sabato, dicembre 30, 2006

Oggi è stato impiccato Saddam Hussein

E così il tirannicidio è stato compiuto. Morte al dittatore, e di dittatori uccisi se ne sono visti tanti nella storia: è un po’ la metafora del potere maligno, che dimostra ogni volta la sua caduta atroce. Si fa presto a personificare il male, ad addossare tutte le colpe ad una persona, ed alla cerchia di fedeli esecutori di ordini criminali. Il tempo, poi si dice, è galantuomo e restituisce quello che si è seminato; ma la barbaria dell’intervento di un boia, a perpetuare un assassinio per un assassinio è ancora contro l’uomo e la sua umanità.
Che tristezza vedere il rito di un omicidio pubblico e l’esposizione di un cadavere come un supremo atto di giustizia. L’uccisione di un despota come una catarsi per liberarci dal Male; come un monito a futuri tiranni, che paradossalmente pullulano nella nostra vita sociale e inconscia.
Muore un Saddam ma non la colpa di Bush e della sua democrazia nel fomentare guerre, torture, morti innocenti; non la colpa di un potere che, nel nome del mercato e degli interessi particolari di una sola nazione, ha creato altri tiranni come Pinochet, Videla, Stroessner, Jean Claude Duvalier, Somoza…per citarne alcuni - quando il Sudamerica era considerato il suo ‘giardino di casa’.
Saddam come Mussolini e Hitler, si era ipotizzato; dimenticando che quegli uomini incarnavano il ‘progetto’, sostenuto dalla stessa malvagità di ognuno, di considerare quello ‘diverso’ da noi, come un male da distruggere…povero male. Continua. Continua nell’illusione della pena di morte: è forse diverso Bush? Sono forse diversi i sostenitori dei tiranni e i loro boia?
*Pubblicato oggi su L'Unità (31/12/2006)

venerdì, dicembre 29, 2006

Buon Anno 2007

Non lo dite a nessuno, solo pochi amici lo comprendono, dobbiamo vivere per andare all’inferno. Nelle notti d’amore dove siamo stati concepiti e abbiamo concepito, anche una luce fievole di candela sorprende. Non possiamo vivere nell’oscurità. Non possiamo non aspirare al volo.
Poi possiamo anche bruciarci le ali. Finché non facciamo nostro questo ‘muori e diventa’, noi vivremo stranieri in ogni luogo.
Questo è un invito a sperimentare su di noi le cose, a viverle pienamente. Nessuna cosa vada perduta. Un augurio a vivere il presente. Un augurio del qui e ora per il 2007, e sempre.
Così ispirato dai versi di J.W. Goethe, della poesia del ‘Beato struggimento’ tratta da ‘Divano occidentale-orientale’, ho scritto questi miei per gli auguri un buon anno 2007 a tutti gli amici.

lunedì, dicembre 25, 2006

Riflessione sul Natale 2006

Il Papa, Benedetto XVI, si domanda se l’uomo di oggi ha ancora bisogno di un salvatore…la risposta io l’ho trovata grazie ad un piccolo libro di David Maria Turoldo: profezia della povertà. E’ in questa profezia, nel messaggio di povertà di Cristo, che vive la salvezza dell’uomo.
Cristo può nascere ovunque, a Betlemme come a Napoli; a Parigi come a Bombay. In verità egli nascerà sempre in periferia e verrà sempre ucciso in una prefettura. Cristo incarna il dramma umano. La prima relazione che ha Dio con l’uomo, dopo averlo cacciato dall’Eden, è per domandargli: ‘Caino, che hai fatto di tuo fratello?’. Da quel momento inizia la difesa del misero, dell’inerme, dell’offeso, del giusto che soccombe e parte da lì la ‘profezia della povertà’, che si concretizza con la nascita di Cristo. ‘Beati i poveri di spirito…guai a voi ricchi’. ‘E’ più facile che un cammello passi dalla cruna di un ago che un ricco entri nel Regno dei cieli…’. Cristo insegna per primo lo spirito di povertà.
Naturalmente lo spirito di povertà è una conquista che deve fare non solo il ricco, ma anche e soprattutto il povero; perché il desiderio di possesso di beni materiali, oltre quelli che ci permettono di vivere, è di tutti. Lo spirito della povertà significa avere il cuore libero. Libero di essere non uguale al ricco, per non invidiarlo né cercare di imitarlo. Non serve entrare nell’interpretazione della parola povero; basta sapere che la povertà è la legge del mondo. E’ la povertà che ispira l’economia ed ogni rapporto tra uomo e uomo.
Senza lo spirito di povertà non si trovano risposte. Non c’è salvezza. Sì, perché la ricchezza eccessiva di beni materiali significa diminuzione irreversibile delle risorse mondiali. Il motto della salvezza dovrebbe essere: meno è più.
Così, quando l’uomo troverà il coraggio di affermare che tutto quello che ha prodotto fino ad oggi non gli serve, evolverà verso una condizione superiore: diverrà ricco senza smettere la coscienza di essere povero. Si salverà.

domenica, dicembre 17, 2006

L'albero o il presepe?

Il presepio che è diventato una bandiera dell’italianità e dell’affermazione cattolica non si discute…ma perché tutte quelle polemiche? Presepe si, presepe no? Ognuno si faccia i presepi suoi. Io quest’anno intanto a Natale ho deciso: farò solo l’Albero di Natale. In verità il presepe ce l’ho già confezionato dentro una scatola e basterà tirarlo fuori e aggiungere il ‘bambinello’, la sera di Natale.
Un amico mi ha convinto a fare solo l’albero di Natale con una riflessione semplice: l’albero di Natale è meglio delle donne e dà agli uomini un senso di rivincita in famiglia. Infatti, l’albero di Natale se ne frega di quanti alberi di Natale hai avuto prima di lui o se ne hai uno artificiale nell’armadio; non da’ fuori di testa se usi lucine esotiche, lo guardi da sotto o gli rompi le palle. Inoltre l’albero di Natale non si ingelosisce se sei circondato da altri alberi di Natale e non si innervosisce se guardi la partita per tutto il giorno…poi terminate le feste puoi lasciarlo sul marciapiede e aspettare che lo portino via, diversamente se lo leghi e lo butti nel bagagliaio della tua autovettura non si lamenta. Davvero uno spasso. Viva l’albero di Natale.
Ma io aggiungo evviva le donne. Evviva le donne che ti aiutano a fare l’albero di Natale; quelle che ti aiuteranno a decorarlo con gusto, a mettere la stella cometa sulla punta dell’albero. A proposito, senza stella cometa che indica una nascita dove fa a finire il Natale?
Però lo sappiamo: se Gesù Bambino è l’elemento principale del presepe, se Babbo Natale deposita i regali sotto l’albero addobbato, alla fine disferemo il presepe e butteremo via l’albero con la Befana. La donna che ci rimane.

giovedì, dicembre 14, 2006

La matematica non è un’opinione?

Se la matematica non fosse un’opinione l’uomo avrebbe trovato un modello perfetto, un sistema unico per misurare e comprendere il mondo; invece non è così. Grazie a Dio, la matematica è un’invenzione dell’uomo e con questa si ha l’ulteriore risultato che non esistono certezze assolute. Tutto questo lo ha spiegato bene Godel: il metro che usiamo per misurare le cose, ci dà un risultato riferibile a quello stesso metro. Quel metro però non è la realtà. La legge naturale segue formulazioni che noi non conosciamo. Semplicemente, per Godel, la completezza dell'aritmetica non poteva essere dimostrata dagli assiomi dell'aritmetica stessa: occorreva qualcos'altro.
Così non solo la matematica è un’opinione, ma è il più grande ed articolato sistema di opinioni che l’uomo abbia mai prodotto ed è, come tale, discutibile, opinabile, modificabile e adattabile. Altrettanto vale per tutte le altre scienze in generale.
Se poi aggiungiamo le scoperte di Heisenberg, per cui non si può conoscere contemporaneamente e con precisione la posizione e la quantità di moto di una particella subatomica, crolla ogni pretesa razionalistica della ragione di spiegare tutto. Addentrandoci nell’infinitamente piccolo troviamo solo delle probabilità, mai delle certezze.
Con i nostri sistemi di indagine produciamo dei teoremi né veri, né falsi. Non produrremo mai sistemi perfetti.
Prendiamo ad esempio il linguaggio come un modello o sistema di rappresentazione e affermiamo: “questa frase è falsa” Cosa significa? Se la frase è vera allora è vero che è falsa e quindi non può essere vera; se invece la frase è falsa, allora è falso che la frase è falsa e quindi deve essere vera. La frase è semplicemente indecidibile, ovvero è sia falsa che vera e sia non-falsa che non-vera. Partendo da ciò possiamo allora con serenità aspettarci dalla scienza risultati sempre imperfetti e modificabili.
Con questo ragionamento semplice e profondo sono arrivato a capire che sia l’osservato che l’osservante agiscono in un mondo a sé stante e quindi hanno sempre una cognizione della realtà limitata. Ecco i nostri limiti, le nostre debolezze che ci hanno fatto paradossalmente pensare a Dio.
Ora questo Dio lo ringraziamo con la sottintesa speranza di riuscire a prendergli le misure con la matematica. Noi poveri tapini. Noi chiusi in una dimensione umana, capace però di pensare l’infinito. Non ci rimane che il mistero. Questo.

mercoledì, dicembre 06, 2006

Informazione e sapere

Tutto ruota intorno all’informazione e su quello che ci viene propinato. Oggi abbiamo, grazie alla Rete e alla tecnologia elettronica, la possibilità di avere maggiori informazioni e soprattutto verificarle. Naturalmente prima bisogna sviluppare un pensiero critico e dopo andare alla ricerca dei riscontri di quanto viene detto da radio, stampa, televisione e Internet.
Siamo passati nei secoli, dalla selce al silicio, ovvero dalla pietra che incideva nella roccia segni, al granello di sabbia dove viene ‘inciso’ un microcircuito elettrico: il microchips. Siamo passati dal libro ed il giornale stampato ad Internet, passando dalla radio e la televisione.
Ora con l’allargamento della parte informata dovremmo avere più democrazia, meno potere oligarchico, meno abusi e più diritti…ma non è ancora così.
Pur riuscendo a levare molto potere ai nuovi ‘principi medievali’, il controllo del potere sull’informazione è ancora forte. L’influenza mediatica gioca ancora ruoli prepotenti. Si può essere famosi e impuniti, come si può cadere nelle gogne pubbliche e diventare ‘mostri’ con la stessa facilità. Ora penso che succeda questo perché non si è ancora sviluppata tutta la potenzialità dell’informazione su Internet: questa sarà in grado di sovvertire ogni controllo.
Per Internet però esiste un ulteriore bisogno di verifica. Con la possibilità di tutti di immettere in Rete informazioni, bisognerà sempre più attestarne la veridicità. C’è un aspetto moltiplicatore, dovuto al ‘copia e incolla’, che però potrà essere scoperto anche ai meno abili navigatori di Internet con i motori di ricerca.
Come vediamo il re è sempre più nudo. Sapendo poi che senza consenso popolare non governa nessuno, l’informazione diventa la vera arma di difesa e di conoscenza vera verso il potere in generale.
Però intanto per l’eccesso di informazioni siamo storditi, siamo groggy come pugili. Esempio: sapevate che l’aviaria non è mai stata veramente pericolosa? Che esiste già una alternativa al petrolio? Che esistono le risorse per sconfiggere la fame nel mondo da subito?...Purtroppo paradossalmente non sappiamo neppure più quali sono i frutti di stagione della terra. Così non conosciamo più neppure i sapori veri…ed il piacere di tornare a dire: ‘che bello, fra poco è il tempo delle fragole’. Una semplice informazione che è frutto di un sapere.
Allora? In sostanza siamo sempre noi a dirigere l’interesse su dove e come trovare l’informazione e dirigere quindi il nostro sapere. Per questo il fattore umano è sempre preminente.
E’ colpa nostra se si scambia per informazione l’oroscopo, e la consapevolezza del nostro essere con il rispecchiarsi nei reality show televisivi.
In tempi di complotti, di guerre mediatiche, di persuasori occulti bisogna sempre più sviluppare il senso critico e dare ascolto al nostro sentire intimo: passa anche da lì buona parte della verità.

lunedì, dicembre 04, 2006

messaggio inequivocabile

Il viaggio in Turchia di Papa Ratzinger ha segnato un punto importante per riavvicinare Occidente e Islam. L’incontro nella Moschea Blu tra il Papa cristiano e l’Imam islamico per pregare insieme lo stesso unico Dio, Padre di Abramo e Giacobbe, è stato un momento che resterà nella storia e toglierà a tutti- specialmente a certi nostri politici- il pretesto di scontri e negazioni tra le due religioni. Le colombe della Pace hanno volato unite, per una straordinaria coincidenza, nelle immagini dei rispettivi doni.
A Costantinopoli poi c’è stato il rilancio dell’ecumenismo messo in forse da molti pseudo-teologi, teocon e preti cattolici vari. C’è stato un dialogo ecumenico tra le chiese cristiane e interreligioso con l’Islam che darà buoni frutti. Servirà spero ai credenti, a chi segue i precetti religiosi, a sentire rispetto e riconoscimento di chi prega quell’unico Dio onnipotente e misericordioso.
Troppo spesso si sente parlare tra noi di: no alle moschee, di frontiere cristiane, di guerre religiose, di invasioni islamiche; discorsi fatti poi da persone che alla domenica si possono trovare in chiesa ad ascoltare la Santa Messa…ma avranno capito qualcosa?
Papa Benedetto XVI all’Angelus di domenica ha poi concluso ricordando l’esperienza dell’Avvento, dell’approssimarsi del Santo Natale: «Viene nella storia dell'umanità, a bussare alla porta di ogni uomo e di ogni donna di buona volontà, per recare agli individui, alle famiglie e ai popoli il dono della fraternità, della concordia e della pace». Non sbagliano Papa Benedetto XVI e il Patriarca Bartolomeo I: è l'Europa la terra da evangelizzare. E’ dell’Occidente lo scandalo della miseria delle altre parti del Mondo.

domenica, dicembre 03, 2006

Tempo di regressione

E’ vero sono tempi di regressione femminile; come d’altronde anche maschile. In termini storici basta osservare la classe cosiddetta dirigente e chi l’accompagna, quale specchio della situazione culturale più generale, per accorgerci che viviamo tempi infelici. Quello che consola però è sapere guardare l’aspetto ridicolo di tutta la situazione. Già, gli uomini di potere ed in vista, a partire dalla maschera di Berlusconi, con il panorama che ci circonda è tutto da ridere.
Certo che la commedia italiana ha aspetti tragico-comici: da Pio Pompa a Scaramella, passando per Briatore e Vittorio Emanuele, si può trovare di tutto. Alla fine siamo più Totò che Le Carrè. L’anima italiana? I difensori del cristianesimo cattolico romano? Tutti falsi e poco cristiani. Ecco i cavalieri e quali donne per questi?
Tutto è conseguente, quindi non c’è una condizione femminile in crisi ma una cultura ed un costume in discesa libera.
Ma non disperate. Basta fare un ‘giro’ sui blog femminili, quelli delle simpatiche, irriverenti ragazze che usano la Rete, per accorgersi che dentro le crisi si sviluppa qualcosa che ci farà rinascere, risalire dalla situazione attuale.
Queste nuove bloggers, queste giovani donne ci sbattono in faccia tutta l’ipocrisia della sessualità repressa e tutti gli stereotipi di una moda che soccorre i maschi; loro davvero sempre in crisi.
Per queste ragazze persino l'ancestrale venerazione nei confronti della vagina vacilla dinnanzi al rapporto idilliaco che il maschio riesce ad instaurare con i suoi personalissimi feticci. Distaccati e solennemente disgustati dai membri del loro stesso sesso che hanno l'ardire di possedere più di due paia di scarpe, i maschi covano sentimenti passionali e travolgenti, che arrivano a palesarsi con dimostrazioni di imbarazzante adorazione, verso una squadra di pallone, verso un gadget tecnologico, una automobile o un accessorio modaiolo di nicchia.
Per questo affermano che dentro ogni maschio batte il cuore di un bambino microcefalo. Questo ‘Sguardo delle donne’ non è quello che avverte Rossella Ronti,
ma è un aspetto che forse aiuterà i maschietti ad interrogarsi sulle loro relazioni. Sì, perché -come dice Sharon Stone- ‘Forse le donne sanno fingere gli orgasmi. Ma gli uomini sanno fingere intere relazioni’. E chi scrive questo è un maschio.

sabato, novembre 25, 2006

La tecnologia ci potrebbe salvare

La tecnologia ci potrebbe salvare, da subito…se la sapessimo usare con intelligenza. La tecnologia, la scienza e le nuove scoperte informatiche ci aiuterebbero non solo a vivere meglio, ma a sporcare meno la Terra. Il problema dello smog, dei consumi e della devastazione ambientale è tutto collegato al nostro modo di vivere. La tecnologia applicata bene, ci potrebbe sollevare da molti affanni e storture.
Il lavoro ad esempio: con Internet, e le soluzioni Intranet, si potrebbe già lavorare in moltissimi modi da casa. Ecco che molte persone non spostandosi, eviterebbero di consumare inutilmente carburante ed inquinare le città. Poi con le teleconferenze, usando la tecnologia tipo Skype, si eviterebbe di far muovere persone da una città all’altra, se non da continenti diversi. Altri risparmi di costi ed energie.
Infine fare diventare Internet come la radio, oggi è già possibile con la tecnologia WiMax. Attraverso le onde radio si può già estendere la possibilità di entrare in Rete in modo facile, come accendere una radiolina. Pensate, si potrebbero trasferire tutti i tipi di file semplicemente per via aerea; quindi foto, documenti, filmati, musica e altro potrebbero essere scambiati facendo ‘click’ su una icona di un piccolo schermo, come quello esistente sui telefonini.
A proposito lo sapete che qualcuno aveva anche pensato di far viaggiare via etere non solo la musica, le immagini, voci e scritte ma anche l’energia? Si chiamava Nicola Tesla e aveva sviluppato un progetto già nel 1899. Poi non se ne fece più niente e per molti rimase un mistero.
Ci pensate? Avere l’energia a portata d’aria: una rivoluzione che avrebbe degli sviluppi incredibili. Tutto girerebbe innalzando al cielo una piccola antenna: luce, pc, auto, radio, tv, lavatrici, macchine funzionerebbero come per magia…
Ma non è stata la tecnologia a scombussolare tutto? Forse sì. E’ stato il suo uso stupido, non indirizzato a migliorare l’uomo, ma il suo potere. Ma se solo per poco, si riesce a generare nuove consapevolezze, ecco che si può riscattare con l’uomo, anche la tecnologia. Basta volerlo. Basta gridarlo: la tecnologia può salvare l’uomo, non trasportandolo su un altro pianeta ma, fornendo strumenti di conoscenza e rispetto di sé, mettendola al servizio di tutti.

venerdì, novembre 24, 2006

Viva il Panettone e la Mortadella

Tremonti aveva pronosticato che Prodi non sarebbe arrivato a mangiare il panettone di Natale; invece Prodi lo mangerà e tireremo tutti un sospiro di sollievo: l’incubo Berlusconi si allontana sempre di più. Non mi fido né delle finte interviste, né delle dichiarazioni di ‘tenuta’. Berlusconi cederà solo sulla distanza. Distanza lunga. Esisterà sempre il rischio di vederlo ritornare, magari con i capelli ‘rasta’ e un lifting da trentenne. Sarà per caso un highlander?
A proposito di tasse, io ho fatto il calcolo delle mie, sul link del Corsera online, e mi dice che pagherò 98 euro in meno. Bene. Alla faccia di chi diceva il contrario.
Ora attendiamo la grande manifestazione di piazza della destra, dove per partecipare ci vorrà il kit - a differenza della fantasia artigianale della sinistra.
Il Kit è una ‘fissa’ della destra: lo ricordate quello del candidato perfetto? Camicia celeste, cravatta regimental, sorriso incorporato, fondo tinta, mano asciutta…
Ora invece occorreranno i boxer in puro cotone (made in China) con la scritta: ‘Ho pagato le tasse a Prodi’; la t-shirt con stampato: ’67 nuove tasse- I ricchi non piangono ma io sì’. C’è anche l’ombrello con la dicitura: ‘Piovono tasse, governo ladro di libertà’…già la libertà vera per loro è quella di non pagarle. Infatti la manifestazione è indetta per la libertà. Ma perché in Italia la libertà c’era solo quando governava la destra? Semmai con loro era in pericolo. Con loro c’erano i condoni, le promesse di non pagare più nulla, di essere furbi…ecco ora come ci troviamo dopo 5 anni. Spero che dopo 5 di Prodi tutto cambi. Vale a dire che non ci sia più nessuno dei due.
* Pubblicato oggi su L’Unità

giovedì, novembre 23, 2006

Habib e la casa

Solo pochi mesi fa Habib aveva gioito e festeggiato per l’Italia campione del mondo. Per Allah, lui si trovava proprio nel paese vincitore della Coppa del Mondo di Calcio; per quello aveva telefonato subito alla famiglia per fare sentire i cori e i boati di allegria: tutto vero e bello. Per Allah, si sentiva davvero fortunato.
Habib ora invece avrebbe mandato al diavolo: Gattuso, Buffon, Cannavaro, insieme a tutto il resto…colpa della burocrazia, che fa del contratto di lavoro un contratto di vita. Come si può subordinare affetti, identità, famiglia, valori al contratto di lavoro? Un lavoro che per vivere ti fa adattare a qualunque situazione, prezzo e maniera: con straordinari, umiliazioni, silenzi.
Si capisce quanto poco vali, quanto i diritti umani siano aleatori. Tu conti per le braccia, per la fatica, per il resto non vali nulla. Ecco, forse invece che le braccia, avesse avuto dei ‘buoni piedi’, allora sarebbe cambiato il suo destino. Eppure i piedi erano buoni, lo avevano condotto qui. Ne aveva fatta di strada Habib: aveva attraversato una parte del Sahara, aveva camminato tantissimo…grazie ai suoi buoni piedi.
Ora era fermo in coda aspettando il rinnovo del permesso di soggiorno e si sentiva una bestia da marchiare. Extracomunitario, lui era quello: un extracomunitario, ma ‘extra’ a chi? Gli uomini erano andati, prima che lui nascesse, sulla Luna: ‘Questo è un piccolo passo per un uomo, ma un grande balzo per l'umanità’…là eravamo tutti extracomunitari, e l’umanità era una…sulla Luna. Pensieri semplici di Habib. Ora dove potrà trovare casa Habib?

martedì, novembre 21, 2006

il telefonino

A me piace il telefonino, un telefono piccolino, un telefono senza fili che fa a volte cose strane. Mi piace quando suona e compare il tuo nome.
Mi piace tanto che me lo porto dietro ovunque. E’ bello sapere che con il telefonino ti posso raggiungere in ogni momento. Non importa dove sei, con il telefonino mi sei vicino. E’ bello il telefonino.
E’ bello ascoltare la tua voce in posti impensati. Come ora qui. Qui sopra un ponte con il fiume sotto. Qui mentre decido di chiamarti e dirti che è tutto finito…
fra poco questo telefonino lo caccerò giù. Lo lascerò cadere nel fiume. Perderò il telefonino e insieme penserò di avere perso anche te. E’ così che finisce oggi un amore. Finisce qui, con il telefonino trascinato dal fiume lontano. E’ bello far morire d’amore il telefonino. E’ bello come l’amore del vicino. Come l’amore che consumiamo d’estate. L’amore che chiamiamo così per credere di non essere soli. Così è l’amor fou. E’ bello il telefonino…Domani ne comprerò un altro.

sabato, novembre 18, 2006

Sui Diritti

Dopo la lezione di Carlo Augusto Viano sulla laicità, grazie al circolo Calogero-Capitini, ieri, venerdì 17 novembre, c’è stato l’incontro per parlare di diritti. Questa volta a parlarne è stato il professore Mauro Barberis.
Dopo l’introduzione di Marco Fallabrini e Mario Menini, si è affrontato il diritto come elemento che sostiene la democrazia, e come ingrediente per misurarne di quest’ultima la qualità, negli aspetti storici e filosofici.
Mauro Barberis ha esordito citando il titolo di un famoso libro di Sigmund Freud: Totem e tabù. ‘Sì- ha detto- i diritti sono totem e tabù della nostra epoca e della nostra tribù’. I diritti sono totem in quanto idoli da seguire e tabù per il loro contro-perseguire. Come il tabù tra genero e suocera- ricordato nel libro di Freud- la difficoltà dei diritti è quella di parlarne in modo esogamico; ovvero fuori del gruppo sociale.
Mauro Barberis parla di diritti anche nel suo ultimo libro, Etica per giuristi, edito da Laterza. In quel libro affronta il discorso giuridico ed etico di concetti come libertà, democrazia, costituzioni e, appunto, i diritti, come valori apparentemente condivisi, ma insieme più contradditori.
Come muoverci? Questo è l’interrogativo che Mauro Barberis ci porta a formulare, per poi darci una possibile risposta, dopo un excursus storico.
La parola diritti trova un senso nella norma giuridica nella civiltà occidentale. Dal diritto romano via, via si procede con passaggi in progress che trovano nelle tre grandi rivoluzioni un loro momento topico. Le rivoluzioni sono quella americana, quella francese e quella russa. Nella costituzione americana e poi nelle successive fino a quella dei Diritti dell’Uomo ci sono elencati, seppur idealmente, i passaggi dei diritti ritenuti fondamentali dell’umanità. Ci sono i passaggi dei diritti politici, di quelli sociali e quelli individuali. Sono le basi del percorso della civiltà occidentale. Cose che non si studiano a scuola. Oggi siamo arrivati alla quarta generazione dei diritti; sono quelli ambientali, della salute…tutti sono riferibili alla libertà.
Ma bisogna tenere presente che non c’è un elemento comune, che fa dei diritti un concetto universale. I diritti sono ‘interessi giustificati’; hanno ragioni di diverso carattere. Ma non c’è un carattere, una ragione che li unisca tutti? No, i diritti sono plurali ed ogni diritto è fondamento di se stesso. O diritti sono utilizzabili ad hoc.
Mauro Barberis però avanza per fare comprendere meglio il carattere dei diritti, le ragioni di chi li critica, chi li contesta. Per Burke con i diritti finiscono i cavalieri e la cavalleria ed inizia l’era dei geometri e ragionieri. Per Bentham sono menzogne e assurdità. I diritti divengono inflazionati ed entrano anche in conflitto tra loro. Un esempio, raccontato da Mauro Barberis, è quello del 1994, dove contro la censura, operata su opere cinematografiche di carattere religioso, il comitato Otto Preminger insorgeva in Austria rivendicando il diritto alla libertà d’espressione. Invece a Strasburgo prevalse la libertà di religione e perse la causa che sembrava ovvia e vinta. Nello stesso nome dei diritti si può fare tutto. I diritti possono essere una religione, fino ad evocare uno scontro di civiltà? Si può fare la guerra dei diritti come la guerra di religione? Queste sono le domande che precedono la riposta a quella iniziale. Cosa fare? Come si può dialogare?
I diritti non sono comuni, non sono neutrali, universali e comprensibili a tutti. I diritti sono come dei della propria tribù. Nei confronti degli altri il linguaggio dei diritti diventa religioso. ‘I miei dei sono quelli che mi hanno fatto progredire’. Questo possiamo dire agli altri. Ma sono sempre i propri dei.
‘Allora la risposta su come e cosa fare per dialogare è ricercare un sincretismo religioso. Dobbiamo costruire un Pantheon dove ognuno possa seguire e pregare i propri dei’. Questa risposta chiude la lezione e conferenza di Mauro Barberis. Il dibattito è aperto. Le idee e la nostra mente hanno qualcosa di più per elaborare una convivenza tra le diverse culture che compongono il mondo globalizzato di oggi.
Un altro bel risultato delle iniziative promosse dal circolo Calogero Capitini e dal suo presidente Luigi Fasce.

domenica, novembre 12, 2006

Taglia 42 per tutti

Il ministro Melandri si è rivolta agli stilisti di moda affinché abroghino la taglia 38; può essere un’idea, ma forse il messaggio non andava diretto a loro. Il motivo, che ha fatto apprezzare agli stilisti le donne sempre più magre, era perché alle sfilate i presenti non guardavano i vestiti ma le modelle…guai a far sfilare in passerella delle donne ben tornite e formose: gli occhi erano per le curve audaci e i desideri non erano rivolti al vestito, ma al contenuto.
Oggi abbiamo gli obesi e gli stecchi. Abbiamo solo i grassi e i magri. Non ci sono più le mezze misure. Come le mezze stagioni. Si dice che sta sparendo anche la classe media. In ‘medio stat virtus’, anche quello si diceva, e con il ‘centro’ ci hanno giocato poi tutti i politici fino a far comparire una ‘Italia di mezzo’. Ma di medio, ci fan vedere solo il dito.
Oggi è sorta l’esigenza salutare di dimagrire, e nello stesso tempo di non creare la psicosi del grasso. Ancora la ricerca di una via di mezzo: che sarebbe quella di una sana distribuzione delle risorse. Di tutte le risorse: materiali, umane, economiche e spirituali.
Le preoccupazioni principali, però mi è parso di capire, sono per quelle ragazze sempre più magre, che hanno dei disturbi alimentari. L’educazione alimentare dovrebbe essere un primo passo verso tutte quelle forme distorte di assunzione di cibo. Poi ci vorrebbe un codice deontologico della pubblicità su questa materia; perché ora abbiamo perfino l’acqua che è diventata ‘vitasnella’.
Non esistono cibi che fanno dimagrire e quindi non ci sono formaggi, merendine light o dolcificanti artificiali che non fanno ingrassare. Anzi se prendiamo la aspartame –un dolcificante sintetico- scopriamo che fa dimagrire sul serio…provocando tumori. Attenti quindi alla pubblicità.
Ecco se devolvessimo tutto quanto spendiamo per dimagrire, ancora meglio per non ingrassare, riusciremmo forse a sconfiggere la fame nel mondo. E la taglia 38? Potrebbe diventare una 42 per tutti.

lunedì, novembre 06, 2006

Il Tirannicidio

Il tirannicidio è forse l’unica sentenza di morte ammissibile…forse. Rimane il fatto che moralmente è una condanna a morte, che colpisce un uomo come noi. Colpisce quindi tutta l’umanità. Colpisce con i nostri peccati anche la pietà e la possibilità del riscatto. Noi non siamo mai una sola persona. Il male che vediamo è il male che possediamo. Tutti ed ognuno.
Inoltre si può sempre riflettere come fece Hannah Arendt, durante il processo di Gerusalemme nel 1961, quando fu condannato a morte Adolf Heichmann, responsabile della morte di oltre 5 milioni di ebrei.
Con un libro titolato ‘La banalità del male- Eichmann a Gerusalemme’, Hannah Arendt aveva affrontato il problema morale, sociale, giuridico e politico che sta dietro ai crimini contro l’umanità: la mancanza di un pensiero critico, l’accettazione ubbidiente di ordini nel nome di un dovere ‘superiore’.
Il male commesso da Heichmann, un uomo insignificante, era stato possibile perché inconsapevolmente svolto da altre migliaia di persone: brave massaie, buoni soldati, onesti impiegati, scrupolosi generali e servizievoli cittadini che avevano messo in moto una feroce macchina di morte.
Così si può dire di ogni despota, di ogni dittatore, di ogni personaggio pubblico, che ha la particolare capacità di tirare fuori il male dentro di noi: quel male banale. Appunto.
Saddam Hussein ha potuto svolgere per molti anni la repressione del suo popolo perché molti suoi cittadini comuni, molti suoi bravi generali e militari, sostenuti dagli stessi paesi che ora lo processano, lo hanno ‘aiutato’. Lo stesso popolo che esulta alla condanna, prima era al suo acritico servizio.
Infine Saddam Hussein non è Osama Bin Laden; di quest’ultimo era un nemico. Saddam Hussein era il più occidentale dei dittatori.
Ora nel popolo iracheno assistiamo invece ad un male nuovo. Ora in Iraq si rivendica, con il terrorismo, appartenenze di sangue e di religione…un altro aspetto della banalità di esseri persi nella ricerca di qualcosa che non hanno.
*Pubblicato oggi su L'Unità

giovedì, novembre 02, 2006

Wonderjock

Una notizia strepitosa dopo il Wonderbra, il reggiseno definito delle meraviglie, che alza il seno delle donne donandogli un rotondità sexy, ecco apparire sul mercato, una versione wonderbra maschile, per rendere attraenti gli uomini…naturalmente da alzare e gonfiare questa volta non c’è il seno, ma l’apparato idraulico-genitale.Dopo il reggiseno, in verità, era uscito anche lo slip che ridisegnava i sederi piatti: quelli ‘brasiliani’ erano da allora disponibili a tutte. Dietro ad ogni operazione si nascondeva una parola magica. Per i reggiseno: PushUp; per gli slip: CurvesUp, e per le nuove mutande da uomo? Ecco il Wonderjock. ‘Meraviglioso Giacomo’: così si potrebbe tradurre tout-court il nuovo neologismo; intendendo jock come una contrazione di Jack. Potrebbe essere anche un riferimento alla pianta Jock Horror, una cannabis che inebria in modo allegro, oppure Jock, come termine colloquiale che in Gran Bretagna indica uno scozzese…penso però che in questo caso si faccia riferimento a Jockstrap, un semplice sospensorio.
Certo che tutto è frutto dei tempi in cui viviamo e allora in questi si sente l’esigenza di ‘alzare’ i testicoli, piuttosto che la mente; si sente di elevare i genitali piuttosto che l’intelligenza.

giovedì, ottobre 26, 2006

Idea di città- Genova naturalmente-

Idea di città, è gran bel parlare. Di idee io ne avrei, ma poi a chi interessano? Ci sono quelli pagati apposta per averle, pagati anche profumatamente, e allora le mie a che servono? Io, intanto, la città la vivo.
Sono un cittadino. Sono uno a cui piace vivere tra la gente, con le persone con cui scambiare saluti, parole, affetti e servizi. Lo sapete anche voi, la città serve per stare vicini e per incontrare sempre persone diverse, che poi capita di avere già visto; in una città si pensa di poter soddisfare meglio i propri bisogni…di avere tutto a ‘portata di mano’, io dico meglio se di ‘piede’. A me piace il cinema, il teatro, il cappuccino da prendere al bar; piace la strada piena di negozi e di gente, la pizzeria e il pub…
Diversamente sarebbe bene andare a vivere in campagna; ancora meglio su un’isola deserta: due palme e un cocco, sono sempre un sogno.
Non mi piace il traffico di auto e moto, lo smog ed il rumore che producono, lo sporco dei marciapiedi ed il selciato rotto; non mi piace il verde incolto e l’inciviltà. Ma queste cose, è superfluo dire, sono sentimenti comuni.
Le idee dovrebbero essere conseguenti, e allora via le auto e per queste costruire dei grandi contenitori dove posteggiarle, potenziare e fare nuove linee di trasporti pubblici: una bella monorotaia elettrica sul torrente Bisagno, da Struppa a Borgo Incrociati, dove, su una piastra sopra al torrente, fare un capolinea per lasciare tutti le auto e le moto. Agganciare la linea del metrò di Via Buozzi, alla linea ferroviaria esistente, costruendo una nuova linea affiancata verso il ponente. Superata Sampierdarena, la linea metrò avrebbe tutto lo spazio per dividersi per gli Erzelli e per l’aeroporto. Insomma, viva il trasporto su rotaia elettrico.
Tant’é che qualche idea, alla fine l’ho detta; ma se ci penso sconfino nei sogni. Se ci penso vorrei poter passeggiare sulla sopraelevata, vorrei salire sopra i forti intorno alla città, con teleferiche panoramiche; vorrei passeggiare sui tetti del centro storico, camminare su un tapis roulant dalla Foce al Porto Antico…vorrei una città dove è bello muoversi in sicurezza e libertà.
Ma chi ci dà queste cose? In democrazia si costruisce insieme l’autorità. Allora chi si presenta a sostenerla –questa capacità- dico avrete il mio appoggio. E se mi cercate mi trovate in giro per la città.

martedì, ottobre 24, 2006

Preghiera di un immigrato


ispirata dal poeta Juan Gelman.
Padre nostro, misericordioso Allah, potente Jahvè, scendi in terra tra di noi. Ritorna a raccontarci la tua storia, che qui tutti l’hanno dimenticata.
Io sono arrivato qui povero e disgraziato in questo paese. Vieni qui e guarda tu come sono ridotto. Ho le scarpe bucate, lo stomaco vuoto ed ora arriva pure il freddo. Le mie mani non servono, le hanno rifiutate; ora sono sporche di fango, ma non hanno mai rubato.
Dio mio, Spirito Santo, non voglio arrabbiarmi, tienimi lontano dalla collera. Io sto facendo pensieri tristi e brutti: ma perché sono nato? Perché devo soffrire così tanto? Aiutami Signore, lo chiedo a te come l’ho chiesto a molti uomini, in tante lingue. Cosa devo fare?
Padre nostro, misericordioso Allah, potente Jahvè, scendi e spiegami tutto bene perché non ho capito. Sono sicuro che verrai a trovarmi. Io intanto ti cerco. Ti cerco come sto cercando la pace e il cibo; una casa e il bene.
Mi chiedi di rimettermi i debiti, ma mi sembra di averli tutti io. Così, scusami tanto, mi sento perfino di perdonarti: io che sono l’ultimo arrivato, non alla mensa, fuori dalla porta.
Ma non sono rassegnato al male, non sono ancora soggiogato, continuo a camminare; continuo a emigrare e se tu scendi in terra- perché se tu è vero, che sei in Cielo- devi essere qui al mio fianco.

giovedì, ottobre 19, 2006

Visita a Nomadelfia

Mi ha sempre incuriosito la storia di Nomadelfia, la comunità, fondata da don Zeno Saltini (1900-1981). Così questa estate, durante una vacanza in Maremma, ho visitato Nomadelfia che vuol dire legge di fraternità.
Nomadelfia nacque come idea il 6 gennaio del 1931, quando don Zeno Saltini appena ordinato sacerdote, chiese di adottare un diciassettenne appena uscito dal carcere. Dopo una discussione avuta da Zeno Saltini, ancora ragazzo, con un anarchico che contestava ai cattolici cristiani di vivere incoerentemente oltre ad essere da ostacolo al progresso umano, crebbe dentro in lui un tarlo; con la fondazione della comunità di Nomadelfia volle dare la dimostrazione che esisteva la possibilità concreta di seguire l’insegnamento del Vangelo: siamo tutti fratelli in Cristo, poiché tutti siamo figli di Dio. Quel fatto impegnò la vita di don Zeno fino alla sua morte.
Un altro passaggio importante della costruzione di Nomadelfia, successe nel 1941 quando una giovane parrocchiana si presentò a don Zeno dichiarandosi disposta a fare da mamma ai piccoli bambini orfani e abbandonati, raccolti in canonica: fu la prima ‘mamma per vocazione’. Da allora con le parole di Gesù, pronunciate dalla Croce alla Madonna e all’apostolo Giovanni, ‘Donna, ecco tuo figlio, Figlio, ecco tua madre’, verranno consegnati da don Zeno, i bimbi abbandonati alle mamme per vocazione e alle famiglie unite.
Mi ha fatto da guida, per la visita, Francesco: un nomadelfo che vive nella comunità da oltre 20 anni; dopo avere sposato una ragazza che viveva a Nomadelfia, ha deciso di restarci anche lui. Francesco è disponibile a dare tutte le spiegazioni e partendo dalla unità centrale, ovvero il complesso che racchiude gli uffici e il teatro, mi porterà in giro per tutto il villaggio. Le costruzioni sono adagiate sui dolci declivi della campagna dei dintorni di Grosseto. C’è la zona delle stalle, il caseificio, la cantina, la chiesa, il cimitero e sparse con una certo distacco ci sono le casette che raccolgono le unità familiari. Ogni ‘gruppo familiare’ è composto da 4-5 famiglie e vive insieme in una abitazione centrale, dove c’è la sala da pranzo, la cucina e il soggiorno; intorno a questa unità ci sono le piccole case prefabbricate dove ogni famiglia ha le camerette. Chi ha bisogno di qualcosa di personale si rivolge all’economato che glielo procurerà. Tutto intorno si respira un’aria di pace. Domando: ‘Ho visto molte cose ma la scuola, non esiste?’. ‘No-mi spiega Francesco- come ogni adulto è padre e madre dei bambini della comunità, così è anche insegnante’. I ragazzi studiano nella comunità e poi da privatisti sosteranno gli esami della scuola pubblica. A 18 anni infine potranno decidere se rimanere in comunità oppure uscire, andare via per il mondo.
Quest’anno Nomadelfia compie 75 anni di vita, e per quel tipo di comunità è forse un record. E’ difficile condividere e vivere la vita in stretta vicinanza. Invidie, gelosie, giuste rivendicazioni o ricerca di spazi personali sono naturali; ma sorretti da una forte idealità e da valori cristiani, ecco che tutto può diventare possibile. Una società davvero diversa che riesce a mettere in pratica come vivere l’insegnamento del Vangelo: siamo tutti fratelli, perché siamo tutti figli di Dio.
A Nomadelfia non circola denaro, non esiste la proprietà privata, tutti lavorano e i lavori pesanti sono fatti insieme da tutti i partecipanti la comunità; sembra di vivere all’interno di questa comunità un vero comunismo: quello delle origini cristiane.
Certo che crisi e difficoltà non mancano, in questi anni sono state molte le vicissitudini che hanno scosso la comunità di Nomadelfia: contestata agli albori dalla stessa gerarchia ecclesiale è riuscita nel tempo ad avere i massimi riconoscimenti: nel 1981, Papa Giovanni Paolo II la visitò. Nomadelfia continua ad esistere ed a rappresentare un seme di speranza che testimonia come un altro mondo c’è.
Attualmente ci vivono circa 300 persone, tra adulti, anziani e bambini…non è un grande numero, anzi a me pare basso; dopo l’esistenza di questa realtà da molti anni, solo 300 individui testimoniano quanta difficoltà ci sia nel vivere una dimensione comunista e cristiana, oggi. Forse è non è semplice da sempre. Però è bello sapere che qualcuno ci prova.

lunedì, ottobre 09, 2006

La decrescita:valore positivo

Sono passati ormai diversi anni da quando una pubblicità, della Chiesa Cattolica, invitava per salvare il mondo a cambiare stile di vita, a consumare meno. Era il 1992 e sembrava che avessimo preso coscienza che la ricchezza dei pochi, era la miseria dei molti; lo spreco di chi più contava era la morte di chi meno possedeva. Come lo sfruttamento delle risorse ambientali devastasse la Terra.
C’è come un rapporto direttamente proporzionale tra la ricchezza mercantile e l’impoverimento morale: più sale uno, più si abbassa l’altro. La pubblicità in questo campo spinge a consumare sempre di più, crea nuovi bisogni artificiali. Bisogna crescere, crescere sempre di più. Tutti invocano la crescita come un obiettivo primario: per fare quadrare i conti di una sperequazione tra consumi e produzione; tra merce e spazzatura. No, anzi la spazzatura, l’usurato, il ‘gettato via’, cresce sempre di più. E allora?
Per cambiare la tendenza del mondo al pensiero dominante, dello sviluppo cosiddetto sostenibile, che fa crescere sempre in modo esponenziale la miseria, la ‘decrescita’ è la nuova parola d’ordine.
Nel sito: http://www.decrescita.it/ilmanifesto.php potrete leggere il manifesto di Serge Latouche per il doposviluppo. Allo stesso indirizzo internet si possono trovare queste sagge considerazioni:
Oggi è pacifico che l'unità di sopravvivenza nel mondo biologico reale è l'organismo più l'ambiente. Stiamo imparando sulla nostra pelle che l'organismo che distrugge il suo ambiente distrugge se stesso.
(Gregory Bateson)
Ciascuno di noi è ricco in proporzione al numero delle cose delle quali può fare a meno. (Henry D. Thoreau)
Tutti gli oggetti che continuiamo a raccogliere nel corso della nostra vita non ci daranno mai forza interiore. Sono, per così dire, le stampelle di uno storpio.
(Ivan Illich)

lunedì, settembre 25, 2006

Breve vacanza

Mercoledì parto per la Maremma. Una breve vacanza in un luogo d’Italia che conosco poco. Poi vi racconterò le mie impressioni. L’Italia devo dire l’ho girata molto, ma questa parte della Toscana, no. Conosco bene Firenze, Siena, le Terre senesi, il Casentino, Viareggio, la Lunigiana, Carrara, Pisa, Lucca…ma Grosseto e i suoi dintorni, no. Sono curioso di vedere il Parco della Maremma, noto come Parco dell’Uccellina. E’ un posto dove si respira una natura in armonia con gli insediamenti umani. La foce dell’Ombrone con il monte Argentario e le colline dell’Uccellina si prestano a numerose passeggiate e viste diverse. La meta del viaggio è Principina a mare. Ecco qui una cartolina di dove soggiornerò:

giovedì, settembre 21, 2006

Per il partito dell'Ulivo

Niente da dire sulle scelte politiche di ognuno. L’importante è avere degli ideali.
Di fronte ad un mondo cinico, dove la guerra sembra l’unica risposta alla risoluzione dei problemi, fare delle scelte ed avere delle idee su come costruire la società è una cosa lodevole.
Questa premessa è doverosa per affrontare il tema di una sinistra che si dividerà ulteriormente, in occasione della costruzione del partito democratico. Se ne sente il bisogno? La sinistra da sempre si dibatte tra apparenti sofismi per dividersi in concreti schieramenti. Da sempre la sinistra perde per questo, e per questo non riesce a governare la società in continua trasformazione.
A mio parere dietro la ricerca di un partito, qualunque esso sia, c’è il bisogno di confermarci da che parte stiamo; poi ci sta anche il perseguimento di un consenso democratico, che dica quanto potere abbiamo per dare ‘gambe’ ai progetti ideali e politici. I partiti segnano sempre la vita democratica di un paese: essi ne sono la forza e anche la debolezza; debolezza consistente nell’essere spesso consorterie di personaggi di potere per il potere; di essere ‘bande’ per inciuci e spartizioni ‘familiari’.
E le idee? Per quelle io non sento la necessità di un partito che me le indichi e in certi casi, paradossalmente, me le rinfacci. Quelle idee sono tanto mie come la mia persona. Le idee di sinistra poi le considero una parte dell’ essere, dell’etica dei comportamenti, di ognuno le faccia proprie. Io non ho quindi paura di perdermi nell’affrontare la costruzione di un soggetto politico nuovo. Un partito che persegua la costruzione di una società futura più giusta, unisca persone diverse, parli ai giovani e sappia interpretare la realtà, che è sfuggita a tutti gli attuali partiti. Per fare questo però è bene ricordare che sarà necessaria una classe dirigente nuova; occorreranno uomini diversi da quelli che compongono le attuali segreterie e direzioni partitiche. Le risorse umane e ideali nuove ci sono.
Prodi in preparazione del Seminario di Orvieto del 6-7-ottobre, per la costruzione del partito democratico, ha detto bene:
‘Le divisioni del passato non hanno dunque più ragione di esistere, ma è nel futuro che dobbiamo cercare le ragioni di una unità nuova e feconda. Queste ragioni oggi sono forti ed hanno il loro fondamento nella domanda di cambiamento del Paese che sale dalla nostra gente che si attende sia un orizzonte di crescita economica e sociale guidata da criteri di equità, di merito e di solidarietà che un quadro di stabilità di governo assicurato da un sistema politico bipolare trasparente e moderno’. Benvenuto allora al partito dell’Ulivo.

sabato, settembre 16, 2006

Oriana Fallaci e l'Europa

Per la morte di Oriana Fallaci, si può dire che la passione è stata la sua caratteristica più importante. Paolo Mieli, direttore del Corriere della Sera, che ha pubblicato i suoi ultimi interventi, l’ha descritta bene: ‘Quella di Oriana Fallaci è stata una esperienza unica; lei può essere definita la più grande giornalista che ha avuto l’Italia ed anche la nostra più conosciuta scrittrice nel mondo’. I suoi ragionamenti estremi, le sue posizioni intransigenti, le sue arrabbiature forti erano tutte autentiche. Per questo merita rispetto. Rimane il fatto che dopo le moltissime cose che ha fatto verrà ricordata solo per il suo anti-islamismo. Sentinella della civiltà occidentale, così viene definita dai politici di destra.
Certo, la cultura di Oriana Fallaci aveva radici profonde nel cuore dell’occidente: la cultura fiorentina e la filosofia greca; però la strada guerrafondaia, che aveva intrapreso contro chi crede in Maometto, nel Corano ed in Allah, come la risoluzione dei nostri problemi, non me la fa apprezzare.
Ultimamente la sua condanna era rivolta all’Europa. ‘Un' Europa che non è più Europa ma Eurabia e che con la sua mollezza, la sua inerzia, la sua cecità, il suo asservimento al nemico si sta scavando la propria tomba’: così scriveva il 16 luglio 2005. nel suo ultimo articolo sul Corriere della Sera. Era anche la presentazione al libro La Forza della Ragione, edito da Rizzoli International.
Ma io, per quel che vale, sono dell’idea che l’Europa dopo 60 anni, dopo le più grandi tragedie collettive umane del secolo passato, è divenuta il nuovo modello di convivenza pacifica, di multiculturalismo. Io continuo a pensare che la guerra auspicata dalla Fallaci contro gli islamici non ci salverà. Io concordo con Tiziano Terzani, cui aveva già risposto ad Oriana Fallaci, con le sue ‘Lettere contro la guerra’. Io penso che un nuovo equilibrio mondiale, dove l’Europa tornerà ad essere il vero centro motore della cultura mondiale, potrà essere la via per la pace. L’Europa insegna. Chi poteva immaginare di riuscire a mettere d’accordo francesi, tedeschi e inglesi? Chi poteva dire che gli italiani, gli spagnoli, gli olandesi si mettessero sullo stesso piano per fare mercato? Eppure oggi viviamo in pace in tutta l’Europa. Perché non potrebbero fare altrettanto nel medioriente? Quella vasta area del mondo dominato dalla cultura araba potrebbe integrarsi e dare vita ad un nuovo continente pacifico, che facendo sistema con le nostre risorse e intelligenze può fare progredire tutta l’umanità.
Oltretutto quelle divisioni sono insensate e senza prospettiva: cosa può tenere diviso il mondo quando le tecnologie, gli interessi economici, le naturali spinte psicologiche tendono ad unire? No, io continuo a non sentirmi in guerra con nessuno. Spero che anche gli altri condividano i miei sentimenti. Poi naturalmente rispetto le idee di chiunque, ma attenti ad armare le mani dei giovani: le ragioni di una civiltà che si ritiene superiore, sono le stesse che hanno portato alla Shoah.

venerdì, settembre 08, 2006

No, Santoro biondo no

No, per carità, Santoro non diventare biondo. Ma è possibile che l’immagine (e quale immagine), l’apparire piacenti, belli (si fa per dire) diventi una imposizione da far diventare ridicolo chi fa televisione? In questi anni ne abbiamo viste di tutti i colori: abbiamo visto i colori inverosimili del toupè di Biscardi, le sfumature rosse, viola, grigie e dorate della criniera di Mirabella, i rossi-tiziano e i marroni-castagnaccio della ‘testa’ di Paolo Limiti; i biondi rossicci della permanente di Renzo Arbore…ma ora vedendo la capigliatura, naturalmente grigia, di Michele Santoro diventare biondo-cherubino, c’è da rimanere allibiti.
Non bastavano le false bionde? C’era bisogno anche dei falsi biondi?
Aggiungendo poi che, rientrando a fare le trasmissioni per la RAI, Santoro vuole invitare Berlusconi il trash diventa improponibile. Ma come, al finto aggiungiamo il finto? Ma come, Santoro, senza Berlusconi non è più capace a fare televisione?
Per favore, non vorrei vedere rientrare Enzo Biagi, con i riccioli ed in salopette, intervistare Pippo Baudo con le finte basette bianche, oppure Luttazzi condurre l’Isola dei Famosi…per favore. Per favore: ridateci quelli senza capelli; ridateci Telly Savalas e Yul Brynner.

giovedì, settembre 07, 2006

E’ difficile essere cattivi

Sì, è più facile essere buoni che cattivi; è faticoso e complicato fare i cattivi. Invece dovremmo sapere tutti come è bello voler bene, usare la gentilezza e la cortesia: ci guadagneremmo tutti. Ad essere buoni lo spirito diventa leggero, vola, si alza e fa nascere sorrisi. Tutti noi abbiamo la necessità di gentilezza, di amicizia e compassione. Il rispetto per gli altri è la condizione prima per stabilire una relazione.
Il cattivo di solito spreca una enorme quantità di energie; deve sempre apparire il ‘duro’, l’ intransigente, colui che non deve chiedere: mai. Che fatica vivere in quel modo. Tutti sappiamo che nessuno sceglie la cattiveria così, tanto per fare il cattivo, ma si trova in quel ruolo forse per rivendicare un diritto negato, per pretendere qualcosa che altri non gli danno, per essere considerato e magari amato; ma poi va bene anche essere odiati: sempre meglio dell’indifferenza, così sanno che esisti.
Il cattivo è sempre in guerra. Il cattivo si dedica con dedizione a principi di facciata, di orgoglio, di potere. Così non si trova mai una vera pace.
Quei cattivoni, che vediamo nei film americani, disegnati a ‘tutto tondo’: cattivi fino in fondo e crudeli senza speranza, non esistono nella realtà. Tutti sappiamo di essere sia buoni che cattivi, e quando siamo solo cattivi, o almeno l’appariamo agli altri, c’è sempre qualche difficoltà di relazione, qualche turba psicologica, sociale e morale.
Un po’ di tempo fa si era scatenata la caccia ai cosiddetti ‘buonisti’: bisognava essere cattivi si disse; in politica, come nella vita non c’era spazio per i buoni, per la comprensione degli altri, per gli avversari. Era il tempo di La Russa, Gasparri, Calderoli, Castelli, Borghezio, Bossi, Cicchitto…e altri: i promotori della cattiveria tout-court.
Certo forse c’erano anche i ‘buonisti’, intesi come i falsi cortesi, coloro che volevano a tutti i costi farsi amici e continuare l’andazzo ipocrita e inconcludente; ma pensateci un po’, possono durare questi ‘buonisti’?
Non so se quel tempo sia finito; certo dovremo comprendere che alla lunga, a fare i cattivi si perde. Forza, se ci sappiamo ascoltare, se ci lasciamo parlare, spegnendo le voci ‘contro’, riusciremo a trovare la serenità e la gioia di vivere in pace. Tutto sarà più facile. Fare i cattivi richiede molto sforzo e stanca da morire.

lunedì, settembre 04, 2006

Voglio parlar d'amore

Voglio parlar d’amore perché l'amore fa la storia e la nostra storia è soprattutto d’amore.
E' per l'incontro di due individui che noi esistiamo ed è per questi che poi impariamo una lingua e trasmettiamo un sapere che è qualcosa di più che imitazione, conoscenza o esperienza; è amore.
E' per l'amore che esistono madri, padri e figli, che vivono le persone più varie ed è per questo che continuiamo la storia.
Tutto nasce da un magico incontro. Tutto nasce da sorrisi e lacrime, da teneri baci ed abbracci; dallo scambio d’emozioni dolcissime e qualche dolore.
E' così che tutto continua, e se qualche volta si perde la strada, ci si dimentica o non ci si riconosce più; se succede che finisce l'amore tra le persone, tra una coppia, l'amore non cessa d'esistere. L’amore continua.
L'amore si trasforma e ci cambia: ci vuole pronti ad iniziare sempre la vita e non a trascinarla nel rancore e nel ricordo di ciò che era…
Ecco voglio parlare d'amore, di quell'amore che c'è nella vita e vive sempre se qualcuno ne parla.
Ecco io parlerò d'amore, di quell'amore che c’è e ancora e sempre ci sarà.

venerdì, settembre 01, 2006

In memoria

C’è una bella lettera scritta da Nando Dalla Chiesa che ricorda, con una successione di ‘Ho visto…’, quanti misfatti sono stati commessi nella passata legislatura. Si ricordano le leggi ad personam, quelle sul falso in bilancio, sull’abolizione dell’imposta di successione sui patrimoni più grandi; sull’occupazione monopolistica della RAI e l’istituzionalizzazione del duopolio con Mediaset. Si ricorda la legge che abolisce l'appellabilità delle sentenze di assoluzione; l’ allungamento della durata della legislatura per votare l’impunità in un processo ad una persona; l’istituzione di una commissione, ‘Telekom Serbia’, negando quella sui gravi fatti successi a Genova durante il G8. Ancora poi, si rammenta come è stata levata ai giudici di pace la competenza sugli incidenti stradali più gravi, perché lavoravano troppo velocemente creando problemi alle assicurazioni- anche alla Mediolanum; gli insulti alle parlamentari, definite ‘vacche’ e ‘galline’, perché reclamavano le ‘quote rosa’; l’umiliazione del Parlamento e dell’opposizione, negando le discussioni su legge costituzionale e legge elettorale; l’esultare di un ministro della Repubblica italiana, al grido: ‘chi non salta italiano è’…magari andando a presenziare subito dopo, con i fazzoletti verdi padani, a un metro dal tricolore sulle bare nei funerali di Stato.
Quella lettera dovrebbe essere ricordata tutti i giorni dai parlamentari eletti nel centrosinistra, affinché non succeda più di trovarci in quella situazione. Purtroppo è risaputo che la memoria degli italiani è molto corta; poi, per i politici tutti, valgono migliaia di convenienze sempre alla faccia dei cittadini. Così conviene a certi ‘sinistri figuri’ di invocare principi da non infrangere per regalarci nuovamente altri anni di ‘straordinario’ berlusconismo.
Grazie, abbiamo già dato, mi verrebbe da dire. Grazie, ricordo quando Bertinotti per le ‘35 ore’ -di cui ora non parla più nessuno- mandò via Prodi dal governo. Grazie a questi paladini, se la politica è più partitica che altro. Insomma, prima di tutto c’è il partito: il simbolo di un’appartenenza che regala cariche, stipendi e infine anche qualche idea pronta a diventare ideologia da non infrangere. Sempre alla faccia dei più deboli. Intanto anche se ritornerà la destra al governo a loro che importa? Sarebbe ‘Un altro giro di giostra’, regalato a loro. Per noi solo un altro ‘girone dantesco’.

sabato, agosto 26, 2006

Life is now!-Laif is naoo!

‘Laif is naoo!’, così c’era scritto su un muro. Forza della pubblicità o forse del ‘pupone’ Totti. Cosa vorrà dire? E’ l’invocazione di un innamorato? E’ il grido di felicità per aver vinto i mondiali? E’ il richiamo a vivere meglio il presente? Un inno alla vita?
Life is now, la vita è adesso, come la canzone di Claudio Baglioni. Sì, la vita è ora, in ogni momento da assaporare. Poi basta un attimo per morire; allora ogni attimo va vissuto fino in fondo, perché la vita è bella. La vita è meravigliosa e, anche se moriamo metaforicamente ad ogni insorgere di tristezza, grazie alla vita assaporiamo tutto.
‘Laif is naoo!’. Un’invocazione. Un qui ed ora da perseguire sempre. Ma ne siamo consapevoli? Penso di no. Quella frase è usata per invitare a comprare schede telefoniche, un invito a parlare a meno…meno soldi. Quel ‘laif is naoo’ diventa un intercalare alla moda come ‘a livello di’, ‘voglio dire’, ‘attimino’,’assolutamente si’, ecc. Io vedo che si è sempre in attesa di qualcosa: del tutto o del niente. Si aspetta che succeda qualcosa, che arrivi o torni; si aspetta soprattutto il futuro. Indietro intanto, pare, si può tornare. Indietro nel passato ci si è già stati, c' è il già conosciuto: così si attende. Ma non sappiamo che siamo qui ed ora, con il potere di fermarci, con il potere di non spendere e perdere tutto nell'attesa. Fermiamoci, la vita è adesso. Qui. Ora. Un invito bello.
Quindi saper vivere il tempo presente è una sfida importante. Una sfida per l’autonomia ed avere coscienza di se stessi.
‘Laif is naoo!’. Potrebbe essere un’altra storia.

giovedì, agosto 24, 2006

Siamo ancora a cercare...

In conclusione siamo ancora a cercare l’Uomo, colui che ci ha segnato.
Sì, c’è già stato un uomo che ci ha fatto vedere e credere di avere molte cose da dimostrare a noi stessi e a Dio. Quell’uomo disse che Dio è un padre; disse che è un creatore, l’origine dello spirito fecondo, che sa andare oltre quello che si vede.
Quell’Uomo è Gesù Cristo. L’Uomo ideale. Da quella conoscenza abbiamo iniziato a contare il tempo. Da quella data siamo ancora a cercare l’Uomo, colui che ci ha insegnato la dignità e l’amore.
Sono passate circa sessantacinque generazioni da Cristo; troppo poche? Quei mitocondri vivono freschi in noi. Non è appassito lo slancio spirituale, la forza ad andare oltre. Eppure continuiamo a maledire il cielo; continuiamo a pregare e sperare.
Quell’uomo muore perché condannato a morte; muore perché ha fatto la guerra. Quell’uomo muore di vecchiaia e malattie che non ha mai vinto: le pensa come il male; le pensa come Hitler e i tiranni…ma c’è qualcuno che pensava di averli sconfitti? Siamo ancora a cercare l’Uomo, colui che ogni volta impara a sue spese.
Quell’uomo siamo noi ogni volta. Quell’uomo è la nostra possibilità e insieme la nostra costrizione. Poi cosa ci sarà?

martedì, agosto 22, 2006

La guerra in Libano ed in generale

L’ultima guerra in Libano ha dimostrato ancora una volta, se ce ne fosse stato bisogno, dell’inutilità delle guerre. Anche se Israele dispone di uno degli eserciti più potenti della Terra; anche se ha a disposizione la copertura satellitare militare americana –quella per intenderci che era capace, già negli anni ’70, di leggere dallo spazio la Prava sulla piazza Rossa- non ha vinto niente: ha solo ottenuto che si decidesse di far intervenire i ‘caschi blu’. E per fare quello bastava richiederli subito, senza fare morti, uccidendo molti civili e distruggendo la città di Beirut.
Ogni volta la guerra non fa vincitori, ma solo perdenti. Anche l’ultima guerra voluta dal nazismo tedesco, e appoggiata dai fascisti italiani e giapponesi, ha fatto solo dei perdenti: quelli che l’hanno proclamata. Ma i vincenti, macchiandosi di uno dei più grandi crimini della Storia, con lo sgancio di due bombe atomiche su città giapponesi, hanno delle responsabilità morali gravissime che li rende, anch’essi in un certo senso, perdenti.
L’ultima guerra in Libano ha dimostrato ancora una volta, se ce ne fosse stato bisogno, dell’inutilità degli eserciti. La vera guerra è combattuta con il terrorismo e la guerriglia diffusa senza regole: contro questa è inutile ogni arma e repressione. La risposta ai problemi rimane sempre la politica e la mediazione tra ‘pari’. Purtroppo c’è sempre qualcuno che si reputa superiore. Superiore perché ha Dio dalla sua parte; superiore perché ha il cannone più grosso; superiore perché si crede erede di una civiltà più importante e così si misura, non l’intelligenza ma, la stronzaggine. Come si può pensare di vivere tranquilli e in pace affidandoci alle armi? Al terrore? Alla paura? Ogni volta, dopo le distruzioni delle guerre, si comprende che si ha bisogno di tutti per ricostruire e per progredire; per imparare e crescere. Ma dura poco: la memoria del dolore, procurato dalle guerre, viene rimosso presto. Si ricomincia ad uccidere il nemico pensando così di risolvere il problema…alla radice. La radice però è un’altra: è speculare al nostro vedere il nemico. Quello siamo inconsciamente sempre noi. Pensateci.

domenica, agosto 20, 2006

Gunter Grass e il nazismo

Con la rivelazione di Günter Grass, di essersi arruolato a 17 anni nelle squadre SS naziste, si è aperto un dibattito. Non bisognerebbe mai confondere l’artista con l’opera. Molti sono i casi in cui quello che si vede nell’opera d’arte, non può essere riconducibile al solo autore. D’accordo che ogni cosa facciamo, parliamo sempre e comunque di noi; ma le molte qualità morali trasmesse, i tanti slanci generosi comunicati, non sono solo nostri: sono aspirazioni e ideali che ognuno nutre e sente propri. Poi nella sostanza, il male ed il bene vivono insieme in noi.
Noi non siamo mai una persona sola, ma un numeroso insieme di persone. Noi siamo un mondo. Ognuno di noi è molte persone diverse: ereditate, imitate, subite, assimilate, confuse, spesso nemiche fra loro; per buona parte inconsce. Tuttavia ognuno colpisce con la sua individualità, per la sua particolarità e sappiamo invece che è un caos.
Se poi parliamo di fascismo, o di nazismo, possiamo affermare che quello non è mai stato solo un fenomeno politico, ma anche un uno stato dell’essere. Quando diamo ascolto alla parte peggiore di noi, quando pensiamo di essere superiori agli altri, quando un naturale istinto di difesa diventa violenza crudele; quando si perde il senso di responsabilità personale, per sottostare a ordini e spinte collettive, allora nasce il fascismo.
Alcuni giorni fa Gorge Bush aveva parlato di ‘fascismo islamico’; qualcuno gli obiettò che il fascismo nasceva ‘cristiano’. Per me il fascismo è universale. Nei secoli di storia, il fascismo ha indossato diverse camicie: nere, brune, rosse o verdi; certo è che nella sostanza risultava e rimane identico.
Per questo il pericolo fascista come altri ‘mali’, rimane sempre attuale. Per questo riscontriamo ogni volta la fatica ad evolvere. La speranza ci viene offerta ogni volta con la ‘confessione’, con il riconoscere le colpe e la consapevolezza che sempre tutto torna. Günter Grass ne è la prova.

*Pubblicato oggi sul'Unità-

venerdì, agosto 18, 2006

Dedicato a Chinaski-l'alter ego di Bukowski

Un bar dove sorseggiare un caffé da 5 cents.
Un bar dove pensare dove uno ha sbagliato o dove invece ci ha azzeccato.
Un bar aperto e chiuso nel mondo.
Un bar per un bicchiere di vino o una birra.
Un bar dove scontare la pena della solitudine.
Chinaski ama Brenda, ma ama anche Stella. Ma chi ama Chinaski?
Chinaski aspetta seduto su uno sgabello vicino al bancone e ad un bicchiere. Chinaski vorrebbe essere portato via.
Chinaski sa che quelle donne oltre che farti godere creano problemi.
Simpatico Chinaski con i suoi malanni: la difficoltà non è di vivere, ma di morire. Chinaschi è un uomo in guerra; non riesce a stare in pace: il fastidio di stare solo e in compagnia.
Forza Chinaski, c’è un Harry che va via e tu rimani con la rivista da firmare: lui ha imparato a dire ‘merda’ solo cinque volte. Cazzo! Riesce a cambiare pure la figa. Quell’altro vola alto.
Chinaski e chi lo direbbe che questa è solo l’america?
Ritorna al tuo bar Chinaski e ordina una birra ghiacciata; ordinala bionda come la cameriera che ti strizza l’occhio: gli hai appena detto ieri che hai vinto il Pulitzer.
Chinaski, saltà giù dallo sgabello. Ritorna in te Chinaski, hai solo pochi dollari guadagnati con due racconti. Ora ti manca l’ispirazione, ma presto verrà…la poesia sgorga dalle molte ferite della tua anima.
Sì, chiamatelo dottore. Chinaski ha preso diverse lauree: ospedali, galere e puttane; quelle sono le sue università. Sono quelle della vita.
Ma ora basta Chinaski, rischi di essere monotono: basta bere per sentirti maledetto, sentirti poeta e migliore. Basta Chinaski…io ti ho nascosto la bottiglia.

lunedì, agosto 14, 2006

Il cacciatore di aquiloni

Ho appena terminato di leggere il libro: ‘Il cacciatore di aquiloni’. Il libro è una storia che racconta insieme l’anima di un popolo, quello afgano, ed un passaggio alla maturità, quella del protagonista, Amir. E’ lui che racconta la storia. Una storia che si snoda lungo un periodo storico che va dagli anni ‘80 fino ad oggi. Così viene raccontata l’infanzia in una Kabul prima dell’invasione sovietica e la maturità, con l’epilogo della Kabul sotto il regime talebano.
Ho trovato il libro di Khaled Hosseini, pieno di verità e insieme di dolori. Un ritratto della vita, che ci chiede sempre conto su cosa stiamo facendo o dove stiamo andando.
Come una metafora bisogna tornare sempre sul luogo del ‘delitto’, sulle nostre debolezze, bisogna sempre ‘scoprire’ il mistero che accompagna ogni vita, per avere la pace; per comprendere se stessi e insieme il destino.
La verità di essere tutti uomini divisi; di essere uomini a metà: presi dalla nobiltà dei sentimenti e dalle convenzioni sociali. Sempre in bilico tra la libertà e il conformismo, tra la giustizia e la vigliaccheria. Amir e Hassan, sono due fratellastri che incarnano la divisione delle nostre anime. Una colpa sentita da Amir lo porterà ad espiare una colpa e insieme alla redenzione a recuperare un figlio, un nipote: un bambino che non potrà mai più essere tradito.
In fondo il messaggio è chiaro: mai disattendere la bellezza, la spontaneità, la verità del bambino che alberga sempre in noi. Poi, tutto torna. Il messaggio è che il passato non si cancella. Tutto viaggia in circolo. L’aquilone che apriva la storia, l’intesa e un’amicizia, la chiude per riaprirne un’altra. Ancora. Ancora vola la speranza.

lunedì, agosto 07, 2006

Parliamo ancora d'amore

Come sono grandi, le storie piccole. Come l’amore semplice, la dedizione dell’uno all’altro, rende felici. Non ci vuole molto per trovare la costanza di stringersi ogni giorno. Puoi trovare coppie così. Continuano ad amarsi in silenzio con teneri gesti quotidiani. Quello è l’amore che meno vediamo, ed è quello che ci salva…
Poi potremo anche dire, come la canzone di Edith Piaf: a che cosa serve l’amore? Se l’amore ci fa piangere, soffrire, se ci illude e solo uno su due sopravvive?
A che cosa serve amare se alla fine tutto è uno strazio?
L’amore serve per trovare ciò che c’era ancora; l’amore serve per ciò che ho scritto prima: serve a fare grandi, le piccole storie.
Poi l’amore che si è perso continua ad avere il gusto del miele. Perché ogni volta tu sei l’ultimo amore, come lo è stato il primo. Perché si continua a credere che l’amore è eterno, ed ogni volta si riscopre che senza si vive per niente.
L’amore serve a dire le stesse frasi: sei tu che cercavo, sei tu che volevo; tu sei il primo e sei buono, tu la mia ultima e sei una stella.
Ancora serve l’amore, serve per invecchiare…che paradosso; ma questo rivela sempre una verità doppia: d’altronde come si può baciare una vecchia? Come si può baciare un vecchio? Invece si baciano. Continuano. Solo amandosi e invecchiando insieme penso si riesca a farlo ancora. Questo è un piccolo fatto ed è quello che ci salva.

giovedì, agosto 03, 2006

Al posto di Fidel

Al posto di Fidel, il fratello Raul; il potere passa da un ottantenne ad un settantacinquenne. Le dittature hanno questo particolare: non sanno creare una classe dirigente, che succeda al dittatore. Gli altri, per chi detiene il potere, sono visti tutti come potenziali nemici, usurpatori; sono coloro che poi deviano dall’ortodossia rivoluzionaria…e intanto il popolo bue ingoia tutto: rumina e pascola nell’insipienza e nell’ignavia.
Che tristezza per il glorioso, dignitoso e solare popolo cubano; stanno lì in attesa che il ‘re’ muoia, per vivere un cambiamento inevitabile comunque.
Non ho mai creduto al potere della polizia, alla repressione dell’esercito per mantenere un popolo in condizioni illiberali e povere; ho pensato che l’adesione, al pensiero politico dominante, sia della maggioranza delle persone che abitano quel paese. Con questo però si assisterà, con la fine di Fidel Castro e con le conseguenze buone e cattive, al passaggio della società cubana verso il mercato libero. Inevitabile. Come è successo per la Cina.
A distanza di quasi 50 anni di regime, non si può giustificare tutto e sempre come la difesa dall’orco imperialista americano. Gli USA hanno le loro indiscutibili colpe, ma il mondo che gli si oppone è anacronistico e inconsistente, sia sul piano morale che della libertà.

mercoledì, agosto 02, 2006

In quei luoghi...

In quei luoghi, dove Dio scelse di farsi uomo per salvare il mondo, divampa ancora la guerra. Sono i luoghi della Galilea, luoghi poveri, che videro le gesta di Gesù: Nazareth, la nascita; Cana, il primo miracolo; Tiberiade, il lago dove camminò sulle acque. Ora in quei posti piovono bombe e due religioni, invocando paradossalmente lo stesso Dio d’Abramo, si contendono gli spazi.
Quei posti diventano un altro luogo, dopo Auschwitz, dove si assiste al silenzio di Dio. Un altro luogo dove muoiono bambini e innocenti per mano di chi si vanta di essere un popolo eletto che si è costituito in nome, non già di nascita ma, di fede. E possibile? Quel Dio silenzioso, oggi senz’altro come allora, non ha niente da dire su queste miserie. Quel Dio non ha certo da scegliere, di stare dalla parte di Giosuè e allungare il giorno per sconfiggere i filistei.
Dall’altra parte, altri sacerdoti, simili a quelli dei templi in cui si muoveva Gesù, insegnano l’odio. Una spirale che forse fa guadagnare il Paradiso nell’al di là a tutti. Una spirale di morte che rifugge la pietà e l’amore.
In fondo, concludo con una battuta sarcastica: ‘Se Dio esiste spero abbia le sue buone ragioni’.

sabato, luglio 29, 2006

Non sono razzista...

Si inizia sempre così: 'non è che sono razzista, ma non è giusto che gli extracomunitari ci portino via il lavoro...'. Poi si prosegue con la stessa impostazione: 'Non ce l'ho con i negri, gli africani, ci mancherebbe non sono mica razzista io, ma cosa vengono tutti qui a fare?'. Poi, per le categorie, non possono mancare gli zingari: 'Non si tratta di razzismo, ma gli zingari rubano e mettono in pericolo la nostra gente, non vogliamo che occupino le nostre case'...subito dopo gli omosessuali:' Non ce l'ho con i gay, le checche, ma non vorrei che contaminino la nostra gioventù'...
L'importante è ribadire: ‘Non sono razzista’. Quella è la giusta premessa prima di sparare le 'stronzate' e le banalità più grosse. Già, perché in fondo, non siamo noi che siamo razzisti, sono gli altri che non sono come noi. Sono gli altri, che sono tutti 'terroni'. Un conoscente napoletano me lo diceva: 'Non sono razzista, ma non è colpa mia se non sono nati tutti a Napoli'. Vero. Aggiunse anche: 'Dio creò la Padania e poi pentitosi fece la nebbia'. Almeno era simpatico.
Per tutti esiste invece il razzismo inconsapevole; premetto che anch’io posso esserne affetto: sicuramente lo rivelerò quando userò la premessa: ‘Non sono razzista, ma…’. Ecco a quel punto anch’io le sparerò grosse: ’‘Non sono razzista, ma i razzisti non li sopporto’…anche perché le razze non esistono. Esistono uomini e donne. Esistono intelligenti e idioti. Esistono le categorie dove incasellare tutte le cose, per comprendere il mondo…ecco che i razzisti si sono costruiti le caselle più belle: in quelle ci sono solo loro; loro, quelli che lo dicono subito, che non sono razzisti. Li avete mai sentiti?

mercoledì, luglio 26, 2006

Calcio pazzo

Le pazzie per il Calcio continuano, alla faccia degli scandali…e così per Kakà, vengono offerti 100 milioni di euro e forse basterebbero solo due prugne, un purgante naturale. Questa è una notizia che si accompagna ad altre: guerra in Libano, guerra in Iraq, caduta del potere d’acquisto delle famiglie italiane, difficoltà dei giovani a conquistarsi l’autonomia economica e quella conseguente affettiva; sempre se non si è capaci di dare dei calci ad una palla. Ma quello che conta oggi sono le penalità inflitte a chi ha taroccato il Calcio. Ad ogni sentenza diminuiscono un po’. In fondo non è una cosa seria per nessuno. Il Calcio rappresenta ormai in sostanza solo un business e allora chissenefrega del resto. Poi arriva anche lo sport d’agosto, che è quello del mercato, degli acquisti e delle vendite, per la gioia dei tifosi sempre attenti alle notizie della ‘rosa’, che non si interrogano dei loro 900 euro al mese di stipendio, ma forse mi sbaglio: guadagnano di più.
Insomma si costruisce durante le ferie, la stagione del prossimo campionato, con quello si saprà se si soffre o si gioisce: basta spendere e avere un presidente all’altezza della situazione, con disponibilità finanziarie pari all’ambizione sociale e al bisogno di ‘partecipare’. A questo strano sport giocato tanto al bar, quanto nei tribunali, non manca niente…finché ci sono i tifosi.

domenica, luglio 23, 2006

Finti qualcuno

Molti continuano a domandarsi cosa spinga tantissime persone a partecipare alle più orrende trasmissioni televisive, pur di esserci, apparire; insomma, perché si cerca qualunque cosa che ci renda ‘famosi’ per poi essere riconosciuti, fermati per strada, e diventare per questo ‘qualcuno’?
Già, perché è meglio essere qualcosa di finto, di ammirato o visto, piuttosto di essere un normale, reale nessuno. Così pensano quasi tutti, e forse è passato tra la testa anche a voi; ma non c’è da recriminare, non è una cosa di cui vergognarsi. L’invadenza dei media, dello strumento televisivo attuale con la sua diffusione e programmazione ha reso questo desiderio un fenomeno sociale: oggi, si dice, è di moda. Anche sul versante virtuale tecnologico di Internet esiste una esposizione simile, che attraverso la produzione di blog, foto e video, inclusa la partecipazione a chat line, fa passare una persona dal fenomeno mediale di nicchia a quello di massa. La risposta chiara al desiderio di apparire è nella nostra psicologia; è una risposta semplice e immediata: per vivere abbiamo bisogno di carezze, abbiamo bisogno che qualcun altro ci dica che esistiamo, ci confermi che ci siamo. Siamo vivi, reali, concreti...poi per paradosso accettiamo, per quelle benedette ‘carezze’, anche di essere virtuali, di essere qualcosa d’altro, di immaginario e finto; appunto.
Queste ‘carezze’ Eric Berne –psichiatra americano-, con i suoi studi, le aveva analizzate quali unità di misura di riconoscimento. Ad esempio un ‘Ciao’, si può considerare una carezza minima, per arrivare, passando dai baci e abbracci, all’applauso, alla portata in trionfo- a tutto quello che la televisione pare regali in fretta- al massimo dei punti.
Ecco che la caccia alle ‘carezze’, ai molti riconoscimenti, è resa, con lo strumento televisivo, immediata. Poi è chiaro che ognuno ne ha fame in modo diverso.
C’è chi si appaga con l’affetto degli amici, di quelli domestici, casalinghi e familiari, c’è a chi basta un ‘buongiorno’, detto all’angolo della strada, di una mano sulla spalla insieme ad un sorriso; esiste poi chi le carezze non bastano mai: non è sufficiente la notorietà estrema, l’essere riveriti e fermati per un autografo, seguiti da milioni di fans, votati da centinaia di migliaia di elettori, scelti e amati per doti speciali…tutto allora può diventare patologico. L’esibizione, quale strumento per piacere ed essere riconosciuti, diventa una distorsione. Quei fans, quegli ammiratori non conosceranno mai abbastanza quella persona; non riusciranno mai ad entrare in intimità con quel personaggio, così allora si comprenderà che la conferma più bella alla nostra esistenza è l’amore.
E’ l’amore la carezza che da sola riempie il cuore più di ogni altra cosa: il resto è un surrogato a quel sentire, a quello speciale bisogno di riconoscimento. E’ l’amore il sentimento e la relazione intima per eccellenza, quello che svela la nostra essenza: ci fa conoscere disarmati e impotenti per quello che siamo realmente; ci mette a nudo di fronte al mondo. Per quello poi la felicità può diventare un vestito da indossare; indossare sul nostro essere vero, senza finzioni.
Quanta fatica però per trovare la spontaneità; quante manovre per cercare conferme alla nostra vita…tante che si preferisce anche l’odio, gli schiaffi e le parolacce pur che l’indifferenza. Quella alla fine è la vera tragedia. Allora vale anche l’apparire ridicoli, stronzi, stupidi; vale anche un Grande Fratello, o una Fattoria, per trovare quello che riempia astrattamente una fame reale: l’amore e la capacità di viverlo.

mercoledì, luglio 19, 2006

Terroristi

- Cosa vuol dire terroristi? Quello che chiami terrorismo è la guerra di chi non ha eserciti, non ha armi potenti o sofisticate; è la guerra di chi ha conosciuto per primo il terrore di quei soldati cosiddetti regolari, con le divise, che uccide al pari e più di noi.
Puoi chiamarci disperati, vigliacchi, crudeli, inumani, ma questa è la guerra. Questo è il modo di lenire l’odio profondo che abbiamo coltivato nel vedere morire i nostri figli, madri e fratelli. Io sono sicuro che se anche tu fossi nato in certi posti, non ti saresti posto il problema di uccidere e morire; tutto è relativo a come e dove vivi…
Così mi parla il palestinese. Io non riesco ancora a comprenderlo. Rispondo così:
- Anche noi in Italia abbiamo avuto il terrorismo: era una frangia che pensava di cambiare la nostra società con la paura e uccidendo personaggi simbolo del sistema che volevano abbattere. Si sarebbe fatta la rivoluzione…pensavano di liberare gli oppressi; pensa, dicevano proprio così. Con il terrore pensavano di costruire una società diversa. Te lo immagini però un ministro di Grazia e Giustizia come Curcio o Moretti, a dispensare sentenze di morte? Li abbiamo sconfitti. Sono stati vinti dalla compattezza del nostro popolo e della superiorità della morale che si è opposta a quegli assassini. Ricordo i figli di Vittorio Bachelet che perdonarono, di fronte alla bara del loro papà, gli uccisori. Pensa, uccisero un uomo cui loro non ‘erano degni di allacciargli neppure i calzari’: per dirla con le Sacre Scritture. Gli italiani amano la pace, il dialogo e finalmente hanno acquisito la coscienza di non delegare a qualcun altro le scelte e il proprio destino: la responsabilità è sempre individuale. Il dialogo e il perseguimento della pace aiutano sempre a costruire il futuro per tutti.
- Tu dici questo perché il tuo futuro non è morire e soggiacere ad uno straniero, ad una cultura e una lingua che non riconosci tua. Come combatti contro questi invasori che portano la divisa di un altro paese? Noi abbiamo la speranza che il nostro agire, limitato e individuale, diventi di tutto il popolo. Ecco che a quel punto, la storia insegna, quel terrorismo di popolo sconfiggerà chi calpesta da straniero il suo suolo. L’invasore ha già perso.
Il palestinese è perentorio.
Posso a questo punto citare Gandhi, la sua grandezza morale con cui è riuscito, aborrendo la violenza, liberare l’India. Posso ricordare l’imperativo del rispetto della vita umana, qualunque essa sia: il precetto di ogni religione e ogni Dio. Ma il palestinese non ascolta più. Altre bombe stanno zittendo le nostre voci, zittiscono anche pensieri ‘alti’. Oggi per lui è tempo di morire, tempo di odio…eppure fra un po’ si capirà che non vincerà nessuno: non vincerà né lui, né gli altri. Forse vincerà un bambino portato via di lì, ed educato nell’amore, all’amore.

domenica, luglio 16, 2006

Sport e Giustizia

Si può in un mondo di tifosi fare giustizia? E’ chiaro che dove c’è il tifo difficilmente si riesce ad esercitare una visione obiettiva dei problemi e delle misure adatte a risolverli; non parliamo poi delle pene da infliggere a chi sgarra.
Qualunque sentenza non andrà bene. Le penalizzazioni di punti? Un affronto. La serie B? un insulto. Le responsabilità oggettive? Non esistono più, i responsabili sono ‘spariti’. Si vuole punire solo i tifosi…facile nascondere gli interessi illeciti, le furberie e il malaffare dietro il tifoso. Ricordiamoci che proprio da quel mondo –di tifosi- poi si è mutuato il tipo di scontro nella politica italiana. Dopo Berlusconi per fare politica, si scende in campo per competere a suon di gol, ma soprattutto di falli, calci di punizione, rigori e fuori gioco; quelli diventano il vero gioco e guai agli arbitri, che si sa sono tutti ‘cornuti e venduti’. Come i magistrati.
Così c’era successo anche di sentire dire che chi aveva avuto l’investitura popolare, con l’elezione a parlamentare, non poteva essere giudicato: valeva più il voto dei cittadini che una sentenza di un’aula di tribunale- anche perché i giudici non venivano eletti dal popolo.
Ancora una perfida lotta di potere che si sposta con l’astuzia di cavalieri, industriali, finanzieri, palazzinari e le loro corti, da questioni di soldi e comando, a questioni di panem et circenses. Tutto qui. Tutto per continuare un andazzo antico quanto il mondo. E lo sport serve. Eccome serve! Voi scannatevi, con i discorsi e le Tv, con il tifo ovunque; quelli, gli altri, hanno in mente di raggirare la giustizia sempre.

sabato, luglio 15, 2006

Nel romanzo ‘Porno’, di Irving Welsh, grazie al suo traduttore Massimo Bocchiola, ci troviamo tutto il nostro parlare conformista italiano, lo scandire delle frasi ripetute. Bocchiola è anche poeta e con licenza poetica si è permesso di re-interpretare tutti i modi di dire, dei luoghi dove sono raccontati i fatti del libro, tra Londra ed Edimburgo. Forse nella sostanza non cambia molto, ma dubito che ‘fuori come un poggiolo’,'attimino', ‘nisba’, ’cioè, voglio dire’,'c'havete','dimmerda','checcazzo', siano tradotti dalla versione inglese. Non ho visto l’originale, ma penso che non ci sia stata una traduzione letterale, quanto un originale adattamento. Una conferma al traduttore-traditore.
Nella lettura di ‘Porno’, troviamo poi tutto quanto è trash, volgare, ed è entrato nel linguaggio comune, quello normalmente parlato: le intercettazioni telefoniche, in questo caso, ci hanno rivelato quanto la volgarità non risparmi nessun strato sociale. Leggendo Massimo Bocchiola, traduttore, mi sembra di sentire parlare Moggi, Sottile o Vittorio Emanuele: contaminazioni gergali che denotano certo comuni frequentazioni.
Diverso è invece Bocchiola quando scrive per sé…qui sembra che non usi il linguaggio della strada per le sue poesie –anche se Sanguineti insegna quanto la poesia debba impregnarsi di quotidianità e il lievito sia quello di una lingua viva in trasformazione, sperimentata nella relazione parlata.
Ecco due esempi di Bocchiola poeta:

la luce
C'era la luce in principio, o piuttosto
un liminare fra il cortile e il bianco
e le ombre di ondulati, scale a pioli
e carri. Oh, l'improvviso soprassalto
a uno sfumare di linee, l'estate
che impallidiva, diventava aritmica
salvo rifarsi come una ranocchia
nell'elettricità del temporale.

il ragno
Macchinalmente tenere ogni filo
del sortilegio infermo, come i ragni
tessevano nell'orto quelle tele
basse nella verdura, che infuocava
Il sole pieno verso mezzogiorno;
e c'era anche un dolore per le strade
sterrate…come invece di abbracciarsi
in capo all'avventura, si perdessero
a una chiusa, frustrando scorribande.
(E i lunghi funerali che fermavano
tutto il paese - osterie, bar, botteghe.)
(Tratte dal sito web: miserabili.com)
Giuseppe Genna, nel recensire il libro di Massimo Bocchiola, Le radici dell’aria’, scrive: ‘una specie di nostalgia del presente, che i diversi tempi della memoria e della storia concorrono a formare. Una nostalgia per questo tempo che costa grande fatica e pare sempre regalato, in mezzo all'assedio degli orrori mondiali, da cui ci troviamo preservati abbastanza, in fondo, ma sentendo insinuarsi in noi stessi il sospetto di complicità. Bocchiola suggerisce, non denuncia (per pudore e per una colpevole gratitudine); lascia capire che - a dire il vero - sappiamo così poco, ed è la nostra vita tutta lì, nel silenzio di quello che diciamo’.
Forse allora Bocchiola come traduttore, non ha tradito: ha solo ridetto le cose di un altro; lui è, in fondo, rimasto fedele tradendo se stesso.

giovedì, luglio 13, 2006

Iraq finito

L’Iraq è finito. L’Iraq come nazione indipendente, e soprattutto democratica, non esiste neppure più come idea. E’ in corso una guerra civile che farà rimpiangere Saddam Hussein; certi popoli e culture pare vivano meglio sotto un sistema poliziesco estremo.
Gli USA hanno fallito due volte e se per loro l’Iraq non si trasformerà in un Vietnam, sarà pur sempre una sconfitta; oltre che la perdita di autorevolezza su tutto il mondo arabo.
Quello che sta succedendo in Libano è il risultato di una politica sbagliata di Bush e dell’america conservatrice. Pensare che un po’ di democrazia d’esportazione, innesti circoli virtuosi positivi in Medioriente è stata una grande illusione. Insieme la conferma che la democrazia si può conquistare con le armi in Europa ed in altri stati del mondo, ma non dove non è mai stata conosciuta e, al di là di un voto segreto e libero, non rappresenta niente. La democrazia è qualcosa di più: è consapevolezza di diritti e doveri; è partecipazione alle scelte per risolvere problemi comuni…è libertà anche di costumi.
L'Iran è il vero vincitore della partita giocata in quella zona. Teheran ha tutti gli strumenti per rafforzare la propria influenza su molta parte del mondo arabo e può ragionevolmente progettare di cacciare a pedate gli Stati Uniti. Ora si rivolgeranno tutti ad Ahmadinejad per accettare un compromesso sul nucleare e sulla ridefinizione della politica mediorientale. Il momento è tragico e buona parte della responsabilità è ancora degli Usa e di Bush; possiamo solo sperare, che quel cowboy, non ci trascini in una nuova guerra mondiale.
La soluzione armata ai problemi ne crea di nuovi e più forti, carichi di odio e morti. Israele, forse conoscendo i suoi vicini, che pare ascoltino solo la repressione violenta, si fa prendere da i suoi antichi precetti di un Dio di vendetta: occhio per occhio, dente per dente. A noi disarmati spettatori non resta che pregare quel Dio nuovo, tanto nuovo che non ha ancora convinto quelli a cui ha donato la vita: il Dio d’amore.

martedì, luglio 11, 2006

Famiglie oggi

‘No alle coppie omosessuali’, che il Papa dicesse qualcosa di diverso mi sembrava impossibile: come se dicesse sì al divorzio o sì ai rapporti sessuali fuori da matrimonio. Quello è un precetto dottrinale e morale giusto per chi ha fede e crede; ma la legislazione civile, che riguarda tutti -credenti e no- deve prevedere, come la legge sul divorzio e quella su l’aborto, una regolamentazione che disciplini e preservi i diritti, la libertà e la dignità di chiunque cittadino.

Insomma, se uno vuole divorziare o convivere con una persona dello stesso sesso dovrebbe essere libero di farlo: non dovrebbe offender nessuno né tanto meno chi vive in famiglia, che si sa è il posto più bello per viverci, quanto il più infernale quando non funziona più: è assodato che i peggiori crimini maturano spesso in ambiente familiari, ma questo si ricorda poco.

Intanto l’Istat, proprio oggi, 10 luglio 2006, ci ricorda che il 99,4% della popolazione italiana vive in famiglia: i 58.751.375 residenti in Italia vivono in 23 milioni e 600 mila famiglie; quindi ogni famiglia è composta in media da 2,5 persone. Solo lo 0,6% di abitanti vive in convivenze anagrafiche (caserme, case di riposo, carceri, conventi, ecc.). Quali paure abbiamo?

E’ invece negativo il saldo della popolazione: nel 2005 sono stati più i morti che i nati, -13.282. Ci salva però l’incremento degli emigrati che con l’arrivo in Italia ha portato ad aumentare dello 0,5% gli abitanti con 289.336 persone in più rispetto al 2004. Ci sarà paura anche dei matrimoni misti?

Lasciate liberi d’amare chiunque: i frutti e i benefici positivi si svilupperanno. Non sarà certo un divieto religioso a fermare il bisogno d’amore e affetto.

Se qualcuno paventa la famiglia in crisi non lo è certo per colpa dei Pacs, che ricordiamo sono un acronimo che significa Patto Civile di Solidarietà. La Chiesa cattolica ha tutto il suo diritto di fare la sua propaganda e richiamare i ‘suoi’ fedeli; ma l’Italia, il suo Stato e le sue leggi non sono fatte per servire i fondamentalismi religiosi, la morale di qualcuno, contro qualcun altro, ma per aiutare tutti i cittadini a vivere in pace e cercare la propria felicità.

venerdì, luglio 07, 2006

Il più pulito ha la rogna

Come gli esami, di eduardiana memoria, anche gli scandali non finiscono mai. Appena insediato il nuovo governo Prodi, ecco affiorare gli scandali sul Calcio, quello sulle concussioni sessuali, sui Monopoli, su un discendente dell’ex dinastia regnante…che ha riaperto indagini anche sul cosiddetto Laziogate (scandalo su elezioni e sanità nella regione governata da Storace), per arrivare a quello del Sismi- i nostri servizi segreti militari.
Anche qui i personaggi che troviamo, a cui è affidata la sicurezza nazionale dei cittadini e delle istituzioni, è davvero incredibile: abbiamo un generale comandante Niccolò Pollari, un direttore di divisione Marco Mancini, un professore addetto alla disinformazione, Pio Pompa ed un giornalista, Renato Farina, vice direttore del quotidiano ‘Libero’, che fa l’informatore e il depistatore mediatico su commissione, nominato in codice, fonte Betulla. Visto i nomi e la storia ci sarebbe da fare, non un thriller ma, una commedia all’italiana. Invece per il fondo tragico che fa intravedere un attentato alle regole democratiche, si tratta di un dramma, per cui bisognerà affidarci ad un repulisti radicale.
Innanzi tutto spero che quel Farina abbia il buon gusto di cambiare mestiere e di non giocare più all’agente spione. Quel Pio Pompa, l’eminenza grigia delle trame e dei dossier diffamanti, mi auguro sia processato presto insieme agli altri capi agenti segreti militari.
Tutto nasce per aver permesso il rapimento da parte di un cittadino egiziano indiziato di terrorismo, sul nostro territorio, da parte della CIA. Insomma si è dato concretezza a quello che si pensa e non dovrebbe essere: l’Italia una colonia degli USA, una sovranità limitata dagli interessi ‘superiori’ americani.
Dietro poi si viene a scoprire altri affari sporchi, giochi di potere in favore di una parte politica. Altre brutte pagine di storia patria. Altre trame oscure italiane, che confermano il detto popolare: in certi ambienti, il più pulito ha la rogna.

lunedì, luglio 03, 2006

Corporazioni

Le corporazioni per loro natura sono contrarie sia allo spirito liberale e a quello socialista. Nate come associazioni, in un lungo percorso storico, si sono trasformate in un patto sindacale che regola autonomamente e difende i lavoratori di uno specifico settore. Le corporazioni hanno una origine antichissima; nate sotto l’impero romano, si consolidarono nel Medioevo con le prime corporazioni di arti e mestieri. L'ingresso nelle corporazioni era regolato da precise condizioni: essere figli legittimi di un membro della stessa arte, dare prova della propria abilità artigiana e pagare una tassa.
Nel 1844 in Piemonte scomparirono le corporazioni a causa dei vincoli che esse ponevano ad ogni ipotesi di libero commercio (incompatibilità con ideologia liberista) e nel 1848 sull'onda delle libertà concesse dallo Statuto albertino, delle trasformazioni economiche e dei nuovi sviluppi industriali, che misero in difficoltà i mestieri e le lavorazioni tradizionali. In Italia date importanti per la ripresa delle corporazioni sono l’atto fondamentale del regime fascista, datato 21 aprile 1927.
Il fascismo con l’istituzione dello Stato Corporativo, le porta a sistema giuridico con un comitato centrale costituito da 22 corporazioni…il fascismo si prometteva con ciò di dichiarare chiusa la stagione liberale, superato il capitalismo e la conseguente lotta di classe. Non dimentichiamo che anche la Massoneria trae origine dalle corporazioni, in particolare da quella dei Muratori; sarà forse per questo che non si riesce a smantellarle?
Finalmente il governo Prodi inizia con il suo ultimo decreto, anno 2006, una grande rivoluzione liberale.
Il lavoro che occorre fare è spiegato molto bene nel libro di Francesco Giavazzi: Lobby d’Italia, edito da Rizzoli e in libreria dall’ottobre dello scorso anno. ‘Non si può chiedere ai tacchini di festeggiare Natale’, sostiene Giavazzi e quindi bisognerà mobilitare tutti i cittadini, vessati da questi interessi corporativi che fanno aumentare i prezzi dei servizi di circa il 7%. La sfida è appena iniziata e alla fine, se il governo riuscirà a concluderla, staremo meglio tutti. Sia di destra che di sinistra. Bisognerà insieme diminuire anche i costi della politica; non ci possiamo permettere che continui pure la lobby dei parlamentari, dei consiglieri regionali e di tutti i furbetti che alzano la mano ad ogni ‘bonus’ e aumento di stipendio, loro. Così, forse, ci sarà la fine di un’era- insieme al berlusconismo, anch’esso illustre portatore di corporazioni; vedi le leggi ad personam e la detenzione di concessioni televisive e pubblicitarie per legge: il famoso duopolio. Forza Italia vera. Viva la libertà.

domenica, luglio 02, 2006

Incontro con Francesca Romana Capone

Mercoledì scorso ho presentato due libri ed insieme una giovane autrice: Francesca Romana Capone. Avrebbe dovuto essere presente all’incontro anche un’altra scrittrice, Patrizia Chelini, ma un impedimento gioioso l’ha trattenuta a Roma. Spero ci sia un’altra occasione. I libri sono due opere molto originali: ‘Quello che non ti ho detto’ e ‘Continua a parlare’; due libri editi da Baldini e Castoldi, Dalai. Facile, attraverso i titoli, l’accosto al tema della parola ,ma fuori di questo i due libri trattano argomenti diversissimi: quasi opposti. C’è un non detto che non abbiamo la possibilità di dire perché non abbiamo di fronte la persona a cui dirlo e soprattutto vorremmo ascoltare. Per quello gli diremmo ‘Continua a parlare’…Chissà se poi ci dirà quello che non ha mai detto. Ho giocato anch’io sulle parole, ma per l’occasione devo dire che la cosa bella è stata la conoscenza di Francesca che si è rivelata una autrice sensibile, curiosa, attenta e impegnata nella scrittura con uno slancio davvero genuino. Poi lei è una grande lettrice e questo conferma che non ci si improvvisa scrittori ma ‘dietro’ occorre una grande preparazione che solo la lettura può fornire. In bocca al lupo Francesca, meriti di essere conosciuta e apprezzata perché il tuo libro sa muovere delle corde dell’anima che innestano un percorso di crescita spirituale: una consapevolezza alla struttura dei sentimenti intimi.
In fondo è questo che ho detto alla sua presentazione, anche se ho un po’ ‘tergiversato’ e ‘girovagato’, sulla letteratura in generale.

lunedì, giugno 26, 2006

Italia politica del NO

Finalmente una giornata calda di sole e di buone notizie. Dico la verità, non mi aspettavo una vittoria del NO così netta: 61,7 contro 38,3 alla prima ‘porcata’ di Calderoli -la seconda che ha fatto è stata la legge elettorale. Ricordo quando alla approvazione della cosiddetta ‘devolution’, il ministro della Repubblica italiana, Castelli saltava gridando: ‘Chi non salta, italiano è’. Ora esultano tutti, esulta la maggioranza di italiani che lo sono fino in fondo: forza Italia; Italia vera.
Oggi 26 giugno 2006 l’Italia può ripartire verso una fase di riforme, che non siano la sfida di una parte politica sola per umiliare l’altra. Abbiamo bisogno di snellire le decisioni legislative; di ridurre gli sprechi di un Parlamento pieno di privilegi e che interviene su norme che devono essere decise dalle istituzioni regionali. Abbiamo bisogno, per fare questo, di unità. Abbiamo bisogno di una nazione unita dal sud al nord: una alleanza nazionale; una alleanza vera.
Che bello sapere che Milano, Mantova, Venezia, Bolzano, Trento, Torino, Aosta, Gorizia, Trieste, Genova…tutte le grandi città del nord Italia, hanno dato una risposta decisa per il NO alla separazione; al prevalere dell’egoismo che si richiude in una lega di interessi corporativi. Viva la cooperazione: viva la lega della solidarietà; una lega del nord vera.

venerdì, giugno 23, 2006

Voto NO- Un voto per rigettare una 'porcata'

Allora è arrivato il momento per cancellare la prima ‘porcata’ di Calderoli…ricordate la seconda, fu la legge elettorale. La ‘porcata’ fatta con il contributo di altrettanti ‘saggi’ riuniti in una baita a Lorenzago è una accozzaglia di norme che in nome di una cosiddetta ‘devoluzione’, poi dà tutto il potere ad un Primo Ministro che a suo parere fa e disfa il Parlamento.
Domenica e lunedì fino alle 15 abbiamo la possibilità, votando NO, di ributtare indietro tutta la brutta e cattiva cultura politica, che vuole in nome di un piccolo gruppo di secessionisti tenere in scacco la maggioranza dell’Italia unita.
Allora NO a Calderoli, Borghezio, Berlusconi, Fini, Casini, Bossi, Gasparri, La Russa e tutta la compagnia di sfasciacarrozze.

martedì, giugno 20, 2006

Intercettazioni

Le intercettazioni telefoniche dimostrano, se ce n’era bisogno, quanta grettezza, ignoranza, di sottocultura del potere, di furbi e imbroglioni, ci sia in certi ambienti italiani. I personaggi del calcio, della politica, della finanza, della cosiddetta ‘jet society’, sono accomunati da un unico linguaggio: la volgarità, la prevaricazione, il malaffare e i soldi; ancora soldi, sempre i soldi e tanti.
Eccoli serviti i VIP. Dopo questi scandali ci sarà ancora qualcuno che brama di vederli? Rincorrerli? Imitarli? Invidiarli? Certo che questi personaggi poi guidano anche le crociate contro la delinquenza, contro gli immigrati, contro i comunisti, contro i coglioni…accidenti; scusate, mi sono fatto prendere anch’io dal lessico usato da questi ‘galantuomini’, di grande levatura intellettuale. E’ tutto detto.
Ma cosa dobbiamo fare? La società è questa e, noi pare, ci siamo dentro fino al collo. Però cerchiamo di restare in disparte con i nostri piccoli interessi; quali: la lettura di un libro, il coltivare una amicizia appena nata, ascoltare un concerto, fare un po’ di volontariato procurandoci un sorriso, andare al cinema, inseguire un amore, andare anche al mercato o organizzare una cena e parlare di noi. Insomma, tutte quelle piccole cose che danno qualità alla vita, la fanno apprezzare e scorrere, con l’unica ansia di vederci e volerci sempre bene.
Forse c’è solo questo da fare; stare tra di noi: gente dignitosa, gente umile che sogna e sa sognare. Non fortune da spendere a puttane, non poteri forti per infinocchiare il prossimo, non vite da esibire su qualche palco…noi sogniamo solo di costruirci, con volontà, una rete di affetti veri e di bontà. Provate ad intercettare noi: tutta un’altra realtà.

domenica, giugno 18, 2006

Ogni tanto mi capita di scrivere...una poesia?

Non so se è poesia, ma che importa
Non dirmi che ami i poeti, non ci credo
Avrebbero troppe cose da dirti, e tu non vuoi
Tu non vuoi ascoltare, hai da dire tu
Quello che scrivo io, vale per quel che vale
E poi che noioso è il poeta, meno la poesia
Non so se è poesia, ma se l’ascolti capirai