venerdì, gennaio 28, 2005

Ancora Resistenza

Quest’anno al Resistenza compie 60 anni; ma non è da mandare in pensione, come tenta di fare la maggioranza governativa italiana con la Costituzione da essa nata.
Stiamo attraversando un periodo tra i più brutti della storia italiana del dopoguerra; si sta instaurando con la destra al potere un regime reazionario: non è stato risolto il conflitto di interesse di chi guida il governo; si spezzetta l’Italia, si fanno riforme per assoggettare al potere la Giustizia e la Scuola; si sta perdendo ogni riferimento etico e sotto la voce dello spoil sistem si stanno mettendo nelle istituzioni uomini come servitori, invece che con competenze; aumentano i poveri e gli indifesi. Insomma ci si avvia, con le prerogative di un capo proprietario del maggiore sistema di media italiano (case editrici, distribuzione cinematografica, televisioni, giornali, radio ecc.) ad una sorta di nuovo fascismo.
Fascismo, non è una parola grossa o fuori moda: è sempre attuale. Non si ripresenta certo con gli stessi rituali o forme del passato, si aggiorna e anche senza camicie nere, brune o azzurre, sta sovvertendo piano piano il nostro modus vivendi democratico. Dietro all’allarme criminalità, spostato su emigrati, scippatori, piccoli delinquenti, si sposta l’attenzione dei criminali dentro le istituzioni. Con i piccoli furti, che risultano più odiosi e avversati delle grandi rapine, si nascondono o minimizzano, crack finanziari, falsi di bilancio, corruzione di giudici, atteggiamenti mafiosi; si sta costituendo una schiera di intoccabili, di prepotenti che non sono altro che i nuovi gerarchi.
Bisogna ritrovare gli ideali della Resistenza e con questi fermare il disegno politico di un nuovo fascismo.
Questa destra illiberale sta governando da 4 anni attuando tutte le leggi che voleva; malgrado ciò il suo capo cerca di fare la vittima di un odio che è solo suo. Egli vuole trascinare gli italiani in quel psicodramma che mette in gioco vittime e carnefici, per assumere il ruolo di salvatore tanto caro ai dittatori. Invece di rendere conto di quello che ha fatto e non fatto, svia il dibattito politico su paure, su reazioni emotive irrazionali. Questa è la destra reazionaria di sempre; quella che ha sempre fatto pagare ai popoli i più atroci prezzi. Ritorniamo alla Resistenza. Ritorniamo ai valori fondanti la nostra democrazia.

mercoledì, gennaio 26, 2005

I sommersi e i salvati di Primo Levi

In occorrenza del 27 gennaio, giornata della memoria, voglio ricordare un libro di Primo Levi: I sommersi e i salvati. Per Primo Levi sono bastate solo due generazioni per far sì che l’esperienza dei Lager nazisti fosse sfumata, fosse storicizzata; resa lontana e muta. Quel sogno ricorrente, fatto dai detenuti, di non essere creduti, di non potere essere i protagonisti di un orrore tanto grande da non essere considerato vero, non si è avverato; detto questo, il libro parte con una considerazione: la memoria umana è uno strumento meraviglioso ma fallace.
Uscito un anno prima della sua morte per suicidio, nel 1986, ‘I sommersi e i salvati’ è una rilettura dell’esperienza di Auschwitz, dopo quasi 40 anni dal libro: “Se questo è un uomo”. I testimoni veri del libro sono ‘i sommersi’, coloro che sono morti; coloro che anche se in possesso di carta e penna, non avrebbero scritto nulla perché la loro morte era già avvenuta, prima di quella corporale.
Il mondo del lager, descritto nel libro ‘Se questo è un uomo’, non poteva essere letto con una semplificazione: da una parte il bene (le vittime)e dall’altra il male (i carnefici). Primo Levi ricorda, che già al primo impatto, chi si aspettava solidarietà dagli altri detenuti rimaneva sorpreso: ognuno pensava per sé, e chi rubava cibo, chi riusciva ad avere privilegi era quello che aveva delle possibilità per sopravvivere; era un ‘salvato’.
Levi con questo libro sostiene che l’aver concepito le squadre speciali, ovvero organizzato gli stessi detenuti a svolgere il lavoro sporco della carneficina, è stato il delitto più demoniaco del nazionalsocialismo. Con le squadre speciali il senso di colpa si spostava sulle stesse vittime. Non c’erano più innocenti. Questa malvagità estrema deve essere scandagliata fino in fondo poiché potrà in futuro coinvolgere ancora noi stessi e i nostri figli. L’orrore e la disumanità di quel lavoro che fa impazzire, genera una sofferenza così grande che impedirebbe di vivere, così fa abituare; fa un ‘salvato’.
Il libro continua ad analizzare la zona grigia della ‘banalità del male’, cui aveva già scritto Hannah Arendt, di quegli uomini che «se non lo facessi io, lo farebbe un altro peggio di me». Uomini di corte, servitori del regime, con una rappresentazione di sé, dell’immagine di prestigio che fa scendere all’inferno con trombe e tamburi, con l’abbaglio del potere. Perché il potere è una droga che richiede sempre l’aumento delle dosi.
Al centro del libro c’è poi l’interrogativo di come ha potuto quel popolo tedesco, fare quello che ha fatto. Ancora la risposta è quella della banalità del male; di quanto orrore si nasconde dietro il conformismo, l’ideologia di un popolo ordinato, retto e superiore. Un popolo che assomiglia e crede molto in quel leader che lo organizza, levandogli il pensiero e l’interrogazione. Non la responsabilità.


venerdì, gennaio 21, 2005

Scrivere per crescere

Deena Metzger è una poetessa che ha dedicato alla scrittura profonde riflessioni. Nel suo libro Scrivere per crescere, in originale Writing for Your Life, dimostra come scrivere sia per gli scrittori, e per chi non ha mai provato a scrivere nulla, un aiuto ad esplorare noi stessi e la nostra creatività. L’autrice con diari, autobiografie, racconti, fiabe e sogni, ci propone le sue storie e numerosi esercizi, dimostrando come scrivere dia forma e significato alla vita, mentre il silenzio ci blocca nella sofferenza. Inoltre, come terapeuta, affronta con lo stesso libro, l’aspetto creativo e d’ispirazione che diventa una guida per i mondi interiori.
Per Deena Metzger, ogni vita è una storia. Scrivere allora la nostra storia è vedere la nostra vita come parte del processo creativo. Il processo di scrittura ci permette di stare sopra al regno dell'immaginazione e, insieme al semplice modo d’esplorare la realtà, si trasforma in parte il senso cui costruiamo la nostra vita- storia che paradossalmente generiamo e ricreiamo.
Deena Metzger, dedica un bellissimo capitolo alla paura di dar voce alla creatività: "Abbiamo paura di fallire, abbiamo paura di non aver nulla da dire, abbiamo paura che possa danneggiarci, abbiamo paura che possa essere una menzogna, abbiamo paura che possa essere la verità, abbiamo paura di dover cambiare la nostra vita…".
Qui di seguito riporto una poesia di Deena Metzger che operata al seno, attaccato da un tumore, descrive la sua ferita come un monito di speranza e rinata bellezza: “Non ho paura degli specchi… -Vi era una sottile linea rossa che attraversava il mio torace - lì dove era entrato un coltello - adesso un ramo circonda la cicatrice - e si porta dal braccio al cuore - Un ramo coperto di verdi foglie dove appesa è l’uva e vi appare un uccello - … - Ho disegnato il mio torace con la cura riservata ad un manoscritto miniato - Non mi vergogno più di fare l’amore. L’amore è una battaglia che posso vincere - Ho il corpo di un guerriero che non uccide né ferisce - Sul libro del mio corpo per sempre ho inciso un albero".

mercoledì, gennaio 19, 2005

Camminiamo stupefatti

Ho sempre invidiato i saggi, coloro che sanno leggere i simboli; coloro che sanno vedere le metafore della nostra vita. La metafora è la nostra via e insieme la nostra medicina.
Quello che vediamo, che si presenta per immagini, non fa che rammentarci la Sapienza: nasciamo ogni giorno con il sole, come moriamo con la notte.
La nostra putredine del corpo si veste d’avvenenza per farci scoprire la bellezza che insieme alla realtà effimera serve all’eterno Dio, cui cantare le lodi.
Nasce così la metafisica…ad insegnarci la felicità. La Sapienza non è poi solo del dotto ma di tutti, basta che si sappia risalire all’origine ultima delle cose. Ogni animo abbandonato e grato dimora, senza saperlo, nel regno della Sapienza: lo vive così l’arabo e il cristiano, come l’induista e il tibetano.
Per questo preghiamo. Al ritmo delle onde, la preghiera simile ad una risacca, forgia l’anima; mantra, litanie, giaculatorie: Kyrie eleison – La ilaha ill Allah…

Ma oggi abbiamo voglia di vivere il nostro tempo, così si dice, e qui sta la fregatura del contingente, del divenire, nell’andare per la storia. Camminiamo stupefatti tra le merci, popolo Narciso, come antichi santi fra gli angeli.
Ma l’essere per l’intelletto non è verbo nel senso del moto, ma di stato; del nostro stato i principi si scoprono e, secondo Platone, si ricordano.
Continuiamo pure a comprare ma si sappia discernere; si sappia che possiamo andare avanti, andare oltre. La Sapienza è il sapere di sé. Quindi abbandoniamo il Narciso. Lasciamolo solo a guardarsi in Tv. Chi sa leggere il nostro tempo, sa che avrà vita breve; ne sta già nascendo insieme un altro. Quello che consideriamo nuovo è già vecchio, è appena morto. Cè un simbolo che ce lo ricorda, c’è un mito da onorare: Sisifo o Edipo vivono sempre.

martedì, gennaio 18, 2005

dichiarazioni da paura

Dopo le ultime dichiarazioni di quello che viene definito ‘premier’, ho pensato dall’inizio che una risata lo soprafacesse Berlusconi; lo sotterrasse con le sue barzellette. Invece devo ricredermi: dietro a questo guitto della politica si è formata una accozzaglia di servitori, vassalli, portaborse, lacché, giornalisti ricurvi, politici opportunisti e ministri riverenti che hanno dato origine ad un vero regime. Per schiodarlo sarà dura poiché, impossessatisi di molti posti di potere, questi personaggi sono pronti a tutto.
Le stesse dichiarazioni sulla sinistra italiana (la stessa che ha dato vita alla Costituzione italiana che ha garantito per 60 anni la democrazia) quale portatrice di ‘terrore, miseria e morte’, fanno presa purtroppo su molti italiani. Ancora una volta la destra italiana usa l’emotività, la paura, per raccogliere consensi. Non ha altre argomentazioni. Basterebbe che ognuno si guardasse nel portafoglio e analizzasse un poco le sue condizioni di vita per dare un giudizio su questo governo. Basterebbe che molti italiani spegnessero la TV e trovassero altre fonti di informazione per credere in una nuova democrazia possibile. In un’altra Destra e in un’altra opposizione.

domenica, gennaio 16, 2005

Teoria di Haeckel e fecondazione assistita

C’è una teoria, chiamata di Haeckel, sostenente che nella ontogenesi si ripete la filogenesi; ossia per costruire una specie si ripercorre il cammino naturale evolutivo per giungere a quella stessa. Questa teoria è ritenuta il più forte apporto alla scientificità della teoria di Darwin. Ora in base a questa teoria, gli embrioni umani sono passaggi delle cellule vitali riferite ad altre specie: sono passaggi che ricordano l’evoluzione della vita che ha portato all’uomo odierno. Nei nove mesi di gestazione, nel feto avviene la ricapitolazione di tutta la storia evolutiva che ha portato alla specie umana. Da un’ameba, si passa ad un pesce, un anfibio, un lemure per giungere ad un piccolo umano…insomma si toccano tutte le tappe, pure con alcune lacune, dell’origine animale che portano alla formazione della persona umana.
Quindi in questa ricapitolazione, che dovrebbe ricordarci l’unità della vita e il Tutto che ci comprende, noi saremmo stati pesci, serpenti, uccelli, scimmie nonché manzi o vitelli. Detto questo, chi è contro il rispetto della vita umana? Chi difende di h3>più la vita? Chi mangia carne o chi manipola un embrione? Per me è più rispettoso un vegetariano che un assertore dell’attuale legge sulla fecondazione assistita.

Mie Terre Radio: 12 ore di libertà

Pietro Busalacchi, il nostro Pietro B. di http://italia.blogoltre.it/ , ha promosso per Giovedì 20 Gennaio: 12ore di libertà chiama il 333 969 0 448 e vai IN DIRETTA su MieTerreRadio!
Con MieTerreRadio Pietro B. è riuscito a dare voce (audio) ai bloggisti. Sosteniamolo intervenendo. Chissà che non sia quella di Pietro B. una nuova frontiera del web? Abbiamo sempre più bisogno di conquistarci spazi di libertà.
Allora sintonizzatevi con: http://www.mieterre.it/
Giovedì 20 Gennaio 2005 dalle 7,30 alle 19,30 su MieTerreRadio andrà in onda solo un sottofondo musicale al quale si potrà sovrapporre LA VOSTRA VOCE!
Come fare? Basterà comporre il numero di cellulare (vodafone)
3339690448 e dopo il primo squillo si aprirà in automatico la comunicazione e da quel momento potrete parlare per il tempo che volete e...SENZA NESSUN FILTRO!
Raccontate e condividete con chi ascolta un vostro pensiero, un'idea, una sensazione...una protesta!
Parlate di quello che più vi interessa in piena libertà! Sarete ascoltati in DIRETTA da chi in quel momento è collegato con MieTerreRadio.
Le telefonate più originali e significative saranno replicate durante la normale programmazione di MieTerreRadio.
Al numero 333 9690448 gli altri giorni risponde la segreteria telefonica.
Chi vuole può registrare un breve messaggio che poi, se si desidera, sarà messo in onda successivamente. In tal caso alla fine del messaggio dite "Si acconsente alla messa in onda".

martedì, gennaio 11, 2005

Fight Club

Ho visto in questi giorni un film in dvd che mi era sfuggito ed un amico mi aveva segnalato: Fight Club. Club di lottatori, picchiatori, incassatori, club della sovversione e di un nuovo messaggio? Fight Club potrebbe essere il racconto della depravazione dei sentimenti, invece no è la sua ricerca. Ancora una volta si trova emblematicamente quello che si cerca. Cosa vuole Jack, il personaggio principale del film di David Fincher? Vuole emozioni. Jack cerca amore ma ne ha paura; cerca semplici carezze ma trova pugni. Allora è meglio un pugno, è meglio sentire l’altro in questa maniera piuttosto di non sentirlo affatto o sentirlo nel ruolo sociale, vederlo intruppato in convenzioni. La crisi dei personaggi che raccontano la storia del film, tratto da un romanzo di Chuck Palahniuk, è la stessa che avvolge la società dei consumi.
Sentirsi vivi, ecco, in nessun posto ci si sente vivi come al Fight Club, perché in nessun posto in realtà si vive. Il masochismo qui assume la dimensione soprattutto maschile; la componente femminile –interpretata da Helena Bonham Carter – è sesso e invadenza, il resto manca. Il dolore è ricercato; diventa paradossalmente l’unica forma di potere: siamo noi a procurarcelo e non a subirlo.
La generazione che si trova nel Fight Club è, come dice Tyler Durden, quella che non ha avuto grandi guerre da combattere o grandi depressioni da affrontare. Per questo si impegna a fare un grande salto spirituale: quello che è la contestazione globale, quello che in un certo senso ogni generazione vive, come uno smarcamento naturale da chi li precede. Ma qui è stravolto da un altro senso: i personaggi del racconto assumono la dimensione caricaturale, ne sono un aspetto in negativo di quello che rifiutano. Alla fine con l’immagine anticipatoria e quasi profetica si assiste alla distruzione dei grattacieli: cadono le Twins Tower. Vince il nichilismo. Ancora Spengler?

domenica, gennaio 09, 2005

Ancora di fronte...alla volgarità

Siamo in un periodo storico cui l’industria culturale offre tutti i prodotti dando l’illusione di una libera scelta. Avete bisogno di vincere? Di sentirvi virili? Ecco che in uno stadio vi è data la possibilità. Volete sentirvi diversi? Ecco la moda punk e dark. Volete distinguervi? Ecco le avanguardie e le jam session. C’è tutto, per tutti i gusti. Corride umane per l’intera gamma delle perversioni mentali.
La televisione in questo contesto spesso è il fantasma che nasce prima del corpo; impastando diverse arti arriva a proporre l’insopportabile trasfigurazione della realtà.
Cosa succede? E’ la massa che regredisce, che cede, o è la forza del linguaggio dell’imbonitore? Insomma dobbiamo vedere per forza cadere le carrozzelle lungo la scalinata di Odessa per criticare il regime? Forse abbiamo ‘grattato’ tutto e messo a nudo la vera cultura: l’intellettualismo, la crema del sapere, era fin qui tutto una farsa per concederci l’illusione di saper meditare e arrovellarsi. Ma quale metafora, simbologia, trascendenza e spiritualità…in questa Italia tutto diventa una scorreggia: la volgarità non provoca più dolore ma risate. Aspettavamo i barbari? Eccoli: non sono venuti da fuori, li abbiamo in Parlamento.
Allora per cambiare, per distinguersi veramente, bisogna cercare una effettiva alternativa al regime. La parola d’ordine (che sia proprio d’ordine) potrebbe essere: non abbiamo diritto all’intrattenimento. Non è un obbligo dilettarci. No ai falsi bisogni. Penso poi che ognuno sia in grado di conoscere quali sono i suoi veri bisogni.

sabato, gennaio 08, 2005

Sanremo famosi? Sanremo fascisti

Sanremo o l’isola dei famosi? Guardando il cast che comporrà il prossimo festival sanremese sembra di trovarci di fronte ad una puntata del reality show: L’isola dei Famosi. Quella che dovrebbe essere naturalmente l’isola dei cantanti, questa volta è l’isola dei recidivi; ossia gli ex big per un prossimo blob targato bluff.
I venti in gara annunciati non sono gli alisei o i libecci, i grecali o la tramontana; sono i cantanti italiani. I dispacci d’agenzia avvertono che ci saranno quattro categorie: uomini, donne, gruppi e classic. Un vero sforzo creativo: quattro categorie umane indiscutibili. Una in verità è un poco aleatoria è classic. Questo lo si diviene con l’età e con il tempo, che poi sono la stessa cosa: più passa, più avanza, più è classic, come il melodramma e la terza età.
Un’altra invece è inappellabile: i gruppi, come i comitati, i partiti e le confraternite; sono le band musicali, come le filarmoniche. Gruppi uniti nella passione e nelle note…speriamo non dolenti.
Ma la novità c’è; c’è del nuovo: ho saputo che Gasparri, sul suo giornale di partito, ha detto che finalmente Sanremo è stato tolto ai comunisti…ma perché era in mano ai comunisti? Pippo Baudo era forse un infiltrato comunista? E quegli assessori di Forza Italia, che salivano tutti gli anni sul palco dell’Ariston, erano forse degli agenti segreti? No forse dopo il passaggio di Renis, l’uomo gradito al capo possidente, ora si instaura per scelta governativa la Tradizione.
Ecco spiegato il festival dei famosi: il festival diverrà un’opera del nuovo regime.
D’altronde il nuovo fascismo avanza.

lunedì, gennaio 03, 2005

Di fronte

Di fronte a tragedie immani, di fronte alla guerre, ma forse di più di fronte ai cataclismi naturali, come il maremoto asiatico, se ci fosse un Dio si potrebbe trattare il salvamento delle città, delle tante Sodoma, se vi fossero trovati almeno dieci giusti. Ma no, quello era un altro tempo e un altro Dio. Quel Dio pare non ci sia più. Ma sì, uomini giusti e innocenti quelli ora ci sono. Ma ora il tempo è solo quello degli uomini e il Dio ora qual’è? Com’è Dio? Indifferente, sembra.
Oggi non abbiamo neppure un interlocutore come Abramo e noi suoi discendenti ci affanniamo a dirci servitori dello stesso Dio.
L’uomo è l’unico che ha ‘visto’ sorgere il sole e poi tramontare; ha ‘visto’ la bellezza della natura e i suoi pericoli. Prima, senza l’uomo, niente era visto e compreso. Pure nella sua limitatezza, nella sua breve vita, l’uomo è colui che ha svelato dei misteri: è penetrato nell’atomo ed ha letto il DNA; con l’arte raggiunto vette sublimi tali da giustificare la sua preservazione e immortalità.
Ma l’uomo si rivela poi anche l’animale più stupido della Terra: uccide milioni di animali ogni giorno, impoverisce la terra con coltivazioni innaturali e distruzione di foreste, costruisce in modo dissennato, continua a fare guerre…eppure se lo volesse, l’uomo potrebbe costruire il suo destino con conoscenza e saggezza, solo ricordandosi della sua umanità. Basterebbe affermare il valore della vita, dell’amore e dell’unità della specie umana. Basterebbe quello, e Dio tornerebbe a parlarci.