sabato, marzo 29, 2014

Passeggiate nei prati dell'eternità di Valeria Paniccia


L'autrice Valeria Paniccia con Arnaldo Bagnasco con cui collaborò in RAI- Questa è una delle ultime immagini del compianto Arnaldo Bagnasco sulla terrazza di casa sua a Genova.


Uscito lo scorso anno per l'editore Mursia: Passeggiate nei prati dell'eternità, è un libro di Valeria Paniccia che fa conoscere molti cimiteri famosi insieme agli illustri sepolti. Un viaggio quindi nel passato, nella storia e insieme nell'arte, nella cultura che inaspettatamente troveremo nel passeggiare tra le tombe.
Il libro l'ho trovato molto bello e interessante ed ha accresciuto la mia curiosità verso personaggi cui conoscevo la fama ma, ripensati attraverso lapidi, sculture, monumenti, epigrafi e statue assumono aspetti inattesi.
Gli accompagnatori dell'autrice del libro- che si rifà alla serie televisiva della stessa autrice Extraterreni-, come novelli virgili, commentano e raccontano le loro impressioni su questi tanti luoghi di sepoltura. Troveremo così: Cacciari a San Michele in Isola, Pupi Avati alla Certosa di Bologna, Giovanni Sartori alle Porte Sante di Firenze, Gae Aulenti al Monumentale di Milano, Toni Servillo a Santa Maria del Pianto, Napoli, Margherita Hack all’acattolico di Roma, Saramago allo Staglieno di Genova, Muccino a Hollywood Forever, Volcic a Novodevichy, Mosca, Albertazzi al Père-Lachaise di Parigi, Chiambretti e Don Ciotti al Monumentale di Torino e infine Pandolfi al Verano.
Io ho sempre avuto per i morti, soprattutto quelli che ho conosciuto da vivi, un certo sentimento di inferiorità poichè li considero automaticamente superiori per il fatto che abbiano sperimentato la morte. Sì, loro sanno. Loro sono quelli che come extraterreni, hanno fatto una conoscenza estrema.
Leggere di queste dimore ultime, di questi luoghi aiuta a formare una idea di eterno; diventa un momento importante per comprendere la nostra cultura e la nostra vita.
Il rapporto con la morte è non solo elemento di speculazione filosofica ma certamente elemento per comprendere la cultura intima delle società. Io ho sempre pensato che lo spirito religioso nasca proprio quando l'uomo prese consapevolezza della morte. Insomma il culto dei morti è la culla delle religioni. Sono proprio le religioni che consolano l'uomo facendogli credere ad una vita al di là della morte fisica; disegnando una immortalità dell'anima. Intanto possiamo attraverso questo libro scoprire quanto resta di molti personaggi della storia passata e più recente. Possiamo conoscere quanta arte segnali e illustri questi passaggi...passaggi nei passeggi.
Passeggiate nei prati dell'eternità è un libro piacevole e ben confezionato che consiglio di leggere.

sabato, marzo 22, 2014

In ricordo di Cesare Zavattini

In questo 2014 sono 25 anni dalla morte di Cesare Zavattini: un artista poliedrico, difficile da inquadrare in una qualsiasi corrente artistica che ha attraversato il '900. Di lui si ricordano molte opere; ma soprattutto per essere stato uno dei massimi esponenti del neorealismo cinematografico. Di Zavattini si possono ricordare a questo proposito le sceneggiature di I bambini ci guardano; Ladri di biciclette, Sciuscià; Miracolo a Milano; Umberto D.; Bellissima; Il Cappotto; Stazione Termini; Le mura di Malapaga...e innumerevoli altri film.
Cesare Zavattini è stato giornalista, commediografo, pittore, poeta, sceneggiatore di cinema e fumetti, scrittore, conduttore radiofonico, regista...
Cesare Zavattini, a settant’anni, nel 1973 ha pubblicato una raccolta di poesie dialettali da titolo Stricarm’ in d’na parola- Stringersi in una parola; un lavoro di sintesi che Pasolini definì la cosa più bella che avesse mai letto. Il dialetto assume l'elemento per raccontare la realtà del suo paese Luzzara. Una realtà contadina che reclama a gran voce la sua natura bilinguistica, protestando implicitamente contro l’impoverimento della lingua causato dalla pressione livellante dei mass media.

Tra le poesie raccolte c'è Invecend ( Invecchiare) che esprime bene la scelta dialettale e il suo amore per questa forma d'espressione.
INVECEND
Invecend a vrés
büta föra in dialét
col co tgnü dentr’in italian.
As pöl di töt cm’al mé dialét
i sö sigulament
da car di bö chi turna a cà sotsira.
Pr’esempi:
“Sul gnüatr’a saiòm
col ca tulóm e dóm.”
An gal mia dal tambör?
St’atar: “S’avdésu al me paés sota la nev
avresu esag na.”
Duls: “Cun na panlada sul
piturà al ciel da Lusèra a Gualtér.”
Duls duls: “An segn drét in s’an foi 
l’è la pianura.”
Intim (a patés d’insonia):
“Sa pudés stricarm’in d’na parola
a durmirés.”
Ah cost, a l’o apena squacià:
“L’è pusibil sufri sensa capi.”
Vriv quel d’sucial?
“Unomas finalment cuntra tant casu.”
Avdì, töt as pöl dì.
Del.
Sré la porta.
Fat. Alura?
Spudèm in facia: an parli mia.
Parchè?
A go paura.
Ad chi?
Dal melanövsentstantatri.
Cardì, sempar da po’
a n’ag siöm mia e a s g’abituóm.

[Invecchiando vorrei / buttare fuori in dialetto / certe cose tenute dentro in italiano. / Può dire tutto il mio dialetto, coi suoi cigolamenti / da carro dei buoi quando tornano a casa sottosera. / Per esempio: / “Solo noi sappiamo / ciò che prendiamo e diamo.” / Non ha del tamburo? / Un’altra: “Se vedeste il mio paese sotto la neve, / vorreste esserci nati.” / Bello? / Dolce: “Con una pennellata sola / pitturare il cielo da Luzzara a Gualtieri.” / Dolce dolce: “Un segno dritto sul foglio / è la pianura.” / Bello bello. / Intimo (soffro d’insonnia): /  “Se potessi stringermi in una parola , dormirei.” / Ah questo, proprio fresco: / “E’ possibile soffrire anche senza capire.” / Volete qualche cosa di sociale? / “Uniamoci finalmente contro tanto caso.” / Tutto si può dire, vedete. / Dillo. / Chiudete la porta. / Fatto. Allora? / Sputatemi in faccia, non parlo. / Hai paura? / Ho paura. / Di chi? / Del millenovecentosettantatré. / Credete, sempre più / non ci siamo / e ci si abitua. ]

Inoltre mi fa piacere ricordarlo in questa sua poesia: DIU
Diu al ghè.
S’a ghè la figa al ghè
Sul lò al pudeva inventà
na roba acsè
cla pias a toti a toti
in ogni luogo,
ag pansom anca s’an s’ag pensa mia,
appena ca t’la tochi a combiòn facia.
Che mument! long o curt al saiòm gnanca.
La fa anc di miracui, par ciamala
an mot
a ghè turnà la vus.
Ah s’a pudès spiegaram
ma l’è difficil
cme parlà del nasar e dal murir.

TRADUZIONE: DIO. Dio c'è. Se c'è la fica c'è. Solo lui poteva inventare una cosa così che piace a tutti in ogni luogo, ci pensiamo anche se non ci pensi, appena tu la tocchi cambi faccia. Che momento lungo o corto non si sa. Fa anche dei miracoli, per chiamarla a un muto gli è tornata la voce. Ah se potessi spiegarmi ma è difficile come parlare del nascere e del morire.

venerdì, marzo 21, 2014

Censura ridicola in Turchia. Il potere svela sempre le stesse facce

La notizia di censura da parte del governo turco verso il social-network Twitter ha del ridicolo e manifesta quanta ignoranza ci sia in certo potere politico verso la rivoluzione di internet. Quella che si vuole attuare è una censura assurda, impossibile, a meno di uno switch-off dell’intera Rete. Questo naturalmente danneggerebbe l'intera economia del paese.
La libertà digitale è in continua espansione e come ha affermato il suo inventore Tim Berners-Lee,- l’informatico britannico che inventò il www che pochi giorni fa ha festeggiato il 25° anniversario- internet diverrà di tutti e sarà presto un diritto d'accesso per ogni cittadino.
L'assurdo tentativo di controllo vede all'opera una squadra di seimila controllori preposti al monitoraggio degli account turchi e pronti a rispondere alle critiche...sì, la prova di censura è scattata e vorrebbe riuscire a fermare la valanga di critiche al premier Erdogan.
Estirperemo Twitter, non mi interessa cosa dice la comunità internazionale, è contro la sicurezza nazionale. C’è una sentenza del tribunale. Vedranno la forza della Turchia : questa l'affermazione del premier Erdogan.
Questo ennesimo capitolo della crociata contro i social-network si rivelerà una sconfitta certa.
Intanto Twitter non ci ha messo molto a rispondere a tono, per quanto irraggiungibile la piattaforma è ancora possibile postare i propri 140 caratteri tramite SMS. Spegneranno anche gli smartphone?

domenica, marzo 16, 2014

Storia di una ladra di libri

Un bel film tratto da un bel libro.
Il romanzo di Markus Zusak, pubblicato in Australia nel 2005, La ragazza che salvava i libri -successo con oltre otto milioni di copie vendute in tutto il mondo, rimasto per circa sette anni nella classifica dei libri più venduti del New York Times- è diventato un film dal titolo originale The Book Thief e in italiano Storia di una ladra di libri.
Il film segue bene la storia raccontata dal libro: le vicissitudini di una ragazzina vivace e coraggiosa di nome Liesel Meminger, che viene mandata a vivere con la famiglia affidataria degli Hubermann, nella Germania della Seconda guerra mondiale. Una storia triste ma che sa donare speranza e ricca di insegnamenti. La ragazzina trova nei genitori adottivi Rosa e Hans protezione e amore imparando a leggere, lei che era analfabeta. Intanto la guerra incombe e nel piccolo paese si vivono gli avvenimenti della Germania nazista: l'odio verso gli ebrei, le idee diverse. La violenza sale e intorno a Liesel crescono le parole; cresce la conoscenza e l'immaginazione coltivata con i libri.
Con le interpretazioni straordinarie dei tre protagonisti Geoffrey Rush (Hans, il padre adottivo), Emily Watson (Rosa, la madre adottiva) e la giovane Sophie Nélisse nella parte di Liesel Meminger, si dipana una storia che seppur didascalica riesce ad emozionare e trasmettere valori fondamentali della cultura civile.
Il film che uscirà a breve in Italia è sceneggiato da Michael Petroni e diretto da Brian Percival.
Io l'ho visto in anteprima ed in streaming qualche sera fa.
Da far vedere soprattutto ai ragazzi.

venerdì, marzo 07, 2014

I neuroni specchio e i memi del linguaggio

La coscienza, considerata uno degli ultimi misteri della scienza, seppur da sempre presente tra i grandi problemi della filosofia, è stata per lungo tempo lasciata fuori dai programmi di studio sulla mente e sulla natura umana.
La filosofia ha posto questa domanda: come può un corpo materiale, come il cervello, creare l'idea di una identità e le illusioni ad esse relative? Creare semplicemente una immaterialità? Cos'è in sostanza la nostra esperienza cosciente? Una delle qualità che ci contraddistingue dagli altri animali è la capacità di vederci riflessi in uno specchio. Noi apprendiamo attraverso varie maniere, con l'imitazione, l'osservazione, con l'intuizione e con meccanismi di apprendimento innati che hanno lo scopo di preservarci dai pericoli mortali...poi insieme crediamo a innumerevoli cose strane e che in teoria non servono a nulla: queste convinzioni hanno dato origine ai memi, a dei replicatori di comportamenti culturali, come i neuroni specchio che hanno costruito l'uomo attuale.
E' grazie ad uno scienziato italiano, Giacomo Rizzolati dell'Università di Parma, che insieme ad un gruppo di ricercatori si deve nel 1995 la scoperta dei neuroni specchio. Studiando la corteccia premotoria ci si accorse come, ancora prima dell'azione, entrassero in connessione alcuni neuroni. Il lavoro fatto sui macachi permise di conoscere un apprendimento in automatico. I neuroni specchio si attivano quando un animale compie un'azione e quando l'animale osserva la stessa azione compiuta da un altro soggetto.
Questa grande scoperta ha intensificato il lavoro di ricerca sull'evoluzione del linguaggio. Il motivo è che nell'uomo i neuroni specchio sono stati localizzati vicino all'area di Broca.
Ciò ha comportato la convinzione (per alcuni la prova) che il linguaggio umano si sia evoluto tramite l'informazione trasmessa con le prestazioni gestuali e che infine il sistema specchio sia stato capace di comprendere e codificare/decodificare. Ormai è certo che tale sistema ha tutto il potenziale necessario per fornire un meccanismo di comprensione delle azioni e per l'apprendimento attraverso l'imitazione e la simulazione del comportamento altrui. In questo senso è opportuno ribadire che il riconoscimento non avviene soltanto a livello motorio ma con il riconoscimento vero e proprio dell'azione, intesa come evento biofisico.
Da qui si può partire per una comprensione più profonda delle relazioni sociali e i complessi comportamenti. Uno ad esempio è legato al sorridere e essere gentili. E' chiaro che questi sono gli imperativi della nostra cultura sociale che poi si è trasformata anche in metodo da insegnare nei corsi di vendita. Poi si sa che 'sorridere sempre' a comando non è possibile per cui nascono i sorrisi falsi che sono si colgono, si individuano e si catalogano pressoché immediatamente, sempre in virtù delle capacità dei neuroni specchio.
Sempre in base ai neuroni specchio bisogna sapere che quando esprimiamo uno stato d'animo negativo modifichiamo anche l'umore e le percezioni di tutti coloro che vengono in contatto con noi e si predispongono ad imitarci in modo automatico. E questo non è per niente utile, lo possiamo intuire. Si tratta quasi di un fatto igienico: tutti comprendiamo che emanare un cattivo odore non è igienico, e scorretto nei confronti di chi ci sta intorno. Allo stesso modo, esprimere uno stato d'animo negativo, magari generato dalla nostra immaginazione, è altrettanto scorretto, semplicemente ad un piano diverso da quello dell'olfatto, perché proprio come nel caso del cattivo odore, il cattivo umore affligge anche gli altri. Se non altro, tale processo è inconsapevole, e quindi ora, poiché ne conosciamo l'esistenza, possiamo decidere di effettuare scelte diverse, con risultati indubbiamente migliori.
Con i neuroni specchio noi possiamo entrare nella mente degli altri.

A questo punto mi piacerebbe avere una comparazione del neurone specchio con il meme di Richard Dawkins- sì il concetto di meme nato nel 1976 con il suo libro Il gene egoista.
In estrema sintesi, Dawkins afferma che, accanto alla molecola del DNA- l’entità replicante che ha prevalso sulla terra- esistono altre unità replicanti che concorrono all’evoluzione. Con le sue parole:
Io credo che un nuovo tipo di replicatore sia emerso di recente proprio su questo pianeta. Ce l'abbiamo davanti, ancora nella sua infanzia, ancora goffamente alla deriva nel suo brodo primordiale ma già soggetto a mutamenti evolutivi a un ritmo tale da lasciare il vecchio gene indietro senza fiato. Il nuovo brodo è quello della cultura umana. Ora dobbiamo dare un nome al nuovo replicatore, un nome che dia l'idea di un'unità di trasmissione culturale o un'unità di imitazione. "Mimeme" deriva da una radice greca che sarebbe adatta, ma io preferirei un bisillabo dal suono affine a "gene": spero però che i miei amici classicisti mi perdoneranno se abbrevio mimeme in meme. Se li può consolare, lo si potrebbe considerare correlato a "memoria" o alla parola francese même. Esempi di memi sono melodie, idee, frasi, modi di modellare vasi o costruire archi. Proprio come i geni si propagano nel pool genico saltando di corpo in corpo tramite spermatozoi o cellule uovo, così i memi si propagano nel pool nemico saltando di cervello in cervello tramite un processo che, in senso lato, si può chiamare imitazione.