lunedì, maggio 22, 2017

Lo scienziato Wolpert Lewis nel suo libro:'Sei cose impossibili prima di colazione. Le origini evolutive delle credenze', analizza le credenze che assumiamo in modo automatico e inconscio.
Il titolo del libro è tratto da una citazione tratta da Attraverso lo specchio di Lewis Carroll. Quando Alice nega di poter credere in una cosa impossibile, la Regina Bianca le risponde: 'Mi sembra che tu non abbia molta pratica. Alla tua età io mi esercitavo mezz'ora al giorno. Certe volte arrivavo a credere anche a sei cose impossibili prima di colazione'.
Lewis Wolpert è un biologo, saggista e scrittore britannico di origine sudafricana. Ingegnere civile in madrepatria, studiò successivamente al King's College di Londra per approfondire i suoi studi in biologia cellulare. Egli è arrivato con i suoi studi alla conclusione che il meccanismo del credere sia stato necessario per la sopravvivenza della specie umana.

Secondo Wolpert le credenze hanno una origine nella storia evolutiva dell'uomo quando ha iniziato a porsi le domande: 'Perché il Sole sorge e tramonta? Perché si nasce e si muore? Perché ci si ammala?'. Questo bisogno innato di trovare sempre una spiegazione ai fenomeni che ci circondano rende molto semplice, quasi automatico, il passaggio verso l’accettazione di credenze ingiustificate e sovrannaturali.
In fondo, credere è facile. Con la conseguente evoluzione del cervello e lo sviluppo dei concetti di causa ed effetto, la nostra mente è stata 'geneticamente programmata', diventando una vera e propria 'generatrice di credenze', un meccanismo utile ed essenziale per la sopravvivenza della specie. Le credenze fanno così parte della nostra identità.

Naturale, dunque, che la maggior parte delle persone condividano credenze in cose impossibili, religiose o paranormali che siano: i fantasmi, gli spiriti, la parapsicologia, la psicocinesi, la levitazione, la telepatia e l’oroscopo ecc. sono idee demenziali, eppure condivise da molti. C’è chi è convinto di poter parlare coi morti e addirittura il 70% degli americani crede negli angeli.
L'esistenza di idee così forti e radicate nell'uomo hanno una spiegazione scientifica: come abbiamo potuto avere a partire dall'Homo Sapiens, quel punto di vista così straordinario sulle nostre vite? Su vite da spegnere e donare nel nome di un Dio astratto? Ad esempio chi ha credenze mistiche fondamentaliste -e li troviamo in tutte le religioni- crede che la vita futura sia più importante di quella presente, per cui a differenza di chi pensa la vita sia tutto ciò che abbiamo e che dovremo godercela aiutando gli altri a godersela, è pronto a far saltare in aria il mondo.
Ma penso che alla fine la ragione prevarrà; la ragione della Natura, quella che ci vuole animali tra gli animali e soggetti ad una legge evolutiva, prevarrà e non ci saranno vincitori della Cultura di Morte.

Un aspetto paradossale è quello di rivolgersi al proprio Dio, Allah o Geova che sia, come fosse una entità umana; si prega rivolgendogli richieste di pietà, di perdono, di ascolto per esaudire desideri ecc... aspettandoci da questo 'dialogo' delle risposte.
Se ci fosse un marziano ad osservarci certo non capirebbe un Sinodo religioso, dove un mucchio di maschi perlopiù vecchi, che hanno deciso di fare un voto di castità, dovrebbe poi dare delle indicazioni su comportamenti sessuali e di coppia. Naturalmente ai credenti...ma guai agli altri che non credono; infatti a questi vogliono negarne i diritti di essere liberi di praticare l'amore come più si sente...al di là del genere maschile o femminile che sia.
Quel marziano non capirebbe lo spostamento di milioni di persone per raggiungere una cittadina chiamata Mecca dove nella calca perdono la vita centinaia di fedeli al suono di canti inneggianti ad Allah.
La religione e le sue credenze hanno avuto alti e bassi nella storia umana. In questo periodo pare che le religioni siano diventate un elemento di identità forte. Oggi molti popoli tengono a rivendicare il loro credo religioso come comune appartenenza culturale. In momenti di globalizzazione, di uniformità dei mercati e delle mode, la religione diventa per molti uomini e donne l'elemento di distinzione. L'integralismo religioso specie quello islamico sfocia poi in guerre, terrorismo e fanatismo. Cose stupidissime e insieme pericolosissime.

venerdì, maggio 05, 2017

L'Erasmus compie 30 anni

Quest'anno Erasmus compie 30 anni. Questa bella idea di far girare gli studenti europei per studiare presso le sedi universitarie di altri Paesi, ma anche innamorarsi, conoscere il mondo, imparare la cultura della tolleranza, è di una ragazza italiana di nome Sofia Corradi che oggi è stata ribattezzata 'Mamma Erasmus'.
Era il 1969 quando Sofia propose questa idea alla Conferenza dei rettori delle università italiane. L'idea piacque, ma si dovette aspettare il 1986, quando il presidente francese Francois Mitterrand appoggiò la nascita di Erasmus, il cui nome deriva dall'umanista olandese Erasmo da Rotterdam che viaggiò per diversi anni in Europa. Nel 1987 prese ufficialmente il via con i primi studenti dinamici pronti a partire per una esperienza unica nel suo genere.
Ad oggi questo programma di mobilità studentesca europea è arrivata a coinvolgere oltre tre milioni e mezzo di studenti. Le destinazioni più scelte dagli studenti italiani sono in ordine: Spagna; Francia; Germania; Regno Unito; Portogallo.

Nel mio libro, 'Me lo dai un bacio', a Sebastiano - uno dei personaggi principali del romanzo- gli faccio vivere l'esperienza Erasmus. Racconto le sue vicissitudini a Valencia la città che lo ospita. Molti passaggi descrivono l'esaltazione e il tipo di emozioni che si trovano a vivere gli studenti coinvolti in Erasmus. Per Sebastiano soprattutto il primo forte innamoramento con una ragazza francese.

Ecco qui alcuni passaggi del capitolo che riguardano Sebastiano.

Musica a stecca e voglia di volare… era uno stato dell’essere. Dell’essere? Non so come cavolo si potevano chiamare, ma certi stati mentali indotti erano quello che lo facevano volare, stare bene. Evadere. La musica era quella degli U2, le cuffie ben piazzate in testa, in mano un libro e via. Così Sebastiano Tumiati pensava di studiare e per lui i risultati erano buoni, perché così aveva la sensazioni di apprendere. Forse entrava in gioco un livello subliminale, chissà cosa, ma al momento giusto lui sapeva rispondere: del libro tenuto in mano ad occhi chiusi ascoltando la musica riusciva a coglierne il succo. Fantastico. Per Seba, così lo chiamavano tutti, era incredibile, ma provato: funzionava.
Seba era nella stanza della casa di Valencia che condivideva con uno studente tedesco, Gert. Era soltanto da due mesi che si trovava a Valencia per l’Erasmus, ed era soddisfatto della scelta. Il passaparola tra gli studenti che lo avevano sperimentato prima di lui lo avevano convinto: una esperienza formativa unica e fondamentale per il futuro. Lo spartiacque della mia vita, così aveva sentito dire da molti. Lui lo stava sperimentando e fino a quel momento viveva una sorta di continua febbre di novità: amici diversi, ragazze tutte da scoprire… be', quello era da vedere. Poi cucina, abitudini, lingua, luoghi ancora tutto da conoscere.
Una esperienza particolare però erano gli amici nuovi, che l’esperienza del programma Erasmus riservava sempre. Lo aveva sempre sentito dire: ho conosciuto molti amici ed ora potrei girare l’Europa per andarli a trovare. Fantastico.
Ora lui sperimentava anche quello. Oltre che il tedesco Gert compagno di stanza, c’era Rijna, Monica, Tatiana, Marc, Claudine, Jorge…rispettivamente finlandese, italiana, lituana, francese, francese e spagnolo. Meno male che un po’ di spagnolo, di castellano, Seba lo parlava già e allora si trattava solo di perfezionarlo ma soprattutto di comprenderlo meglio perché nei primi giorni ad ascoltare i valenciani parlare non riusciva a capire niente. Troppo veloci ne l’hablar. La mamma, Milena, un poco gli mancava; gli mancavano i suoi piatti di pasta, le frittate e le torte di verdura. Ora in cucina si alternava con Gert e a volte era un disastro: due uova fritte e una scatola di tonno salvavano la situazione.
Musica a stecca. Chiuso nella stanza ascoltava tramite le cuffie e chiuso il libro pensava alla serata a cui andava incontro. Serata? Sbronza si potrebbe aggiungere. Solo due sere prima l’avevano portato a casa sbronzo. Non si ricordava neppure bene chi l’avesse accompagnato… Gert no di sicuro: sbronzo anche lui; forse Monica con Tatiana. Che stupido. Quelle feste, quelle tante feste potevano concludersi in un’altra maniera. Lui lo sapeva, lo voleva, eppure chissà come finivano allo stesso modo: una colossale sbronza. Che lavorasse l’inconscio? Che la sua paura di affrontare la ragazza di cui in quel momento gli faceva battere forte il cuore e pulsare il sesso? Una spiegazione c’era. Paura, paura e ancora paura. Quella sera con Claudine la serata poteva finire diversamente. Claudine, francese di Parigi… e di dove se no? Se è francese è di Parigi! Questo Sebastiano lo aveva sentito dire da molti ragazzi: i francesi sono tutti parigini; sembra che si vergognino di dire che sono di altre città o della campagna. Claudine era la ragazza che gli piaceva di più di tutte. Claudine se n’era accorta subito. La sera che la conobbe rimase incantato ad ascoltarla. Lei parlava e lui con lo sguardo un po’ ebete la osservava continuamente. Non riusciva a distogliere lo sguardo. Claudine, la sera stessa la sognò e prima la pensò tra le sue braccia mentre l’accarezzava dappertutto.

Claudine era una ragazza dolcissima, parlava bene l’italiano perché la madre era italiana. Era anche lei a Valencia per il programma Erasmus: un corso di Economia.
Valencia come Genova, forse più viva, ha lo stesso numero di abitanti ma non disdegnava provare architetture nuove. Anche a Valencia aveva un Acquario importante…quale sarà più grande? Ognuno pensava che era il proprio. Ora dopo molti investimenti Valencia offriva innumerevoli attrattive: dal lungomare Malvarosa, dove si poteva degustare il piatto tipico paella valenciana (una versione con pollo e coniglio della celeberrima paella spagnola), fino al porto che ha ospitato la Coppa America di vela. Girare per Valencia era piuttosto semplice e saltava subito all’occhio come la città era costruita a passo d’uomo: la città vecchia si percorreva facilmente a piedi in pochi minuti. Se poi si voleva andare verso la marina o verso la città delle Arti e delle Scienze, bastava prendere il metrò o i tram che tagliavano tutta Valencia.
Valencia, Claudine, la Spagna, l’amore; lontano da casa da solo e con tanti amici. Che felicità. Troppe cose belle che lo frastornavano. Era quella la vita vera? Hola e ¿que tal? erano state le prime cose dette all’arrivo a Valencia; poi il salir de fiesta, era stata la costante degli impegni serali. Sangria, horchata, cerveza e ancora vino tinto e negroni si alternavano senza soluzione di continuità: grandi bevute e poi tapas a volontà.