martedì, ottobre 24, 2006

Preghiera di un immigrato


ispirata dal poeta Juan Gelman.
Padre nostro, misericordioso Allah, potente Jahvè, scendi in terra tra di noi. Ritorna a raccontarci la tua storia, che qui tutti l’hanno dimenticata.
Io sono arrivato qui povero e disgraziato in questo paese. Vieni qui e guarda tu come sono ridotto. Ho le scarpe bucate, lo stomaco vuoto ed ora arriva pure il freddo. Le mie mani non servono, le hanno rifiutate; ora sono sporche di fango, ma non hanno mai rubato.
Dio mio, Spirito Santo, non voglio arrabbiarmi, tienimi lontano dalla collera. Io sto facendo pensieri tristi e brutti: ma perché sono nato? Perché devo soffrire così tanto? Aiutami Signore, lo chiedo a te come l’ho chiesto a molti uomini, in tante lingue. Cosa devo fare?
Padre nostro, misericordioso Allah, potente Jahvè, scendi e spiegami tutto bene perché non ho capito. Sono sicuro che verrai a trovarmi. Io intanto ti cerco. Ti cerco come sto cercando la pace e il cibo; una casa e il bene.
Mi chiedi di rimettermi i debiti, ma mi sembra di averli tutti io. Così, scusami tanto, mi sento perfino di perdonarti: io che sono l’ultimo arrivato, non alla mensa, fuori dalla porta.
Ma non sono rassegnato al male, non sono ancora soggiogato, continuo a camminare; continuo a emigrare e se tu scendi in terra- perché se tu è vero, che sei in Cielo- devi essere qui al mio fianco.

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