venerdì, novembre 27, 2015

La bellezza di Dio (negli anni della grande crisi) di Agata Dovì – edizioni liberodiscrivere©

Il libro di Agata Dovì porta un titolo 'La bellezza di Dio (negli anni della grande crisi)' che rimanda ad un saggio, ad una indagine socio-fiosofica, invece è un romanzo che racconta la storia di Lisetta Cantalupi, figlia di Rossana la Rossa, ballerina di avanspettacolo, e allevata da Creola, una meticcia.

La storia di Lisetta, procede attraverso cinque sogni e diversi personaggi tutti al femminile, con l'aggiunta di un amore verso Filippo Beaumont, un libraio. Un altro personaggio la cui bellezza di Dio è visibile a pochi.
Il racconto è alternato da una prosa cronachistica a una più poetica; dove i sentimenti vengono sviscerati tra ritrosie, pudori, paure e difficoltà.

Si può pensare che ognuno di noi abbia dentro di sé 'la bellezza di Dio', insomma una piccola scintilla di divino la conserviamo tutti; d'altronde -si dice- siamo stati fatti tutti a immagine e somiglianza di Dio...ma quella che accompagna Lisetta è una bellezza che è data a vedere solo poche persone: Lisetta ha una forma di paraplegia che la fa crescere con difficoltà e questa menomazione la rende 'invisibile' agli altri.
Eraclito diceva che il carattere di ognuno è il destino...per Lisetta è quanto più vero. La sua solitudine con la sua menomazione deambulatoria le daranno una introversione che sotto certi aspetti maschera una bellezza di Dio ancora più vera...allora cosa le riserva il destino?

Agata Dovì, non so con quanta consapevolezza, è riuscita a costruire la storia di Lisetta Cantalupi con questa verità. Nella quarta di copertina si legge:
'Aveva grandi mani con corte unghie di perla e pallide dita che danzavano sempre nell’aria al suono di archi che solo lei sentiva. Con esse tracciava il sentiero di una magica infanzia che le bambine percorrevano seguendo il volo di quelle due bianche colombe...'.

Questo è un romanzo al 'femminile' nel senso che la protagonista e i principali personaggi sono donne; sono donne che pur dentro le mille difficoltà sanno trovare la chiave di un sentimento d'amore verso chi le sta vicino. Lisetta troverà anche un amore...ma quello verso un uomo che seguirà un'altra storia: una storia che rimanda, questa sì, alla grande crisi che investe tutto e tutti. Ma il finale non si svela. Lo svelerà un epilogo.
Con Lisetta il lettore si troverà a ripercorrere un tempo lungo e pieno di fatti quotidiani che poi riempono la vita di ognuno. Fatti che come si diceva determinano il destino come i tratti del carattere. Che allora l'impressione di un saggio socio-filosofico sia vera? La cosa non spaventi: qui c'è la fantasia e la poetica di un romanzo; quindi il piacere del racconto da condividere.
A questo proposito Agata Dovì, con questo ultimo suo libro, è alla settima pubblicazione di suoi romanzi. Una bella testimonianza di voglia di raccontare e condividere storie.
Ecco i titoli: La lunga estate di Ester; Con gli occhi dei Bianchi Gabbiani; Dove il vento è sempre salato; I sogni di Sebastiano S.; Un radioso risveglio; Nel segno dei gemelli...e oggi: La bellezza di Dio, negli anni della grande crisi.

Questo libro l'ho presentato oggi insieme alla figlia, Mariella Angela Zapolla, valente musicista che ha trasportato, in una sua composizione per violino, i personaggi del romanzo.

giovedì, novembre 19, 2015

Il terrorismo islamico? Un nichilismo di chi ha rimosso cultura, sapere e storia

Il più vecchio dei terroristi è nato nel 1984. I terroristi che hanno colpito il 13 novembre Parigi, uccidendo altri giovani coetanei, sono nati tutti in Europa, nella stessa Europa che da sempre è stata culla dei diritti e esempio di laicità. Ora c'è da chiedersi che cosa abbiano assorbito quei giovani per arrivare a tanto orrore. Quale cultura li ha permeati? quale illusione li ha sedotti? Quali credenze e odio li ha portati a disprezzare la propria vita e insieme quella degli altri? Sono molti gli interrogativi che sollevano ed è difficile dare una risposta univoca.
I terroristi sono giovani compresi in una fascia di età tra i 20 e i 31 anni. Non che ci siano percorsi uguali tra i terroristi e le loro vittime: eppure una stessa società li ha partoriti. Sì, c'è lo stesso mondo occidentale che ha decretato la fine delle illusioni umane, facendo decadere il senso della vita con la perdita di ogni certezza. In termini filosofici quello descritto da Nietzsche. Ma poi?

Per combinazione in questo periodo sto leggendo il libro, di Winfried George Sebald, 'Storia naturale della distruzione' e una risposta mi è venuta da questa opera.
in questo libro straordinario, dello scrittore tedesco, si racconta il grande trauma della Seconda Guerra mondiale soffermandosi sull’apocalisse dei bombardamenti aerei che ridussero il suolo tedesco in macerie. Macerie che a loro volta erano state portate dal popolo tedesco in altri luoghi d'Europa, seminando terrore tra le popolazioni civili, oltre a devastare quanto fosse stato edificato nei secoli passati. La domanda era: perché non c'è stato uno scrittore tedesco che abbia raccontato l'epica di quei fatti? La risposta che l'autore dà a quegli avvenimenti sono molteplici.
Poteva essere quella di una elaborazione della colpa dei tedeschi su quanto succedeva; un'altra era senz'altro dovuta al controllo totale che il nazismo era riuscito ad esercitare nella vita dei tedeschi regolamentandone anche i sentimenti più intimi. Una aberrazione che si estese dalle famiglie a tutta la società. Come si poteva non credere nel mito germanico? Il popolo tedesco non era forse il popolo ariano che avrebbe dovuto governare e sottomettere il mondo? Allora non c'era da piangere, non c'era che sopportare, con stoica determinazione, ciò che loro in fondo avevano previsto per gli altri. Ricordiamo Guernica; Londra; Stalingrado...in ogni caso le esperienze raccapriccianti, gli orrori terrificanti resero al silenzio tutti. Non c'erano e non esistevano parole che potessero raccontare o descrivere quella realtà di morte infernale, di crudeltà immaginabile. Ma poi, una delle ragioni- la risposta che risulta la più importante del libro- era la perdita di memoria personale e collettiva, la mancanza di ricordi. La rimozione della tragedia, il cui potere è distruzione esso stesso.

Così ho l'impressione che una rimozione della propria storia personale e collettiva sia avvenuta, in questi trentenni terroristi, lasciando uno spazio ad una violenza che andando oltre il trasferimento del patrimonio culturale - che si scambia solitamente tra nonni, padri, madri e figli- si sia inserita in queste anime appropriandosi delle coscienze. La violenza per certuni diventa così paradossalmente 'naturale'. Naturale come la morte.
Ci sarà la possibilità di chiudere questi vuoti con storie e memorie? Non bisogna mai smettere di raccontare ciò che eravamo, ciò che siamo e ciò che dovremo continuare ad essere: umani con pietas e gnosi.

lunedì, novembre 16, 2015

Cose stupide. Cose naturali. Cose atroci come il terrorismo...

Scritto che avevo pronto per la pubblicazione in questo blog; visto quello che è successo a Parigi nella notte tra il venerdì 13 novembre e il sabato 14, mi ha fatto aggiungere qualche riflessione per l'attualità del discorso.

E' inutile dire che l'uomo nella sua vita fa tantissime cose stupide; è un segnale della sua limitatezza e insieme della sua pericolosità. E' anche un segnale della diversità dagli altri animali.
Al primo posto delle cose idiote che fa l'uomo senz'altro c'è la guerra. Questa esercita un particolare fascino e l'istinto distruttivo fa vedere anche una bellezza nella devastazione, nelle macerie, nello scoppio di una bomba...con la guerra perseguiamo una distruzione di un nostro simile senza alcun senso: la mors tua vita mea è in realtà morte di tutti.

Ma tutto nasce da una idea. Già, nell'assecondare e promuovere gli interessi nati da una idea che si è sistemata nel proprio cervello, gli umani tralasciano la salute personale, la possibilità di avere figli, compiono enormi sacrifici, soffrono pene pesanti; non dimenticando altresì di dare anche la vita. Ad esempio sull'idea di Giustizia, di Libertà, Democrazia, Verità si è disposti anche a morire. Tutte queste cose ci distinguono dagli altri animali.
Soprattutto in questi giorni vediamo diffondersi la morte attraverso il terrorismo religioso: una nuova forma di diffusione del terrore in nome di una ideologia religiosa sanguinaria.
Le idee su Dio e sulla religione sono quelle che più hanno permeato i comportamenti umani: insieme hanno aperto la ricerca della trascendenza e di qualcosa di superiore alla propria Natura; questo però ha fatto nascere anche le cose peggiori e cretine fatte dall'uomo.
Sigmund Freud ne L'avvenire di un'illusione dice chiaramente che il concetto di Dio, ideato alto e puro, al contrario non è certo la possente personalità di una dottrina religiosa, ma una ombratile parvenza. Allora cosa è servito?

La religione e le sue credenze hanno avuto alti e bassi nella storia umana. In questo periodo pare che le religioni siano diventate un elemento di identità forte. Oggi molti popoli tengono a rivendicare il loro credo religioso come comune appartenenza culturale. In momenti di globalizzazione, di uniformità dei mercati e delle mode, la religione diventa per molti uomini e donne l'elemento di distinzione. L'integralismo religioso specie quello islamico sfocia poi in guerre, terrorismo e fanatismo. Cose stupidissime e insieme pericolosissime.

L'esistenza di idee così forti e radicate nell'uomo hanno una spiegazione scientifica: come abbiamo potuto avere a partire dall'Homo Sapiens, quel punto di vista così straordinario sulle nostre vite? Su vite da spegnere o donare nel nome di un Dio astratto?
Le credenze hanno una origine nella storia evolutiva dell'uomo quando ha iniziato a porsi le domande: 'Perché il Sole sorge e tramonta? Perché si nasce e si muore? Perché ci si ammala?'. Questo bisogno innato di trovare sempre una spiegazione ai fenomeni che ci circondano rende molto semplice, quasi automatico, il passaggio verso l’accettazione di credenze ingiustificate e sovrannaturali.
In fondo, credere è facile. Con la conseguente evoluzione del cervello e lo sviluppo dei concetti di causa ed effetto, la nostra mente è stata 'geneticamente programmata', diventando una vera e propria 'generatrice di credenze', un meccanismo utile ed essenziale per la sopravvivenza della specie. Le credenze fanno così parte della nostra identità.

Infine, se le credenze ci hanno aiutato a superare molti passaggi dell'evoluzione, oggi con l'assunzione della Cultura a nuova Natura corriamo il rischio che le credenze distruggano la nostra vita.
Ad esempio chi ha credenze mistiche fondamentaliste -e li troviamo in tutte le religioni- crede che la vita futura sia più importante di quella presente, per cui a differenza di chi pensa la vita sia tutto ciò che abbiamo e che dovremo godercela aiutando gli altri a godersela, è pronto a far saltare in aria il mondo.

Ma penso che alla fine la ragione prevarrà; la ragione della Natura, quella che ci vuole animali tra gli animali e soggetti ad una legge evolutiva, prevarrà e non ci saranno i vincitori della Cultura di Morte.
Certo che non va dimenticato che tutte le religioni non sono uguali e che i fondamentalisti religiosi professano ogni religione, per cui si perseguono ideali di verità in modo fanatico portando attaccamenti e sottomissioni (da notare che Islam significa proprio questo, sottomissione) a degli stessi risultati.
Nel frattempo ci vorrebbe meno Religione e più Scienza. Il laicismo non si insegna mai abbastanza.