25 anni fa veniva pubblicato un librino di 32 pagine, che apriva la collana delle 'millelire' per Stampa alternativa dell'editore Marcello Baraghini, dal titolo Lettera sulla Felicità di Epicuro.
Questo testo, di ventitre secoli fa, in forma di lettera all'amico Meneceo parla a noi con estrema semplicità dell'etica, della felicità e di come perseguirla.
Epicuro di Samo, vissuto tre secoli prima di Cristo, insegnava filosofia ai suoi discepoli all’ombra degli alberi del suo giardino. Il suo pensiero, per certi versi pragmatico, era trasmesso dai suoi discepoli, che erano conosciuti come i 'filosofi del giardino'. La sua filosofia arrivò a scontrarsi durante l'impero romano con il Cristianesimo -divenuto religione di Stato- e fu molto in voga fino a quattro secoli dopo Cristo.
La lettera a Meneceo si apre con un’esortazione a praticare la filosofia, unico vero mezzo per raggiungere la felicità. Secondo Epicuro ogni età è adatta alla conoscenza della felicità, da giovani come da vecchi è importante e giusto dedicarci a conoscerla: da vecchi, vivendo una nuova giovinezza ricordando la felicità vissuta in passato, da giovani per non temere il futuro. Perché la felicità è in assoluto il bene sommo: quando la raggiungiamo non ci manca nulla, quando non la abbiamo facciamo di tutto per ottenerla.
Saggezza e felicità non sono disgiunte. La saggezza ci insegna che è saggio colui che non si abbandona alla superstizione, non teme la morte, considera la vita un bene ed è selettivo rispetto al suo tempo. La vita beata e saggia è, perciò, capacità di scelta.
La felicità non può esistere senza il piacere. Un pensiero che, contrariamente a tanti altri, non ha mai fatto e non può fare male a nessuno, che invita ad amare se stessi e soprattutto a rispettarsi, azione primaria per non danneggiare i nostri simili. Epicuro è così uno fra i pensatori più amati e odiati di tutti i tempi, senz'altro il più mistificato, equivocato, vilipeso, il cui pensiero è come un incubo nella storia del cristianesimo. Il cristianesimo considerato il più grande propagatore di sensi di colpa e rifiuto del piacere.
Secondo il pensatore di Samo l’uomo possiede una naturale predisposizione alla religiosità e la nozione di divinità ci suggerisce che la materia divina sia eterna e felice. Perciò non va contro la divinità e agli dei colui che rifiuta la religione popolare, bensì chi gli attribuisce caratteristiche che sono proprie degli uomini.
Come altro farmaco Epicuro consiglia di non temere la morte. La morte non è nulla per gli uomini, dal momento che il piacere e il dolore sono entrambi percepibili tramite i sensi e la morte altro non è che la cessazione del sentire. Chi giungerà a questa consapevolezza sarà a maggior ragione spinto a godere ed apprezzare la condizione mortale della propria vita, privato dell’illusoria speranza di una vita futura immortale. È anche sbagliato temere la morte perché è doloroso sapere che prima o poi giungerà: infatti ciò che non causa dolore sopravvenendo è inutile che ci addolori nell’attesa.
In sostanza per Epicuro la morte non significa nulla né per i vivi né per i morti: quando ci siamo noi la morte non c’è, quando c’è la morte non siamo più.
Importante passaggio è poi quello sulla semplicità che rafforza l'essere saggio:
' I sapori semplici danno lo stesso piacere dei più raffinati, l'acqua e un pezzo di pane fanno il piacere più pieno a chi ne manca. Saper vivere di poco non solo porta salute e ci fa privi d'apprensione verso i bisogni della vita ma anche, quando ad intervalli ci capita di menare un'esistenza ricca, ci fa apprezzare meglio questa condizione e indifferenti verso gli scherzi della sorte. Quando dunque diciamo che il bene è il piacere, non intendiamo il semplice piacere dei goderecci, come credono coloro che ignorano il nostro pensiero, o lo avversano, o lo interpretano male, ma quanto aiuta il corpo a non soffrire e l'animo a essere sereno'.
La lettera si conclude con un’esortazione che Epicuro fa a Meneceo, ovvero di meditare sempre di queste cose con sé stesso e con i suoi simili, in modo da non essere mai in preda all’ansia e poter vivere come un dio tra gli uomini.
Desideri e piaceri vanno sempre ponderati. Epicuro scrive:
'Bisogna giudicare gli uni e gli altri in base alla considerazione degli utili e dei danni. Certe volte sperimentiamo che il bene si rivela per noi un male, invece il male un bene. Consideriamo inoltre una gran cosa l'indipendenza dai bisogni non perché sempre ci si debba accontentare del poco, ma per godere anche di questo poco se ci capita di non avere molto, convinti come siamo che l'abbondanza si gode con più dolcezza se meno da essa dipendiamo. In fondo ciò che veramente serve non è difficile a trovarsi, l'inutile è difficile'.
Un libro di filosofia applicata che si dovrebbe continuare a diffondere per aiutare a raggiungere la felicità e insieme conoscenza e salute.
Buon anno 2016
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