Leggendo il libro di Antoine Compagnon Un'estate con Montaigne -la cui mia recensione la potrete leggere sul quotidiano di cultura mentelocale.it-
mi sono soffermato sulle riflessioni sulla morte di questo filosofo scrittore francese vissuto dal 1533 al 1592.
nelle note riportate da Compagnon, al capitolo 30 titolato Il fine e la fine, si cita un capitolo dei Saggi di M. de Montaigne- che riporta il titolo preso da Cicerone, Filosofare è imparare a morire- dove si riporta la frase: Il fine della nostra corsa è morire, ed è la morte l'oggetto a cui ineluttabilmente miriamo: se ci atterrisce tanto, come possiamo pensre di avanzare anche solo di un passo senza ambascia? Il rimedio del volgo è non pensarci affatto. Ma quale bestiale idiozia può mai derivargli una così grossolana cecità? Spogliamo questo nemico (la morte) della sua stranezza, frequentiamolo, avvezziamoci a lui, cercando di non pensare a nient'altro più spesso che la morte. Il saggio deve dominare le proprie passioni, e dunque anche la paura della morte'. Più tardi Montaigne dirà:
La morte è solo la fine della vita, non il suo fine. E' il suo termine, il suo estremo ma non il suo oggetto. La vita deve guardare alla vita, e la morte verrà da sè.
Antoine Compagnon denota in Montaigne una evoluzione e insieme delle titubanze: è meglio pensarci sempre come vorrebbe Cicerone e gli stoici oppure pensarci il meno possibile come Socrate e i suoi contadini? La conclusione per M. Montaigne è quella enunciata all'inizio: 'Voglio che la morte mi sorprenda mentre sono nell'orto a piantare cavoli'...
A questo punto, nel mio filosofare, voglio ricordare un mio scritto di qualche anno fa:
Io spero che la morte mi colga vivo
Io spero che la morte mi colga vivo; spero mi trovi in pace con il mondo, magari interrompa un mio progetto, un pensiero su Dio; mentre pianto un chiodo o giri una vite.
Io spero che la morte mi colga vivo e non arrivi dopo una lunga malattia invalidante che mi rubi pezzo per pezzo quello di cui in salute ho goduto.
Una agonia lenta non spegnerebbe una vita ma il suo ricordo; la morte mi troverebbe in guerra: sarei armato di farmaci e stampelle, di protesi e rotelle.
Sarei in rotta con la vita.
Io spero che la morte mi colga vivo, mi colga in viaggio, lungo una strada, mi trovi innamorato e felice.
Io spero che la morte mi colga vivo…ma arrivi tardi, arrivi più in là a spegnere la gioia di un mattino di sole o di un tuo sorriso; spero arrivi mentre ti sto sognando e senza interrompere il sogno raggiunga le stelle: là io ti ritroverò con tutto il resto e senza avvertire interruzioni la mia vita accoglierà la morte.
mercoledì, giugno 25, 2014
Sulla morte
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