lunedì, agosto 27, 2012

La povertà- Parte terza

Imparare ad essere poveri farà vincere la crisi che stiamo vivendo e che sta assumendo dimensioni epocali. Imparare ad essere poveri, ma come? Il primo passo è senz'altro quello legato alle pratiche di risparmio che oltre a essere utili a spendere meno soldi spesso si rivelano ecocompatibili, ovvero sostenibili per salvaguardare l'ambiente che ci circonda. Il risparmio è sì l'arma principale per far fronte alla crisi del potere di acquisto dei salari e degli stipendi, ma è anche uno stile di vita, una filosofia alla base delle scelte di consumo di tutti noi. Il risparmio non è più e non deve essere più considerato come sinonimo di esclusione e disagio sociale, ma segno di un nuovo stile di vita e di visione della vita. Chi risparmia è intelligente e il suo considerarsi povero diventa virtù; chi risparmia ha a cuore la propria famiglia, è sensibile verso il valore dei soldi, verso chi sta peggio di lui, verso il consumismo sfrenato con tutte le sue conseguenze nefaste in termini di ambiente e di salute. Fino a ieri ci avevano insegnato che il sentimento di essere felici aumentava con il crescere del reddito; ora visto che il nostro reddito non crescerà più e per qualcuno, anzi per molti, può addirittura svanire, ecco che dovremmo riflettere: il vecchio stile di vita di consumatori, ci faceva felici veramente? La risposta è facile. Insieme all'enorme quantità di merci le odierne società ci hanno messo davanti una grande quantità di libertà; inversamente aumentano le difficoltà per realizzarle. Esempio quanti fanno un mestiere che si sono scelti? Ancora di più: quanti riescono poi a lavorare? In breve siamo tutti liberi e con questo presupposto se non si riesce a realizzare quello che sogniamo è perché abbiamo fallito, siamo fannulloni e meritiamo la condanna della povertà. Così in sostanza il concetto di libertà nella società capitalistica manifesta tutta la sua ambiguità. Come spiega bene il filosofo Zygmunt Bauman: 'Al di fuori della libertà di consumare, non è data alla maggioranza nessun’altra libertà reale; essa è, oggi come ieri, riservata a una piccola parte della società, che detiene il potere di controllare quella altrui. La libertà non è per nulla una caratteristica appartenente al soggetto in quanto individuo, bensì un prodotto sociale che si fonda sull’asimmetria delle condizioni sociali'. Citando ancora Bauman si deve comprendere che 'la nostra vita non è una successione di prestazioni per raggiungere chissà cosa; la nostra vita è, in quanto frutto di volontà e scelte, un'opera d'arte. Noi con la nostra vita tracciamo un'impronta unica e irripetibile come la nostra individualità. Siamo noi che la creiamo'. Condanna alla povertà, si diceva...ma quale condanna rappresenta una povertà che si sceglie e si impara? Esiste la povertà come virtù. Il primo dono che regala questa virtù è la libertà, la liberazione dai beni materiali. Poi la povertà libera la generosità, l’amore universale, la pace, la contemplazione, la misericordia, l’umiltà. La povertà libera la mente dalla dipendenza psicologica, dalla schiavitù del possesso. Avvantaggia il distacco dalle cose, dall’illusione del possesso. Ci fa provare la leggerezza dell’essere. Chi abbraccia questa virtù ne ricava una passione struggente per la vita stessa, una sensazione pervasiva di gioia e amore per la natura.

Nessun commento: