mercoledì, ottobre 16, 2019

Ottobre 2018 -giusto un anno fa...

Ottobre 2018- giusto un anno fa stavo leggendo il libro di Edoardo Albinati 'Maggio Selvaggio' e mi sono scaturite delle riflessioni; già perché il libro stesso è un compendio di riflessioni dettate dalle condizioni e gli incontri fatti in carcere dall'autore stesso. Con quel libro Albinati racconta la sua esperienza di un anno da docente all’interno del carcere Rebibbia, a Roma.
Il diario o reportage di questa esperienza procede con un ordine casuale; d'altronde c'è l'impossibilità di fare un racconto ordinato sulla quotidianità del carcere dove tutto avviene in modo caotico. Solo i rumori e i passi lungo i corridoi sono una costante insignificante e ordinaria della vita carceraria...il resto è formato da una sensazione contraddittoria e ricca di frammenti di memoria.

Queste riflessioni sono di un anno fa: ottobre 2018...
All'ingresso del padiglione di neurologia dell'ospedale Galliera, l'infermiera nel mettermi il braccialetto con nome e cognome più un codice a barre mi saluta con un ' benvenuto in galera...'. Ha ragione. Giorni di ospedale, giorni di galera in cui trovi il tempo per una riflessione ulteriore sulla tua vita, sull'effimero, la fragilità e le disgrazie tue da misurare con quelle degli altri. Un voyeur tra i voyeurs. Un guardone tra i guardoni. Già perché Edoardo Albineti sostiene che chi si occupa degli altri, come gli infermieri e i medici, sia un voyeur. Eppoi nella nostra società ci sono molte galere; oltre a quelle dove vengono rinchiusi i condannati, c'è sempre secondo Albinati anche la scuola: una galera dove vengono parcheggiati gli 'indesiderabili'; i bambini, i figli.

Un'altra riflessione: come può essere che il più feroce dei criminali che compie atrocità uccidendo altre vite poi si comporti come una persona educata, dolce, sia conosciuta come una brava persona, un bravo cittadino, è difficile spiegarlo. Quell'atto di uccidere, quell'azione maligna viene poi nascosta all'interno del sé e vi rimane. Per quel dolore non vi è rimorso. Per Edoardo Albinati per questi criminali è un fatto che è irrimediabile e in quanto tale viene assunto e considerato compiuto e basta. Ma allora esiste una natura criminale? Io continuo a chiedermelo. Io ho sempre pensato che nessuno scegliesse il male; ho sempre sostenuto l'atto criminale come una grande fatica e provocante un dolore esistenziale perenne. Invece poi si scopro che grandi criminali non si pentono e hanno una diversa coscienza del loro male: sono sempre pronti a ri-uccidere; a ricommettere i loro reati. E' come se una animalità bestiale vivesse in loro. Minghella, Izzo, Bilancia sono alcuni esempi di serialità criminale.
Io invece continuo a pensare che esista in noi una spinta al bene che permette ad ognuno di riscattarsi e vivere diventando ciò che è in origine: un'opera unica e irripetibile ricca di talenti: un'opera d'arte dove si può trovare insieme alla bellezza anche il bene. Certo che questo seme vive nascosto e non sempre germoglia, spesso secca e muore...ma poi è vero che esista la pulsione di morte e questa non va sottovalutata. Essa è responsabile di molte brutture umane. L'animale resta -come sosteneva Sigmund Freud- una cattiva bestia. Qui mi viene da ricordare uno splendido aforisma di Melanie Klein: l'uomo nasce cattivo e passa tutta la vita cercando di diventare buono; non sempre ci riesce.
Melanie Klein è una psicoanalista inglese che lavorò insieme ad Anna Freud – figlia di Sigmund- e che portò la psicoanalisi al cuore del tema, ovvero all'infanzia.

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