sabato, agosto 26, 2006

Life is now!-Laif is naoo!

‘Laif is naoo!’, così c’era scritto su un muro. Forza della pubblicità o forse del ‘pupone’ Totti. Cosa vorrà dire? E’ l’invocazione di un innamorato? E’ il grido di felicità per aver vinto i mondiali? E’ il richiamo a vivere meglio il presente? Un inno alla vita?
Life is now, la vita è adesso, come la canzone di Claudio Baglioni. Sì, la vita è ora, in ogni momento da assaporare. Poi basta un attimo per morire; allora ogni attimo va vissuto fino in fondo, perché la vita è bella. La vita è meravigliosa e, anche se moriamo metaforicamente ad ogni insorgere di tristezza, grazie alla vita assaporiamo tutto.
‘Laif is naoo!’. Un’invocazione. Un qui ed ora da perseguire sempre. Ma ne siamo consapevoli? Penso di no. Quella frase è usata per invitare a comprare schede telefoniche, un invito a parlare a meno…meno soldi. Quel ‘laif is naoo’ diventa un intercalare alla moda come ‘a livello di’, ‘voglio dire’, ‘attimino’,’assolutamente si’, ecc. Io vedo che si è sempre in attesa di qualcosa: del tutto o del niente. Si aspetta che succeda qualcosa, che arrivi o torni; si aspetta soprattutto il futuro. Indietro intanto, pare, si può tornare. Indietro nel passato ci si è già stati, c' è il già conosciuto: così si attende. Ma non sappiamo che siamo qui ed ora, con il potere di fermarci, con il potere di non spendere e perdere tutto nell'attesa. Fermiamoci, la vita è adesso. Qui. Ora. Un invito bello.
Quindi saper vivere il tempo presente è una sfida importante. Una sfida per l’autonomia ed avere coscienza di se stessi.
‘Laif is naoo!’. Potrebbe essere un’altra storia.

giovedì, agosto 24, 2006

Siamo ancora a cercare...

In conclusione siamo ancora a cercare l’Uomo, colui che ci ha segnato.
Sì, c’è già stato un uomo che ci ha fatto vedere e credere di avere molte cose da dimostrare a noi stessi e a Dio. Quell’uomo disse che Dio è un padre; disse che è un creatore, l’origine dello spirito fecondo, che sa andare oltre quello che si vede.
Quell’Uomo è Gesù Cristo. L’Uomo ideale. Da quella conoscenza abbiamo iniziato a contare il tempo. Da quella data siamo ancora a cercare l’Uomo, colui che ci ha insegnato la dignità e l’amore.
Sono passate circa sessantacinque generazioni da Cristo; troppo poche? Quei mitocondri vivono freschi in noi. Non è appassito lo slancio spirituale, la forza ad andare oltre. Eppure continuiamo a maledire il cielo; continuiamo a pregare e sperare.
Quell’uomo muore perché condannato a morte; muore perché ha fatto la guerra. Quell’uomo muore di vecchiaia e malattie che non ha mai vinto: le pensa come il male; le pensa come Hitler e i tiranni…ma c’è qualcuno che pensava di averli sconfitti? Siamo ancora a cercare l’Uomo, colui che ogni volta impara a sue spese.
Quell’uomo siamo noi ogni volta. Quell’uomo è la nostra possibilità e insieme la nostra costrizione. Poi cosa ci sarà?

martedì, agosto 22, 2006

La guerra in Libano ed in generale

L’ultima guerra in Libano ha dimostrato ancora una volta, se ce ne fosse stato bisogno, dell’inutilità delle guerre. Anche se Israele dispone di uno degli eserciti più potenti della Terra; anche se ha a disposizione la copertura satellitare militare americana –quella per intenderci che era capace, già negli anni ’70, di leggere dallo spazio la Prava sulla piazza Rossa- non ha vinto niente: ha solo ottenuto che si decidesse di far intervenire i ‘caschi blu’. E per fare quello bastava richiederli subito, senza fare morti, uccidendo molti civili e distruggendo la città di Beirut.
Ogni volta la guerra non fa vincitori, ma solo perdenti. Anche l’ultima guerra voluta dal nazismo tedesco, e appoggiata dai fascisti italiani e giapponesi, ha fatto solo dei perdenti: quelli che l’hanno proclamata. Ma i vincenti, macchiandosi di uno dei più grandi crimini della Storia, con lo sgancio di due bombe atomiche su città giapponesi, hanno delle responsabilità morali gravissime che li rende, anch’essi in un certo senso, perdenti.
L’ultima guerra in Libano ha dimostrato ancora una volta, se ce ne fosse stato bisogno, dell’inutilità degli eserciti. La vera guerra è combattuta con il terrorismo e la guerriglia diffusa senza regole: contro questa è inutile ogni arma e repressione. La risposta ai problemi rimane sempre la politica e la mediazione tra ‘pari’. Purtroppo c’è sempre qualcuno che si reputa superiore. Superiore perché ha Dio dalla sua parte; superiore perché ha il cannone più grosso; superiore perché si crede erede di una civiltà più importante e così si misura, non l’intelligenza ma, la stronzaggine. Come si può pensare di vivere tranquilli e in pace affidandoci alle armi? Al terrore? Alla paura? Ogni volta, dopo le distruzioni delle guerre, si comprende che si ha bisogno di tutti per ricostruire e per progredire; per imparare e crescere. Ma dura poco: la memoria del dolore, procurato dalle guerre, viene rimosso presto. Si ricomincia ad uccidere il nemico pensando così di risolvere il problema…alla radice. La radice però è un’altra: è speculare al nostro vedere il nemico. Quello siamo inconsciamente sempre noi. Pensateci.

domenica, agosto 20, 2006

Gunter Grass e il nazismo

Con la rivelazione di Günter Grass, di essersi arruolato a 17 anni nelle squadre SS naziste, si è aperto un dibattito. Non bisognerebbe mai confondere l’artista con l’opera. Molti sono i casi in cui quello che si vede nell’opera d’arte, non può essere riconducibile al solo autore. D’accordo che ogni cosa facciamo, parliamo sempre e comunque di noi; ma le molte qualità morali trasmesse, i tanti slanci generosi comunicati, non sono solo nostri: sono aspirazioni e ideali che ognuno nutre e sente propri. Poi nella sostanza, il male ed il bene vivono insieme in noi.
Noi non siamo mai una persona sola, ma un numeroso insieme di persone. Noi siamo un mondo. Ognuno di noi è molte persone diverse: ereditate, imitate, subite, assimilate, confuse, spesso nemiche fra loro; per buona parte inconsce. Tuttavia ognuno colpisce con la sua individualità, per la sua particolarità e sappiamo invece che è un caos.
Se poi parliamo di fascismo, o di nazismo, possiamo affermare che quello non è mai stato solo un fenomeno politico, ma anche un uno stato dell’essere. Quando diamo ascolto alla parte peggiore di noi, quando pensiamo di essere superiori agli altri, quando un naturale istinto di difesa diventa violenza crudele; quando si perde il senso di responsabilità personale, per sottostare a ordini e spinte collettive, allora nasce il fascismo.
Alcuni giorni fa Gorge Bush aveva parlato di ‘fascismo islamico’; qualcuno gli obiettò che il fascismo nasceva ‘cristiano’. Per me il fascismo è universale. Nei secoli di storia, il fascismo ha indossato diverse camicie: nere, brune, rosse o verdi; certo è che nella sostanza risultava e rimane identico.
Per questo il pericolo fascista come altri ‘mali’, rimane sempre attuale. Per questo riscontriamo ogni volta la fatica ad evolvere. La speranza ci viene offerta ogni volta con la ‘confessione’, con il riconoscere le colpe e la consapevolezza che sempre tutto torna. Günter Grass ne è la prova.

*Pubblicato oggi sul'Unità-

venerdì, agosto 18, 2006

Dedicato a Chinaski-l'alter ego di Bukowski

Un bar dove sorseggiare un caffé da 5 cents.
Un bar dove pensare dove uno ha sbagliato o dove invece ci ha azzeccato.
Un bar aperto e chiuso nel mondo.
Un bar per un bicchiere di vino o una birra.
Un bar dove scontare la pena della solitudine.
Chinaski ama Brenda, ma ama anche Stella. Ma chi ama Chinaski?
Chinaski aspetta seduto su uno sgabello vicino al bancone e ad un bicchiere. Chinaski vorrebbe essere portato via.
Chinaski sa che quelle donne oltre che farti godere creano problemi.
Simpatico Chinaski con i suoi malanni: la difficoltà non è di vivere, ma di morire. Chinaschi è un uomo in guerra; non riesce a stare in pace: il fastidio di stare solo e in compagnia.
Forza Chinaski, c’è un Harry che va via e tu rimani con la rivista da firmare: lui ha imparato a dire ‘merda’ solo cinque volte. Cazzo! Riesce a cambiare pure la figa. Quell’altro vola alto.
Chinaski e chi lo direbbe che questa è solo l’america?
Ritorna al tuo bar Chinaski e ordina una birra ghiacciata; ordinala bionda come la cameriera che ti strizza l’occhio: gli hai appena detto ieri che hai vinto il Pulitzer.
Chinaski, saltà giù dallo sgabello. Ritorna in te Chinaski, hai solo pochi dollari guadagnati con due racconti. Ora ti manca l’ispirazione, ma presto verrà…la poesia sgorga dalle molte ferite della tua anima.
Sì, chiamatelo dottore. Chinaski ha preso diverse lauree: ospedali, galere e puttane; quelle sono le sue università. Sono quelle della vita.
Ma ora basta Chinaski, rischi di essere monotono: basta bere per sentirti maledetto, sentirti poeta e migliore. Basta Chinaski…io ti ho nascosto la bottiglia.

lunedì, agosto 14, 2006

Il cacciatore di aquiloni

Ho appena terminato di leggere il libro: ‘Il cacciatore di aquiloni’. Il libro è una storia che racconta insieme l’anima di un popolo, quello afgano, ed un passaggio alla maturità, quella del protagonista, Amir. E’ lui che racconta la storia. Una storia che si snoda lungo un periodo storico che va dagli anni ‘80 fino ad oggi. Così viene raccontata l’infanzia in una Kabul prima dell’invasione sovietica e la maturità, con l’epilogo della Kabul sotto il regime talebano.
Ho trovato il libro di Khaled Hosseini, pieno di verità e insieme di dolori. Un ritratto della vita, che ci chiede sempre conto su cosa stiamo facendo o dove stiamo andando.
Come una metafora bisogna tornare sempre sul luogo del ‘delitto’, sulle nostre debolezze, bisogna sempre ‘scoprire’ il mistero che accompagna ogni vita, per avere la pace; per comprendere se stessi e insieme il destino.
La verità di essere tutti uomini divisi; di essere uomini a metà: presi dalla nobiltà dei sentimenti e dalle convenzioni sociali. Sempre in bilico tra la libertà e il conformismo, tra la giustizia e la vigliaccheria. Amir e Hassan, sono due fratellastri che incarnano la divisione delle nostre anime. Una colpa sentita da Amir lo porterà ad espiare una colpa e insieme alla redenzione a recuperare un figlio, un nipote: un bambino che non potrà mai più essere tradito.
In fondo il messaggio è chiaro: mai disattendere la bellezza, la spontaneità, la verità del bambino che alberga sempre in noi. Poi, tutto torna. Il messaggio è che il passato non si cancella. Tutto viaggia in circolo. L’aquilone che apriva la storia, l’intesa e un’amicizia, la chiude per riaprirne un’altra. Ancora. Ancora vola la speranza.

lunedì, agosto 07, 2006

Parliamo ancora d'amore

Come sono grandi, le storie piccole. Come l’amore semplice, la dedizione dell’uno all’altro, rende felici. Non ci vuole molto per trovare la costanza di stringersi ogni giorno. Puoi trovare coppie così. Continuano ad amarsi in silenzio con teneri gesti quotidiani. Quello è l’amore che meno vediamo, ed è quello che ci salva…
Poi potremo anche dire, come la canzone di Edith Piaf: a che cosa serve l’amore? Se l’amore ci fa piangere, soffrire, se ci illude e solo uno su due sopravvive?
A che cosa serve amare se alla fine tutto è uno strazio?
L’amore serve per trovare ciò che c’era ancora; l’amore serve per ciò che ho scritto prima: serve a fare grandi, le piccole storie.
Poi l’amore che si è perso continua ad avere il gusto del miele. Perché ogni volta tu sei l’ultimo amore, come lo è stato il primo. Perché si continua a credere che l’amore è eterno, ed ogni volta si riscopre che senza si vive per niente.
L’amore serve a dire le stesse frasi: sei tu che cercavo, sei tu che volevo; tu sei il primo e sei buono, tu la mia ultima e sei una stella.
Ancora serve l’amore, serve per invecchiare…che paradosso; ma questo rivela sempre una verità doppia: d’altronde come si può baciare una vecchia? Come si può baciare un vecchio? Invece si baciano. Continuano. Solo amandosi e invecchiando insieme penso si riesca a farlo ancora. Questo è un piccolo fatto ed è quello che ci salva.

giovedì, agosto 03, 2006

Al posto di Fidel

Al posto di Fidel, il fratello Raul; il potere passa da un ottantenne ad un settantacinquenne. Le dittature hanno questo particolare: non sanno creare una classe dirigente, che succeda al dittatore. Gli altri, per chi detiene il potere, sono visti tutti come potenziali nemici, usurpatori; sono coloro che poi deviano dall’ortodossia rivoluzionaria…e intanto il popolo bue ingoia tutto: rumina e pascola nell’insipienza e nell’ignavia.
Che tristezza per il glorioso, dignitoso e solare popolo cubano; stanno lì in attesa che il ‘re’ muoia, per vivere un cambiamento inevitabile comunque.
Non ho mai creduto al potere della polizia, alla repressione dell’esercito per mantenere un popolo in condizioni illiberali e povere; ho pensato che l’adesione, al pensiero politico dominante, sia della maggioranza delle persone che abitano quel paese. Con questo però si assisterà, con la fine di Fidel Castro e con le conseguenze buone e cattive, al passaggio della società cubana verso il mercato libero. Inevitabile. Come è successo per la Cina.
A distanza di quasi 50 anni di regime, non si può giustificare tutto e sempre come la difesa dall’orco imperialista americano. Gli USA hanno le loro indiscutibili colpe, ma il mondo che gli si oppone è anacronistico e inconsistente, sia sul piano morale che della libertà.

mercoledì, agosto 02, 2006

In quei luoghi...

In quei luoghi, dove Dio scelse di farsi uomo per salvare il mondo, divampa ancora la guerra. Sono i luoghi della Galilea, luoghi poveri, che videro le gesta di Gesù: Nazareth, la nascita; Cana, il primo miracolo; Tiberiade, il lago dove camminò sulle acque. Ora in quei posti piovono bombe e due religioni, invocando paradossalmente lo stesso Dio d’Abramo, si contendono gli spazi.
Quei posti diventano un altro luogo, dopo Auschwitz, dove si assiste al silenzio di Dio. Un altro luogo dove muoiono bambini e innocenti per mano di chi si vanta di essere un popolo eletto che si è costituito in nome, non già di nascita ma, di fede. E possibile? Quel Dio silenzioso, oggi senz’altro come allora, non ha niente da dire su queste miserie. Quel Dio non ha certo da scegliere, di stare dalla parte di Giosuè e allungare il giorno per sconfiggere i filistei.
Dall’altra parte, altri sacerdoti, simili a quelli dei templi in cui si muoveva Gesù, insegnano l’odio. Una spirale che forse fa guadagnare il Paradiso nell’al di là a tutti. Una spirale di morte che rifugge la pietà e l’amore.
In fondo, concludo con una battuta sarcastica: ‘Se Dio esiste spero abbia le sue buone ragioni’.