Quest'anno Erasmus compie 30 anni. Questa bella idea di far girare gli studenti europei per studiare presso le sedi universitarie di altri Paesi, ma anche innamorarsi, conoscere il mondo, imparare la cultura della tolleranza, è di una ragazza italiana di nome Sofia Corradi che oggi è stata ribattezzata 'Mamma Erasmus'.
Era il 1969 quando Sofia propose questa idea alla Conferenza dei rettori delle università italiane. L'idea piacque, ma si dovette aspettare il 1986, quando il presidente francese Francois Mitterrand appoggiò la nascita di Erasmus, il cui nome deriva dall'umanista olandese Erasmo da Rotterdam che viaggiò per diversi anni in Europa. Nel 1987 prese ufficialmente il via con i primi studenti dinamici pronti a partire per una esperienza unica nel suo genere.
Ad oggi questo programma di mobilità studentesca europea è arrivata a coinvolgere oltre tre milioni e mezzo di studenti. Le destinazioni più scelte dagli studenti italiani sono in ordine: Spagna; Francia; Germania; Regno Unito; Portogallo.
Nel mio libro, 'Me lo dai un bacio', a Sebastiano - uno dei personaggi principali del romanzo- gli faccio vivere l'esperienza Erasmus. Racconto le sue vicissitudini a Valencia la città che lo ospita. Molti passaggi descrivono l'esaltazione e il tipo di emozioni che si trovano a vivere gli studenti coinvolti in Erasmus. Per Sebastiano soprattutto il primo forte innamoramento con una ragazza francese.
Ecco qui alcuni passaggi del capitolo che riguardano Sebastiano.
Musica a stecca e voglia di volare… era uno stato dell’essere. Dell’essere? Non so come cavolo si potevano chiamare, ma certi stati mentali indotti erano quello che lo facevano volare, stare bene. Evadere. La musica era quella degli U2, le cuffie ben piazzate in testa, in mano un libro e via. Così Sebastiano Tumiati pensava di studiare e per lui i risultati erano buoni, perché così aveva la sensazioni di apprendere. Forse entrava in gioco un livello subliminale, chissà cosa, ma al momento giusto lui sapeva rispondere: del libro tenuto in mano ad occhi chiusi ascoltando la musica riusciva a coglierne il succo. Fantastico. Per Seba, così lo chiamavano tutti, era incredibile, ma provato: funzionava.
Seba era nella stanza della casa di Valencia che condivideva con uno studente tedesco, Gert. Era soltanto da due mesi che si trovava a Valencia per l’Erasmus, ed era soddisfatto della scelta. Il passaparola tra gli studenti che lo avevano sperimentato prima di lui lo avevano convinto: una esperienza formativa unica e fondamentale per il futuro. Lo spartiacque della mia vita, così aveva sentito dire da molti. Lui lo stava sperimentando e fino a quel momento viveva una sorta di continua febbre di novità: amici diversi, ragazze tutte da scoprire… be', quello era da vedere. Poi cucina, abitudini, lingua, luoghi ancora tutto da conoscere.
Una esperienza particolare però erano gli amici nuovi, che l’esperienza del programma Erasmus riservava sempre. Lo aveva sempre sentito dire: ho conosciuto molti amici ed ora potrei girare l’Europa per andarli a trovare. Fantastico.
Ora lui sperimentava anche quello. Oltre che il tedesco Gert compagno di stanza, c’era Rijna, Monica, Tatiana, Marc, Claudine, Jorge…rispettivamente finlandese, italiana, lituana, francese, francese e spagnolo. Meno male che un po’ di spagnolo, di castellano, Seba lo parlava già e allora si trattava solo di perfezionarlo ma soprattutto di comprenderlo meglio perché nei primi giorni ad ascoltare i valenciani parlare non riusciva a capire niente. Troppo veloci ne l’hablar.
La mamma, Milena, un poco gli mancava; gli mancavano i suoi piatti di pasta, le frittate e le torte di verdura. Ora in cucina si alternava con Gert e a volte era un disastro: due uova fritte e una scatola di tonno salvavano la situazione.
Musica a stecca. Chiuso nella stanza ascoltava tramite le cuffie e chiuso il libro pensava alla serata a cui andava incontro. Serata? Sbronza si potrebbe aggiungere. Solo due sere prima l’avevano portato a casa sbronzo. Non si ricordava neppure bene chi l’avesse accompagnato… Gert no di sicuro: sbronzo anche lui; forse Monica con Tatiana. Che stupido. Quelle feste, quelle tante feste potevano concludersi in un’altra maniera. Lui lo sapeva, lo voleva, eppure chissà come finivano allo stesso modo: una colossale sbronza. Che lavorasse l’inconscio? Che la sua paura di affrontare la ragazza di cui in quel momento gli faceva battere forte il cuore e pulsare il sesso? Una spiegazione c’era. Paura, paura e ancora paura. Quella sera con Claudine la serata poteva finire diversamente. Claudine, francese di Parigi… e di dove se no? Se è francese è di Parigi! Questo Sebastiano lo aveva sentito dire da molti ragazzi: i francesi sono tutti parigini; sembra che si vergognino di dire che sono di altre città o della campagna. Claudine era la ragazza che gli piaceva di più di tutte. Claudine se n’era accorta subito. La sera che la conobbe rimase incantato ad ascoltarla. Lei parlava e lui con lo sguardo un po’ ebete la osservava continuamente. Non riusciva a distogliere lo sguardo. Claudine, la sera stessa la sognò e prima la pensò tra le sue braccia mentre l’accarezzava dappertutto.
Claudine era una ragazza dolcissima, parlava bene l’italiano perché la madre era italiana. Era anche lei a Valencia per il programma Erasmus: un corso di Economia.
Valencia come Genova, forse più viva, ha lo stesso numero di abitanti ma non disdegnava provare architetture nuove. Anche a Valencia aveva un Acquario importante…quale sarà più grande? Ognuno pensava che era il proprio. Ora dopo molti investimenti Valencia offriva innumerevoli attrattive: dal lungomare Malvarosa, dove si poteva degustare il piatto tipico paella valenciana (una versione con pollo e coniglio della celeberrima paella spagnola), fino al porto che ha ospitato la Coppa America di vela. Girare per Valencia era piuttosto semplice e saltava subito all’occhio come la città era costruita a passo d’uomo: la città vecchia si percorreva facilmente a piedi in pochi minuti. Se poi si voleva andare verso la marina o verso la città delle Arti e delle Scienze, bastava prendere il metrò o i tram che tagliavano tutta Valencia.
Valencia, Claudine, la Spagna, l’amore; lontano da casa da solo e con tanti amici. Che felicità. Troppe cose belle che lo frastornavano. Era quella la vita vera?
Hola e ¿que tal? erano state le prime cose dette all’arrivo a Valencia; poi il salir de fiesta, era stata la costante degli impegni serali. Sangria, horchata, cerveza e ancora vino tinto e negroni si alternavano senza soluzione di continuità: grandi bevute e poi tapas a volontà.
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