come vedi tutte le scoperte, come questa che stai provando, in sostanza hanno solo un obiettivo: farci sentire immortali…ma poi hanno valore solo se ci permettono di dirci che ci vogliamo sempre bene e io te ne voglio ancora tanto. Un affettuoso saluto da papà e mamma…ma lei la penso ancora lì, vicino a te. Buon 2036.

giovedì, dicembre 15, 2005

Fascismo, nazismo e comunismo

Fascismo, nazismo e comunismo, per la comune visione omnicomprensiva del sistema sociale, sono stati i regimi totalitari che hanno segnato più di ogni altra cosa il secolo passato. Con questo è però necessario, a mio avviso, continuare a rimarcare la profonda diversità esistente tra fascismo, nazismo e il comunismo.
Mentre il comunismo poggia su una razionale ideologia politica, che si rifà al materialismo storico e dialettico per emancipare le classi subalterne, nel fascismo e nel nazismo prevale una filosofia ed una componente psicologica arcaica irrazionale. Il fascismo e il nazismo più che politica la loro affermazione fa leva su pulsioni infantili e oscure: il bisogno di un padre-duce, un’idea di superiorità, che giustifichi il massacro dell’avversario, il bisogno tribale di identità di sangue forti e il dare voce alla parte peggiore di ognuno di noi, mascherandola di perbenismo. Insomma, un po’ di fascismo e nazismo lo portiamo dentro tutti, a differenza del comunismo che è una pia aspirazione di universalismo beneaugurate; un allargamento del potere democratico: la sconfitta dell’egoismo a favore di una umanità superiore. Il fatto di vedersi ‘comunisti’, vincitori dell’egoismo capitalistico, crea poi in verità dei perfetti aguzzini: proseguendo la manichea divisione tra il bene e il male. E il male, anche qui, è sempre dell’altro.
Ricordiamo, poi sempre, che nessun dittatore o folle tiranno sarebbe riuscito a fare tutto quello che è stato fatto se non avesse avuto il consenso di molti uomini perbene, di molti cittadini normali, di molti bravi impiegati e ciechi seguaci. Questo deve farci pensare. Intanto sapremo che, proprio per le sue prerogative psicologiche inconsce e collettive, il nazismo e il fascismo sono sempre in agguato. Le proiezioni malefiche proseguono sempre…come è difficile diventare padri di se stessi! La politica spesso non aiuta, come dovrebbe, a conquistare l’autonomia economica e sociale. Qualcuno si presenta sempre come il salvatore, colui che ci risolve i problemi e tiene lontani i nemici. La politica invece che garantire gli strumenti, i pari diritti e le pari opportunità a tutti i cittadini, naturalmente con i pari doveri, dà poteri a quel qualcuno che, poi state certi, si eleverà al di sopra di tutti. La storia purtroppo si ripete.
Poi il ‘sogno’ comunista, fin qui conosciuto, è passato spesso attraverso coercizioni inumane, spacciate come una ‘nuova umanità’. Uno dei crimini più grandi del comunismo staliniano è stata la deportazione di massa di intere popolazione dai villaggi per cancellarne le radici e gli spiriti di appartenenza.
C’è sempre qualcuno che vuole il nostro ‘bene’, la nostra felicità, consegnandoci un fucile e indicandoci il nemico. Sta a noi saperlo distinguere in tempo.
In fondo poi la differenza sostanziale tra fascismo e quelle comunismo è anche filosofica: il fascismo non nutre nell’uomo nessuna fiducia e trova giusto usare il bastone per raddrizzarlo: riconosce l’uomo peccatore salvo poi assolversi dai propri crimini. Per il comunista c’è una forte e cieca fiducia nell’uomo e nelle sue possibilità di riscattarsi, di evolvere in un futuro luminoso…salvo poi, anche qui, scontare i continui peccati di grandezza in una miseria generalizzata.
Ah, dimenticavo, per i fascisti e nazisti state certi che gli ‘altri’, quelli che non sono con loro, sono solo comunisti. Un altro modo per distinguerli.

martedì, dicembre 13, 2005

L'arco di Kim Ki-duk

Di Kim Ki-duk, eclettico regista coreano molti ricorderanno ‘Ferro3- La casa’ oppure ‘Primavera, estate, autunno, inverno…e ancora primavera’ e, sull’onda dell’interesse del pubblico per questo autore, ripescato dalla sua produzione precedente, ‘La samaritana’; ora è visibile sui nostri schermi, l’ultima sua opera: ‘L’arco’. I film di Kim Ki-duk sono riconoscibili per l’essenzialità del racconto, la pulizia delle immagini, l’alto contenuto simbolico e l’accostamento poetico ai temi della vita nei suoi passaggi principali: innocenza, peccato, giovinezza, amore, maturità, dolore, vecchiaia, morte.
L’arco, che dà il titolo al film, suona, lancia dardi, legge il destino e stabilisce con la sua curvatura simbolicamente il tempo. Una parabola della vita. Il film, come i precedenti, è scarso di dialoghi, parlano le immagini come sempre curate, con interpreti sconosciuti ma bravissimi.
La storia: su un vecchio barcone, come un’isola, un vecchio vive con una ragazzina, raccolta bambina dalla strada molti anni prima. La barca è usata per la pesca da cittadini che il vecchio imbarca di volta in volta. Il vecchio attende pazientemente che la ragazza compia 17 anni per sposarla, coronando così il sogno di un matrimonio tradizionale. Nel frattempo con l’arco, il vecchio suona e difende la ragazza dagli avventori a bordo che la insidiano; l’arco serve anche a predire il futuro lanciando delle frecce su un buddha, disegnato nella fiancata della barca, scansando la ragazza che le dondola di fronte su un’altalena. In agguato però ci sarà il ‘primo amore’, la scintilla sentimentale tra la ragazza ed un giovane cliente pescatore. Il vecchio non si rassegna e cercherà in tutti i modi di trattenere la ragazza, che il giovane vuole portare via con sè…
Musica, colori, primi piani intensi scandiranno i tempi della storia, per giungere ad una suggestiva e mirabile conclusione. Un’altra grande opera di cinema. Un esempio di come il cinema riesca ogni volta a stupirci parlando un linguaggio universale… l’esempio oggi ci viene dalla Corea. A noi italiani resta il rammarico di non essere stati noi a farlo.

giovedì, dicembre 08, 2005

Verità sulle guerre

Come sempre la verità sulle guerre arriva a pezzetti; arriva in piccole dosi attraversando le maglie della censura e di quello stato di giornalisti embedded –ovvero arruolati, aggregati alle truppe combattenti- cui la stampa viene sottomessa. Così dopo le bombe proibite al fosforo, usate nella strage di Falluja (la città martire irachena) ora si hanno le immagini della battaglia di Nassiriya, combattuta dai nostri soldati i missione di pace: così si dice per chi ci vuol credere.
In seguito si vedranno i film sulla guerra e le atrocità che sempre le accompagnano; ci saranno quelli che chiuderanno gli occhi, quelli che le giustificheranno e quelli che si meraviglieranno, dopo averla dichiarata e fatta. E’ sempre un già visto, una ripetizione di violenza e dolore che dovrebbe insegnare qualcosa, ma si sa che i Bush, i Blair e gli omini come Berlusconi o Aznar si trovano ogni volta pronti a fornire ragioni superiori, ragioni di democrazia, di potenza, di ordine mondiale, dopo un classico pretesto che si chiama Lusitania, spazio vitale o arma di distruzione di massa.
La guerra è anche la prova della potenza della censura. Durante i bombardamenti spariscono le morti civili, tutto deve apparire asettico, come operazioni chirurgiche dove viene tagliato solo il male. Ogni volta però delle immagini e le notizie trapelano e allora un’altra guerra di parole, di contrordini, di nuove ragioni cerca di bloccare le notizie; ma solo gli stolti, solo chi ha interessi sporchi e non dichiarabili può sostenere la ragione della guerra. Ma servirà a ricordarlo ancora? Eppure le immagini che giungono in ogni luogo della Terra basterebbero da sole, a condannare la guerra in ogni forma e per qualunque ragione. Ma dopo quelle delle torture, quelle dei morti civili in maggioranza bambini, non si vuole far vedere. Qualcuno nasconde l’obiettivo, invoca altre nuove ragioni per la vecchia censura: sappiate che quello è il guerrafondaio che resiste.

martedì, dicembre 06, 2005

Vai e Vivrai

Vai e Vivrai è un film di Radu Mihaileanu, conosciuto come il regista di Train de vie; questo nuovo film affronta il tema delle radici, dell’identità in un mondo sempre più diviso e incomprensibile. La traduzione del titolo originale- Va, vis, diviens - è va, vivi e diventa, e quel diventa è un viaggio a ritroso di un bambino cristiano, che si fa passare per ebreo falasha, verso la sua Africa. Il viaggio, raccontato con sapiente ironia e melange d’emozioni, porterà il bambino a diventare uomo e a trovare sua madre, che lo aveva abbandonato per farlo sopravvivere. Tre fasi della vita di Schlomo, vengono raccontate coinvolgendo lo spettatore in un affresco storico e sentimentale come raramente capita di vedere. la verità di Schlomo, così si chiama il protagonista, è di essere nero; il resto è tutto da ricercare e dimostrare. Razzismo, pregiudizi, identità, radici e avvenuta maturità accompagnano la storia di Schlomo, rendendoci partecipi con originali punti di vista: conosciamo veramente Israele? Gli ebrei dalla pelle scura? Il dramma di popoli senza futuro? Quello che però, come nella vita, non ci lascia mai sono le contraddizioni; quel disperato modo di vivere ed esserci, con risate e lacrime, con tenerezza e incazzature. Nel bel film di Radu Mihaileanu c’è tutto questo.
Dentro questo film, poi c’è molto dell’esperienza di vita che il regista ha fatto: Radu Mihaileanu ha cambiato cognome, è fuggito dalla Romania; è passato da Israele prima di approdare in Francia, ovunque andava si sentiva straniero…tutto ciò è diventato ricchezza umana e materiale per nuove storie da raccontare: una, bellissima, è questa: ‘Vai e vivrai’.