lunedì, marzo 07, 2005

In ricordo di Maria Zambrano

Per l’8 marzo di quest’anno mi piace ricordare una grande filosofa, Maria Zambrano che, al pari di Simone Weil, Hannah Arendt e Edith Stein, ha vissuto nella propria carne la filosofia; ha conseguentemente dato corporeità al suo pensiero.
Maria Zambrano, con le sue opere di filosofia, riporta la storia dell’umanità agli dei, allo spirito originario del pensiero inscritto nel mito, e lo fa con uno stile di linguaggio poetico e filosofico insieme. Lo ‘ spirito’, il ‘divino’, quell’intelligenza che assegna un nome a tutte le cose, ha una coscienza in Prometeo: nella distinzione da Giove, dalla Notte e dal Caos. Negli dei si avverte il passaggio da un ‘prima’ ad un ‘dopo’ per cui dopo si può narrare, si ha la parola per farlo.
Il suo essere donna, e il suo modo di sentirlo, spinge Maria Zambrano inevitabilmente ad ispirarsi a quelle figure di donna che, come Antigone, Eloisa e Diotima, hanno conosciuto la misericordia in quanto "hanno fatto dell'amore una filosofia di vita e della propria vita un'opera filosofica".
Ma più di tutte, l'autrice preferisce la figura mitica di Aurora, sorella della notte, promessa di luce che emerge dalle tenebre di cui mantiene in sè intima traccia.
Maria Zambrano mi ricorda che il filo del pensiero, con cui l’uomo ha tessuto la ragione, è dovuto al lavoro femminile: è Arianna che ha dato il filo a Teseo per uscire dal labirinto.
Maria Zambrano, come Señora de la palabra, ci porta a fare i conti con la Cultura e la Comunicazione, tracce di una matrice profonda dove amore e corpo, anima e vita, sono valori imprescindibili e universali.
Allora traggo da Maria Zambrano: “l’Aurora della parola assiste colui che ha vegliato nella notte, il germe della fiamma che accende la parola vera, la parola promessa…per questo le rovine che appaiono sono il tempo della tragedia, il tempo di un passato che continua ad esserlo. Ogni rovina emana il divino tanto che un tempio in rovina è un tempio perfetto: luogo sacro che incarna la vita con la morte…a raccontare questo sacro è la poesia. Filosofico è il domandare e poetica è la scoperta. Non è forse poetica, sempre, la scoperta?”.

Nessun commento: