mercoledì, dicembre 30, 2015

Buon anno 2016 nel nome di Ernst Bloch

Io appartengo ad una generazione che non ha visto la guerra. La prima generazione dopo molte che l'hanno vissuta.
Alla mia generazione la guerra è stata raccontata dai padri. I loro occhi videro immagini che si augurarono i loro figli non dovessero vedere mai. Mai più. Quelle atrocità; quelle crudeltà e insensatezze vissute nella guerra avevano segnato le loro vite in modo indelebile.
La mia generazione non ha vissuto la guerra e ai nostri figli abbiamo consegnato un certo benessere. Abbiamo allevato figli, che ora sono a loro volta genitori, senza raccontare di guerre; di morti e dolori immani. Certo abbiamo vissuto stagioni difficili quali il terrorismo, lo stragismo politico, le congiunture economiche, catastrofi naturali come terremoti e alluvioni, difficoltà sociali...ma mai qualcosa paragonabile alla guerra. Così ora son tre generazioni che in Europa si vive in pace. Questa è una cosa buona e bella.

Nonostante questo rallegramento oggi viviamo con la paura del terrorismo che è connotato da ideologie religiose: ci sono dei fanatici, che si proclamano islamici, pronti a farsi saltare in aria uccidendo a caso chi si trova vicino a loro. Anche loro sono prodotti di guerre lontane che rimbombano tra le nostre case. Qui sta scomparendo la generazione che ha vissuto le atrocità delle guerre e delle dittature europee. Non ci saranno più i testimoni capaci di raccontare ciò che hanno vissuto.
La memoria cosiddetta collettiva pare esaurirsi con queste persone; abbiamo molti strumenti per prolungarla: ci sono libri, filmati, documentari, registrazioni audio, archivi giornalistici, ecc.. eppure moltissimi giovani hanno una forte ignoranza di ciò che accadde.

Inoltre si riparte con pseudo nuove ideologie di sterminio verso chi non è come loro; altri vorrebbero riportarci ad un passato inneggiando a dittatori e dittature di cui non hanno conoscenza.
Sembra che ripercorrere un cammino sempre uguale, rinascendo bambini ignoranti ogni volta, sia l'atroce condanna di ricapitolare ogni volta la storia. E' così? Pare di sì. Ma tutto può cambiare.

Certamente l'augurio per l'anno che verrà non può essere che di speranza e ottimismo. Sì quel principio di speranza che per il filosofo tedesco Ernst Bloch è un lavoro che si impara poiché l'atto di sperare è superiore alla paura. La speranza è un lavoro che forma il nuovo allargando gli orizzonti umani. Ernst Bloch ricorda anche la capacità dell'uomo, nella costruzione tramite la fantasia, dello spirito utopico, che permette la realizzazione di un uomo che non è mai ancora nato, l'homo absconditus: l'uomo inedito tra ciò che è e che potrebbe essere.
Magari con ciò riusciremmo a sconfiggere la condanna di ricapitolare ogni volta la storia passata. Già, un nuovo mai vissuto dove l'uomo esiste per l'uomo. Buon 2016 come portatore di buone novità.

martedì, dicembre 29, 2015

Lettera sulla Felicità di Epicuro

25 anni fa veniva pubblicato un librino di 32 pagine, che apriva la collana delle 'millelire' per Stampa alternativa dell'editore Marcello Baraghini, dal titolo Lettera sulla Felicità di Epicuro.
Questo testo, di ventitre secoli fa, in forma di lettera all'amico Meneceo parla a noi con estrema semplicità dell'etica, della felicità e di come perseguirla.
Epicuro di Samo, vissuto tre secoli prima di Cristo, insegnava filosofia ai suoi discepoli all’ombra degli alberi del suo giardino. Il suo pensiero, per certi versi pragmatico, era trasmesso dai suoi discepoli, che erano conosciuti come i 'filosofi del giardino'. La sua filosofia arrivò a scontrarsi durante l'impero romano con il Cristianesimo -divenuto religione di Stato- e fu molto in voga fino a quattro secoli dopo Cristo.

La lettera a Meneceo si apre con un’esortazione a praticare la filosofia, unico vero mezzo per raggiungere la felicità. Secondo Epicuro ogni età è adatta alla conoscenza della felicità, da giovani come da vecchi è importante e giusto dedicarci a conoscerla: da vecchi, vivendo una nuova giovinezza ricordando la felicità vissuta in passato, da giovani per non temere il futuro. Perché la felicità è in assoluto il bene sommo: quando la raggiungiamo non ci manca nulla, quando non la abbiamo facciamo di tutto per ottenerla.
Saggezza e felicità non sono disgiunte. La saggezza ci insegna che è saggio colui che non si abbandona alla superstizione, non teme la morte, considera la vita un bene ed è selettivo rispetto al suo tempo. La vita beata e saggia è, perciò, capacità di scelta.
La felicità non può esistere senza il piacere. Un pensiero che, contrariamente a tanti altri, non ha mai fatto e non può fare male a nessuno, che invita ad amare se stessi e soprattutto a rispettarsi, azione primaria per non danneggiare i nostri simili. Epicuro è così uno fra i pensatori più amati e odiati di tutti i tempi, senz'altro il più mistificato, equivocato, vilipeso, il cui pensiero è come un incubo nella storia del cristianesimo. Il cristianesimo considerato il più grande propagatore di sensi di colpa e rifiuto del piacere.

Secondo il pensatore di Samo l’uomo possiede una naturale predisposizione alla religiosità e la nozione di divinità ci suggerisce che la materia divina sia eterna e felice. Perciò non va contro la divinità e agli dei colui che rifiuta la religione popolare, bensì chi gli attribuisce caratteristiche che sono proprie degli uomini.
Come altro farmaco Epicuro consiglia di non temere la morte. La morte non è nulla per gli uomini, dal momento che il piacere e il dolore sono entrambi percepibili tramite i sensi e la morte altro non è che la cessazione del sentire. Chi giungerà a questa consapevolezza sarà a maggior ragione spinto a godere ed apprezzare la condizione mortale della propria vita, privato dell’illusoria speranza di una vita futura immortale. È anche sbagliato temere la morte perché è doloroso sapere che prima o poi giungerà: infatti ciò che non causa dolore sopravvenendo è inutile che ci addolori nell’attesa.
In sostanza per Epicuro la morte non significa nulla né per i vivi né per i morti: quando ci siamo noi la morte non c’è, quando c’è la morte non siamo più.

Importante passaggio è poi quello sulla semplicità che rafforza l'essere saggio:
' I sapori semplici danno lo stesso piacere dei più raffinati, l'acqua e un pezzo di pane fanno il piacere più pieno a chi ne manca. Saper vivere di poco non solo porta salute e ci fa privi d'apprensione verso i bisogni della vita ma anche, quando ad intervalli ci capita di menare un'esistenza ricca, ci fa apprezzare meglio questa condizione e indifferenti verso gli scherzi della sorte. Quando dunque diciamo che il bene è il piacere, non intendiamo il semplice piacere dei goderecci, come credono coloro che ignorano il nostro pensiero, o lo avversano, o lo interpretano male, ma quanto aiuta il corpo a non soffrire e l'animo a essere sereno'.

La lettera si conclude con un’esortazione che Epicuro fa a Meneceo, ovvero di meditare sempre di queste cose con sé stesso e con i suoi simili, in modo da non essere mai in preda all’ansia e poter vivere come un dio tra gli uomini.
Desideri e piaceri vanno sempre ponderati. Epicuro scrive:
'Bisogna giudicare gli uni e gli altri in base alla considerazione degli utili e dei danni. Certe volte sperimentiamo che il bene si rivela per noi un male, invece il male un bene. Consideriamo inoltre una gran cosa l'indipendenza dai bisogni non perché sempre ci si debba accontentare del poco, ma per godere anche di questo poco se ci capita di non avere molto, convinti come siamo che l'abbondanza si gode con più dolcezza se meno da essa dipendiamo. In fondo ciò che veramente serve non è difficile a trovarsi, l'inutile è difficile'.

Un libro di filosofia applicata che si dovrebbe continuare a diffondere per aiutare a raggiungere la felicità e insieme conoscenza e salute.

Buon anno 2016

sabato, dicembre 12, 2015

Trasmettere Cultura

Gli immigrati e i rifugiati che sono arrivati o stanno arrivando in Europa potrebbero essere senz'altro una risorsa se sapessimo trasmettere a loro la nostra cultura dei diritti; sapessimo insegnare loro le esperienze della nostra storia...invece abbiamo la conferma che non solo non siamo in grado di trasmettere qualcosa a loro, ma anche a chi è nato qui. Non sappiamo insegnare chi siamo. Non sappiamo parlare della nostra storia, delle nostre conquiste sociali ecc.
Perché? Perchè sta succedendo questo? Oltre che nelle famiglie c'è sicuramente una mancanza nella scuola. Ma si insegna nella scuola l'educazione civica? Si insegna nella scuola come si è arrivati alla cultura dei diritti personali? Come si è arrivati a scrivere le costituzioni dei vari Stati europei?

Il nostro Occidente, e l'Europa che ne è la culla, ha espresso una cultura della libertà che trova una civitate nella carta dei Diritti dell’Uomo. L'individualismo, nell'originale società Occidentale, trova con la libertà i valori buoni. Naturalmente un individualismo non ridotto a semplice egoismo, ma a valorizzazione delle capacità singole.

Nel 2004 Jeremy Rifkin indicava l'Europa come il sogno europeo fosse divenuto il sogno che sostituiva quello americano, giunto alla sua fine. L'Europa con il privilegiare uno sviluppo sostenibile, l'integrazione sociale e la responsabilità collettiva poteva nuovamente essere faro nel mondo come lo è stata la sua cultura scientifica e artistica. Ma forse è bastato trasferire in Europa l'onda della grande crisi finanziaria del 2008, nata negli USA, per far perdere ogni tipo di sogno e di futuro a tutti.

Vedo nei giovani molta ignoranza sui fatti storici. Una ignoranza che diventa terreno fertile per far avanzare culture di vario genere; culture che fanno ritornare indietro, ai preordi delle grandi guerre del secolo passato.
L'Europa è la culla della democrazia parlamentare e non bisogna dimenticare che questo risultato filosofico-civile del pluralismo culturale è stato raggiunto dopo sanguinose guerre civili e di religione. L'Europa è stata dilaniata da conflitti crudeli prima che arrivasse a riconoscere un valore reciproco dell'altro diverso da me.

Ora pare che dovremmo iniziare da capo. Si ha veramente poca memoria nell'affrontare le sfide di oggi. Basta l'attacco terroristico arrivato dagli integralismi religiosi come quello islamico, che si risponde con muri e nuove chiusure sciovinistiche.

Esistono altre strade; c'è quella della religione cristiana promulgata da Papa Francesco e quella etico-laica della politica dei diritti umani uguali per tutti. Strade da diffondere insieme alla nostra storia. Proviamoci.

domenica, dicembre 06, 2015

Il caso e la necessità di Jacques Monod

Prima di passare al 2016, voglio ricordare che 50 anni fa -nel 1965- Jacques Monod, biologo francese, vinceva il premio Nobel per la Medicina e nel 1970 -5 anni dopo- usciva il suo libro Il caso e la necessità, che avrebbe sollevato un grande dibattito scientifico.
Ricordo anche l'impegno che mi ero preso di parlare di questo libro mentre ho pubblicato su questo blog la recensione di Dio e Darwin di Orlando Franceschelli.
In pratica J. Monod, alla luce delle nuove scoperte della biologia, confermava la teoria darwiniana sull'Origine della specie aggiungendo una nuova comprensione fisico-chimica della pressione selettiva. Una nuova mazzata alla visione antropocentrica della natura.
J. Monod, con una grande cultura umanistica, illustra nel suo libro, Il caso e la necessità, le conseguenze filosofiche delle ultime scoperte della biologia molecolare e della genetica in una prospettiva totalmente nuova del rapporto sotto il profilo ontologico. La Natura non ha progetti o fini, questi implicherebbero l'esistenza di un qualche dio, mentre invece si basa su un postulato di oggettività; base di ogni scienza positiva. Quello che pensa l'uomo non sono proprietà delle cose ma elementi per assicurare la propria conservazione. Sono teleonomie, ovvero azioni finalistiche.
Il libro si apre con la frase di Democrito: Tutto ciò che esiste nell’universo è frutto del caso e della necessità.
Le due possibilità, Caso e Necessità, che determinano tutto ciò che esiste nell'universo (come detto da Democrito) paiono antitetiche: mentre la necessità indica l'impossibilità di non poter esserci altra scelta, il caso indica invece una chiara assenza di cause o scopi...cosa può avvenire allora?
Jacques Monod, generalizzando filosoficamente gli sviluppi della biologia e della genetica, risponde così: 'soltanto il caso è all’origine di ogni novità, di ogni creazione nella biosfera, poi nella struttura invariante e telenomica dei viventi farà sì che al caso subentri la necessità quale inesorabile determinazione' (posizione condivisa oggi anche da R. Dawkins, il più noto sostenitore del neodarwinismo).
Tutto ciò impone una ridefinizione dei canoni etici con cui l'uomo agisce.
Noi siamo i discendenti di quell’homo sapiens che aveva bisogno della spiegazione mitica. È da loro che abbiamo ereditato probabilmente l’esigenza d’una spiegazione, l’angoscia che ci costringe a cercare il significato dell’esistenza. Angoscia creatrice di tutti i miti, di tutte le religioni, di tutte le filosofie e della scienza stessa.
L’invenzione dei miti e delle religioni, la costruzione di vasti sistemi filosofici sono il prezzo che l’uomo ha dovuto pagare per sopravvivere in quanto animale sociale, senza piegarsi ad un mero automatismo.
J. Monod, ci indica come la Scienza dovrebbe essere sempre di aiuto all'uomo per comprendere quanta responsabilità abbia nella costruzione del proprio destino. Oggi più che mai con l'insorgere di fondamentalismi, di terrorismi, di responsabilità della rottura dello stato ecologico naturale, con il conseguente cambio climatico, ecc. dovremmo rileggere ciò che scrive Monod: 'L’uomo deve accettare il fatto che è solo nell'immensità indifferente dell'Universo da cui è emerso per caso. Ma ciò non toglie all’uomo la libertà e la responsabilità, anzi: il suo dovere, come il suo destino, non è scritto in nessun luogo. A lui la scelta tra il Regno e le tenebre'.

Per chi volesse leggere gratuitamente il libro 'Il caso e la necessità' in formato PDF può farlo a questo url: QUI

sabato, dicembre 05, 2015

This Changes Everything – Capitalism vs the climate. Libro e Documentario di Naomi Klein & Avi Lewis

Naomi Klein e Avi Lewis hanno fatto un nuovo documentario dal titolo: 'This Changes Everything, ovvero 'Questo cambia tutto'.
Il titolo del documentario è il titolo omonimo di un libro della Klein- che a dire il vero ha in aggiunta nel sottotitolo la frase: Capitalism vs the climate (Capitalismo contro il Clima). Questo documentario ne segue un altro, girato nel 2004 sempre dalla stessa coppia -marito e moglie nella vita- canadese, anch'esso tratto da un libro della stessa Klein che si intitolava: The Take (La presa). Quel film documentava l'autogestione delle fabbriche argentine da parte degli operai nel periodo successivo al disastroso collasso economico del 2001. Il racconto verteva nel seguire l’iter giudiziario e il dramma umano attraversato dagli ex-operai di una planta, una officina produttrice di componenti per auto. Nel tentativo di vedersi riconosciuto dal giudice il diritto a gestire da soli la fabbrica, il film attraversa il periodo nero dell'Argentina, dalla fuga del corrotto Menem all’elezione di Kirchner. Anche in quel caso si ipotizzava una alternativa al capitalismo.

Ora il nuovo documentario, fuori dalla retorica allarmistica sul cambiamento climatico, riporta la storia, la narrazione della resistenza di alcune comunità al cambiamento. Girato in diversi continenti per un periodo di tre anni, il documentario 'Questo cambia tutto' esamina dei casi in tutto il mondo, dove l'attivismo di comunità sia riuscito a rispondere all'impatto del cambiamento climatico voluto dal capitalismo.

Si racconta delle sabbie bituminose di Alberta in Canada (città natale di Klein), dove il terreno di copertura è stato spogliato da cose fastidiose come alberi, erba, terra, argilla...per centinaia di migliaia di miglia quadrate per raggiungere le riserve di petrolio sotto. Ancora di molti accadimenti come ad esempio: di una coppia di allevatori in Montana che sta combattendo contro una società petrolifera la cui linea di petrolio rompendosi ha inquinato l'acqua che alimenta il loro allevamento di capre; dei residenti di New York sfollati per l'arrivo dell'uragano Sandy; dei pescatori indiani la cui acqua è stata inquinata da una società elettrica a carbone...
In tutto sette ritratti di comunità in prima linea nella lotta al surriscaldamento del pianeta, dal Canada alla Cina, dalla Grecia all’India e oltre. Queste storie si intrecciano alla narrazione di Naomi Klein che svela i nessi tra il surriscaldamento globale e l'attuale sistema economico. A dimostrazione di come l'incontrollato 'sviluppo', dovuto al capitalismo, porti a distruggere il pianeta e che invece grazie ad alcune iniziative di base si abbia iniziato a combattere tutto ciò dandoci l'opportunità di affrontare e correggere il sistema disumano creato dal neoliberismo. Capitalismo contro il clima. Appunto.

Insieme al tema del clima cresce anche il tema della giustizia sociale, dell'ordinamento economico da cambiare...insomma tutto quello che attraverso ognuno di noi può fare e può contribuire per salvare la Terra.
Un bel programma di diffusione della consapevolezza senza incutere scenari apocalittici, ma servendosi di una ragionevole maniera di quanto è possibile fare da subito. Un bell'esempio per dare speranza a tutti che cambiare si può.

Uscito in anteprima mondiale al Toronto International Film Festival e nelle sale di tutto il Canada il 6 ottobre scorso è pronto per essere visto in questo periodo in tutto il mondo, proprio in occasione della Conferenza mondiale sul Clima (Cop21) che si svolge dal 30 novembre all'11 dicembre a Parigi. In Italia il documentario è uscito il 2 dicembre in 51 sale e con poca pubblicità. Un vero peccato poiché, oltre ad essere un documentario di denuncia, ha anche un contenuto didattico poiché spiega cosa può fare ognuno di noi per salvare il pianeta Terra.