mercoledì, novembre 30, 2005

Valeria ha messo le ali


Si è fatta leggera Valeria, è diventata magra, sempre più sottile, si è sottratta ai nostri abbracci. Valeria ha messo le ali. Valeria è volata via.
Ora sono sicuro ci osserva serena, osserva noi che ci disperiamo, piangiamo per lei. Ma cosa di diverso possiamo fare?
Valeria se ne è andata, ma prima ha detto che voleva essere ben vestita, pulita e con la foto dei suoi due bambini posata in grembo. Così vuole che sia quel corpo che l’ha tradita. Valerina ha messo le ali.
Ci ha lasciato qui ancora per un momento. Noi ora piangiamo, ci disperiamo per lei. Ma cosa di diverso possiamo fare?
Valeria ora ci guarda con occhi diversi. Valeria è tornata nel cuore di mamma Elena; poi gioca con i suoi bambini, Rebecca e Federico. Poi ride nascosta da qualche parte. Lei, Valeria, ora lo può.
Ma noi piangiamo. Ma cosa di diverso possiamo fare?
Siamo noi che ti abbiamo perso…tu invece ci stai ad abbracciare.

Valeria è una mia nipote che stasera alle 19,15...è volata via. Questo è il mio post più triste da quando c'è 'sto blog.

martedì, novembre 29, 2005

I sogni del giudice Navarra

I sogni del giudice Navarra di Michele Marchesiello, edito da De Ferrari, ha avuto una presentazione d’eccezione al Nouvelle Vague,con gli interventi di Edoardo Guglielmino, Adriano Sansa e Franco Manzitti.
Ad introdurre la serata è stato un Edoardo Guglielmino in grande forma, che ha descritto il libro come uno strumento ricco di elementi utili per analizzare la condizione dell’uomo di oggi e riflettere in modo profondo come migliorarla. «Tutto è stemperato in un saggio narrativo e ‘l’odio è una pigrizia dell’anima’, così è scritto nel libro, dove la tessitura verbale fa esplodere una comunità gioiosa, la voluttà e se possibile la verità…». Guglielmino invita così a leggerlo e rileggerlo per riuscire a trovare noi una giusta collocazione ad un libro senza trama.
E’ toccato poi ad Adriano Sansa che, come collega e amico, ha ricordato come Marchesiello fosse sempre stato considerato il meno giudice tra i colleghi, per i suoi più vari interessi, ed invece ora lo trova a proporre i sogni da giudice. Per Sansa le storie di Marchesiello nascono da vicende personalissime, ma lo spunto non vale per caratterizzare la letteratura del libro: un libro di gusti, di capacità di aderire alle cose, alle immagini, con grande qualità letteraria. La capacità di Marchesiello è per Sansa, quella di indicare e mozzare il dito; concepire e mutilare, far diventare l’inquietudine angoscia…chi non ha sognato la sera di Natale? Per Sansa è un sogno ricorrente, che fa chiedere ad ognuno come vive la propria coscienza. « La cultura ci aiuta ad apprezzare la vita, ci dà qualità, ma poi arriva anche il tormento che lascia dubbi e patimento. Il giudice vuol dare ordine, regole, norme che rassicurano, ma Marchesiello ci riserva l’inafferrabilità della verità. Trovo molta autobiografia; i contorcimenti sono avvertibili nella scrittura e nella posizione esistenziale».
In ultimo Manzitti dice che dopo Guglielmino e Sansa ha difficoltà a esprimere una opinione; quindi cercherà, con la perversità della sua professione di giornalista, di vedere nei sogni di Marchesiello una via di fuga. Chi lavora con la legge oggi ha bisogno di scappare dalla realtà. Cosa c’è nel libro? Un modo per esternare una realtà diversa? Liberare i sogni è importante ma quanto è sogno e quanto confessione? Manzitti ricorda di avere incontrato la prima volta Marchesiello da giovane cronista e che lo colpì la sua serenità e…il basco. «C’è nel libro la solitudine del giudice, ma soprattutto il dubbio non risolto tra il sogno e la confessione».
Una trasposizione teatrale del racconto ‘Interrogatorio’, a cura di Pietro Barbieri e Luca Rinaldi, ha chiuso la serata di presentazione con Michele Marchesiello commosso per tanta stima e simpatia.
Un mio personale appunto è che in verità il giudice Marchesiello dall’analista non c’è mai stato; allora si accorgerebbe che quell’io, che lui evoca capace di dirigere i sogni, è solo una sua fantasia. In analisi qualunque io sarebbe ridotto, se non cancellato ed i sogni ci aprirebbero alla nostra vera essenza. Ma poi chissà che non sia lo stesso libro una autoanalisi?

lunedì, novembre 28, 2005

Un libro per la storia

Questa sera hanno parlato del libro 'Non mollare (1925)' edito da Bollati Boringhieri alla Portoanticolibri di Palazzo Millo, Matteo Lo Presti, Pietro Lazagna e Roberta Pinotti. E’ stato un incontro ricco di riflessioni. Lo Presti- Circolo Culturale Voltaire- partendo dai personaggi della foto di copertina del libro, nell’ordine: Nello Torquandi, Tommaso Ramorino Carlo Rosselli, Ernesto Rossi e Nello Rosselli; ha tracciato un quadro dell’epoca e rimarcato la forte attualità del loro pensiero. Quei protagonisti, da soli sono in grado di riscattare tutte le brutture di quegli uomini che si avviavano a portare l’Italia verso il disastro. Essi rappresentano una umanità ed un’etica che getterà le basi per una società rinnovata. Lo Presti ha ricordato in particolare Gaetano Salvemini, loro maestro e Gaetano Pilati, muratore, mutilato della Grande Guerra e intellettuale insieme. “Non vorrei che questi uomini fossero sottoposti a qualche corso revisionistico tanto di moda oggi: loro vanno bene così, come ce li descrive magnificamente questo libro”. Così ha concluso Lo Presti passando il microfono a Roberta Pinotti.
Per la parlamentare diessina Pinotti, il libro fa comprendere tutta la drammaticità delle difficoltà e dei rischi, per stampare e diffondere questo semplice foglio che sintetizza nel titolo ‘Non mollare’ tutta la sua portata storica: con il passaparola e con l’informazione coraggiosa riuscirà a smuovere diverse coscienze. ‘Non mollare’ renderà noto, unica stampa, il memoriale Filippelli, dove si racconta come avvenne l’uccisione di Matteotti e chiamando in causa Mussolini. Pinotti ricorda anche la moglie di Pilati, che fino all’ultimo lottò per avere giustizia dell’assassinio del marito. Nel libro c’è il racconto dell’intrusione in casa dei fascisti e dell’uccisione di Pilati davanti al figlio piccolo. “C’è nel libro il racconto di una umanità forte dalla moralità rigorosa; bisogna diffondere la lettura di questi libri ai giovani”.
Concludendo Pietro Lazagna- docente dell’Università di Genova- traccia la peculiarità fiorentina di questo gruppo di audaci, che da soli passarono all’azione con questo bollettino. “Bisogna che gli scogli storici, dove si costruisce e ricama, siano oggetto di riflessione per conoscere meglio la realtà: dove era l’opposizione in quegli anni? Dove a Genova? Nessuno sa niente; sono storie che scompaiono nella vulgata”. Lazagna dopo queste parole, ricorda i pochi genovesi, quasi tutti preti, che organizzarono qualche accenno di antifascismo…”a Firenze –dice Lazagna- operò una elite, a Genova gli intellettuali sono pochissimi; qui c’è la classe operaia e allora le azioni si trovano nelle fabbriche, nel ponente operaio”…
In ultima analisi tutti concordano che questo libro sa trasmettere una valenza etica che riempie di rabbia. Un invito a tutti a diffonderlo tra i giovani per conoscere pagine di storia da non dimenticare mai.

sabato, novembre 26, 2005

Dedicato al poeta e amico Enrico Carrea

Ci vuole coraggio oggi ad essere poeti. Ci vuole arditezza nel trovare la rima baciata. Ci vuole molta capacità per trovare la bellezza e conservarne ogni volta lo stupore. Ci vuole la mancanza di giudizio e tanta nudità per trovare una poesia. Enrico Carrea ha tutto questo. Ad Enrico Carrea è bastata una ‘Notte insonne’ a farci credere che c’è qualcosa d’immortale: è una poesia dalle parole semplici e antiche che parlano lo stesso linguaggio uguale di sempre; parlano d’amore e della voglia d’amare. Parlano di noi e dell’impersistenza.
Poi lo dico io, che di poesia ne so. Lo dico io e sembro sfrontato; ma sono un poeta perché ho sentito queste poesie. Ho letto le sue e scritte le mie. E sì, siamo aggrappati tutti ad una stessa corda. Così cantiamo al culo e alle tette, parliamo agli amici e alla morte. Così quando arriva la poesia tu, insieme a me, la riconosci e ti meravigli. Ti meravigli come un bambino che scopre quello che c’era sempre stato. Abbiamo voglia lo stesso di raccontarlo. Sappiamo che poi saranno poeti con noi, tutti quelli che già lo sanno.
Questi pensieri sono nati per la mia conoscenza con Enrico Carrea: un poeta che ci sa svegliare dopo una sua notte insonne. Come nella tradizione popolare la poesia arriva di notte, arriva a tenerci svegli, a vivificare ricordi e sentimenti sopiti; per questo penso che ‘Notte insonne’ sia il titolo giusto per il libro di poesie di Enrico Carrea, edito dalla Fratelli Frilli Editori.

domenica, novembre 20, 2005

Oggi ho visto: Crash - Contatto fisico

‘Su avanti, fuori tutti, scendete…questa è l’america’, queste sono le ultime parole del film ‘Crash-Contatto fisico’; le parole vengono rivolte ad un gruppo di asiatici clandestini che approdano nel ‘nuovo mondo’, il nostro. I clandestini arrivano nella nostra realtà come sopraggiunti da un passato remoto e quella, raccontata nel film, è l’america dove ci troviamo tutto e tutti. Los Angeles, dove si svolge il film, è una città che contiene il mondo: l’america intera di oggi con i problemi di coesistenza, tra paure e fiducia, tra identità e sradicamento, tra riserve e incomprensioni. Un film che riesce a trasmettere emozioni forti su un tema sempre d’attualità, il razzismo e la vita in una grande città.
Protagonista, del film, è una comunità cosmopolita, come si può trovare ormai in ogni grande città del mondo. Quello che, Crash –Contatto fisico, racconta sono due giorni ‘normali’; due giorni di quotidiana follia esistenziale: rapine, giustizia, politica, sentimenti, sopraffazione, paure…con un mix di personaggi assunti come studio antropologico. Le varie storie si intrecciano con l’incontro tra i vari protagonisti intenti a risolvere le loro idiosincrasie quotidiane, i loro problemi di sopravvivenza e di vita. Quante volte ci incontriamo inconsapevoli nelle nostre città?
Ho sempre pensato che nessun incontro avviene per caso e questo film, come altri dove capita che si intreccino le storie, li descrive come necessari a rivelare la nostra natura: a metterci alla prova nei pregiudizi e nelle supponenze.
Ho sempre pensato ad un ordito disegnato da uno Spirito superiore: il film ne traccia una trama temporale breve ma significativa: possiamo farne coscienza?
Il film mi è piaciuto e dimostra, alla cinematografia mondiale, come si possa sempre continuare a fare grande cinema anche con mezzi economici modesti. Io lo raccomando.

giovedì, novembre 17, 2005

Oggi ho aggiunto al mio blog i commenti

Finalmente. Scusate ma lo avrei fatto prima se ci fossi riuscito. Ho dovuto capire prima bene i 'tag', i comandi da inserire. Purtroppo non entravano mai in automatico e allora ho dovuto fare l'operazione manualmente. Ora aspetto i commenti se qualcuno vorrà lasciarli.

Bacci sul lettino dello psicoanalista

Bruno Morchio psicoterapeuta e scrittore, si è trovato costretto tra uno psichiatra, Gianni Guasto, ed un psicoanalista, Romolo Rossi. Ad organizzare il gioco pericoloso –per lo scrittore ed il suo personaggio- è stato Andrea Guglielmino della Libreria Portoanticolibri di Palazzo Millo. L’incontro è stato ricco di spunti e di piacevoli digressioni. Gianni Guasto ha introdotto, o meglio ha fatto accomodare Morchio sull’ipotetico lettino, ricordando a tutti che Romolo Rossi è stato il loro ‘professore’ ed era uno che ‘sapeva tutto’, non lasciando scampo a nessuno. Con Rossi non si aveva mai la meglio; a questo però si accompagnava la riconoscenza nello spronare allo studio e di puntare in alto.
Romolo Rossi è stato il primo psicoanalista genovese e, grazie alla sua statura culturale, la sua materia è diventata una importante disciplina universitaria. Per Bacci Pagano e il suo autore un esame alquanto insidioso. Tutto alla luce dell’uscita del suo ultimo libro: ‘La crêuza degli ulivi’, per la Fratelli Frilli Editori.
Romolo Rossi ha esordito dichiarandosi un appassionato lettore di Bacci Pagano, anche perché ha sempre lavorato, studiato e abitato a Genova. Il primo abbozzo è un complimento a Morchio, che come scrittore ha fatto bene a dimenticare la psicoanalisi. Altro merito è quello di essere riuscito a fare di Genova uno sfondo per belle storie gialle, che per la sua natura irsuta e paesana non si immaginava. San Francisco è San Francisco, Los Angeles è Los Angeles, ma con Bacci Pagano che ci porta in giro, Genova è Genova. Genova come Chicago. Poi Bacci parla genovese e oggi pochi parlano genovese, ma qui bisogna essere chiari: o belin o minchia; o scazzo o rebigo…Bacci Pagano è ambivalente; intanto deve sceglier tra una ricca cucina parigina e una povera cucina genovese. A proposito come si fa a bere lo spumante Ferrari con il Cappon magro? Sarebbe stato meglio un vermentino o un pigato. Bacci ha l’aplomb ed ha il dente avvelenato; è ironico e sempre lamentoso. Bacci con le donne pasticcia. Bacci ama le donne e le donne non lo amano. Bacci è ligio al super-io e tanto borghese da diventare intellettuale di sinistra, così diventa rabbioso e anche politico. Rossi ricorda allora quel passaggio in cui si dice ‘cum’an bumbardou ben’. Falso. «Bacci sbaglia: nel 1941 gli inglesi non hanno bombardato i tedeschi ma gli italiani. A Genova. Noi».
Le ambivalenze continuano, però Morchio riesce con Bacci Pagano a ricomporre la scissione smascherando la recita della vita.
Rossi continua: «Però, ‘se io fossi lui’, cercherei di evitare gli schemi fissi e quell’ironia che fa diventare ‘macchiette’ certi personaggi. Ma il libro è uno strumento anche per cantarle a qualcuno e questa è una libertà».
Poi Rossi dichiara di essere demodè, un lettore all’antica, e dire ‘stronzo’ fa cadere molti vocaboli: infido, cattivo, infame, sporco…eviterebbe la brachilogia.
Per concludere Rossi auspica che il libro possa essere tradotto in 10 lingue diverse così da essere letto nel mondo. Però dovrebbe essere ripulito, sprovincializzato: dalla politica italiana intanto, dalle beghe nostrane. Cosa può interessare agli americani dei comunisti di Sestri? Bacci ripulito andrà bene a Boston. Un Bacci meno moralista e senza prediche dunque.
Rossi appare impietoso, ma è il suo mestiere. Morchio incassa. «Devo ammettere che riconosco le critiche di ambivalenza di Bacci, ma è una sua caratteristica. E’ quello che lo porta a soffrire; lui è la chiave del suo successo: uomo tormentato e tormentoso. Questo è il suo lavoro. Poi 5 anni di galera fatti ingiustamente è la spiegazione della sua rabbia. Bacci è lui perché beve quello che beve. Non lo vedo bere Dom Perignon. I comunisti di Sestri meriterebbero un libro solo per loro stessi. Però…quella del bombardamento del ’41 è grossa. Altro che tedeschi. Cercherò di rimediare nella ristampa. Bacci poi si identifica nei barboni, nei deboli, nei perdenti e con lui si raccontano storie di esistenze di altri protagonisti, più che lo svelare il mistero di un assassinio. Buoni e cattivi e rigidità schematica? C’è ma ad esempio salvando un chirurgo di Forza Italia l’ho superata».
Buona fortuna Bacci, ora puoi alzarti e sentirti dopo l’analisi più forte. Una bella seduta.
Bacci Pagano è il detective privato genovese protagonista di tre libri di Bruno Morchio. Bruno è anche un mio caro amico.

domenica, novembre 13, 2005

A che gioco giochiamo

Fondamento delle relazioni umane è trovare carezze, riconoscimenti positivi, ma sovente ci si accontenta anche di un pugno o di un insulto piuttosto dell’indifferenza. Così, tribunali, pronto soccorso, questure, ospedali sono i luoghi dove molto spesso si concludono i giochi relazionali negativi. Eric Berne aveva elencato in modo magistrale, con il libro “A che gioco giochiamo”, tutti i giochi che le persone usano per giungere al ‘tornaconto’, ad un riconoscimento della propria esistenza.
Ognuno si rapporta con gli altri recitando un copione; recita una parte, un ruolo per farsi riconoscere e con questo ricevere la conferma d’esistenza. Che strani animali sono gli umani, oltre che riconoscersi attraverso un specchio hanno bisogno che gli altri dicano che ci sono e come. E’ la fragilità, il camminare sul sottile sentiero tra la terra e il cielo, tra Dio e il mare, a darci il bisogno di conferme a sentirci vivi.
La maggiore conferma d’esistenza è e rimane l’amore. E’ con l’amore che viviamo e ci sentiamo parte dell’universo. Con l’amore, per paradosso, non sentiamo neppure più il bisogno di esserci perché ci perdiamo nell’altro: viviamo un abbandono intimo che ci appaga…eppure si continua a mascherare con recite, dal copione drammatico, questo bisogno d’amore. Chiamiamo ‘amore’ chi ci picchia, ci odia, ci umilia e poi vittime e carnefici, o salvatori e persecutori, diventano ruoli interscambiabili per giocare alla vita: la vita che non c’è. La vita senza amore.
Allora via i principi azzurri e le cenerentole, via le belle addormentate e i cavalieri, via le brave mogli o le infermiere, via i bravi papà o i play boy, proviamo a dare voce alla nostra spontaneità, la nostra ingenuità -che è sospendere il giudizio- e lo stupore…così troveremo l’incontro con l’altro senza recite e ruoli ma con il solo amore.

venerdì, novembre 11, 2005

Darwin sempre attuale

Charles Darwin è sempre più d’attualità e chi lo contesta, come ha sostenuto Enrico Bellone durante una conferenza su la scienza negata, vuol dire che pensa che la Terra è ancora piatta.
Ricordate? Copernico con Galileo diede la prima mazzata alla centralità dell’uomo nella natura, quando disse che la Terra girava intorno al sole e non viceversa; di più poi il sole girava attorno a qualche altra stella di una galassia, che non era la sola. L’ultima mazzata alle certezze dell’uomo la diede, come si sa, Freud quando accertò che non siamo padroni di niente; men che meno di quello che pensiamo. Quello che noi pensiamo e facciamo è solo in piccola parte frutto della nostra coscienza, ma è prodotto dall’inconscio, la parte sconosciuta di noi stessi. Darwin intervenne a metà dell’800 per dimostrarci che non siamo stati fatti ex novo, da un Dio, ma siamo il frutto di una lunga evoluzione animale, che non è conclusa ma è in continua trasformazione, dettata da adattamenti alle condizioni ambientali.
Questa è una verità che rilancia l’assolutismo della vera scienza, alla faccia di Ratzinger e Pera che si scagliano contro i relativisti. Relativisti sono loro, proponendo di insegnare nelle scuole una teoria creazionista a bilanciare quella di Darwin. No, non sono la stessa cosa.
Con ciò, relativisti e cultori del politically correct non sono affatto avversari del potere clericale. Viceversa, come sostiene Jervis nel suo libro, ‘Contro il relativismo’, finiscono per “incoraggiare quei dogmatici che oggi si oppongono al relativismo non già nel nome della realtà, ma nel nome di soggettive convinzioni di fede”. La vera differenza è allora essere non assolutisti ma fondamentalisti e questi neocon lo sono al pari di certi islamici.
Charles Darwin ci dimostrò i nostri limiti fisici, le nostre innumerevoli tare di passate condizioni iscritte ancora nel nostro corpo. Forse quei limiti sono scritti anche al nostro pensiero, che è la cosa più fantastica a cui è approdata finora l’evoluzione. Sembra che da un certo momento in poi l’evoluzione sia certificata dallo strumento che permette il pensiero, ossia il cervello; infatti, la sua stratificazione è la parte fisica che più di ogni altra cosa testimonia l’evoluzione della specie.
La complessità di questo organo fisico è la vera e forse unica discriminante dagli altri animali superiori: i primati. Pare che nel futuro si evolva e si modifichi solo il cervello. Ma è lo stesso cervello che come un potente registratore di fatti, emozioni, conserva tutta storia passata; diventa un archivio grandissimo di vita attraversata, in maniera di dotarci di adattabilità ad ogni nuova situazione.
Ma intanto si aspetta ancora che Darwin venga reintrodotto nelle scuole.
Forse per molti si è bloccata anche questa evoluzione.

lunedì, novembre 07, 2005

Occasione persa

Che peccato! mentre per tutte le altre scienze, presentate al Festival della Scienza di Genova, c’è stato finora un approccio teoretico piano, una divulgazione capace di interessare non annoiando tutti, per la psicoanalisi è andata persa una occasione. La conferenza dal titolo attuale e di grande interesse, quale la psicoanalisi e la guerra, a mio parere è stata svolta in modo sbagliato. Non certo per la preparazione dei conferenzieri, ma per come hanno trattato l’argomento: c’era scritto da 16 anni in su, ma con il ricorso ad un linguaggio fin troppo specifico della scienza psicoanalitica, hanno toppato.
Un elemento di disturbo è stata anche la lettura degli interventi da parte di Eugenio Gaburri e Jole Oberti. Schinaia ha introdotto benissimo e il primo intervento, fatto dall’unico non psicoanalista tra i presenti, ovvero lo storico Antonio Gibelli, è stato bello. E’ seguito dopo l’intervento di David Meghnagi e le sue riflessioni, partendo dalle considerazioni dello storico, sono state un motivo che ha coinvolto tutti: ‘Come insegnare ai nostri figli a non odiare, come posso farlo io che vivo in un paese (Israele) dove si può morire prendendo un autobus?’
Purtroppo non c’è stato quel crescendo di interesse che ci si aspettava, proprio per la lettura degli altri interventi e il troppo specifico linguaggio adoperato.
Alla fine è stata unn’occasione persa e non per lo spessore culturale dei protagonisti, ma per il loro approccio. In questo caso sarebbe stato interessantissimo dare la parola al pubblico subito e fare rispondere gli psicoanalisti. Io credo nella scienza psicoanalitica, mi dispiace molto che questa volta non sia stata all’altezza delle altre per la divulgazione.

mercoledì, novembre 02, 2005

Festival della Scienza

Qualcosa di straordinario sta succedendo al Festival della Scienza di Genova: le star acclamate sono diventate gli scienziati. Altro che ‘isola dei famosi’, dove noti divenuti ignoti e viceversa giocano a fare i ‘morti di fame’; qui c’è un continente di sapere che è illustrato da professori delle più diverse discipline. Non ci sono cantanti dimenticati, veline sculettanti o nullafacenti per arte e per parte; qui ci sono personaggi, filosofi e scienziati, a cui dobbiamo l’esercizio del pensiero come strumento per aumentare la qualità della vita.
Sarà per questo, per un naturale rigetto a tutto il trash, le brutture, le battute ignoranti, le elucubrazioni intestinali, che risuonano quotidianamente nella nostra vita, che c’è voglia di ascoltare in religioso silenzio alti ragionamenti sulla nostra condizione umana, stretta tra teorie, leggi e paradigmi? Intanto quello che avviene al Festival della Scienza è fantastico. Robert Laughlin, Gabriele Veneziano, Remo Bodei, Enrico Bellone, Craig Venter, Piergiorgio Odifreddi, Giulio Manuzio, Giulio Giorello…per citarne solo alcuni, sono applauditi e seguiti da un numeroso pubblico ad ogni conferenza. Che fossimo divenuti tutti più intelligenti? Chissà, intanto è un buon segno. Segno positivo per il nostro prossimo futuro.

martedì, novembre 01, 2005

L’amore?

L’amore? E’ una follia riservata a tutti. L’amore? Ci perturba, ci sconvolge…ci cambia.
L’amore? E’ tra individui diversi, ma non per sesso; è sentimento di attrazione e fuga, è ricerca, attraverso l’altro, di quello che è più tuo.
L’amore? E’ denudarsi, rendersi spogli, chiedere e dare.
L’amore? L’amore crea, non lascia soli, fa correre incontro al mondo; fa gridare che c’è qualcosa di grande, che esistono i miracoli, fa gemere e soffrire ma poi non si riesce ad avere qualcosa di diverso e di valore così alto.
L’amore? Guarda tu come ti senti. Sei ancora tu? Sei felice di vivere? Hai voglia di ridere e giocare? Soprattutto sei pronto a viaggiare? Disposto a perdere le valigie? Se sì, hai l’amore.