martedì, novembre 27, 2018

Internet ci fa più stupidi o intelligenti?

Due libri a confronto: 'Internet ci rende stupidi? Come la rete sta cambiando il nostro cervello' di Nicholas Carr e 'Perché la rete ci rende intelligenti' di Howard Rheingold.

Due libri -entrambi editi da Raffaello Cortina- che ho letto per scoprire chi dei due abbia ragione...insomma con la Rete Internet diventiamo più stupidi o intelligenti? Scopriamolo insieme.

Il libro 'Internet ci rende stupidi? Come la rete sta cambiando il nostro cervello' (edizione italiana 2011)di Nicholas Carr -titolo originale: The Shallows, What the Internet is doing to our brains-, sostiene quanto la Rete ci renda stupidi; partendo dagli anni '60 per raccontarci come le nuove frontiere della comunicazione, indicate da Marshall McLuhan, arriviamo ad oggi con le modifiche alle nostre capacità cognitive. Marshall McLuhan, che raccontava il passaggio dalla tecnologia di Gutenberg a quella elettronica, gettando le basi di Internet e fornendo così lo strumento per eccellenza al Villaggio Globale, aveva coniato un famoso aforisma per cui 'il medium è il messaggio'; questo fa capire come lo strumento usato condizioni i nostri comportamenti...e quando diceva questo non c'era ancora internet. McLuhan sosteneva che non si può affermare che tutto dipenda da come usiamo il mezzo: è da idioti dire questo. E' da idiota tecnologico dire che dipenda tutto da l'uso: 'Ogni medium ci cambia'.
Nicolas Carr affonda la sua critica già nel prologo: ora che internet è entrato nella nostra vita anche in mobilità, tramite gli smartphone, ed è sempre più presente nelle nostre case, nei nostri posti di lavoro, scuole, auto ecc...si può osservare che il medium sia diventato il nostro padrone. Così internet, nato per far pensare i pecoroni e dare a questi nuovi pensieri, invece impecorisce tutti.
L'allarme che internet ci renda più stupidi Nicolas Carr l'aveva lanciato molti anni fa; prima che ci fosse l'estensione dei laptop, dei tablet e degli smartphone per cui siamo oramai pervasi dalla tecnologia dei sempre connessi. Nicolas Carr aveva anticipato con il suo libro anche come nell’arco di pochi anni saremmo tutti diventati superficiali e incapaci di concentrarci per più di qualche minuto o di distinguere informazioni importanti da quelle irrilevanti. Questo è stato poi confermato da scienziati in tutto il mondo. Ascoltando diverse persone l'autore ha conferma di come internet stia cambiando il modo di studiare, di fare ricerca, di leggere...sì, qualcuno lo dice apertamente oggi un libro come 'Guerra e pace' non saprebbe più leggerlo.
Anch'io ho avuto modo di constatare come i giovani studenti abbiano oggi difficoltà alla concentrazione, a mantenere ferma l'attenzione su una cosa; saranno anche i videogiochi, ma certo che il problema è molto presente. Per Nicolas Carr che ci piaccia o no, la Rete ci sta riprogrammando a sua immagine e somiglianza, arrivando a plasmare la nostra stessa attività celebrale.
Il libro di Nicolas Carr prende forma dopo un suo articolo "Mi manca il mio vecchio cervello, Google ci rende stupidi" che aveva scatenato un dibattito e fatto guadagnare all'autore una nomination al Pulitzer. Molti studiosi come Derrik de Kerckhove sostennero che Internet ci porterà ad un Nuovo Rinascimento e quindi sia uno strumento di umanesimo più consapevole...per Nicolas Carr invece l'intelligenza non è solo trovare informazioni rapidamente, ma la capacità di attribuirvi un senso: il pensiero critico oggi è a rischio. Se come individui diventiamo più superficiali, a livello collettivo gli esiti non saranno granché.
Nicolas Carr scrive di internet partendo dalle sue personali esperienze con le tecnologie: dai primi pc alle prime connessioni internet sente qualcosa che lo rende dipendente e cambia il suo modo di rapportarsi alle cose. Per questo cita molti fatti e uno è quello che successe a Nietzsche che dotatosi di una macchina da scrivere cambiò insieme al nuovo modo di scrivere anche lo stile.
Nicolas Carr utilizza molte pagine per descrivere i meccanismi e la struttura del nostro cervello. Usa la filosofia e le recenti scoperte sulla plasticità del cervello e le sue capacità cognitive per giungere alla sua teoria definitiva: il cervello si modifica con la tecnologia che usiamo.
Da quanto assistiamo in buona parte mi sembra che Nicola Carr abbia ragione. Soprattutto bisogna evitare la dipendenza da internet; bisogna imparare a 'staccare', a ritrovare i vecchi modi di relazionarci con gli altri guardandoli in viso. Inoltre prendere in mano un libro o un quotidiano cartaceo diventa importante.

Per Howard Rheingold con il libro: 'Perché la rete ci rende intelligenti' si afferma invece che questa strabiliante intelligenza artificiale aiuterà tutti a sviluppare una società più seria, attenta e più responsabile. L'alfabetizzazione digitale non è solo arricchimento personale, metodo di comunicazione immediata ma base che può tradursi in un patrimonio di beni comuni; un modo di condivisione di saperi, servizi, risorse...insomma un grande vantaggio per acquisire intelligenza.
Non va dimenticato che l'autore Howard Rheingold è un pioniere della Rete, fu lui a coniare il termine Internet nel 1987; e già nel 1985 nel suo “Tools for Thought” -Strumenti del pensiero- rifletteva sul loro sviluppo e l'espansione della mente attraverso i vari passaggi delle conquiste digitali e la loro utilizzazione arrivate con il Personal computer. La diffusione del Pc portava a sintesi le varie conoscenze informatiche e matematiche elaborate nei decenni prima. Inoltre dobbiamo sapere che Howard Rheingold è uno dei più eclettici studiosi dell’impatto sociale delle nuove tecnologie. Per l'editore Raffaello Cortina ha pubblicato Smart mobs. Tecnologie senza fili, la rivoluzione sociale prossima ventura (2003).
Importante, nella tesi che sostiene Howard Rheingold, è di riutilizzare un termine caduto in disuso e di aggiornarlo, ovvero la “netiquette”; (rete+etiquette) per indicare un galateo della Rete con un insieme di norme codificate e regole di saggezza spicciola. Nell'uso della Rete è importante il comportamento; ad esempio quello che avviene con l'hate speech- seminare l'odio attraverso i social-network porta a diffondere, a moltiplicare, l'odio in modo esponenziale. Sembra una conquista di libertà è invece un avvoltolarsi su fobie e paranoie. Lo constatiamo ogni giorno con l'uso dei cosiddetti social-network.
E' sempre più chiaro che la tecnologia legata ad internet abbia modificato il mondo e senz'altro aperto la rivoluzione sociale del prossimo futuro. E' una rivoluzione legata alla comunicazione delle reti sociali. Un grande salto di accessi alla rete internet si è avuto con l'avvento di Facebook. Uno dei punti su cui si sofferma maggiormente, e con uno spiccato impeto, è la questione della 'partecipazione': l'educazione alla competenza nell'uso delle tecnologie è anche competenza alla partecipazione attiva alla Rete e alla società. Imparare ad usare internet è un'arte ed quello che potrà generare capitale sociale: costruendo buoni cittadini digitali.
La teoria di Howard Rheingold sulla 'Legge di potenza della partecipazione' la possiamo vedere oggi con le azioni collettive che danno vita sia ai Flash-mob che ad eventi che coinvolgono molte persone.
La rete di internet penso che nel breve tempo diverrà accessibile come oggi lo è una comune radio a FM. Con questa prospettiva lo sviluppo e il cammino di questa tecnologia sarà sempre più in mano agli utilizzatori. Certamente insieme alle utilità e alla condivisione di cose buone aumenterà anche il malaffare e chi vuole fare con questo strumento il male. Ma la rivoluzione digitale finirà anche di limitare spazi di libertà. Saremo sempre più controllati. In sintesi le istruzioni per l'uso di internet, firmate da Reinghold, che servirebbero a formare una coscienza sociale ed essere buoni cittadini digitali si possono riassumere in: essere attenti: tenere desto il senso critico. I social media favoriscono la distrazione; verificare le notizie, attenzione alle notizie false, le cosiddette FAKE NEWS; tenere sempre presente che siamo noi a stabile quanto sia veritiero un risultato di una ricerca; conoscere le regole dei social network...lì lasciamo tracce sempre consultabili, quindi essere coscienti di quanto scriviamo e pubblichiamo; nel condividere tenere presente che le reti sono strumenti di produzione e di distribuzione economica, però la contribuzione delle persone non risponde sempre a logiche di mercato. Le persone usano i media sociali per consumare oltre che per creare. La Rete amplifica tutto e tutto cresce in modo esponenziale. Il capitale sociale attraverso interne si sviluppa grazie alla fiducia e a norme di reciprocità.
Il libro di Howard Rheingold è molto corposo, oltre 400 pagine -quello di Nicolas Carr è di oltre 300- che sicuramente aiuteranno a capire bene cos'è internet.

A conclusione dico che tutti e due i libri sono utili a formarsi una opinione propria. Io rimango dell'idea che internet sia una tecnologia di grande portata sociale e che certamente influenzerà in positivo il cammino dell'umanità. Internet nel frattempo è diventata anche uno strumento nel formare grandi ricchezze; delle 10 aziende multinazionali più ricche e importanti della Terra, 8 hanno a che fare con la Rete, sono: Apple; Amazon; Microsoft; Facebook; Google; Oracle; Alphabet...sono imprese che hanno sfruttato le potenzialità di internet e hanno permesso di fare grandissimi profitti.

domenica, novembre 25, 2018

Razzismo e guerre misurazione della nostra ignoranza

La nostra specie animale ha fatto molti passi in avanti fino a creare con la Cultura una nuova Natura...certo è che però insieme all'antropocentrismo il nostro essere ha fatto e continua a fare, all'interno della Natura classica, molti danni: ha dato origine ad un riscaldamento del pianeta Terra -aumentando l'inquinamento attraverso l'anidride carbonica (co2)- provocando gravi variazioni meteorologiche. Inoltre la proliferazione umana è andata a discapito di altre molte specie animali. Dalla comparsa sulla Terra, circa 150 mila anni fa, dell'Homo cosiddetto Sapiens abbiamo raggiunto la cifra di oltre 6 miliardi di individui...ma siamo Sapiens veramente? Siamo davvero portatori di sapienza intesa come consapevolezza e saggezza? Credo proprio di NO! Eppure abbiamo una sapienza che ci ha insegnato ad interrogarci ad ogni passo. Con questa sapienza, che si chiama filosofia, abbiamo fatto grandi conquiste; siamo andati addirittura sulla Luna. Ancora la filosofia e la Scienza potrebbero dare insieme agli interrogativi anche delle risposte utili ad ottenere consapevolezza ma spesso rivolgiamo lo sguardo altrove e rimaniamo noi -diventati i più grandi predatori- prede di noi stessi, della nostra mente ballerina.

Due elementi che denunciano la nostra ignoranza sono il razzismo e la guerra: due pratiche; due comportamenti che accompagnano l'animale Uomo da sempre. La Scienza in tutti e due i casi dovrebbe essere in grado di smantellare le due gravi coazioni a ripetere. Se ascoltassimo cosa dice la scienza e insieme ne facessimo coscienza, ecco che non praticheremmo più razzismo e guerre.
Darwin è lo scienziato che raccontando la nostra origine ha scritto la storia dell'evoluzione umana: siamo nell'albero della vita animale solo un piccolo ramo, che distingue i mammiferi, ed è accanto alle scimmie. Siamo accomunati con le scimmie nel mondo dei 'primati'. Insieme a proscimmie, scimmie babbuini e gorilla condividiamo lo stesso contesto biologico; insieme condividiamo caratteristiche anatomiche scheletriche e dentarie che conducono anche a considerazioni sul piano funzionale, ecologico e comportamentale. Il razzismo è quindi sinonimo di ignoranza e paura. Insomma nell'ambito della Vita sulla Terra non potremmo permetterci di essere razzisti nemmeno con gli insetti. Eppure...a pensare che il nostro comune progenitore era africano. E secondo me l'Africa conserva una saggezza che sarà in grado di salvarci.

Per la guerra ecco che siamo gli animali che hanno trasformato la violenza, l'istinto alla sopravvivenza, in crudeltà e sadismo; hanno poi trovato nella distruzione e terrorismo il modo paradossale di stare nella società.
In questo campo entra la psicologia che spiega chiaramente come noi siamo manovrati dall'inconscio, da parti oscure che esercitano un particolare fascino su ognuno di noi. Il libro di James Hillman (psicoanalista junghiano scomparso nel 2011) 'Un terribile amore per la guerra' descrive benissimo la nostra condizione riguardo alla guerra.
Hillman sostiene appunto che “La guerra chiama in causa la psicologia anche perché la filosofia e la teologia, gli ambiti cui spetterebbe produrre pensieri forti per conto della nostra specie, hanno trascurato la prioritaria importanza della guerra. "Polemos di tutte le cose è padre" disse Eraclito agli albori del pensiero occidentale, e Emmanuel Lévinas, nella fase attuale del pensiero occidentale, ha riformulato così la stessa idea: "... l'essere si rivela al pensiero filosofico come guerra”.
Sì, la guerra è una marcia della follia che da Troia alle guerre odierne ha mortificato l'intelligenza privilegiando l'esecuzione meccanica degli ordini. L'adattamento ad una gerarchia. Già, tutto nasce come banalità del male, definizione di Hannah Arendt ispirata all'esempio paradigmatico di difetto di intelligenza e immaginazione personificata in Adolf Eichmann.
Eppure noi siamo gli animali che hanno una capacità di comprensione di ciò che accade...ma ancora non siamo riusciti a trovare risposte utili all'origine della guerra. Per James Hillman bisogna rifarsi agli archetipi, alle origini innate e predeterminate dell'inconscio umano; quindi dobbiamo scavare in profondità, in una sorta di archeologia della mente, in modo da riportare alla luce i temi mitici che attraversano i tempi e sono senza tempo. E la guerra è una di tali forze.
Dobbiamo per Hillman rifarci ai miti per cui i greci, con la loro cultura e tramite la tragedia, seppero comprendere le guerre. E' tutto effetto del mito...'Il pensiero e l'agire umani sono soggetti a improvvisi interventi della fortuna e del caso: il proiettile vagante, l'ordine smarrito; "per un punto Martin perde la cappa"... Tale imprevedibilità è attestata lungo tutta la storia. Pertanto, una scienza razionale della guerra può arrivare soltanto fino a un certo punto, soltanto fino al limitare della comprensione. Poi, occorre una salto dell'immaginazione, un salto dentro il mito.'.
Ancora Hillman prosegue con una lunga disanima su tutte le voci che riportano alla guerra; un rendiconto storiografico, di costume e letterario su ciò che ha ispirato la guerra dai miti greci fino ad oggi. L'esame di Hillman approfondisce ogni aspetto filosofico e psicologico della violenza. 'Gli esseri umani amano le loro armi, le fabbricano con la perizia di Efesto e la bellezza di Afrodite per gli scopi di Ares. Non manca il riferimento a ciò che rappresentano le armi per gli statunitensi: da lì forse discende l'idolatria degli statunitensi per le armi(...). Nella cultura degli Stati Uniti, Marte rimane un dio dominante come lo era nella Repubblica di Roma...se le armi da fuoco sono la medicina americana contro la paranoia americana (rafforzando nel contempo la malattia che vorrebbero combattere, secondo la tipica formula delle tossicodipendenze), allora come faranno gli Stati Uniti a liberarsi dal vizio e a limitare l'uso delle armi?'.

Le guerre così continuano senza fine arrivando a dare senso alle vite. La nostra cultura è pervasa dalla violenza e dalla guerra e ci vantiamo con questo dei nostri valori di civiltà, di leggi umanitarie, della propria educazione e morale...ma ancora prevale la dabbenaggine per cui solo una piccola parte, che sarà sempre minoritaria, cerca di riscattare tutti predicando la pace.

domenica, novembre 18, 2018

'Balle mortali' un libro di Roberto Burioni

'Balle mortali' è un libro di Roberto Burioni che, con la sua propria scienza di medico e docente universitario, racconta le bufale mortali che siamo stati obbligati a seguire attraverso i media e i danni che hanno provocato alla salute delle persone che le hanno credute. Il sottotitolo a Balle mortali illumina: 'Meglio vivere con la scienza che morire coi ciarlatani'. L'autore del libro è un medico professore ordinario di Microbiologia e Virologia presso l'Università Vita-Salus del SaRaffaele di Milano. Sue precedenti pubblicazioni sono: Il vaccino non è un'opinione (Mondadori 2016) e La congiura dei Somari (Rizzoli 2017).

Ecco in ordine i 10 capitoli che trattano quelle pseudocure definite le balle mortali: L'HIV non causa l'AIDS; l'AIDS nemmeno esiste; le capre, il cancro e il siero Bonifacio; il metodo Di Bella; la Nuova Medicina Germanica; Stamina o la pozione misteriosa; curare il diabete con le vitamine; gli antibiotici sono il male; il latte crudo (e i suoi batteri); i vaccini sono pericolosi. Una sana lettura che consiglio a tutti.

Purtroppo dei casi descritti penso che ne succederanno ancora poiché la premessa descritta nel libro è chiara: chi si ammala segue e crede a qualunque bugia perchè in fondo ogni paziente si aspetta e desidera di sentirsi dire quello che vuole credere.

Oggi intanto un candidato giovane alla segreteria del PD, denuncia Roberto Burioni come quello che ha elevato 'a scienza vera e assoluta quelle che sono posizioni squisitamente politiche, di solito di destra, mortificando come un Burioni qualsiasi chi si diverte a bulleggiare il 99% delle persone meno preparate che esprimono semplicemente un dubbio'.
Roberto Burioni ha subito risposto tramite il suo profilo facebook: 'Doveva succedere, ed è successo. Alla fine gli attacchi contro di me arrivano anche dal Partito democratico (al quale secondo la vulgata dovrei essere contiguo). Questo mi conferma che ho fatto la scelta giusta a non candidarmi, perché una posizione indipendente mi consente di essere libero da tutti i partiti e di potere servire solo la verità dei libri che ho studiato'.

Bene, così oggi presento su questo blog anche la mia recensione ad uno -l'ultimo- dei suoi libri.

giovedì, novembre 15, 2018

Due libri di Edoardo Albinati

Ero stato attratto dall'Analisi Transazionale (A.T.) Di Eric Berne con cui spiegava come certi luoghi della società come Pronto soccorso, Tribunali, prigioni ecc. fossero l'epilogo di giochi relazionali negativi. Già, i giochi descritti da Berne sono i modi che attraverso la relazione con cui si cerca di ottenere riconoscimento e carezze. Poi in mancanza di carezze ecco che si preferisce all'indifferenza anche le sberle e le punizioni. Leggendo il libro Maggio Selvaggio di Edoardo Albinati, che ha insegnato un anno dentro il carcere romano di Rebibbia, scopro come il carcere sia un luogo dove la natura umana dimostri tutta la sua complessità. D'accordo l'idea di Eric Berne ha sempre una sua funzione esplicativa di come le relazioni non assertive -così chiama quelle che non aiutano a crescere o ad ottenere le giuste risposte- conducano per il loro disturbo comunicativo a drammi e sofferenze.

A proposito di 'Maggio Selvaggio' questo libro ricco di annotazioni a volte commoventi, ispirate, sibilline, ironiche e profonde si può considerare prodromico, il testo preparatorio, a 'La scuola cattolica' con cui l'autore vinse il premio Strega nel 2016.

Attraverso 'Maggio selvaggio' ho compreso anche come il male non fosse come pensavo frutto involontario di ignoranza, ingiustizia, odio e altro ma a volte scelta consapevole; un male che non porta rimorsi e sensi di colpa. Un male fatto con la volontà di provocare dolore e per questo reiterato.

Edoardo Albinati è uno scrittore che con una particolare vena intimista fa scoprire un mondo ricco di sfumature, di sentimenti inaspettati e le cui storie sono parte del vivere presente. A volte l'autore prorompe in pagine dai testi ispirati, dove si innesta una prosa quasi poetica; il lettore perde quasi il filo, ma rimane con il gusto di pezzi di grande letteratura.

lunedì, agosto 27, 2018

'Politiche Costituzionali per le Riforme' libro di Luigi Fasce

Il libro di Luigi Fasce dovrebbe essere una 'ristampa' del suo primo libro 'Quale politica per le riforme- Bussola per un orientamento a Sinistra', uscito nel 2014 sempre con la Biblion edizioni (Casa editrice specializzata in testi politici e storici di grande rilevanza. Saggi politici e ambientali); ma possiamo dire che con molte aggiunte, riscritture e aggiornamenti, il libro dal titolo: 'Politiche Costituzionali per le Riforme' è un libro nuovo. Un libro che scaturisce da nuove riflessioni e per recenti accadimenti quali il referendum del 4 dicembre e poi gli atti di denuncia di Luciano Gallino; Paolo Maddalena e Yanis Varoufakis.

Poi dobbiamo far sapere che del vecchio libro non ci sono più copie cartacee. Chi desiderasse acquistarlo lo potrebbe fare soltanto in formato elettronico (in e-book)andando sul sito della casa editrice. Il vecchio libro aveva la presentazione di Felice Besostri e la mia prefazione...questo invece reca una prefazione più illustre, quella di Paolo Maddalena- Giurista, Magistrato e Vicepresidente emerito della Corte Costituzionale. Un supporto molto importante a chi come Luigi Fasce sostiene che la nostra Costituzione possa essere una guida sempre attuale a fare le riforme utili all'Italia.

Già, in Italia sembra sempre che le riforme siano sempre da fare. Ogni governo le promette e poi ne attua dei simulacri che poi all'atto pratico risultano inattuate o semplicemente senza un vero e proprio cemento ideale e politico. Luigi Fasce come è nel suo stile va al sodo: la Costituzione ha le basi strutturali che sanno indirizzare le riforme: sa unire i diritti collettivi e dei singoli in un quadro di norme che se seguite aiutano a fare riforme vere e durature.
Guardate quelle fatte: Job Act; Fisco; Scuola; Pensioni; Sanità...tutte nel segno di una ideologia neoliberista e anticostituzionale. A questo proposito il libro, che ha diverse funzioni, mette subito in chiaro come le ideologie siano sempre alla base del nostro agire politico. Su questo punto mi fa piacere leggere quello che scrive nella sua prefazione Paolo Maddalena a tale proposito:
Il primo concetto chiave che l’Autore esprime è quello della “ideologia”. Si dice, oramai da molti anni che le ideologie sono passate di moda, che esse non hanno alcun significato e che è doveroso prescindere da esse. Fasce annienta innanzitutto questo erroneo modo di pensare, dimostrando a chiare lettere che si tratta di una mistificazione voluta dalla classe economica dominante, mentre è indiscutibilmente vero che, come asseriva Mazzini, all’azione precede sempre un pensiero.

L'anteprima della presentazione è stata fatta a Frisolino di Nè in questo agosto.

Il libro di Luigi Fasce sarà oggetto di diverse presentazioni nei prossimi mesi.

Qui sotto c'è la copertina del libro:

ecco qui sotto il video dell'anteprima della presentazione:

martedì, luglio 10, 2018

Storia di Leningrado sotto assedio e della Settima Sinfonia di Dmitri Shostakovich in due libri -io ne ho letto uno.

La città che prese il nome di Leningrado, in onore dell'artefice della Rivoluzione russa, era ed è San Pietroburgo, che assediata dalle truppe naziste resistette 900 giorni e si salvò. Una pagina epica della seconda guerra mondiale. L'assedio durò ben 900 giorni, causando la morte di oltre un milione di persone fra il 1° settembre del 1941 e il 18 gennaio del 1944.
Tra i molti fatti avvenuti all'interno della città martoriata e con la morte visibile nelle sue strade, c'è quello dell'esecuzione della settima sinfonia di Dmitri Shostakovich chiamata appunto 'Leningrader': una musica che raggiunse l'anima di ognuno infondendo nuove capacità di resistenza nel nome della bellezza e della riconquista dell'umanità. Quella sinfonia ascoltata anche dalle truppe tedesche, che consideravano i popoli slavi e russi come genti inferiori, fece comprendere che quella città non l'avrebbero mai conquistata; era una città che sapeva conservare intelligenza insieme a risorse artistiche e morali che nessuna guerra poteva distruggere.

A raccontare la storia dell'esecuzione di quella sinfonia è il libro Sinfonia Leningrado di Sarah Quigley-edito da Neri Pozza nel 2012.
Per il Sunday Star Times si tratta di un magnifico romanzo che narra di un piccolo eroico gesto – il gesto di un solitario, timido direttore d’orchestra che, con l’aiuto di un violinista e di un gruppo di musicisti straziati dalla fame e dal freddo, riesce a eseguire una Sinfonia che ha avuto un’importanza enorme nella vittoriosa resistenza contro la barbarie nazista – Sinfonia Leningrado mostra come l’arte possa avere un impatto enorme sugli eventi. In questo caso la musica esercita tutto il suo potere.
Sarah Quigley con un racconto corale descrive i vari personaggi, primo su tutti Eliasberg, il direttore d’orchestra; poi il violinista Nikolaij e la dolce figlia violoncellista Sonia, come Shostakovich, il grande compositore russo. Tutti concorreranno all'evento musicale che dimostrerà come esista qualcosa che sopravvive alla barbaria della guerra.

Un altro libro più recente -edito da Il Saggiatore nel 2017- narra la stessa storia con un titolo simile: 'Sinfonia di Leningrado' e l'autore è Bryan Moynahan.
Anche in questo libro si racconta dell'impresa compiuta collettivamente da una città intera, una città morente che ha saputo risorgere, dimostrando a tutto il mondo che resistenza e musica, arte e libertà sono componenti inscindibili nella storia umana. Con il libro 'Sinfonia di Leningrado', Brian Moynahan fornisce un quadro nitido della città russa vessata da Stalin, ridotta alla fame da Hitler ed eternata da Sostakovic.
Quell'evento si svolse sabato 9 agosto 1942; quindi circa 76 anni fa.

La Sinfonia di Dmitri Shostakovich divenne poi l'inno internazionale della lotta contro il nazismo; tuttora è ritenuta il capolavoro di uno dei più grandi compositori del XX secolo: dal primo movimento - scritto sotto una pioggia di bombe -, con il celeberrimo tema dell'invasione e il crescendo di tamburi rullanti, al finale, con le sue melodie festose e trionfali, rappresenta la liberazione non solo dei cittadini di Leningrado, ma di qualunque popolo che tenta di resistere alle iniquità della guerra e dei regimi totalitari.

Naturalmente finito di leggere il libro della Sarah Quigley, sono andato su youtube ad ascoltare la settima sinfonia...a dimostrazione di quanto il libro sia un successo.

Ecco il link dove è possibile ascoltarte la Settima Sinfonia: https://youtu.be/_z8TZjcqYhY

giovedì, luglio 05, 2018

I figli dei nazisti di Tania Crasnianski

I figli dei nazisti di Tania Crasnianski. La mia recensione

E' notizia di questi giorni di inizio luglio che la figlia di Himmler, Gudrun Burwitz, è scomparsa a 88 anni il 24 maggio. La notizia della sua scomparsa si è diffusa solo venerdì. Era soprannominata la 'principessa nazista'. Io ho appena finito di leggere in questi giorni il libro I figli dei nazisti di Tania Crasnianski. Questo libro è un saggio che affronta il vissuto dei figli di 8 grandi gerarchi nazisti che si chiamano Himmler, Göring, Hess, Frank, Bormann, Höss, Speer e Mengele; tutti responsabili di grandi crimini o almeno comandanti di quella macchina che portò l'intera Europa alla catastrofe socio umanitaria del XX secolo. Questo libro è una testimonianza che forse può aiutare a comprendere quanto potere eserciti il passato nella costruzione del nostro essere.

Certo è che quel 'male assoluto' conosciuto nel XX secolo non fu opera soltanto di una cerchia di gerarchi che ruotavano intorno a Hitler, ma fu attuato da tutto il popolo tedesco. Hanna Arendt fu netta: quell'orrore a cui si è assistito nel secolo scorso, nasce dalla 'banalità del male', dal conformismo e paranoia che ha investito tutti i tedeschi che, senza nessun pensiero autonomo e autocritico, hanno aderito al compimento del 'male assoluto'. Hanna Arendt sottolineava che la disumanità si annida in ciascuno di noi, e che per evitare di sprofondare in questa crudeltà banale bisogna continuare a 'pensare', interrogandosi senza posa, senza mai rinunciare all’esercizio della ragione.
Per compiere tutti quei crimini c'è stato il bisogno di bravi soldati, onesti padri di famiglia, buone casalinghe, ufficiali servizievoli, diligenti impiegati...insomma l'adesione di un popolo all'ideologia imperante. Il conformismo di un pensiero che sosteneva la superiorità razziale di tutto un popolo definito ariano; quello germanico. A pensare che la Germania ha avuto tra i suoi antenati Goethe; Kant; Hegel; Schiller; Fichte; Cusano ecc.

Anche se le colpe dei padri non devono ricadere sui figli è difficile sfuggire al vissuto dei delitti e crimini inumani e incredibili compiuti dai genitori. Le reazioni, come era prevedibile, sono state diverse. E oggi, quando le vite dei figli si stanno avvicinando alla parte finale della loro esistenza, si può trarre un primo bilancio comune: le azioni dei genitori li hanno condizionati in modo profondo.
I figli protagonisti, come la stessa autrice del libro, sono nati con un fardello che porta direttamente la Germania a identificarsi con il nazismo.
Questa è una premessa importante per capire quel meccanismo del nostro passato che incide nelle nostre vite. Quanto potere esercita il passato nella costruzione del nostro essere? Mentre per i nipoti l'elaborazione delle colpe dei parenti riesce a far rimarcare un distacco consapevole; per i figli questo è più difficile: l'angoscia dell'abbandono e della perdita di identità pesano maggiormente.

Per Gudrun Himmler -ad esempio- l'affetto per il padre (l'ideatore della 'soluzione finale' e uno dei principali responsabili del genocidio ebraico) l'ha portata ad aderire anche alle stesse idee del genitore; ugualmente Edda Göring ha seguito le orme di Gudrun. Abbiamo invece un nipote di Hermann Göring, Matthias che si è convertito all'ebraismo. Per il figlio Rolf di Josef Mengele -nascosto in una favela in Brasile e che sosteneva di essere solo un esecutore di ordini e che in fondo lui non aveva fatto male a nessuno, era chiaro che il padre era colpevole di quei crimini denunciati; ma lui non rivelerà il nascondiglio del padre e pur affrancandosi dal cognome 'Mengele', assumendo il cognome della moglie, non tradirà mai il padre.
L'autrice Tania Crasnianski conclude: ''Infine in Germania è stato necessario attendere il cancelliere Helmut Kohl, la generazione dei tedeschi che non avevano mai conosciuto la guerra e l’era dell’unità nazionale apertasi con la caduta del muro di Berlino il 9 novembre 1989, perché il passato collettivo del paese potesse essere rivisitato e analizzato appieno. Con la riunificazione delle due Germanie è ormai un paese tutto intero ad accettare di riconoscere le proprie colpe, che un tempo erano sembrate gravare solo sui massimi artefici dell’orrore nazista.”
Un libro interessante.

sabato, maggio 19, 2018

boratto blog: il Santuario del libro di Gerusalemme

boratto blog: il Santuario del libro di Gerusalemme: Nei giorni scorsi Il Secolo XIX riportava una notizia che il ritrovamento di nuovi papiri a Qumran era frutto anche del lavoro di ricerca...

il Santuario del libro di Gerusalemme

Nei giorni scorsi Il Secolo XIX riportava una notizia che il ritrovamento di nuovi papiri a Qumran era frutto anche del lavoro di ricercatori genovesi. Nell'articolo non si faceva menzione della scoperta dei Rotoli del Mar Morto conservati presso il Santuario del Libro di Gerusalemme.

Dato che io ho visitato sia i resti archeologici di Qumran che il museo di Israele dove è ubicato il Santuario del libro voglio qui parlarne.

Il Museo d’Israele a Gerusalemme è il più importante museo in Israele ed uno dei più prestigiosi al mondo. Una sezione di questo importante museo ospita, a mio parere, uno dei santuari più affascinanti della civiltà e cultura umana: il Santuario del libro. Riconoscibile da una particolare cupola bianca, che ricorda il coperchio di un vaso -rimando ai contenitori all'interno dei quali vennero rinvenuti i preziosi rotoli- il Santuario del Libro raccoglie reperti archeologici di rilievo, preziosi manoscritti e soprattutto i Rotoli del Mar Morto; i famosi rotoli rinvenuti in una grotta a Qumran nel 1947.

I rotoli consistono in fogli di pelle arrotolata di varie dimensioni che vanno dal piccolo rotolo di Abacuc (141x13 cm) al rotolo di Isaia (25 cm x 15 mt). Scritti con inchiostro vegetale con calligrafia nettissima e quasi priva di errori, hanno sempre delle correzioni a margine. La formattazione del testo lascia stupefatti: questo ha la forma di pagina di un libro che possiamo vedere oggi. Ogni colonna è attentamente marcata ai margini da una immaginaria linea verticale ed i diversi capitoli sono separati da uno spazio bianco. In uno spazio circolare si possono osservare, dietro teche di vetro, i rotoli e le pergamene antiche che testimoniano la nascita del libro in senso lato. Oltre a questi testi sono conservati gli altri scritti interni alla comunità: rotolo del Tempio con la descrizione del Tempio ideale, Regola della guerra, Inni e preghiere e commenti a libri della Bibbia.

Un vero santuario della cultura, della tramandazione del nostro sapere.

I rotoli, che hanno una datazione sicura che va dal II sec. a.C. al primo d.C., sono in buono stato poiché rinvenuti racchiusi in anfore; insieme ad essi sono state trovate anche monete dell'epoca. Essi sono i più antichi manoscritti della Bibbia.

La cupola dell’edificio ricorda il coperchio di un vaso, ed è stata progettata in questo modo volutamente, come rimando ai contenitori all’interno dei quali vennero rinvenuti i preziosi rotoli. All'esterno del 'Santuario del libro', il bianco della cupola poi contrasta con un grande monolite di basalto nero; insieme rappresentano una la luce e l'altro l'oscurità: due capisaldi della religiosità di ogni tempo.

Il Museo di Israele che si estende su una superficie di 50.000 metri quadrati, ospita una collezione permanente “enciclopedica”, composta da varie sezioni: Archeologia, Arte Ebraica, Arte classica Europea, Impressionismo, Arte Moderna, design e architettura, tutte rappresentate al massimo livello. Questo museo con tutte le sue sfacettature si potrebbe definire il momento più intenso di incontro tra il materiale e lo spirituale.

Io ho avuto l'occasione di visitare questo Museo di Israele – fondato nel 1965- nel 2011, ovvero un anno dopo il suo sostanziale rinnovamento avvenuto nel 2010, e posso confermare le grandi emozioni provate nell'immergermi nei vari spazi offerti alla visita.

Qui sotto c'è il link al sito web dove è possibile 'sfogliare' i rotoli

http://dss.collections.imj.org.il/isaiah

domenica, gennaio 28, 2018

Incontro con Agnese Moro all'Istituto Scientifico Enrico Fermi di Sampierdarena.

Venerdì 26 gennaio è il giorno antecedente al giorno della memoria per ricordare la Shoah, e Agnese Moro, figlia di Aldo Moro, ha incontrato gli alunni delle quinte classi del liceo Fermi.
Questo incontro è stato un altro momento per fare memoria. Una memoria non legata alla Shoah, ma alla storia più recente e a fatti che per diversi aspetti sono avvolti ancora da coltri di silenzio e rimozioni. Bene fa Agnese Moro a portare in giro la sua esperienza fatta da elaborazioni dolorose utili, a suo dire per uscire dal ruolo di vittima, che la relegava la tragica vicenda dell'assassinio del padre. Già, poi parlando di suo padre Aldo Moro, Agnese ha anche la possibilità di far conoscere suo padre, il personaggio politico, la sua figura umana così importante nella storia italiana. Così si è parlato di una memoria di giusto 40 anni fa.

Le introduzioni dei Professori Maria Eleonora Guasconi e Guido Levi hanno disegnato il periodo storico-politico degli anni in cui Aldo Moro con il partito della Democrazia Cristiana, di cui è stato tra i fondatori, hanno governato dal dopoguerra sino agli anni 80-90; per Aldo Moro con diversi incarichi o come capo del governo sino al 1976. Aldo Moro è stato uno degli artefici di grandi scelte e aperture coraggiose. Si ricorda ad esempio la nascita del centrosinistra nel 1962, con l'entrata nel governo del Partito Socialista. Come ministro degli Esteri è stato un fervente sostenitore del dialogo tra palestinesi e israeliani. Egli era un riformista e un mediatore. Inoltre aveva sempre presente la complessità delle situazioni e quindi del loro governo.
Agnese Moro lo ricorda bene: 'Egli fu un secchione. Uno studente ottimo e poi un insegnante che ha amato stare tra i giovani tutta la vita'.
Intanto va ricordato che Aldo Moro non ancora trentenne è stato uno dei costituenti, uno degli scriventi la Carta costituzionale. Agnese Moro ricorda che la nostra Costituzione è formata da parole importanti come Pace, Libertà, Giustizia, Lavoro, Diritti e Democrazia. Parole che Aldo Moro ha sempre cercato di trasformare in valori veri. Quelle scelte dettate dalla Costituzione non erano calate da un manipolo di pensatori, ma erano dettate dalla volontà popolare. Erano i desideri dei cittadini scritti su carta con un linguaggio semplice. Una bella lezione sulla Costituzione.
Nella sua attività politica troviamo discorsi interlocutori, discorsi che sapevano coinvolgere tutti. Quello che poi si sceglieva doveva essere fatto insieme. Ecco il secchione che continuava a lavorare per gli altri.
Per conoscere meglio Aldo Moro, Agnese mostra anche alcune foto. Quelle più 'buffe' o semplicemente strane sono quelle che ritraggono Aldo Moro sulla spiaggia in giacca e cravatta: 'Egli si presentava così poiché nel ruolo di rappresentante del popolo italiano doveva mantenere sempre la dignità'. Altre foto lo mostrano con Agnese sulle ginocchia mentre parla con altri politici e collaboratori. Momenti in cui si cercava di conciliare impegni politici e famiglia. Un'altra foto mentre cammina con la piccola Agnese dandole la mano; ecco quella mano che le veniva data spesso anche per tranquilizzarla prima di dormire rimane uno dei suoi ricordi struggenti.
Alla fine Agnese Moro si rivolge a tutto il pubblico formato soprattutto da studenti ponendo una domanda: 'Ha fatto bene o fatto male dedicare la sua vita alla politica? Al richiamo di mettersi al servizio degli altri? Lui che aveva una famiglia e dei figli?'. Un interrogativo a cui Agnese non sa rispondere. Sa solo che è stata una scelta del padre nell'obiettivo di una speranza di progresso dell'umanità.

Durante le presentazioni, prima dell'inizio dell'incontro- che voglio ricordare è stato promoso dalla Professoressa Giusy Randazzo- ho avuto modo di porre una domanda ad Agnese Moro. Volevo sapere cosa ne pensasse di un pensiero di Giorgio Bocca che sosteneva come i terroristi avessero alla base del loro agire un comune denominatore derivato da disturbi psicologici...lo stesso Curcio alla fine della pena era uscito dicendo che in fondo voleva ritrovare la sua mamma, che per la mancanza del padre (era figlio di ignoto) aveva allontanato.
'No- mi ha risposto Agnese Moro- bisogna stare attenti ad affermare una tale visione; potrebbero esserci delle componenti psicologiche, ma queste svierebbero e cancellerebbero ciò che si viveva nella società di quegli anni: il ricorso e la giustificazione diffusa della violenza.
Già, la violenza; l'aspetto più deleterio per la convivenza civile e umana.
Nell'incontro poi Agnese Moro ricorderà ancora la violenza e la ricorderà nell'ambito della Shoah come questa si accompagni all'indifferenza, al conformismo, alla paura e al non voler vedere...in sostanza alla 'banalità del male'.
Grazie ad Agnese Moro abbiamo avuto l'occasione di onorare una memoria da estendere sempre più.