Il libro di Yvonne Sherratt mi è stato utile per comprendere come la filosofia in quel drammatico periodo storico sia stato non solo un elemento per formare una weltanschauung -una visione del mondo- ma anche strumento per plasmarlo.
Il '900 è stato un secolo dove la storia della filosofia ha avuto svolte importanti ed epocali. Tutto si apre con la morte di Nietzsche avvenuta proprio nel 1900. Da allora i tre filosofi tedeschi, Kant, Schopenhauer e Nietzsche, che hanno segnato la cultura tedesca e anche quella europea, verranno indicati come gli artefici ideali per la costruzione del nazismo tedesco. Hitler che leggerà i tre filosofi e con una sua interpretazione arbitraria, per cui si eleverà lui stesso a filosofo, getta le basi per una filosofia che descritta nella sua opera il Mein Kampf.
La filosofia tedesca mostra il suo lato oscuro e diventa la ragione per giustificare una violenza mai conosciuta prima.
All'origine di tutto c'è l'antisemitismo dei tre filosofi e l'applicazione di un ideale di evoluzione sociale mutuata da studiosi del darwinismo, quali Ernst Haeckel e Karl Wilhelm von Nägeli, che esportava la sopravvivenza del più adatto o del più forte ai tipi di società. Era in sintesi l'applicazione del darwinismo sociale. Uno storico molto seguito che avallava quella teoria fu Oswald Spengler.
Il darwinismo sociale si propose subito come una filosofia di legittimazione del potere, sia esso coloniale, razziale o di classe. Questa derivava in verità da Herbert Spencer (1820-1903)i cui concetti furono espressi da lui ancora prima di tutti: più propriamente il darwinismo sociale dovrebbe essere definito spencerismo sociale.
Durante il secolo XX i teorici del nazismo Hitler e Rosenberg senza mai nominare Darwin, lo utilizzarono largamente sia in senso eugenetico, sia per eliminare, a milioni, ebrei, zingari, testimoni di Geova, oppositori politici, prigionieri di guerra nei campi di concentramento.
Charles Darwin tuttavia non sposò mai le tesi classiste, razziste e sessiste. Il darwinismo sociale si presenta, quindi, come una ideologia con pretese di scientificità, che vede nelle lotte civili, nelle ineguaglianze sociali e nelle guerre di conquista l'estensione alla specie umana di una supposta legge generale di natura che si esprime nello struggle for life and death, a sua volta generalizzato come solo meccanismo della selezione naturale; in tal modo esso vuole legittimare, sul piano biologico-antropologico, le disparità tra gli uomini e l'eliminazione dei più deboli.
L'antisemitismo creerà una frattura profonda nella cultura tedesca: dietro la concezione di un Reich millenario si uccise e venne amputata una intellighenzia europea eccezionale. Theodor Adorno, Max Horkheimer, Walter Benjamin, Ernst Cassirer, Hannah Arendt, Karl Lowith, Theodor Lessing, Karl Jaspers e vari altri furono ridotti al silenzio o costretti all'esilio.
Altri filosofi, tra i quali spiccano i nomi di Martin Heidegger, Carl Schmitt, Alfred Rosenberg, Wilhelm Grau, Alfred Bӓumler, Ernst Krieck e Max Boehm, contribuirono invece nel dare al nazismo una facciata di rispettabilità che gli mancava e che non avrebbe mai dovuto avere...
Un filosofo che emerge nel dissenso interno è Kurt Huber, egli fu il professore animatore della Rosa Bianca e per questo giustiziato. Con lui emergono i tratti personali e intimi che stridono dolorosamente con le storie dei colleghi dei capitoli precedenti: vincitori sul mercato delle idee e carrieristi accademici le cui vicende paiono di rara meschinità e squallore. Heidegger su tutti si rivelerà un opportunista, uno squallido detrattore dei suoi maestri e sentito in difficoltà solo davanti ad una destituzione (arrivata nel dopo crollo nazista) che lui aveva riservato agli altri.
L'opera di Yvonne Sherratt è senza dubbio un importante lavoro per conoscere molti aspetti della filosofia tedesca. Un discorso che trova in Martin Heidegger e i suoi interrogativi sulla persona e sulle idee una specie di emblema. Quanto sopravvive ancora di antisemitismo e di nazistificazione nella filosofia tedesca? Idee quelle sviluppate da Heidegger che hanno trovato nella cultura filosofica europea una contaminazione che giunge fino ai nostri giorni.
Coerente con le tesi di Yvonne Sherratt la citazione da Theodor Adorno, ovvero la replica del filosofo e musicologo tedesco all’ex nazista Peter R. Hofstätter, che, guarda caso, aveva fatto carriera e che lo accusava di voler opprimere la nazione con il senso di colpa: 'L’orrore di Auschwitz, se lo sono dovuto assumere le vittime, non coloro che non lo vogliono ammettere' (p. 253).
libro: I filosofi di Hitler
autore: Yvonne Sherratt
editore: Bollati Boringhieri, Bologna 2014
pp. 312, € 24
Nessun commento:
Posta un commento