Io appartengo ad una generazione che non ha visto la guerra. La prima generazione dopo molte che l'hanno vissuta.
Alla mia generazione la guerra è stata raccontata dai padri. I loro occhi videro immagini che si augurarono i loro figli non dovessero vedere mai. Mai più. Quelle atrocità; quelle crudeltà e insensatezze vissute nella guerra avevano segnato le loro vite in modo indelebile.
La mia generazione non ha vissuto la guerra e ai nostri figli abbiamo consegnato un certo benessere. Abbiamo allevato figli, che ora sono a loro volta genitori, senza raccontare di guerre; di morti e dolori immani. Certo abbiamo vissuto stagioni difficili quali il terrorismo, lo stragismo politico, le congiunture economiche, catastrofi naturali come terremoti e alluvioni, difficoltà sociali...ma mai qualcosa paragonabile alla guerra. Così ora son tre generazioni che in Europa si vive in pace. Questa è una cosa buona e bella.
Nonostante questo rallegramento oggi viviamo con la paura del terrorismo che è connotato da ideologie religiose: ci sono dei fanatici, che si proclamano islamici, pronti a farsi saltare in aria uccidendo a caso chi si trova vicino a loro. Anche loro sono prodotti di guerre lontane che rimbombano tra le nostre case.
Qui sta scomparendo la generazione che ha vissuto le atrocità delle guerre e delle dittature europee. Non ci saranno più i testimoni capaci di raccontare ciò che hanno vissuto.
La memoria cosiddetta collettiva pare esaurirsi con queste persone; abbiamo molti strumenti per prolungarla: ci sono libri, filmati, documentari, registrazioni audio, archivi giornalistici, ecc.. eppure moltissimi giovani hanno una forte ignoranza di ciò che accadde.
Inoltre si riparte con pseudo nuove ideologie di sterminio verso chi non è come loro; altri vorrebbero riportarci ad un passato inneggiando a dittatori e dittature di cui non hanno conoscenza.
Sembra che ripercorrere un cammino sempre uguale, rinascendo bambini ignoranti ogni volta, sia l'atroce condanna di ricapitolare ogni volta la storia. E' così? Pare di sì. Ma tutto può cambiare.
Certamente l'augurio per l'anno che verrà non può essere che di speranza e ottimismo. Sì quel principio di speranza che per il filosofo tedesco Ernst Bloch è un lavoro che si impara poiché l'atto di sperare è superiore alla paura. La speranza è un lavoro che forma il nuovo allargando gli orizzonti umani. Ernst Bloch ricorda anche la capacità dell'uomo, nella costruzione tramite la fantasia, dello spirito utopico, che permette la realizzazione di un uomo che non è mai ancora nato, l'homo absconditus: l'uomo inedito tra ciò che è e che potrebbe essere.
Magari con ciò riusciremmo a sconfiggere la condanna di ricapitolare ogni volta la storia passata. Già, un nuovo mai vissuto dove l'uomo esiste per l'uomo.
Buon 2016 come portatore di buone novità.