sabato, marzo 22, 2014

In ricordo di Cesare Zavattini

In questo 2014 sono 25 anni dalla morte di Cesare Zavattini: un artista poliedrico, difficile da inquadrare in una qualsiasi corrente artistica che ha attraversato il '900. Di lui si ricordano molte opere; ma soprattutto per essere stato uno dei massimi esponenti del neorealismo cinematografico. Di Zavattini si possono ricordare a questo proposito le sceneggiature di I bambini ci guardano; Ladri di biciclette, Sciuscià; Miracolo a Milano; Umberto D.; Bellissima; Il Cappotto; Stazione Termini; Le mura di Malapaga...e innumerevoli altri film.
Cesare Zavattini è stato giornalista, commediografo, pittore, poeta, sceneggiatore di cinema e fumetti, scrittore, conduttore radiofonico, regista...
Cesare Zavattini, a settant’anni, nel 1973 ha pubblicato una raccolta di poesie dialettali da titolo Stricarm’ in d’na parola- Stringersi in una parola; un lavoro di sintesi che Pasolini definì la cosa più bella che avesse mai letto. Il dialetto assume l'elemento per raccontare la realtà del suo paese Luzzara. Una realtà contadina che reclama a gran voce la sua natura bilinguistica, protestando implicitamente contro l’impoverimento della lingua causato dalla pressione livellante dei mass media.

Tra le poesie raccolte c'è Invecend ( Invecchiare) che esprime bene la scelta dialettale e il suo amore per questa forma d'espressione.
INVECEND
Invecend a vrés
büta föra in dialét
col co tgnü dentr’in italian.
As pöl di töt cm’al mé dialét
i sö sigulament
da car di bö chi turna a cà sotsira.
Pr’esempi:
“Sul gnüatr’a saiòm
col ca tulóm e dóm.”
An gal mia dal tambör?
St’atar: “S’avdésu al me paés sota la nev
avresu esag na.”
Duls: “Cun na panlada sul
piturà al ciel da Lusèra a Gualtér.”
Duls duls: “An segn drét in s’an foi 
l’è la pianura.”
Intim (a patés d’insonia):
“Sa pudés stricarm’in d’na parola
a durmirés.”
Ah cost, a l’o apena squacià:
“L’è pusibil sufri sensa capi.”
Vriv quel d’sucial?
“Unomas finalment cuntra tant casu.”
Avdì, töt as pöl dì.
Del.
Sré la porta.
Fat. Alura?
Spudèm in facia: an parli mia.
Parchè?
A go paura.
Ad chi?
Dal melanövsentstantatri.
Cardì, sempar da po’
a n’ag siöm mia e a s g’abituóm.

[Invecchiando vorrei / buttare fuori in dialetto / certe cose tenute dentro in italiano. / Può dire tutto il mio dialetto, coi suoi cigolamenti / da carro dei buoi quando tornano a casa sottosera. / Per esempio: / “Solo noi sappiamo / ciò che prendiamo e diamo.” / Non ha del tamburo? / Un’altra: “Se vedeste il mio paese sotto la neve, / vorreste esserci nati.” / Bello? / Dolce: “Con una pennellata sola / pitturare il cielo da Luzzara a Gualtieri.” / Dolce dolce: “Un segno dritto sul foglio / è la pianura.” / Bello bello. / Intimo (soffro d’insonnia): /  “Se potessi stringermi in una parola , dormirei.” / Ah questo, proprio fresco: / “E’ possibile soffrire anche senza capire.” / Volete qualche cosa di sociale? / “Uniamoci finalmente contro tanto caso.” / Tutto si può dire, vedete. / Dillo. / Chiudete la porta. / Fatto. Allora? / Sputatemi in faccia, non parlo. / Hai paura? / Ho paura. / Di chi? / Del millenovecentosettantatré. / Credete, sempre più / non ci siamo / e ci si abitua. ]

Inoltre mi fa piacere ricordarlo in questa sua poesia: DIU
Diu al ghè.
S’a ghè la figa al ghè
Sul lò al pudeva inventà
na roba acsè
cla pias a toti a toti
in ogni luogo,
ag pansom anca s’an s’ag pensa mia,
appena ca t’la tochi a combiòn facia.
Che mument! long o curt al saiòm gnanca.
La fa anc di miracui, par ciamala
an mot
a ghè turnà la vus.
Ah s’a pudès spiegaram
ma l’è difficil
cme parlà del nasar e dal murir.

TRADUZIONE: DIO. Dio c'è. Se c'è la fica c'è. Solo lui poteva inventare una cosa così che piace a tutti in ogni luogo, ci pensiamo anche se non ci pensi, appena tu la tocchi cambi faccia. Che momento lungo o corto non si sa. Fa anche dei miracoli, per chiamarla a un muto gli è tornata la voce. Ah se potessi spiegarmi ma è difficile come parlare del nascere e del morire.

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