Il dono sovvertitore
Ci sono molte cose che non vanno in economia, questa ‘scienza’ che si è trasformata in legge pretendendo di dare un senso ai nostri bisogni soddisfacendoli con il mercato. L’ultima crisi dell’economia mondiale è significativa, ci si accorge che c’è nascosta una grande truffa: la logica di mercato per cui attraverso lo sviluppo esiste la possibilità di ottenere la prosperità materiale per tutti. Oggi sappiamo che questa economia può essere dannosa e insostenibile per il pianeta.Tutti dovremmo avere presente che quello che diamo e riceviamo è in larga misura frutto di uno scambio gratuito. Quello che viene dato dai genitori ai figli non ha prezzo; non si può quantificare quello che si dona per amore. Nelle relazioni d’amicizia avviene uno scambio di cose che si pagano con il piacere, con un senso di aiuto e simpatica reciprocità. Allora cosa misura l’economia? Come recuperare tutto il valore vero? Tutto quello che non è quantificabile in moneta, vale? Eccome se vale, e vale semplicemente donando. Con il dono, con la pratica del regalo agli altri, noi liberiamo la società dal crimine costruendo una comunità tra simili e umani solidali. Con il dono si potrebbe creare una società più giusta; il dono diventerebbe un fatto sovvertitore. In economia non c’è spazio per i sentimenti: Adam Smith si rallegrava del fatto che non ci aspettavamo il nostro sostentamento dalla ‘benevolenza del macellaio’; ma oggi la perdita di valori si accompagna con arricchimenti facili, corruzioni, truffe, reati…così per recuperare si chiedono norme, codici di deontologia…il dono porterebbe in sé il vero valore morale. Donare è un paradosso che nasconde la verità: quello che si dona in realtà si scambia con il piacere di dare. Generalizzando l’atto del donare, come norma comune, il possesso di beni non determinerà più lo stato sociale: quei beni non saranno denaro da trasformare in potere e quindi cadrà ogni valore astratto del mercato. Il valore del dono è la relazione: quello che si scambia è conoscenza, fiducia, umanità, sentimento; è dare valore ad un altro aspetto del bisogno, e quello che non ho non mi manca.
Questa teoria, che trovo bellissima, è sostenuta da Serge Latouche, economista francese, professore emerito di Scienze economiche all’Università di Parigi. Per Serge Latouche questa alternativa economica esiste già ed è in Africa: in zone come la Mauritania, Camerun, Senegal, dove emerge una ‘società informale’ c’è una vera e propria alternativa storica allo sviluppo di come lo intendiamo noi.
Come sostiene Serge Latouche, bisogna mettere in discussione i concetti di crescita, povertà, bisogni fondamentali, tenore di vita e decostruire il nostro immaginario economico, che è ciò che affligge l’occidente e la mondializzazione.
Non si tratta ovviamente di proporre un impossibile ritorno al passato, ma di pensare a forme di un’alternativa allo sviluppo: in particolare la decrescita condivisa e il localismo. La pratica del dono può essere senz’altro una via. Ancora una volta forse dovremo guardare all’Africa non solo per conoscere le nostre origini ma per ritrovare la saggezza per il nostro futuro.
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